Fausto Giancaterina, Responsabile
del Servizio Handicap, e del Servizio Salute mentale Comune di Roma - Dipartimento
V
Disabilità: Progetti e realizzazioni del "dopo di noi"
Roma Gennaio 2004
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Premessa
I cambiamenti. Tutti ormai sappiamo che sono in atto cambiamenti istituzionali,
gestionali e sociali che richiedono la nostra partecipazione attenta e la nostra
azione di ricerca per riorganizzarsi, assumere nuovo ruoli, inventare nuove
soluzioni:
riforma della Costituzione;
legge 328/00 e piani dei servizi sociali;
progressiva affermazione del principio di sussidiarietà;
nuova autonomia legislativa regionale;
Decreto Legislativo 229/99 e integrazione sociosanitaria;
riduzione delle risorse e nuova distribuzione della spesa sociosanitaria tra
Comuni e ASL;
nuovo rapporto con il terzo e quarto settore;
gestione dei servizi e accreditamento sociale.
Dal welfare state al welfare society
Da diversi anni in Italia sono in atto processi di cambiamento del welfare
state che stanno modificando anche il sistema e l'assetto dei servizi sociali.
In particolare, nell'ambito dei servizi di aiuto alla persona il processo di
cambiamento è istituzionale e gestionale e può essere sinteticamente riassunto
nelle seguenti formule chiave: decentramento decisionale; diffusione del pluralismo
gestionale; localizzazione dei servizi il più possibile vicini alle comunità;
ruolo attivo dei cittadini/utenti; partecipazione alla definizione, progettazione
e valutazione dei servizi da parte dei soggetti del terzo settore.
Si parla sempre più di welfare mix o di welfare municipale
oppure di welfare society, a seconda se si intenda riferirsi al sistema
delle politiche sociali complessivamente attuato in un territorio o se si intenda
evidenziare il modello gestionale dei servizi. Il decentramento del sistema
dei servizi sociali e sanitari ha accelerato la deistituzionalizzazione (dai
servizi istituzionalizzati a quelli comunitari) e ha orientato il sistema decisionale
non più guidato dalle risorse disponibili, ma dai bisogni effettivamente rilevati;
non più localizzato in un unico polo centralizzato e uguale, ma diffuso in diversi
poli che si avvalgono anche dell'ingresso nella gestione di sistemi di produzione
misti, attenti a cogliere possibili sinergie dai classici sistemi di mercato
per verificare possibili "contaminazioni" utili per rendere più efficiente la
gestione e una offerta plurima di servizi, dando in tal modo anche possibilità
di scelta da parte dell'utente, senza per questo trasformarlo, tout court,
da utente a consumatore.
Questo processo innovativo non solo sta modificando gli assetti organizzativi,
ma ha anche fatto emergere nuove attenzioni verso valori e relazioni tenuti
finora in secondo piano: nuovi rapporti tra welfare pubblico e società
civile; maggiore attenzione alla negoziazione tra utenti, professionisti ed
istituzioni; nuovi modi di lavorare da parte degli operatori sociali (management);
separazione tra chi valuta e acquista i servizi e chi li eroga.
La stessa relazione di aiuto subisce un processo di revisione, poiché non può
essere più considerata lineare e risolutiva attraverso il solo rapporto duale
operatore/utente, soprattutto ora che "la relazione duale - pur non essendo
scomparsa - la si vede risucchiata in un flusso più ampio e molteplici disordinati
influssi (input) entrano in gioco da tutte le parti"1.
Cambiano i rapporti di potere tra gli amministratori e le rappresentanze degli
utenti. Cambiano i rapporti tra operatore ed utente: quest'ultimo viene sempre
più riconosciuto come coproduttore del processo di aiuto. Cambiano le
relazioni con il contesto sociale che diventano sempre più un intreccio di "reti
di fronteggiamento", espressione sia dei mondi vitali quali l'utente stesso,
i familiari, i parenti, gli amici, il vicinato, i volontari e sia del sistema
formale di servizi rappresentato dal case manager, dagli operatori professionali
sociali pubblici e di terzo settore, dagli operatori sanitari, ecc..
Questa pluralizzazione degli intrecci di azioni e di attori determina una duplice
prospettiva del lavoro sociale professionale: a) il "lavoro della rete",
vale a dire il lavoro che persone ed operatori, in collegamento tra loro, svolgono
in vista di un obiettivo; b) il "lavoro di rete", lavoro di supporto
alle reti informali di fronteggiamento, un "lavoro che si aggancia relazionalmente
ad un altro lavoro, al lavoro di altri soggetti …è un lavoro intenzionale (finalizzato)
di investimento di energia rivolto verso una rete di fronteggiamento pre-esistente
(al limite anche potenziale), affinché essa possa agire meglio sul piano della
reticolazione (della quantità, dell'efficacia e della pariteticità delle interazioni)
e possa esprimere una migliore capacità di azione comune rispetto al compito
(task)"2.
