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Il Progetto Obiettivo "Tutela della salute mentale" 1998-2000

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Lo scorso 10 novembre è stato approvato il "Progetto obiettivo 'Tutela della salute mentale' 1998-2000 (G.U. n. 274 del 22.11.1999)". Riprendiamo di seguito le parti riguardanti gli "Interventi prioritari" e le "Componenti organizzative del Dipartimento di salute mentale".

Interventi prioritari.
Nella progettazione delle attività atte a contrastare la diffusione dei disturbi mentali, i servizi di salute mentale, pur senza trascurare la domanda portatrice di disturbi mentali medio-lievi, devono dare, nell'arco del triennio, priorità ad interventi di prevenzione, cura e riabilitazione dei disturbi mentali gravi, da cui possono derivare disabilità tali da compromettere l'autonomia e l'esercizio dei diritti di cittadinanza, con alto rischio di cronicizzazione e di emarginazione sociale.

A questo fine occorre:
assicurare la presa in carico e la risposta ai bisogni di tutte le persone malate o comunque portatrici di una domanda di intervento;
attuare, tramite specifici protocolli di collaborazione fra i servizi per l'età evolutiva e per l'età adulta, interventi di prevenzione mirati alla individuazione nella popolazione giovanile, soprattutto adolescenziale, dei soggetti, delle colture e dei contesti a rischio, con lo scopo di contenere e ridurre evoluzioni più gravemente disabilitanti.

Le azioni più opportune, per realizzare tali interventi, sono:

a) l'attuazione da parte dei servizi di salute mentale di una prassi e di un atteggiamento non di attesa, ma mirati a intervenire attivamente e direttamente nel territorio (domicilio, scuola, luoghi di lavoro, ecc.), in collaborazione con le associazioni dei familiari e di volontariato, con i medici di medicina generale e con gli altri servizi sanitari e sociali;

b) la formulazione di piani terapeutico-preventivi o terapeutico-riabilitativi personalizzati, con assegnazione di responsabilità precise e di precise scadenze di verifica;

c) l'integrazione in tali piani dell'apporto di altri servizi sanitari, dei medici di medicina generale, dei servizi socio-assistenziali e di altre risorse del territorio, in particolare per quanto riguarda le attività lavorative, l'abitare e i cosiddetti beni relazionali (produzione di relazioni affettive e sociali);

d) l'applicazione delle strategie terapeutiche giudicate di maggiore efficacia, alla luce dei criteri della medicina basata su prove di efficacia (Evidence basad medicine);

e) il coinvolgimento delle famiglie nella formulazione e nella attuazione del piano terapeutico; si sottolinea che tale coinvolgimento deve essere ovviamente volontario e che la responsabilità dell'assistenza è del servizio e non della famiglia;

f) l'attivazione di programmi specifici di recupero dei pazienti che non si presentano agli appuntamenti o che abbandonano il servizio, in modo anche da ridurre l'incidenza di suicidi negli utenti;

g) il sostegno alla nascita e al funzionamento di gruppi di mutuo-aiuto di familiari e di pazienti e di cooperative sociali, specie di quelle con finalità di inserimento lavorativo;

h) l'effettuazione di iniziative di informazione, rivolte alla popolazione generale, sui disturbi mentali gravi, con lo scopo di diminuire i pregiudizi e diffondere atteggiamenti di maggiore solidarietà. Ciò aumenterebbe, fra l'altro, la possibilità di indirizzare i malati gravi ai servizi di salute mentale.

Politiche e programmi di salute.
Per dare reale efficacia agli interventi in favore delle persone con disturbi mentali gravi, è necessario predisporre un quadro programmatico e organizzativo che punti alla coordinazione strategica di tutti i soggetti coinvolti.
Si tratta, da un lato di ottimizzare l'organizzazione e la coordinazione dei servizi formali e informali deputati alla tutela della salute mentale; dall'altro di definire strategie innovative che abbiano le caratteristiche di una sorta di "patto per la salute mentale" stipulato tra molteplici attori (sanitari e sociali, pubblici e privati, enti locali, forme della cittadinanza attiva, risorse del territorio) e volto alla valorizzazione delle risorse umane, materiali, territoriali.

