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Articolo apparso su Superabile.it il 7 luglio 2004

'Libertà vo' cercando ch'è sì cara'

Il 30 giugno scorso la Commissione Affari costituzionali del Senato ha approvato in sede deliberante una leggina concernente il riconoscimento quali “enti di patronato” delle 5 associazioni “storiche”, operanti nel mondo della disabilità in Italia. E' un provvedimento frutto di ispirazione monopolistica e liberticida.

di Salvatore Nocera

(indice informazioni)

Alla luce del verso dantesco, che dà titolo a questo testo, la leggina di cui ci occuperemo può dirsi frutto di ispirazione monopolistica e liberticida. Giudichino i lettori. Il 30 giugno scorso la Commissione Affari costituzionali del Senato ha approvato in sede deliberante una leggina concernente il riconoscimento quali “enti di patronato” delle 5 associazioni “storiche”, operanti nel mondo della disabilità in Italia, cioè Associazione Nazionale mutilati ed invalidi civili (ANMIC), Associazione nazionali Invalidi del lavoro (ANMIL), Ente Sordomuti (ENS),Unione italiana dei Ciechi (UIC),Unione nazionale mutilati ed Invalidi per servizio (UNMIS ).

La notizia, in sé, non è di quelle clamorose e soprattutto, posta in questi termini, non sembrerebbe interessare più di tanto l’opinione pubblica, sembrando relegata al ristretto campo degli addetti ai lavori ed ancor di più al solo mondo associativo della disabilità, che nessuna influenza sembrerebbe possa esercitare sulle politiche nazionali. Ma se si legge il verbale dei lavori della Commissione e si vedono gli emendamenti, tutti rigettati, tranne uno, peggiorativo, e si guardano un po’ le riviste delle tante altre associazioni nazionali di persone con disabilità e loro familiari, ed il dibattito giuridico, aperto su alcune riviste anche on line, ci si renderà immediatamente conto che qui sono in gioco valori fondamentali concernenti i diritti di libertà e di privacy che trascendono di molto il ristretto mondo della disabilità, per investire la società nel suo complesso.

Infatti l’unico articolo di cui si compone la “leggina”, stabilisce che a queste sole associazioni è attribuito il “ potere di tutela e rappresentanza “nei confronti di tutte le persone con disabilità, iscritte o meno alle 5 Associazioni “storiche”, iscritti addirittura ad associazioni in conflitto con una delle “storiche”. Ma si potrebbe obiettare che comunque questi sono “questioni” interne al mondo dei disabili che non incidono per nulla sul resto della società che ha fortunatamente un respiro ben più ampio. E ci si sbaglierebbe.

Infatti, fra gli emendamenti rigettati ce n’è uno che riguarda potenzialmente tutti i cittadini. Attualmente, infatti, la vecchia L.n. 118/71 all’art 8 comma 4 faceva obbligo alle Aziende unità sanitarie locali di passare tutti i dati personali “sensibili” (riguardanti gli stati di salute), compresi quelli particolarmente “sensibili (riguardando malattie genetiche), non ad un soggetto giuridico pubblico al di sopra delle parti, come potrebbe esserre ad es. il ministero della Salute, ma ad un soggetto privato, che è parte in causa, come l’ANMIC. Si tenga presente che trattasi dei dati concernenti sia quanti risultano positivi alla visita medico-legale, ma anche quanti risultano negativi a tale visita. E’ capitato così, come raccontano taluni interessati, che molte persone, risultate negative alla visita di primo grado, si siano viste recapitare lettere dell’ANMIC, ancor prima di ricevere ufficialmente l’esito della visita, con le quali si invitavano ad interporre ricorso.

Ma anche se tale norma fosse limitata solo a quanti vengono riconosciuti invalidi, non è chi non veda la palese violazione del diritto fondamentale alla riservatezza, espressamente garantito dall’art 2 della Costituzione e dalla L.n. 675/96. Il mancato accoglimento dell’emendamento, che tendeva ad abrogare l’art 8 comma 4 della L.n. 118/71 evidenzia ulteriormente l’incostituzionalità della leggina, che anzi richiama espressamente tale articolo, che così assurge mostruosamente al rango di “norma eccezionale”, cioè che è legalmente autorizzata a limitare il campo di tutela della legge sulla privacy. Tutto ciò senza alcun “ragionevole” motivo, giacché esso non può più essere costituito nel Terzo Millennio, dalla necessità di “rappresentare e tutelare” i diritti delle persone con disabilità, che sarebbero incapaci a tutelarsi. Queste, fortunatamente, sono cresciute socialmente (con l’integrazione scolastica, lavorativa e sociale) e giuridicamente (anche con la recentissima legge sull’amministratore di sostegno) e possono rappresentarsi da sé o farsi rappresentare da chi esse desiderano, senza che il Moloc statale dia loro una difesa d’ufficio .Tutto ciò avviene ad opera di una Maggioranza che dice di richiamarsi ai supremi valori della “libertà”.

In questa vicenda l’ANMIC e le altre associazioni “storiche” sono, di fatto, anche senza volerlo, “parte in causa”. Infatti quanti si sottopongono a visita di accertamento, sapendo che le associazioni “storiche” hanno per legge i propri rappresentanti nelle commissioni, si sentono più orientate ad iscriversi ad una di esse, piuttosto che ad altre associazioni, magari a loro più congeniali, che non hanno propri rappresentanti nelle commissioni. Ciò crea oggettivamente una situazione di monopolio di fatto, nel mondo dell’associazionismo, a favore delle associazioni “storiche”, che la norma sul diritto a trattare i dati personali degli interessati all’accertamento, anche contro la loro volontà, rafforza con un monopolio legale, con buona pace di tutte le altisonanti proclamazioni dei diritti umani universali e di quelli costituzionali. Fra tali diritti esiste anche l’art 18 della Costituzione sulla libertà di associazione e sul diritto al pluralismo associativo. Tali diritti sono praticamente vanificati dall’approvazione al Senato della leggina in esame.

I pochi senatori presenti, nei pochi minuti di riunione della commissione, si sono resi conto delle conseguenze della loro decisione? I colleghi della Camera ormai sono informati e lo saranno ulteriormente, quando dovranno dare il voto definitivo alla “leggina”. Le associazioni “storiche” dovrebbero essere le prime a rendersene conto e dovrebbero essere paghe di portarsi a casa il non lieve risultato di essere, per legge, “patronati, in concorrenza coi sindacati, lasciando cadere la pretesa di voler “rappresentare e tutelare” tutte le persone con disabilità.
Le associazioni non “storiche” e quanti credono nel valore della legalità confidano in un rinvio dalla Camera al Senato per una rilettura correttiva del testo. Se così avverrà, noi persone con disabilità, nel nostro piccolo, potremo constatare che siamo passati alla Seconda repubblica; diversamente dovremo amaramente prendere atto che non siamo mai usciti dalla Prima.
(7 luglio 2004)