Sarebbe interessante poter aprire un confronto serrato su ognuno dei temi appena
accennati, poiché diventa sempre più necessario per gli operatori disporre di
una prospettiva di lavoro condiviso nella quotidiana attività lavorativa che
si presenta sempre più complessa e sempre più strattonata da una molteplicità
di punti di vista.
Sarebbe inoltre opportuno poter affrontare il tema del ben-essere degli
operatori, vista la forte implicazione che tale dimensione ha nella relazione
di aiuto, e che certamente condiziona la ricerca di "senso" del loro lavoro
e di quello del gruppo professionale del quale fanno parte.
La sfida che si presenta è saper ragionare a più dimensioni per poter essere
nel contempo soggetti attivi di cambiamento verso un welfare mix societario3,
fautori e sostenitori di nuove partnership, costruttori di nuove regole,
attenti programmatori (che non sottovalutano gli aspetti economici) e soprattutto
decisivi sostenitori del diritto di cittadinanza dei soggetti socialmente deboli,
per favorire l'esigibilità dei diritti e non solo la loro retorica declaratoria
legislativa. Di qui la necessità, per gli operatori, (ma non solo!) di potersi
"attrezzare" attraverso momenti di formazione e di supervisione e poter comprendere
e gestire tutta la ricchezza di un lavoro che, oltre alla presenza di una pluralità
di soggetti, è attraversato da culture e saperi professionali a volte alquanto
distanti e deve misurarsi con processi e interazioni difficili e complessi.
Inoltre "l'impegno del "settore privato" nel campo delle prestazioni inerenti
i diritti sociali non si è risolta in un auspicio di "apertura al mercato" dei
servizi sociali, quanto piuttosto nella valorizzazione del ruolo delle formazioni
sociali nella costruzione di dinamiche solidaristiche e distributive, cui si
è accompagnata una nuova riflessione sul rapporto pubblico/privato nelle prestazioni
inerenti i diritti sociali delineato nella Costituzione"4.
Sostegno alla famiglia
La famiglia è la più grande istituzione assistenziale italiana.
Normalmente è l'ambito in cui si manifesta la situazione di bisogno e
contemporaneamente è il primo ambiente in cui viene organizzata una risposta
al problema.
Di fronte ad ogni situazione di difficoltà, la famiglia nei suoi vari componenti
attiva risorse interne ed esterne per essere in grado di fronteggiarla ed eventualmente
risolverla.
Quando in una famiglia nasce un bambino con ritardo mentale,
o con deficit motorio, o sensoriale, o con malformazioni o patologie congenite,
o si verifica una condizione personale di forte non autosufficienza, viene sconvolto
ogni equilibrio familiare e le nuove difficoltà richiedono un investimento di
energie per far fronte alla situazione.
Questa famiglia ha bisogno di sostegno per affrontare nel modo migliore
tali difficoltà aggiuntive.
Inoltre con l'affermarsi della cultura dell'integrazione e del rifiuto di soluzioni
istituzionalizzanti, sempre più persone con disabilità risiedono in famiglia.
E sempre più persone adulte con disabilità di tipo motorio o sensoriale decidono
di vivere autonomamente la propria vita, affrontando grossi problemi nella sfera
della mobilità, del luogo di lavoro e nella piena realizzazione di una vita
di relazioni sociali. Per questo motivo molte famiglie ricoprono il ruolo di
erogatori di servizi di assistenza, facendo risparmiare alla comunità con questa
assistenza naturale una notevole quantità di risorse economiche.
L'incertezza del dopo...
C'è poi un particolare problema, a volte non del tutto evidente e palpabile,
che nel tempo rende difficile il dialogo tra famiglie e servizi: è l'incertezza
del dopo...: dopo la nascita di un bambino disabile..., dopo
quel trattamento riabilitativo..., dopo la scuola..., dopo la
formazione... dopo la morte dei genitori.…
Il non poter avere una ragionevole sicurezza circa le varie tappe esistenziali
che il proprio figlio dovrà affrontare spesso determina nei genitori sfiducia,
distacco e ansia.
Le famiglie - come pure le singole persone con disabilità - sostengono, quindi,
un carico sociale e personale rilevantissimo, vivendo una lunga serie di problemi,
di stress aggiuntivi, di bisogni gravissimi; ma a volte riescono anche ad attivare
una gamma vastissima di forze e di risorse impensate.
L'intervento di aiuto
Il lavoro prezioso che la famiglia svolge deve essere sostenuto da una
rete di servizi di assistenza sociosanitaria nelle sue diverse articolazioni.
