La riforma della giustizia minorile: presa di
posizione a difesa dei diritti dei bambini e degli adolescenti
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A partire da un seminario di studio promosso da Amici dei bambini, Anfaa,
Ciai, Cies, Ecpat-Italia, Savethe Children-Italia, Telefono azzurro e Unicef-Italia,
è stata nei mesi scorsi avviata una riflessione comune sulle proposte di riforma
della giustizia minorile, attualmente all'esame del Parlamento; ne è scaturito
il documento che riportiamo, presentato nel corso di una conferenza stampa tenutasi
a Roma il 19 luglio 2002. Alla luce della Convenzione internazionale sui diritti
dell'infanzia, le principali associazioni italiane hanno sottoscritto le linee
guida con l'obiettivo di sensibilizzare i parlamentari. Tra i punti salienti
l'indicazione che il superiore interesse del minore sia il cardine attorno al
quale deve ruotare la riforma della giustizia minorile, e che al minore stesso
sia assicurata una adeguata tutela nel sorso dei procedimenti civili e penali
che lo riguardano. La riforma della giustizia minorile necessita di adeguate
risorse economiche, umane e strutturali che garantiscano l'ascolto del minore,
la sua assistenza psico-sociale e legale, oltre che il rispetto del principio
della specializzazione degli organi della giustizia minorile e la loro presenza
capillare sul territorio nazionale, per consentire ai giudici un rapporto più
proficuo con i servizi locali. Queste sono le principali indicazioni delle associazioni
e organizzazioni non governative firmatarie del documento che si sono unite
nel desiderio che in Italia si realizzi veramente una giustizia a "misura di
bambino" e che hanno chiesto di essere ricevute in audizione dalle Commissioni
giustizia della Camera e del Senato e dalla Commissione per l'infanzia*
Linee guida per la riforma della giustizia minorile in Italia (1)
La presentazione dei recenti disegni legge n. 2501 dell'8 marzo 2002 e n. 2517
del 14 marzo 2002 in materia di modifiche della giustizia minorile, le polemiche
e i dibattiti da essi scaturiti, hanno determinato nei firmatari del presente
documento il desiderio di indicare alcune linee guida che possono aiutare il
nostro Paese a realizzare una giustizia a "misura di bambino". Pertanto, riconoscendo
lo stato di particolare "debolezza" nel quale versa un minore che viene in contatto,
per i motivi più disparati, con procedimenti di giustizia civile o penale e
in considerazione della Convenzione Onu sui diritti dell'infanzia del 1989,
delle regole minime delle Nazioni Unite relative all'amministrazione della giustizia
minorile - Regole di Pechino 1985 - e tenuto conto delle indicazioni contenute
nella Convenzione europea sull'esercizio dei diritti dei bambini - Convenzione
di Strasburgo 1996 - ancora in via di ratifica in Italia e dell'art. 111 della
nostra Costituzione, si evidenzia quanto segue.
Premessa
Oggi nel nostro Paese una reale riforma della giustizia minorile non può
essere effettuata se non mettendo a disposizione risorse economiche, umane e
strutturali adeguate, che consentono l'attuazione di un processo di cambiamento
che migliori, potenzi e assicuri la piena efficienza del sistema giustizia,
nel rispetto dei diritti dei bambini, come riconosciuti dalla Convenzione Onu
sui diritti dell'infanzia del 1989. Pertanto i firmatari del presente documento
richiamano all'attenzione del legislatore e seguenti principi:
il minore parte di un giudizio civile e penale deve essere sempre riconosciuto
quale portatore di diritti e quindi in tutte le decisioni dei tribunali, delle
autorità amministrative e degli organi legislativi che lo riguardano, deve essere
tenuto in preminente considerazione il suo superiore interesse (art. 3 della
Convenzione Onu). Occorre pertanto compiere ogni sforzo per adottare un corpo
di leggi e di provvedimenti per i giovani, anche quali autori di reati, che
rispondano alle loro esigenze di soggetti in crescita (art. 2 Regole di Pechino)
e alle loro prospettive di maturazione;
in una riforma della giustizia minorile civile e penale, che preveda una nuova
definizione delle norme procedurali e della organizzazione attraverso appropriati
interventi legislativi, adeguatamente finanziati (non è possibile questa riforma
a costo zero), si invita il legislatore ad operare nel medio termine, ove e
per quanto possibile, l'accorpamento di tutte le competenze in materia di minori,
mantenendole in capo ad una unica istituzione giudiziaria specializzata. I soggetti
preposti alla giustizia minorile devono avere una preparazione di tipo specialistico
nel diritto in generale, nel diritto di famiglia e nel campo delle scienze umane
e sociali, sulla base di precise regole per la selezione, la nomina e la formazione
professionale. Questo principio della specializzazione adeguata degli organi
della giustizia minorile, deve essere attuato, rendendo anche obbligatoria,