Componenti organizzative del DSM
Come già indicato nel precedente Progetto obiettivo, i servizi essenziali costitutivi del DSM (e di ciascun modulo tipo, ove presente) sono il Centro di salute mentale (CSM), il Servizio psichiatrico di diagnosi e cura (SPDC), il Day hospital, il centro diurno, la residenza terapeutico-riabilitativa e socioriabilitativa.

Il Centro di salute mentale
Il CSM è la sede organizzativa dell'équipe degli operatori e la sede del coordinamento degli interventi di prevenzione, cura riabilitazione e reinserimento sociale, nel territorio di competenza, tramite anche l'integrazione funzionale con le attività dei distretti.
In particolare il CSM svolge:
attività di accoglienza, analisi della domanda e attività diagnostica;
definizione e attuazione di programmi terapeutico-riabilitativi e socioriabilitativi personalizzati, con le modalità proprie dell'approccio integrato, tramite interventi ambulatoriali, domiciliari, di "rete" ed eventualmente anche residenziali, nella strategia della continuità terapeutica;
attività di raccordo con i medici di medicina generale, per fornire consulenza psichiatrica e per condurre, in collaborazione, progetti terapeutici ed attività formativa;
consulenza specialistica ai servizi "di confine" (alcolismo, tossicodipendenze ecc. ), alle strutture residenziali per anziani e per disabili;
attività di filtro ai ricoveri e di controllo della degenza nelle case di cura neuropsichiatriche; private, alfine di assicurare la continuità terapeutica;
valutazione ai fini del miglioramento continuo di qualità delle pratiche e delle procedure adottate.
Esso è attivo, per interventi ambulatoriali e/c domiciliari, almeno 12 ore al giorno, per sei giorni alla settimana.

Servizio psichiatrico di diagnosi e cura.
Il Servizio psichiatrico di diagnosi e cura è un servizio ospedaliero dove vengono attuati trattamenti psichiatrici volontari ed obbligatori in condizioni di ricovero esso, inoltre, esplica attività di consulenza agli altri servizi ospedalieri.
Esso è ubicato nel contesto di Aziende ospedaliere, o di presidi ospedalieri di Aziende U.S.L., o di policlinici universitari. E' parte integrante del dipartimento di salute mentale, anche quando l'ospedale in cui è ubicato non sia amministrato dall'Azienda sanitaria di cui il DSM fa parte. In tal caso, i rapporti tra le due Aziende sanitarie sono regolati da convenzioni obbligatorie, secondo le indicazioni della regione. I rapporti con l'Azienda universitaria sono regolati in conformità ai protocolli d'intesa di cui all'art. 6, comma 1 del decreto legislativo n. 502/1992 e successive modificazioni tra regioni, province autonome e università.
Come previsto dal Progetto obiettivo 1994-1996, il numero complessivo dei posti letto è individuato tendenzialmente nella misura di uno ogni 10.000 abitanti. Ciascun SPDC contiene un numero non superiore a 16 posti letto ed è dotato di adeguati spazi per le attività comuni.

Day hospital
Il D.H. costituisce un'area di assistenza semiresidenziale per prestazioni diagnostiche e terapeutico riabilitative a breve e medio termine. Può essere collocato all'interno dell'ospedale, con un collegamento funzionale e gestionale con il Servizio psichiatrico di diagnosi e cura. Può essere, inoltre, collocato presso strutture esterne all'ospedale, collegate con il CSM, dotate di adeguati spazi, delle attrezzature e del personale necessario è aperto almeno otto ore al giorno per 6 giorni alla settimana.

Ha la funzione di:
- permettere l'effettuazione coordinata di accertamenti diagnostici vari e complessi;
effettuare trattamenti farmacologici;
- ridurre il ricorso al ricovero vero e proprio o limitare la durata.
L'utente vi accede in base a programmi concordati tra gli operatori del DSM.
Le regioni, province autonome, nell'ambito della programmazione sanitaria regionale, definiscono la collocazione ed il numero dei posti letto in D.H., tenendo presente che un posto letto in D.H. è equivalente ad un posto letto in SPDC, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 20 ottobre 1992, art. 2, commi 1 e 2.