Occorre dare serenità e alcune certezze che in prospettiva siano soluzioni condivise
e partecipate e poter avere una ragionevole sicurezza circa le varie tappe esistenziali
che il proprio figlio dovrà affrontare.
Un servizio amico deve garantire degli interventi che riguardano l'integrazione
delle persone disabili in tutti i livelli della vita sociale, ponendosi i seguenti
obiettivi:
garantire ai cittadini disabili pari opportunità nei percorsi di vita, offrendo
reali soluzioni che siano attente alla globalità dei loro bisogni;
rispettare l'unitarietà della persona, realizzando programmi non settoriali
e parcellari, ma fortemente integrati (sanitari, sociosanitari e sociali);
offrire itinerari certi di integrazione, garantendo la presa in carico
esercitata attraverso programmi individuali condivisi che permettano di definire
di volta in volta quali sostegni attivare nelle diverse tappe di integrazione;
Porre attenzione al fatto che per ogni progetto personale non attuato, oltre
a negare alla persona l'opportunità di avere una migliore qualità delle vita,
si moltiplica notevolmente il costo assistenziale della famiglia e della collettività.
L'intervento allora deve tendere a creare le condizioni necessarie per
sorreggere il dialogo della persona con il suo contesto esistenziale, affinché
ci sia comunicabilità, corretto rapporto, aumento di possibilità di benessere
dell'una e dell'altro.
Tale azione si concretizza nel diritto/dovere di partecipazione dell'utente
e della famiglia alla formulazione del progetto individuale, perché sia un progetto
condiviso e per il quale sia possibile una verifica periodica congiunta.
Un rapporto sistematico con l'utenza richiede alta sensibilità e senso di disponibilità
che deve avere come obiettivo quello di portare gli utenti alla percezione del
servizio come servizio amico che è disponibile a scambiare periodicamente
informazioni, ad accogliere suggerimenti e cambiamenti e che collabora alla
presa di coscienza di gruppo, per sviluppare, oltre a dinamiche positive, anche
possibilità di self-help, di ricerca concordata di soluzioni comuni a
problemi comuni.
Negatività nella separazione tra sociosanitario e socioassistenziale.
La continua riflessione sull'esperienza di ormai sette anni di conduzione
di strutture residenziali per disabili, ci porta a considerazioni del tutto
negative quando si incontrano progetti residenziali basati sulla separazione
tra strutture socioassistenziali e strutture sociosanitarie.
Credo che ci debba essere una differenziazione sulla base dei livelli di intensità
assistenziale e sulla conseguente diversa complessità organizzativa.
Tale distinzione, occorre ribadirlo, è da considerare come chiara identificazione
delle capacità di risposta delle diverse strutture per aiutare l'utenza e i
servizi a orientare le scelte di ingresso sulla base dei bisogni (autosufficienza,
autonomia e partecipazione sociale come di seguito meglio specificato) che la
struttura è in grado realmente di soddisfare.
Naturalmente stiamo parlando di diversificazione al momento dell'accoglienza
senza per questo voler assecondare una eccessiva e rigida specializzazione che
potrebbe portare a ulteriori emarginazioni in base alla gravità personale e
quindi ad esporre gli ospiti ad un doversi "spostare" - con il mutare delle
condizioni personali - da una struttura all'altra (dato e non concesso che,
stante la povertà di offerta, nonché la rigidità e la esiguità della stessa
nell'attuale sistema, tale operazione possa essere praticamente disponibile).
Questa considerazione ci porta a ribadire che uno degli ostacoli maggiori che
in questi anni ha reso difficile, e a volte impossibile, dare risposte adeguate
ai disabili che hanno bisogno di questo servizio è la non disponibilità di un
servizio unico che offra un sistema diversificato di risposte.
Un sistema che deve rispondere a criteri di molteplicità e diversità di
tipologie, collocandosi, in tal senso, in un continuum che vada da strutture
che offrono programmi di bassa intensità sanitaria e prevalente assistenza socio-educativa
fino a strutture in grado di offrire programmi ad alta intensità di assistenza
sanitaria e sociosanitaria.
A mio parere la produzione di una normativa separata non facilita l'integrazione,
ma accresce la separazione tra sociale e sanitario e crea non pochi problemi
nella esigibilità dei diritti e nella definizione, gestione e qualità dei servizi.
L'integrazione sociosanitaria riduce la possibilità di dover "spostare" le persone
in omaggio alla tendenza, che spesso si riscontra, di una male intesa specializzazione
e rigidità di standard delle prestazioni nelle strutture.
La persona disabile deve rimanere il più possibile nella struttura che la ospita
sia perché spesso ha difficoltà di adattamento, e quindi per questo non si dovrebbe
creare una nuova fonte di disagio, e sia perché spetta al servizio sociosanitario
dover rimodulare i suoi interventi con il mutare delle necessità personali,
garantendo qualità e benessere esistenziale e non nuovi malesseri.