in particolare per i giudici e gli avvocati, la frequenza di appositi corsi
professionali. Tale principio di specializzazione esige inoltre che ai giudici
per i minori non siano attribuite competenze ulteriori e diverse rispetto a
quelle che riguardano la materia minorile e familiare;
ogni processo che riguardi un minore deve essere svolto dinanzi a un giudice
o collegio giudicante, competente, indipendente e imparziale. I tribunali per
i minorenni o per la famiglia o le sezioni specializzate dei tribunali ordinari
devono avere una presenza capillare sul territorio nazionale, così da garantire
un facile accesso al servizio giustizia, consentire ai giudici un rapporto più
proficuo con i servizi locali e una maggiore vicinanza ai contesti sociali territoriali;
tutte le procedure del processo minorile civile e penale devono tendere a proteggere
al meglio gli interessi del minore e devono permettere la sua partecipazione
e la sua libera espressione, come indicato dall'art. 14 delle Regole di Pechino,
art. 9 e art. 37 della ConvenzioneOnu. Pertanto il processo minorile si deve
basare sull'applicazione della regola del contraddittorio, in modo tale da assicurare
a tutte le parti interessate di partecipare al processo e di fare conoscere
le proprie opinioni (art. 9.2 della Convenzione Onu) di fronte a un giudice
terzo e imparziale (art. 111 della Costituzione);
il minore, nei procedimenti giudiziari penali che lo riguardano, ha diritto
a essere ascoltato e assistito da un proprio avvocato, che abbia le adeguate
competenze per tutelare il suo superiore interesse. Parimenti nei procedimenti
giudiziari civili, ha diritto ad essere ascoltato, ad essere rappresentato dai
propri genitori o da un legale rappresentante, e in caso di conflitti d'interesse
con questi ultimi da un curatore speciale, nonché ha diritto di accedere ad
una assistenza di natura psicosociale e legale al fine di tutelare il suo superiore
interesse;
una riforma della giustizia minorile per essere adeguata non può prescindere
dallo stabilire regole che disciplinino e garantiscano l'ascolto del minore
soggetto a procedimenti civili o penali, in ottemperanza alla Convenzione Onu
(art.12.) che sottolinea come "il minore capace di discernimento debba avere
il diritto di esprimersi liberamente su ogni questione che lo interessa…e la
possibilità di essere ascoltato in ogni procedura giudiziaria e amministrativa
che lo concerne (art.12). Tali regole, nel disciplinare e garantire l'ascolto,
devono anche assicurare al minore un'adeguata protezione psicologica e morale
per tutta la durata dei procedimenti civili e penali che lo riguardano. Pertanto
le audizioni del minore, il cui contenuto richieda una particolare attenzione
e riservatezza, debbono essere svolte in modo protetto, onde evitare che la
contemporanea presenza di tutte le parti in causa, possa turbare il minore o
possa compromettere la genuinità delle sue dichiarazioni, nel rispetto di tempi
celeri e modalità garantiste;
nel processo penale le competenze del giudice o del collegio giudicante necessitano
in particolare modo di un supporto interdisciplinare, quindi si ritiene importante
la presenza della componente privata specializzata, affinché i provvedimenti
adottati siano proporzionati alle circostanze e alla gravità del reato, alla
situazione del minore e alla tutela (art. 17 Regola di Pechino). Per quanto
concerne la presenza della componente privata anche nei collegi giudicanti civili,
si invita il legislatore a valutare con la massima attenzione le diverse indicazioni
avanzate a tale proposito dalle Organizzazioni non governative e associazioni
impegnate da anni nella tutela dei diritti dei minori, dalle categorie professionali
operanti all'interno del sistema della giustizia minorile, dalle sedi scientifiche,
dal Forum permanente del terzo settore e dall'Osservatorio nazionale per l'infanzia
(il quale sta redigendo il III Piano nazionale di azione di interventi per la
tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva 2002-2003 - legge
451/1997), perché solo dall'analisi accurata, in tutte le sue angolazioni, dell'attuale
sistema della giustizia minorile, si può delineare una sua riforma che non si
limiti a cancellare il passato, ma che crei un sistema sempre più tutelante
degli interessi e dei diritti del minore. Nei procedimenti riguardanti un minore,
nei casi in cui il giudice o il collegio giudicante ritenga opportuno il contributo
interdisciplinare di specialisti, il consulente tecnico di volta in volta nominato,
deve avere particolari competenze nelle scienze del comportamento ed in ambito
forense;
le istituzioni giudiziarie che si occupano di minori devono poter contare sulla
collaborazione dei servizi socio-assistenziali e sanitari territoriali; tale
collaborazione deve essere continuativa, anche sulla base di precisi protocolli
d'intesa ed i servizi devono essere adeguatamente specializzati in materia minorile.
