Notizie minime della nonviolenza
in cammino – N.338 del 18 gennaio 2008
e-mail: nbawac@tin.it
GUIDO VIALE: RIFIUTI
"Il manifesto" del 15 gennaio 2008, col titolo "Quattro soluzioni
per il rebus-rifiuti" e il sommario "Il piano del governo non risolve
nulla, ma 'ricicla' solo vecchie ricette che hanno fallito. Con il rischio
che tutto finisca in ordine pubblico. Invece una via d'uscita e' possibile".
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E' difficile aspettarsi un risultato dal piano del governo per i rifiuti
della Campania. Perche' in quel piano non c'e' niente di nuovo. I punti
"qualificanti" sono:
1) Raccolta differenziata. E' una prescrizione gia' contenuta in una legge
dello stato del 1997, che i commissari non hanno mai attuato. Il piano
non indica le misure per cui questa volta dovrebbe riuscire, ma solo scadenze
per il suo avvio.
2) Conferimento ad altre regioni "volonterose" delle centomila e piu'
tonnellate di rifiuti che
ingombrano le strade campane. Anche questo e' gia' stato chiesto e fatto
in altri periodi. E' ovvio che in mancanza di garanzie che la storia non
abbia a ripetersi le difficolta' frapposte dalle altre regioni crescono.
3) Utilizzo immediato di quattro discariche - o cinque, se verra' inclusa
Pianura - gia' indicate dal precedente commissario Bertolaso e tre delle
quali sono gia' state oggetto di mobilitazioni popolari contro la loro
apertura, perche' sature o in siti inadatti. Non risulta che Regione,
Province o commissari abbiano mai effettuato una mappatura del territorio
campano per individuare siti compatibili con questa funzione. Si e' sempre
cercato di utilizzare i siti gia' compromessi (gravando su popolazioni
la cui salute e' stata distrutta da queste servitu'), nonostante che indicazioni
su siti adatti dal punto di vista geologico e idrologico siano state a
suo tempo fornite a Bertolaso da alcuni geologi che queste indagini le
avevano svolte per proprio conto.
4) Apertura "nel medio termine" di tre inceneritori: sono quello di Acerra,
in costruzione da quattro anni e in programma da dieci, che non sara'
pronto prima del 2009, e quello di Santa
Maria la Fossa, a soli quindici chilometri dal primo (anch'esso in programma
da dieci anni). Anche qui vale il principio di insediare gli impianti
piu' inquinanti nei territori piu' compromessi; con l'aggravante che in
questo caso la decisione sui siti e' stata delegata all'impresa aggiudicataria
della costruzione e della gestione degli impianti. Il terzo inceneritore
verra' localizzato a Salerno, citta' il cui sindaco si e' da tempo dichiarato
disponibile a ospitarlo, anche se il sito non e' stato ancora indicato
e la mobilitazione popolare contro questa decisione sta gia' montando.
Ma l'apertura dei due nuovi inceneritori, posto che si facciano, non potra'
avvenire prima di tre-quattro anni.
E nel frattempo? Ridurre, riciclare, recuperare, smaltire.
Nulla dice il piano del governo circa i cinque milioni di "ecoballe" accumulate
ai piedi dei sette impianti di tritovagliatura (i cosiddetti Cdr) e infarcite
di rifiuti tossici infilati piu' o meno clandestinamente dalla camorra.
Tutti i Cdr sono attualmente fermi; per guasti tecnici, o per decreto
della magistratura, o per mancanza di spazio dove stoccare la "produzione".
Si tratta di un'altra ecobomba di dimensioni planetarie, che se venisse
smaltita nel megainceneritore di Acerra, se entrera' in funzione, lo terrebbe
occupato per non meno di 5-7 anni, mentre in attesa dei nuovi inceneritori
si accumulera' un numero quasi uguale di altre ecoballe. Che cosa bisogna
fare, allora? Bisogna attuare in modo drastico le priorita' dell'Unione
Europea, della normativa nazionale e di quella regionale. Primo: ridurre;
secondo: riciclare; terzo: recuperare solo quello che non e' possibile
riciclare; quarto: smaltire solo quello che non e' in alcun modo recuperabile.
E in emergenza queste regole vanno attuate con misure straordinarie.