La definizione del bisogno assistenziale
Non interessa qui l'eziologia della disabilità, ma gli esiti per i quali
occorre organizzare l'intervento di aiuto; un intervento personalizzato, cioè:
per quella determinata persona inserita in quel determinato contesto sociale.
Infatti riteniamo che, per definire il reale bisogno assistenziale, sia importante
valutare, secondo quanto previsto dall'ICF dell'OMS, gli esiti di una patologia
in termini di autosufficienza e autonomia e dei fattori contestuali (ambientali,
sociali e famigliari) che facilitano od ostacolano le performance personali
e la possibilità di partecipazione sociale.
La persona con disabilità può quindi avere limitazioni delle proprie capacità
di funzionamento in ordine:
all'autosufficienza (intesa come capacità di svolgere da soli
le normali attività della vita: l'alimentazione, l'igiene personale e domestica,
la mobilità, ecc.. La non autosufficienza si ha quando la persona non possiede,
in tutto o in parte, tali capacità e ha pertanto bisogno di interventi di aiuto.
Se i problemi di non autosufficienza non sono superabili con gli ausili (protesi,
ortesi, ecc.), occorre l'intervento di aiuto di un'altra persona);
all'autonomia (intesa come capacità di autogovernarsi e agire
per la realizzazione di sé. L'autonomia è il risultato di un processo di apprendimento
e di crescita che sviluppa le capacità di autodeterminazione per la propria
esistenza, attraverso la rappresentazione e la costruzione di un personale progetto
di vita, con chiara identità personale percepita. Tutto ciò implica: il dotarsi
di obiettivi, fare delle scelte, prendere iniziative, scegliere, avere orientamenti
e piaceri a cui tendere, ecc.. La non autonomia è, al contrario, la dipendenza
da persone e/o da cose; è la mancanza di una rappresentazione adeguata del mondo
esterno e quindi la impossibilità a dare risposte efficienti e produttive nel
campo dell'integrazione sociale. L'aiuto per il conseguimento del livello massimo
di autonomia significa attivare un programma che metta la persona in grado di
apprendere o riapprendere le abilità mancanti o venute meno);
ai diversi gradi sia dell'autosufficienza che dell'autonomia.
Sia l'autosufficienza che l'autonomia possono avere gradazioni diverse e diverse
rappresentazioni personali. Le persone disabili possono avere esclusivamente
problemi di non autosufficienza, con diverse gradazioni; esclusivamente problemi
di non autonomia, con diverse gradazioni; congiuntamente problemi di non autosufficienza
e di non autonomia, con diverse gradazioni;
ai fattori contestuali (ambientali e personali) che possono essere
elementi facilitanti o ostacolanti le diverse performance personali e la possibilità
di partecipazione sociale.
Il sostegno dei servizi.
L'azione dei servizi deve riguardare la possibilità di mettere in campo "mediatori
contestuali" che creino le condizioni di facilitazione (o di rimozione degli
ostacoli) al funzionamento personale (da capacità a performance) e alla partecipazione
sociale.
E' la prospettiva bio-psico-sociale delineata dell'OMS
anche attraverso l'ICF, che traccia un'indicazione operativa per dare, in quanto
soluzioni condivise e partecipate.
In tale prospettiva la promozione e salvaguardia della salute deve essere considerata
in termini multidimensionali (bio-psico-sociale ed educativa) e deve essere
valutata considerando i rapporti esistenti tra: corpo - mente- ambiente - contesti
- cultura.
Pertanto, nell'ambito degli interventi per le persone con disabilità, è da ritenersi
antiscientifico inefficace ed improduttivo ogni programma che ignori o addirittura
ostacoli l'integrazione degli interventi sociali con quelli sanitari e sociosanitari
(D.Lvo.229/99 - DPCM 14 febbr. 2001 e 29 nov. 2001) "La separazione tra sociale
e sanitario non è immorale, non è nemica della solidarietà, è semplicemente…stupida,
scientificamente invalidata, tecnicamente perdente" (B. Saraceno).
Il progetto Residenzialità del Comune di Roma
Il Comune di Roma, con deliberazione della Giunta comunale n. 4373 del
29 dicembre 1995, ha avviato un progetto residenzialità per persone disabili,
proprio per dare concreta risposta al "dopo" più importante: quello del
"dopo i genitori" da realizzare soprattutto "durante".
E' iniziato in tal modo un impegno di ricerca e di confronto con la comunità
locale per arrivare ad un progetto che fosse frutto di un lavoro condiviso.