Per quanto riguarda la competenza penale, si invita il legislatore a regolare
i rapporti tra i servizi del Ministero della giustizia e i servizi locali affinché
si realizzi un'efficace collaborazione sinergica;
la condanna del minore a pene detentive deve costituire un provvedimento di
ultima risorsa (art.37 della Costituzione Onu), e deve essere limitata al minimo
indispensabile (art.17 Regole di Pechino), in quanto la pena deve svolgere la
funzione di recupero del minore per il suo reinserimento nella società civile
(art.39 della Convenzione), oltre che la funzione di riparazione per il reato
commesso. Il minore sia italiano che straniero, compreso quello che entra negli
istituti penali minorili, deve pertanto potere usufruire di forme alternative
alla detenzione (art. 18 Regole di Pechino), tra le quali la messa alla prova
e ove possibile la mediazione penale, senza limitazione per fattispecie di reato
o per durata minima di espiazione della in caso di liberazione condizionale.
In campo penale quello che entra negli istituti penali minorili, deve pertanto
potere usufruire di forme alternative alla detenzione (art. 18 Regole di Pechino),
tra le quali la messa alla prova e ove possibile la mediazione penale, senza
limitazione per fattispecie di reato o per durata minima di espiazione della
in caso di liberazione condizionale. In campo penale non sono giustificabili
modifiche alle diminuente alle attenuanti per i minori di età compresa tra i
sedici e i diciotto anni. Come non appare giustificato, nel caso che la pena
a carico del minore possa essere completamente espiata entro il 22° anno di
età, il passaggio, al compimento dei 18 anni, al carcere degli adulti; al contrario
si deve privilegiare il trattamento del giovane adulto in appositi istituti
fino all'espletamento della pena, al fine di portare a compimento i programmi
di recupero per lui previsti (Regole di Pechino art. 3.3). La riforma della
giustizia in campo penale deve essere conforme ai principi e alle norme della
Convenzione Onu e in particolare all'art. 40 della stessa Convenzione,
una riforma della giustizia minorile non può prescindere, come da tempo richiesto
dalla Corte costituzionale, dalla delineazione di uno specifico ordinamento
penitenziario per i minorenni condannati a pene detentive. Tali norme sull'ordinamento
penitenziario minorile, oltre regolare l'esecuzione delle pene per i minorenni,
devono assicurare l'attuazione di quanto sancito nella Convenzione Onu e in
particolare che "ogni minore privato della libertà sia sempre separato dagli
adulti" (art.37).
Conclusione
I firmatari del presente documento invitano il legislatore a fare propri
i principi sopra elencati oltre che a tenere presente le specifiche indicazioni,
avanzate nel merito della riforma della giustizia, attualmente in discussione
alle camere, dalle realtà associative e organizzazioni non governative impegnate
nel nostro Paese nella tutela dei diritti dei minori.
*Hanno aderito al documento le seguenti organizzazioni: Amici dei Bambini -
Associazione Internazionale Noi Ragazzi del Mondo, Alisei, Anfaa - Associazione
Nazionale Famiglie Adottive e Affidatarie, Anpas - Associazione Nazionale Pubbliche
Assistenze, Arciragazzi, Associazione Famiglia Devuta, Ciai - Centro Italiano
Aiuti all'infanzia, Caritas Italiana, Comunità Internazionale di Capodarco,
Cies - Centro Informazione e Educazione allo Sviluppo, Cnca - Coordinamento
Nazionale Comunità di accoglienza, Coordianmento La Gabbianella, Ecpat - End
Child Prostitution Pomography And Traffickng for Commercial Purposes - Italia,
Esecutivo Coordinamento dalla Parte dei Bambini, Fondazione Terre des Hommes
- Italia, Save the Children Italia, Sezione Italiana di Amnesty International,
Telefono azzurro, Terra Nuova, Centro per il volontariato, Unicef Italia, Vis
- Volontariato internazionale per lo Sviluppo, Avv. Marina Marino - Presidente
Aiaf - Associazione Italiana Avvocati di Famiglia, Prof. Federico Palomba.
(1) Ripreso dalla rivista "Prospettive assistenziali", n. 139/2002
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