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Appunti n.147
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Assegni sociali: un’iniqua “partita di giro” ai danni degli anziani poveri
Gli effetti dell’applicazione dell’articolo 3, commi 6 e 7, della legge 335/95 (riforma Dini)

Mauro Perino -Direttore Consorzio Intercomunale Servizi alla Persona (CISAP), Collegno e Grugliasco (TO)

Le misure pubbliche di contrasto della povertà della popolazione anziana si fondano essenzialmente sugli interventi assistenziali dell'INPS (1) e sulle misure di sostegno economico messe in atto dai comuni attraverso i propri servizi sociali. La componente degli anziani - soli o in coppia - rappresenta, rispettivamente il 15,3 per cento ed il 13,7 per cento di quel 12 per cento di famiglie e 13 per cento di persone che - secondo il libro bianco sul welfare 2/2003 - si trovano a vivere in condizioni di povertà relativa. Si tratta di 8 milioni di persone ed oltre 2,5 milioni di famiglie che, nel 2000, sono caratterizzate da una spesa mensile equivalente inferiore a 972 euro (2).
Dai dati raccolti dalla Regione Piemonte (3) risultano, nel 2000, ben 5.989 persone o nuclei di anziani beneficiari di interventi di sostegno del reddito effettuati dai comuni. Questi contributi consistono in erogazioni economiche continuative finalizzate ad innalzare il reddito degli anziani - in genere sino al massimale rappresentato dall'importo della pensione minima erogata dall'INPS (402,12 euro nel 2003) - alle quali si aggiungono, in molti casi, altri interventi di sostegno economico destinati a sopperire ad ulteriori necessità quali - ad esempio - l'acquisto di beni o il pagamento di servizi primari (alimentazione specifica, manutenzione della casa, ospitalità temporanea, pagamento di un operatore di assistenza ecc.).
Sino all'entrata in vigore della legge di riordino del sistema pensionistico (la legge n. 335/95 conosciuta come "Riforma Dini) gli interventi economici svolti dai Comuni si potevano configurare come integrativi delle pensioni sociali - di cui all'art.26 della legge 30 aprile 1969, n.153 e s.m.i - erogate dall'INPS. Dal 1 gennaio 1996 la situazione cambia radicalmente perché la legge di riforma prevede - all'art.3, comma 6 - che anche i sussidi a carattere assistenziale erogati dai comuni concorrano alla formazione del reddito degli anziani (4) che richiedono l' assegno sociale (5) (istituto che subentra alla pensione sociale rimasta in godimento ai soli anziani già beneficiari). In applicazione della legge di riforma si assiste dunque al seguente paradosso: agli anziani ultra65enni beneficiari di assegno sociale INPS (358,99 euro nel 2003) i comuni della Regione Piemonte erogano un contributo integrativo di 43,13 euro al fine di elevare il reddito dell'anziano al livello della pensione minima INPS (402,12 euro). Nell'anno successivo, l'INPS decurta dall' assegno sociale il valore del contributo integrativo ed il Comune si trova costretto a maggiorare l'integrazione portando il contributo a 86,26 euro (6). E' evidente che, proseguendo la tendenza, il comune subentra velocemente all'INPS nell'erogazione dell'importo equivalente dell'assegno sociale (con conseguente risparmio da parte dell'INPS ed aumento di oneri a carico del comune) (7). A corollario è bene ricordare che l'INPS potrebbe richiedere agli anziani assistiti dai servizi comunali la restituzione delle somme "impropriamente" percepite.