Il Centro diurno (C.D.)
Il Centro Diurno è una struttura semiresidenziale con funzioni terapeutico-riabilitative collocata nel contesto territoriale. E' aperto almeno otto ore al giorno per sei giorni a settimana. E' dotato di una propria équipe, eventualmente integrata da operatori di cooperative sociali e organizzazioni di volontariato. Dispone di locali idonei adeguatamente attrezzati. Nell'ambito di progetti terapeutico-riabilitativi personalizzati, consente di sperimentare e apprendere abilità nella cura di sé, nelle attività della vita quotidiana e nelle relazioni interpersonali individuali e di gruppo, anche ai fini dell'inserimento lavorativo.
Il Centro diurno può essere gestito dal DSM o dal privato sociale e imprenditoriale. In tal caso, fatti salvi i requisiti previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 14 gennaio 1997 e dal presente P.O., i rapporti con il DSM sono regolati da apposite convenzioni, che garantiscano la continuità della presa in carico.

Strutture residenziali
Si definisce struttura residenziale una struttura extra-ospedaliera in cui si svolge una parte del programma terapeutico-riabilitativo e socio-riabilitativo per utenti di esclusiva competenza psichiatrica, come chiaramente indicato nel precedente Progetto obiettivo, con lo scopo di offrire una rete di rapporti e di opportunità emancipative, all'interno di specifiche attività riabilitative. La struttura residenziale, pertanto, non va intesa come soluzione abitativa.
Le strutture residenziali dovranno soddisfare i requisiti minimi strutturali e organizzativi, indicati dal decreto del Presidente della Repubblica 14 gennaio 1997. Saranno, quindi, differenziate in base all'intensità di assistenza sanitaria (24 ore, 12 ore, fasce orarie) e non avranno più di 20 posti.
Al fine di prevenire ogni forma di isolamento delle persone che vi sono ospitate e di favorire lo scambio sociale, le SR vanno collocate in località urbanizzate e facilmente accessibili. Opportuno, anche, prevedere la presenza di adeguati spazi verdi esterni.
Le SR possono essere realizzate e gestite dal DSM o dal privato sociale e imprenditoriale. In tal caso, fatti salvi i requisiti e gli standard previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 14 gennaio 1997 e dal presente P.O., i rapporti con il DSM sono regolati da appositi accordi ove siano definiti i tetti di attività e le modalità di controllo degli ingressi e delle dimissioni.
L'accesso e la dimissione dei pazienti avvengano in conformità ad un programma personalizzato concordato, e periodicamente verificato, fra operatori del DSM, operatori della struttura residenziale, pazienti ed eventuali persone di riferimento.
Si conferma lo standard tendenziale di un posto letto ogni 10.000 abitanti, di cui al precedente progetto obiettivo. Tuttavia, per le necessità residenziali dei degenti di pertinenza psichiatrica, dimessi dagli ex ospedali psichiatrici, le regioni, province autonome possono stabilire una quota aggiuntiva di un secondo posto letto ogni 10.000 abitanti.
Le regioni, province autonome riesaminano l'offerta complessiva di posti residenziali, pubblici e privati convenzionati, anche in considerazione del fatto che la disponibilità in alcune regioni è superiore allo standard. Ai fini dell'accreditamento, valutano la corrispondenza delle strutture residenziali esistenti ai requisiti del decreto del Presidente della Repubblica 14 gennaio 1997 e ad eventuali ulteriori requisiti regionali.

Ruolo degli enti locali
Gli enti locali, in relazione alla proprie competenze in tema di interventi e servizi sociali, collaborano con proprie specifiche risorse alla realizzazione del presente progetto obiettivo, destinando, allo scopo, quote adeguate dei propri bilanci.
In particolare:
i comuni ed i loro organismi di rappresentanza;
garantiscono in più ampio sviluppo degli interventi di prevenzione primaria;
partecipano alla programmazione locale e regionale, ed alla verifica dei risultati conseguiti dalle Aziende sanitarie nel campo della tutela della salute mentale;
assicurano la fruizione dei servizi sociali rivolti alla generalità dei cittadini;
garantiscono il diritto alla casa anche destinando quote di alloggi di edilizia popolare;
destinano strutture per assicurare i servizi.
Le regioni, province autonome e i comuni garantiscono la partecipazione degli utenti dei DSM alle attività di formazione finalizzate all'inserimento lavorativo, programmate nel proprio ambito territoriale, anche con specifici interventi mirati.
Le regioni, province autonome definiscono criteri, modalità e strumenti certi per la formazione dei rapporti fra Aziende sanitarie ed enti locali.