Che fosse cioè la possibilità di far conoscere tutta la ricchezza dell'idea
di trasformazione, di cambiamento e di creazione di un prodotto che nasce dal
lavoro delle persone (operatori e non) che quotidianamente mettono le loro energie,
il loro pensiero, i loro sentimenti al servizio di un progetto condiviso di
persona, di mondo e di società, superando la fatica del comunicare pur provenendo
da linguaggi diversi, mostrando l'impegno per cercare elementi condivisibili
e la volontà di non contrapporre differenze.
Target
Disabili adulti (legge n.104/92) con disabilità fisiche, psichiche
e/o sensoriali e, conseguentemente, con gradi diversi di autonomia e autosufficienza,
che non necessitano di assistenza sanitaria (medica o terapeutica) di tipo continuativo.
Per loro vengono predisposti soluzioni abitative e progetti individualizzati
considerando:
- le condizioni psicofisiche della persona;
- i bisogni in rapporto all'età e al tipo di deficit;
- il livello di autonomia e autosufficienza;
- il conseguente grado di intensità assistenziale;
Prodotto atteso del progetto residenzialità
E' la realizzazione di un servizio che sia ulteriore snodo inserito
nel sistema a rete, che sia una valida alternativa all'istituzionalizzazione,
che realizzi programmi individuali per favorire lo sviluppo massimo -
attraverso esperienze e attività interne ed esterne alla comunità - dei livelli
di autonomia individuale e di socializzazione di gruppo e che, con gradualità,
attenzione e senza traumi, faciliti il distacco della persona dal nucleo familiare
di origine e ne continui nel contempo l'azione di sostegno esistenziale e le
permetta di vivere in un ambiente sereno e confortevole, perfettamente integrato
nella comunità locale.
Altro obiettivo del progetto è quello di determinare l'attivazione di una pluralità
di soggetti gestori e di modalità di partecipazione finanziaria, che, oltre
ad una proficua comparazione di stili attuativi, permetta soluzioni secondo
esigenze diversificate.
Modalità di realizzazione del progetto: l'Accreditamento
E' un atto dell'Amministrazione comunale che autorizza al funzionamento
il gestore di una struttura residenziale dopo l'accertamento del possesso di
requisiti pre-determinati.
Finanziamento: possibilità di accesso totale o parziale ai finanziamenti
dell'Amministrazione comunale secondo condizioni e modalità pre-determinate
(piano cittadino di attuazione).
Accreditamento e finanziamento non sono necessariamente dipendenti: può esserci
un accreditamento senza finanziamento (il gestore accede a risorse proprie oppure
a risorse degli utenti). Non può esserci però un finanziamento senza accreditamento.
Individuazione degli indicatori
Le scelte relative alla definizione degli standard delle risorse strutturali
e delle risorse professionali sono state operate in coerenza con gli obiettivi
descritti dinanzi e cioè: la realizzazione di un servizio che pone la massima
attenzione allo sviluppo dell'autonomia personale, allo sviluppo di relazioni
interpersonali nel normale contesto esistenziale di ogni persona, utilizzando
pedagogie attive e lavoro di rete.
Strutture: standard e requisiti
1. deve trattarsi di una civile abitazione, ubicata in centro abitato, adeguatamente
servito da mezzi pubblici e da servizi commerciali e ricreativi e deve possedere:
a) condizione di stabilità in situazioni normali o eccezionali, in conformità
a quanto previsto dalle norme vigenti;
b) difesa dagli incendi, secondo le disposizioni generali e locali vigenti;
c) condizioni di sicurezza degli impianti;
d) attrezzature funzionali e sicure;
e) rispetto di tutte le norme contenute nei Regolamenti Locali di Igiene;
f) numero di stanze e cubatura adeguati;
g) spazi ed arredi personalizzati;
h) assenza di barriere in caso sia prevista la presenza di utenti disabili in
carrozzina;
i) gli arredi, le suppellettili e le finiture devono permettere buona funzionalità
d'uso, garanzia di sicurezza e buone condizioni di vivibilità.
- costituiscono valore aggiunto l'ampiezza dei locali, i conforts, alla qualità
degli arredi.
Figure professionali: standard e requisiti
In coerenza con gli obiettivi del progetto anche per le figure professionali
è stata operata una precisa scelta di campo: quello di privilegiare le
relazioni di tipo socio-educativo, pur nella consapevolezza di dover
garantire le integrazioni con le relazioni di tipo terapeutico-riabilitativo
dei servizi ASL.
Si tratta quindi di scelta di qualifiche professionali specifiche: assistente
sociale, educatore professionale, assistente domiciliare e dei servizi tutelari,
animatore socio-culturale.
Sono professioni "deboli" se poste in rapporto alle professioni sanitarie; per
questo occorrerebbe una attenta riflessione nella ridefinizione dei rapporti
interistituzionali e interprofessionali, ma questa è un'altra storia che dovrà
essere raccontata in un altro posto.