Ad accelerare il processo di "trasferimento delle funzioni" assistenziali dall'INPS ai comuni contribuisce il fatto che molte Amministrazioni locali, erogando specifici interventi di sostegno al reddito già dai 60 anni, permettono all'INPS di negare la concessione dell'assegno, al compimento dei 65 anni da parte dell'anziano, per superamento della soglia di reddito prevista dalla legge. Inoltre, a rendere ancor più perverso l'effetto (voluto?) del mancato raccordo tra gli enti assistenziali, è intervenuta la legge n.431/98 (8) che - consentendo alle Regioni, per tramite dei comuni, di fornire contributi di sostegno per il pagamento degli affitti a cittadini a basso reddito - permetterà di "rimpolpare" i redditi degli anziani che andranno successivamente dichiarati nei modelli RED (9) dell'INPS.
L'ANCI Piemonte, il Comune di Torino ed i Consorzi socio assistenziali della Provincia di Torino hanno segnalato - sin dal giugno 2000 - l'esigenza di interventi legislativi atti ad escludere i sussidi ed i contributi economici finalizzati all'acquisto di servizi o di beni primari dal computo dei redditi personali degli anziani, ai fini della concessione/erogazione dell' assegno sociale. Purtroppo, non solo ogni appello è rimasto inascoltato ma, a sette anni dall'approvazione della riforma Dini, viene finalmente data attuazione - con un decreto interministeriale (Lavoro ed Economia) recante la data del 13 gennaio 2003 (10) - al comma 7, dell'articolo 3 della legge 335/95 che prevede una decurtazione sino al 50 per cento dell'assegno sociale nei confronti degli anziani titolari ricoverati in istituti o comunità con rette a carico degli enti pubblici.
In applicazione del nuovo decreto l'assegno sociale verrà, d'ora in poi, corrisposto:
· In misura ridotta del 50 per cento quando il titolare dell'assegno sociale sia ricoverato in istituti o comunità con retta a totale carico degli enti pubblici;
· In misura ridotta del 25 per cento quando la retta presso gli istituti o comunità sia a carico dell'interessato o dei suoi familiari (11) in misura inferiore al 50 per cento dell'assegno sociale.
Ne deriva, quindi, che l'assegno sociale viene erogato integralmente solamente quando l'anziano non è ricoverato con retta a carico di enti pubblici oppure quando, pur essendo ricoverato, la retta sia a carico dell'interessato o dei suoi familiari in misura pari o superiore al 50 per cento dell'assegno sociale.
E' del tutto evidente che con il solo reddito da assegno sociale (ben 358,99 euro mensili) non vi è persona anziana che possa farsi carico di ottemperare, contemporaneamente, ai propri obblighi di mantenimento nei confronti del coniuge (anch'esso anziano) e, nel contempo, del pagamento della propria retta di ricovero in una struttura per non autosufficienti: nemmeno al netto della quota sanitaria (50/60 per cento della retta). Per queste ragioni è già prassi consolidata che i comuni si facciano carico, con fondi propri, del pagamento delle spese di ricovero. Con il decreto "taglia assegni" le Amministrazioni locali verranno dunque costrette ad aumentare la propria contribuzione in misura corrispondente alle quote di spesa risparmiate dall'INPS. Ancora una volta si evidenzia una sorta di "accanimento" nei confronti delle persone più deboli ed indifese alle quali con una mano si dà (poco) e con l'altra si riprende.
E' ben vero che - alla luce della modifica del Titolo V° della Costituzione - spetta ai comuni farsi carico in toto delle competenze assistenziali, applicando le specifiche norme approvate dalle regioni (detentrici di potestà legislativa piena in materia di assistenza sociale). Ma è proprio la Costituzione a stabilire che, a fronte di un trasferimento di funzioni, si provveda alla contestuale messa a disposizione delle risorse necessarie ad esercitarle!
E pensare che gli interventi assistenziali (sin qui) amministrati dall'INPS rappresentano altrettanti diritti soggettivi (gli unici) esplicitamente riconosciuti dalla legge 328/2000……