Ridurre: ogni giorno la Campania produce 6-7000 tonnellate di nuovi
rifiuti urbani. Anche se altre regioni italiane accetteranno di assorbire
quelli ammonticchiati per le strade, tra quindici giorni saremo punto
a capo. Tra un mese e mezzo sara' stata riempita completamente la discarica
di Serre - l'unica oggi aperta in Campania - e per aprirne altre il commissario
si sentirà autorizzato a usare gli stessi sistemi adottati a Genova.
Il 40% in peso di quei rifiuti e' composto da imballaggi; un altro 10%
da altri prodotti usa e getta. Si tratta in massima parte di vetro, plastica,
carta e cartone, che in volume occupano in discarica oltre il 60 e nei
cassonetti fino al 90% dello spazio disponibile. Il resto e' composto
quasi esclusivamente da materiale organico (avanzi di cucina), inerti
e rifiuti ingombranti (mobili ed elettrodomestici depositati accanto ai
cumuli di rifiuti perche' non ci sono centri e servizi di raccolta ad
hoc). Bisogna fermare questo flusso. Se si allaga la casa, prima di asciugare
il pavimento e strizzare gli strofinacci occorre chiudere i rubinetti.
E la Campania e'
"allagata" dai rifiuti.
Ma come fare? Va proibita la vendita dei prodotti usa e getta fino al
lontano ritorno a una lontana "normalita'". Per lo meno di quelli piu'
ingombranti: i pannolini possono essere sostituiti con prodotti lavabili
di concezione moderna: sono piu' economici e igienici per chi li usa e
molto meno costosi per chi li deve smaltire. Un comune li puo' addirittura
regalare a chi ne ha bisogno - come si comincia fare a Reggio Emilia e
in altre citta' - con la sicurezza di risparmiare sullo smaltimento.
Lo stesso vale per le stoviglie usa e getta. I comuni devono proibirle
e mettere a disposizione - a pagamento - di chi le usa abitualmente, cioe'
mense e fast food, servizi mobili di lavaggio: si possono organizzare
in pochi giorni, in attesa che le utenze si dotino delle necessarie strutture.
Vanno bloccati all'uscita dalla catena distributiva tutte le bibite in
vuoti a perdere, acqua minerale compresa, se non nei territori dove l'acqua
del rubinetto non e' potabile. E' meglio questo "sacrificio" o continuare
a vivere tra cumuli di rifiuti? Vanno eliminati gli imballaggi superflui,
in attesa che i distributori si dotino di servizi logistici in grado di
garantire l'utilizzo esclusivo di vuoti a rendere e di dispenser per la
vendita di prodotti sfusi, come ormai fanno molte catene distributive
nel nord e nel centro Europa, ma anche alcune catene italiane.
Ma che cosa si puo' fare nell'immediato? Si devono spacchettare
alle casse dei supermercati e ai banchi dei negozi i prodotti acquistati,
in modo che gli imballaggi superflui vengano immediatamente convogliati
verso gli impianti di riciclaggio. A Natale, con la campagna "Disimballiamoci"
Legambiente aiuta i consumatori volenterosi a sbarazzarsi degli imballaggi
superflui presidiando con i suoi volontari le uscite dei supermercati.
In Campania la stessa cosa va resa obbligatoria, impegnando in questa
funzione alcune migliaia dei lavoratori finora addetti a una inesistente
raccolta differenziata. E spiegando alla popolazione che questo e' l'unico
modo per liberarsi dai cumuli di rifiuti sotto casa e dalla necessita'
di aprire ogni
giorno nuove discariche. Naturalmente per farlo ci vuole personale formato
(rapidamente), consultato e aggiornato (quotidianamente) per avere il
polso delle risposte della popolazione.
Uscire dalla monnezza non e' utopia. E' una proposta folle? Puo' sembrare.
Ma e' piu' folle questa proposta o il comportamento di governatori, amministratori
e commissari che per 14 anni hanno lasciato incancrenire la situazione
fino a questo punto? D'altronde e' una proposta che va nella direzione
in cui si muove un numero crescente di amministrazioni nei contesti piu'
"civili" dell'Europa e degli Stati Uniti: dalla Silicon Valley al Canada,
dall'Austria all'Olanda, dalla Germania alla Nuova Zelanda. Napoli e la
Campania potrebbero approfittare dell'emergenza per superare in un colpo
solo il gap tra la posizione infima che occupano oggi e i primi posti
a livello mondiale. Esattamente come 12 anni fa Milano, sommersa dai rifiuti,
aveva saputo superare l'emergenza mettendo a punto in pochi mesi un modello
poi ripreso da molte citta' europee.