Oltre alla precisa individuazione delle figure professionali sono indicati:
- i livelli diversificati di responsabilità;
- il rapporto quantitativo operatori/utenti in ordine alla tipologia della struttura,
al grado di intensità assistenziale e alle caratteristiche di quel preciso gruppo
comunitario;
- il rispetto dei contratti di lavoro.
Indicatori di processo: gli standard organizzativi
- La formazione del gruppo di ospiti
Ogni struttura dovrà indirizzarsi preferibilmente verso una utenza con caratteristiche
omogenee. Possono esserci deroghe se complessivamente sono compatibili con l'organizzazione
complessiva del gruppo.
- La preparazione e il graduale inserimento dell'utente
Ogni ammissione deve essere valutata dal servizio ASL per esaminare le condizioni
del candidato, accertarne l'idoneità all'inserimento in quella specifica struttura,
collaborare nel programma di graduale inserimento, sostenendo anche la famiglia
nel superamento di inopportuni sensi di colpa.
- L'adozione del libretto personale dell'utente
E' lo strumento operativo di organizzazione degli interventi personali
dell'utente.
Documenta la sua storia e la sua evoluzione.
Il libretto dovrà contenere:
- i dati anamnestici sociali e sanitari;
- gli interventi sanitari e socio-sanitari fruiti sia all'interno che all'esterno
della comunità;
- le valutazioni periodiche del programma progetto individuale;
- l'evoluzione personale, le dinamiche e le problematiche individuali in rapporto
al gruppo.
- La definizione di un regolamento
Verificate le esigenze degli utenti, il regolamento riguarderà l'organizzazione
delle attività giornaliere. Nel rispetto del carattere familiare della vita
all'interno della comunità, sarà comunque un codice di riferimento per l'organizzazione
degli interventi.
- La programmazione degli interventi
Gli interventi che si possono distinguere in:
a) interventi rivolti al singolo utente;
b) interventi rivolti al gruppo.
- La verifica e il coordinamento con i servizi della ASL
La personalizzazione degli interventi
La programmazione degli interventi sul singolo utente si avvale, nella fase
preliminare, di ogni elemento conoscitivo desumibile dalla documentazione sul
caso fornita dal servizio USL e dai colloqui che gli operatori avranno con la
famiglia o con l'istituzione di provenienza.
Tali elementi conoscitivi verranno poi integrati ed arricchiti dalle informazioni
che scaturiscono dal rapporto personale e diretto degli operatori con l'utente.
Conseguentemente a ciò sarà formulata dall'équipe degli operatori una prima
ipotesi di piano d'intervento- parte integrante del più ampio progetto riabilitativo
-:
- Progetto individuale: stabilendo gli obiettivi, i tempi di attuazione
e le modalità di verifica.
- Sviluppo di dinamiche positive di gruppo.
Si tratta della formazione di un gruppo di adulti che vivranno insieme
stabilmente. Occorre creare le condizioni per lo sviluppo di dinamiche positive
di integrazione tra i membri, favorendo corrette esperienze ai vari livelli
delle attività quotidiane.
In tale prospettiva la partecipazione attiva dell'handicappato alla vita di
gruppo sarà uno degli obiettivi fondamentali da perseguire, evitando rapporti
di dipendenza massiccia e favorendo nel contempo l'autonomia personale dei membri.
- Coinvolgimento nella gestione della casa.
Le attività della vita quotidiana all'interno dell'abitazione (pulizia personale,
riassetto della casa, piccoli acquisti, preparazione dei pasti, etc.) dovranno
essere altrettanti momenti significativi per la crescita personale e di gruppo.
- Continuità delle relazioni umane che l'utente ha con il nucleo di provenienza.
Tali rapporti non solo vanno conservati, ma possibilmente potenziati, facilitando
al massimo le visite dei familiari alla comunità e dell'utente alla famiglia.
- Costante partecipazione alla vita di quartiere.
L'organizzazione della vita di gruppo dovrà essere proiettata verso la costante
partecipazione ad ogni attività della comunità di quartiere.
Gli interventi dovranno essere preceduti da una ricognizione delle strutture
territoriali (sanitarie, culturali, ricreative, sportive, lavorative, etc.)
al fine di sondare le varie possibilità di integrazione nel contesto sociale,
sensibilizzando nel contempo i cittadini per una piena collaborazione.
Tipologie delle strutture residenziali
Oltre ai requisiti standard comuni a tutte le strutture vengono forniti
ulteriori indicatori in ordine alla tipologie delle strutture che vengono classificate
in relazione al grado di intensità assistenziale degli ospiti:
Comunità alloggio
La comunità alloggio è una struttura residenziale avente la tipologia
edilizia della casa di civile abitazione. Deve caratterizzarsi come un'abitazione
che faccia sentire a proprio agio ogni ospite, riservando ad ognuno un spazio
personale e spazi comuni per la vita di relazione.