Note

  1. Sostanzialmente attraverso le “pensioni sociali” - di cui all’art.26 della legge 30 aprile 1969, n.153 e s.m.i - e gli “assegni sociali” - di cui all’art.3, comma 6, della legge 8 agosto 1995, n.335.
  2. ISTAT “Rapporto annuale - La situazione del paese nel 2001” p.199
  3. Regione Piemonte: “I numeri dell’assistenza in Piemonte - i servizi sociali territoriali” 2002.
  4. Devono essere dichiarati i redditi derivanti da “Prestazioni assistenziali in denaro erogate dallo Stato o altri Enti pubblici o Stati esteri (escluse le indennità di accompagnamento per invalidi civili, le indennità previste per i ciechi parziali e l’indennità di comunicazione per i sordomuti)”.
  5. Hanno titolo a richiedere l’assegno i cittadini ultrasessantacinquenni residenti sul territorio nazionale, sprovvisti di reddito personale o coniugale nei limiti fissati dalla legge. L’assegno sociale non è reversibile in caso di decesso del titolare.
  6. Le integrazioni dei comuni sono ovviamente maggiori per i vecchi beneficiari di “pensione sociale” che percepiscono dall’INPS un mensile di ben 295,85 euro nell’anno 2003.
  7. Mauro Perino, “Avviato il trasferimento delle competenze assistenziali dell’INPS ai comuni”, FORUM - Rivista di cultura e amministrazione delle politiche sociali - n.11 Novembre 2001
  8. Legge 9 dicembre 1998, n.431 “Disciplina delle locazioni e del rilasci degli immobili adibiti ad uso abitativo”.
  9. Si tratta dei moduli inviati dall’INPS a tutti i pensionati perché dichiarino i propri redditi e quelli del coniuge. Alcune prestazioni sono pagate dall’INPS in un importo che varia in relazione all’ammontare del reddito (integrazioni al minimo, maggiorazioni sociali, assegni di invalidità ecc.). I beneficiari di tali prestazioni sono tenuti per legge a comunicare i propri redditi all’INPS che, solo dopo il controllo attraverso i propri uffici, continua a pagare le somme dovute.
  10. “Assegno sociale ridotto a metà per i ricoveri pagati dallo Stato” - pubblicato su “ Il Sole 24 ore” del 14.02.2003
  11. Per quanto attiene al coinvolgimento dei famigliari nel pagamento della retta giova ricordare il disposto del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109, e successive modificazioni (in particolare il decreto legislativo n. 130/2000) che prevede non vengano considerati i redditi dei congiunti nella determinazione delle quote di contribuzione al pagamento delle prestazioni erogate a beneficio di anziani non autosufficienti e di persone gravemente disabili.


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Per lo sviluppo della Vita Indipendente

Dichiarazione di Tenerife (29 aprile 2003)

Riportiamo la Dichiarazione di Tenerife (29 aprile 2003) per promuovere la vita indipendente porre fine alla discriminazione contro le persone con disabilita’.

Noi, 400 partecipanti provenienti da molti Paesi europei, riuniti nel 1° Congresso Europeo per la Vita Indipendente tenutosi in Tenerife, nel quadro delle manifestazioni del 2003 Anno Europeo delle Persone con Disabilità, chiediamo con insistenza che i Governi dell'Isola delle Canarie e Spagnolo si facciano promotori nel patrocinare l'implementazione di questa Dichiarazione in seno alla politica dell'Unione Europea, specificatamente nella fase preparatoria della Direttiva sulla Non Discriminazione delle Persone Disabili e nel Piano di Azione Europeo per la Disabilità.

I principi di Vita Indipendente
Noi, persone con disabilità, dobbiamo avere i mezzi per poter essere responsabili delle nostre vite e delle nostre azioni, come le persone senza disabilità. La maggior parte dei problemi che le persone disabili devono affrontare non sono di ordine medico, bensì sociale, economico e politico.
Dopo una storia di emarginazione e di esclusione le persone con disabilità stanno ORA rivendicando il diritto di scegliere come vivere la loro vita in seno alla società.
Rivendichiamo le medesime opportunità e scelte e lo stesso controllo e autodeterminazione nella nostra vita quotidiana che per le persone senza disabilità vengono dati per scontati.
Una partecipazione piena e paritaria nella società ci permetterà di esprimere il nostro massimo potenziale come esseri umani, contribuendo in tal modo alla vita economica e sociale della società stessa. Storicamente questo ci è stato sino ad ora negato.
Le persone con disabilità devono essere considerate esperte di ciò che riguarda la loro vita.
Da esperti abbiamo il diritto e la responsabilità di parlare di noi stessi. Inoltre dobbiamo essere noi a controllare le organizzazioni che ci rappresentano.
La Vita Indipendente è un Diritto Umano fondamentale per tutte le persone con disabilità, a prescindere dalla natura e dalla gravità del loro handicap. Sono perciò comprese le persone con difficoltà di apprendimento, con problemi psichiatrici, i sopravvissuti a malattie o incidenti, i bambini disabili e gli anziani disabili. Tutti i sistemi di vita e tutte le diversità devono essere presi in considerazione. Ogni essere umano dovrebbe avere il diritto di effettuare scelte su ciò che concerne la propria vita.