Anche la raccolta differenziata (per la quale la legge prescrive l'obiettivo
del 65% entro cinque anni), se da un lato si avvantaggerebbe molto di
poter operare su flussi di rifiuti gia' liberati dalla maggior parte degli
imballaggi superflui e dei prodotti usa e getta, richiede comunque una
mobilitazione straordinaria che i comuni che hanno gia' raggiunto questo
obiettivo ben conoscono. La raccolta deve essere fatta porta a porta;
il personale che la fa deve essere formato e investito di una responsabilita'
che richiede una elevata professionalita': quella di imparare a conoscere
il territorio attraverso i rifiuti prodotti; di dialogare con la popolazione;
di individuare i problemi e proporre soluzioni. L'addetto alla raccolta
differenziata porta a porta non e' piu' un facchino ma un lavoratore front-line.
Serve un grande lavoro con la persone, ma i risultati poi arrivano: non
c'e' un solo abitante dei comuni che fanno bene la raccolta differenziata
che vorrebbe tornare indietro. Naturalmente ci vogliono impianti per trattare
le frazioni raccolte. Nell'immediato si potra' ricorrere ad altre regioni,
che riceveranno i materiali riciclabili della Campania piu' volentieri
dei suoi rifiuti indifferenziati. Ma bisognera' individuare in fretta
i siti e costruire gli impianti - soprattutto quelli di compostaggio -
nella regione.
Possono essere accolti meglio di una discarica o di un inceneritore. In
fin dei conti si tratta di fare un patto con la popolazione: meno impianti
inquinanti di smaltimento finale in cambio di piu' impegno nel ridurre
e riciclare i rifiuti. Infine, molta parte del territorio campano dispone
di condizioni adeguate per promuovere il compostaggio domestico, magari
distribuendo gratuitamente compostatori, istruzioni per l'uso e assistenza
tecnica continua a chi vuole provarci e riducendo cosi' in misura consistente
il conferimento di rifiuto organico.
Se l'obiettivo del 65% verra' raggiunto, quando saranno pronti (se saranno
pronti) i due nuovi inceneritori, i rifiuti campani da smaltire si saranno
ridotti a un terzo di quelli attuali; e se sara' attivata una politica
drastica di riduzione, come quella proposta qui, a molto meno di un quarto.
Il "combustibile derivato dai rifiuti" prodotto da un impianto a norma
e' meno della meta' del materiale immesso: cioe' la meta' della capacita'
dell'inceneritore di Acerra. E a quel punto, a che cosa serviranno gli
altri due inceneritori? Si rischiera', in Campania come in tutta Italia,
di ritrovarsi nella situazione della Germania, che, dopo aver avviato
una vera raccolta differenziata si ritrova con un eccesso di capacita'
di smaltimento, cioe' di inceneritori e di discariche. E' per questo infatti
che la Germania accoglie cosi' volentieri i rifiuti campani: per tenere
in funzione impianti che altrimenti non potrebbero ammortizzare. Se invece
non si ritiene perseguibile l'obiettivo del 65% di raccolta differenziata,
perche' e' stata fatta una legge che prescrive quest'obiettivo, confermando
un'analoga norma del governo Berlusconi, che fissava l'obiettivo al 60%
al 2011?
Resta il problema delle bombe ecologiche di cui il piano del governo non
si occupa: i milioni di tonnellate di rifiuti tossici nascosti in discariche,
clandestine e non, e i milioni di ecoballe che a norma di legge non potranno
essere affidate a nessun inceneritore. Qui e' improcrastinabile un piano
di bonifica di ampio respiro e di portata nazionale, soprattutto per la
quantita' di risorse sia finanziarie che tecniche e umane da mobilitare.
Costera' sicuramente molto di piu' dei due miliardi di euro che il commissario
ha sperperato nel corso di quindici anni e dovra' essere messo a carico
delle finanze dell'intero paese. Perche' la', nelle fosse, nelle cave,
nei pascoli e nelle discariche di tanta parte della Campania – e verosimilmente
della Calabria e della Puglia - sono seppelliti i rifiuti di cui si e'
liberato a basso costo per decenni tutto il sistema industriale
del paese. Ed e' giusto che a pagare sia tutto il paese.
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