Soluzione residenziale alla quale si ricorre quando sia impraticabile o improponibile
l'ambiente familiare di appartenenza e non sia necessario il ricorso a soluzioni
residenziali particolarmente protette.
Gli utenti saranno adulti con minorazioni fisiche, psichiche e/o sensoriali
con discreta o parzialmente autonomia e autosufficienza.
La capacità ricettiva riguarderà un massimo di 8 ospiti stabili (più un posto
per eventuali ospitalità temporanee).
La struttura sarà articolata in camere singole o doppie dotate di suppellettili
adeguate al numero degli ospiti della camera, di servizi igienici in numero
minimo di 1 ogni due camere, di una zona soggiorno, una zona pranzo e un locale
cucina. Qualora sia prevista la presenza di ospiti in carrozzina, i servizi
igienici dovranno essere proporzionalmente adeguati a norma della Legge n.13/89.
Personale
Un assistente sociale o un educatore (con funzioni di responsabile), più un
numero di operatori per l'assistenza (assistenti domiciliari e animatori socio-culturali)
in quantità proporzionalmente necessaria ai bisogni accertati degli ospiti.
Sulla composizione dell'équipe deve esprimere parere preventivo la USL competente
per territorio.
Residenza protetta
E' una struttura residenziale, modulare, ad alta intensità assistenziale, per
handicappati non autosufficienti e/o non autonomi.
La struttura si intende modulare in quanto si articola con possibilità di aggregazione
di singoli moduli fino ad un massimo di 4.
Offre una ospitalità stabile o temporanea; l'assistenza alle funzioni di base
dell'utente; la continuità dell'assistenza riabilitativa individualizzata da
attuare preferibilmente all'esterno; le attività di socializzazione e inserimento
sociale; la frequenza, ove possibile, di un centro diurno.
Gli utenti saranno adulti handicappati pluriminorati e/o non autosufficienti
che non necessitano di assistenza sanitaria di tipo continuativo.
Ogni modulo, avrà una capacità ricettiva fino ad un massimo di 6 ospiti stabili
(oltre un posto per eventuali ospitalità temporanee).
Ogni modulo deve avere la seguente articolazione funzionale di ambienti e spazi:
camere da due posti; servizi igienici per ogni camera; sala pranzo; ampia sala
per attività comuni; locale adibito a cucina (se modulo singolo); locali cucina,
lavanderia/guardaroba e dispensa (se in presenza di due o più moduli).
Le attività si riferiscono a quelle socio riabilitative ed assistenziali idonee
a soddisfare i principali bisogni degli utenti: attività educative indirizzate
all'autonomia personale, all'acquisizione e/o mantenimento delle capacità comportamentali,
cognitive ed affettivo-relazionale; attività di socializzazione; attività con
significato prevalentemente occupazionale.
Personale
Un educatore (con funzioni anche di responsabile) per ogni singolo modulo più
un numero di operatori per l'assistenza (assistenti domiciliari e animatori
socio-culturali) in quantità proporzionalmente necessaria ai bisogni accertati
degli ospiti.
Per due o più moduli: un assistente sociale (con funzioni di responsabile dell'intera
struttura), oltre all'organico previsto per ogni singolo modulo.
Sulla composizione dell'équipe deve esprimere parere preventivo la USL competente
per territorio.
Procedura dell'accreditamento
E' istituito un Registro Comunale di tutte le strutture residenziali
esistenti nel territorio cittadino.
Tutti gli organismi pubblici e privati che intendono gestire un servizio di
comunità alloggio e/o residenze protette devono obbligatoriamente presentare
richiesta di iscrizione dimostrando di essere in possesso dei requisiti previsti
dalla normativa.
Ciò consente non solo di conoscere nel modo più completo ed esaustivo la dimensione
dell'intervento nel territorio cittadino, ma - soprattutto - di avere sufficienti
garanzie circa le condizioni di sicurezza degli ospiti e le modalità di gestione
della vita comunitaria, vigilando inoltre sul mantenimento degli standards di
qualità previsti.
Vigilanza permanenza degli standard
Le funzioni di vigilanza sulle attività, sulla struttura e sul personale
sono esercitate dal Comune, avvalendosi - a seconda delle diverse competenze
- dei Servizi della Circoscrizione e della USL nel cui territorio ha sede la
struttura.
L'attività di vigilanza riguarda: la permanenza dei requisiti minimi; gli aspetti
igienico-sanitari degli ambienti, degli ospiti, del personale, degli alimenti;
la sicurezza degli impianti.