Noi affermiamo
che in tutte le attività del settore pubblico come la progettazione di infrastrutture, l'istruzione, i trasporti, il lavoro e altri servizi, le necessità delle persone con disabilità devono essere profondamente considerate in una Progettazione Universale ed Inclusiva (Progettazione di Inserimento Globale). La progettazione e l'attuazione dei servizi deve seguire i principi della vita indipendente ed essere incentrata sui bisogni individuali della persona.
L'Assistenza Personale permette alle persone con disabilità fisiche, sensoriali, intellettive e di altro tipo di vivere una vita autodeterminata nella società, e di partecipare pienamente a tutte le attività umane: per esempio essere genitori, educare i figli, avere una vita sessuale, studiare, lavorare, usufruire delle infrastrutture ambientali, godere di attività di tempo libero e culturali, far politica.
Le persone disabili dovrebbero poter esercitare il massimo controllo in materia di servizi correlati alla disabilità e alla vita indipendente. Tra questi i finanziamenti pubblici, la difesa, la formazione e il supporto alla pari per quelle persone con disabilità che non sanno, o non desiderano, avere il pieno controllo della propria vita.
E' inaccettabile che ci siano ancora cittadini europei con disabilità negli istituti perché mancano alternative di vita appropriate nella società.
Noi rimarchiamo che i servizi di supporto alla vita indipendente sono essenziali affinché le persone con disabilità possano godere di libertà basilari e che essi devono essere economicamente supportati da tutti i Governi.
Noi, persone disabili provenienti da tutta l'Europa, non accettiamo limitazioni nei finanziamenti destinati a garantire la nostra libertà basilare. Se necessario siamo pronti a sfidare e a verificare eventuali dichiarazioni sulla mancanza di risorse economiche.

Unione Europea
Noi facciamo pressione affinché l'Unione Europea (UE) continui a sviluppare le politiche per i diritti umani per migliorare la qualità della vita delle persone disabili attraverso la libertà di scelta ed una più alta qualità dei servizi.
Noi condanniamo qualsiasi tipo di segregazione e istituzionalizzazione, in quanto violazione diretta dei nostri Diritti Umani. I governi devono implementare e rinforzare la legislazione che protegga i Diritti Umani e le pari opportunità delle persone disabili.
Noi sollecitiamo con urgenza l'UE ad adottare misure che garantiscano e privilegino soluzioni di integrazione sociale e non di istituzionalizzazione nel settore dei servizi per la disabilità.
Le persone con disabilità devono poter convertire i servizi di cui attualmente usufruiscono o potrebbero usufruire in somme di denaro equivalenti, erogate attraverso "pagamenti diretti" (in Italia assistenza personale autogestita, con "pagamenti indiretti").
In osservanza del Trattato di Roma noi chiediamo ai governi dell'UE di adottare un livello minimo per quel che concerne i "pagamenti diretti" per i servizi di Assistenza Personale in tutti i Paesi dell'UE, così da promuovere la libertà di movimento. Inoltre devono essere pienamente considerati i bisogni delle persone disabili allorché si promuovono standard di interazione nel campo dei beni e dei servizi.
Noi chiediamo ai governi dell'UE di finanziare lo sviluppo e il supporto di organizzazioni controllate e gestite da persone con disabilità per promuovere la vita indipendente.
Chiediamo all'UE di adottare le misure necessarie a prevenire ogni discriminazione nei confronti delle persone con disabilità nei progressi futuri della genetica, della scienza e della tecnologia.


Per Informazioni. ENIL Italia European Network on Independent Living. Sede legale, via Olevano, 105 - 10095 Grugliasco (TO) - Italia, Sede operativa, via Giovio 3 - 22100 Como - Italia - Tel: +39-31-270679 Fax: +39-31-266569, Indirizzo Internet, http://www.agora.stm.it/enil4/

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