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Anna Bravo Da “La Repubblica” 18 agosto 2007 (torna all'indice informazioni) E' uscito da poco per Feltrinelli In viaggio con Alex, di Fabio Levi,
una biografia di Alexander Langer: sudtorilese nato a Vipiteno da padre
ebreo e madre cattolica, vicino ai cattolici del dissenso e a don Milani
nella Firenze fine anni '60, poi leader di Lotta Continua, in seguito
fondatore dei verdi in Italia e parlamentare europeo, pacifista, o meglio
pacifico. Ricordo che di fronte alla morte di Primo Levi, il dolore e lo stordimento
per la perdita di un padre simbolico (di un santo laico, dicevano alcuni)
si mischiavano alla sensazione di essere stati doppiamente abbandonati.
Per la sua fine, come se i santi non avessero diritto di morire. Per il
modo, come se il suicidio gettasse retrospettivamente un'ombra sulla vita.
Nell'opinione comune, Levi era l'uomo che aveva vinto Auschwitz - definizione
infelice per una persona così libera dal vizio della belligeranza;
l'uomo straordinario che grazie al suo lavoro di memoria aveva dimostrato
di meritare la salvezza. Una visione distorta in cui la sopravvivenza
non si deve al caso, come avveniva quasi sempre, ma all'eccezionalità
del prigioniero; in cui, implicitamente, si lascia intendere che gli altri,
i morti, l'avrebbero meritata meno. Che molti ex deportati - lo stesso
Levi, Bruno Bettelheim, il principale custode della memoria italiana,
Bruno Vasari- abbiano rigettato questa ideologia, non ha impedito il suo
riemergere periodico, tanto è forte l'idea che soffrire sia un
merito, e sopravvivere un premio. Con quali effetti appiattenti sulle
biografie è facile immaginare. Su piccola scala, qualcosa di simile è successo con il suicidio
di Alexander Langer, che ad alcuni è sembrato un tradimento affettivo
e una resa - resa, un'altra stonata parola -militaresca. Comprensibili,
anche in questo caso, la voglia e il bisogno di capire cercando indizi
nel pubblico e nel privato. C'era bisogno di persone così, e Langer lo sapeva, lui che in
qualunque conflitto tentava di incrinare le barriere e costruire ponti
fra le parti, ma che aveva scritto: "a volte bisogna accettare di
essere chiamati traditori dai propri compagni". E l'aveva messo in
pratica. Durante la guerra nella ex Jugoslavia - Sarajevo bombardata da
anni, inutili tentativi di pacificazione della comunità internazionale
- era arrivato a pensare che un intervento armato dell'Onu, o della Nato
a nome dell'Onu, purché il più possibile contenuto e mirato,
fosse preferibile all'agonia della Bosnia; che fosse necessaria una autorità
internazionale in grado di minacciare e di impiegare, oltre che la diplomazia
e l'integrazione economica, la forza La bulimia biografica scoppiata intorno a Primo Levi poteva farsi forte dell'importanza riconosciuta in questi decenni ai primi due poli. Una tendenza affiorata sull'onda della cultura di massa, e esplosa, con altro spirito, nel '68 e nel femminismo, che teorizzavano la rilevanza politica dei comportamenti personali e privati. E' stata un'acquisizione importante, capace di rinnovare il campo delle biografie e autobiografie, e di spingere quello della storia politica oltre le idee, le ideologie, i soggetti collettivi. Ma lo scivolamento della ricerca dal privato all'intimità è altra cosa, che sottintende almeno due equivoci. Il primo è la confusione fra mistero e segreto. In ogni gruppo, in ogni famiglia, in ogni vita ci sono segreti - dunque anche in quelle che si concludono volontariamente. Il biografo può scoprirli e ritenerli decisivi. Ma intorno al suicidio non ci sono necessariamente segreti, c'è un mistero davanti al quale anche chi ha la dubbia ambizione di vedere come le persone sono fatte dentro, si dovrebbe fermare. Se non altro per il senso del limite interno a ogni lavoro e rapporto. Il secondo equivoco è una concezione del privato come enclave
dell'autenticità e della profondità, contrapposta al pubblico
come luogo dell'artificio e della superficie. Fabio Levi ha raccolto documenti
politici, lettere, articoli, atti del parlamento europeo, racconti di
amici. La storia di Langer rischia invece di non potersi consolidare per un
eccesso di mobilità e fluidità, che l'amore degli amici
per quanto fattivo e prezioso, compensa solo in parte. Questo libro può
allora offrire uno spazio accessibile, in cui chi sa poco di lui, e penso
soprattutto alle persone giovani, può incontrarlo e conoscerlo,
una casa mobile dove non si chiede altro visto d'ingresso che la voglia
di capire. In fondo ogni biografia dovrebbe essere così.
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