In particolare, per gli aspetti organizzativi, tecnici e di funzionamento, per
la qualità del servizio reso, nonché per il controllo della corretta attuazione
dei programmi individuali d'intervento, ci si avvale del servizio USL che esercita
la presa in carico degli handicappati adulti.
L'attività di vigilanza si esplica mediante visite periodiche ordinarie, almeno
semestrali, e straordinarie di tutte le strutture.
Realizzazioni: nel periodo 1997-2003, sono state accreditate 11 residenze
protette e 23 comunità alloggio (complessivamente: 260 posti).
La Manutenzione
Il progetto residenzialità sollecita l'azione di diversi soggetti sia
istituzionali che professionali. Per definire una efficace partnership
tra loro occorre innanzitutto una chiara definizione dei livelli decisionali.
Certamente un ruolo particolare è riservato al servizio pubblico in quanto,
per legge, è soggetto di particolari titolarità e responsabilità nell'attuazione
dei servizi e nel garantire i diritti dei cittadini interessati. La partnership
va vista quindi come accettazione di ruoli definiti e condivisione delle diverse
azioni e competenze per il raggiungimento di un obiettivo comune.
L'azione comune tra i diversi soggetti interessati al progetto può sviluppare
un salto di qualità nella organizzazione degli interventi, ricercando un linguaggio
comune e la costruzione di un comune campo di lavoro attraverso un sistema
condiviso di valutazione.
Nel normale sistema produttivo dove si usano le macchine, si fa regolarmente
manutenzione, assistenza preventiva, revisione e controllo.
Le macchine generalmente sono meno difettose del sistema uomo!
Il sistema umano ha un grado di difettività molto alto: la manutenzione deve
essere ancora più accurata - ecco perché il momento della produzione deve alternarsi
al momento della manutenzione (riflessione, valutazione, rapporto con l'obiettivo,
costo benefici, condivisione degli obiettivi, ecc.).
Per questo stiamo lavorando per adottare un buon sistema di manutenzione.
Si sospende l'azione operativa diretta per collaudare il prodotto del lavoro
dei vari operatori, per verificare il grado di raggiungimento degli obiettivi,
per verificare l'orientamento strategico e la validità delle metodologie d'intervento
ed eventualmente per inventarne di nuove.
Le risorse professionali costituiscono l'elemento strategico del progetto. Bellissime
e comode strutture non danno da sole qualità. E' nella qualità delle relazioni
quotidiane che gli operatori riusciranno a garantire sia a livello delle abilità
personali che a livello delle relazioni attivate, utilizzando l'intreccio reticolare
del contesto sociale, che si determina con forza il benessere degli utenti.
Naturalmente le risorse professionali, per produrre un'alta qualità del prodotto-servizio,
devono essere sorrette da processi organizzativi che siano esplicite sequenze
di azioni condivise e orientate al raggiungimento del prodotto atteso.
Ma come è possibile avere una chiara rappresentazione del prodotto atteso nel
lavoro sociale in cui gli oggetti sono immateriali, sono "intangibili", come
si è detto, e pertanto hanno indicatori deboli per essere rappresentati e tale
indeterminatezza costituisce la principale fonte delle difficoltà nella collaborazione
professionale dei servizi?
La rappresentazione dell'oggetto di lavoro innanzi tutto può rendere almeno
in parte visibile quell'oggetto immateriale che si chiama, in questo caso, prendersi
cura di persone disabili. Può semplicemente aiutare a "sapere che cosa si sta
facendo" per facilitare la determinazione degli obiettivi, per attivare processi
di comunicazione e di possibili momenti formativi, per "poter misurare e valutare
ciò che si fa".
Nei servizi alla persona acquista importanza "il ruolo di learning che
la valutazione induce, ovvero di apprendimento, tramite il processo valutativo,
e quindi di miglioramento delle performance e della qualità".
In tale prospettiva si è cercato di scegliere una direzione per poter formulare
una proposta da sottoporre a tutti i protagonisti del progetto. Si è scelta
quindi un'esperienza che è apparsa la più aderente agli scopi di apprendimento
riflettendo sulla quotidianità del lavoro. Tale scelta è caduta sull'esperienza
condotta dall'Agenzia nazionale di formazione del CNCA (Coordinamento Nazionale
Comunità di Accoglienza), poiché si propone come metodo di "costruzione di un
sistema di qualità generato interamente dal basso" e cerca di percorrere la
difficile strada di partire "dagli esperti della prassi [gli operatori] per
accompagnarli lungo l'insidioso cammino della teoria".
La richiesta di un progetto formativo da parte del Servizio Handicap del Comune
di Roma all'Agenzia del CNCA ha concretizzato l'obiettivo di dotare il progetto
residenzialità di un suo originale sistema valutativo.
Il progetto che di seguito viene sinteticamente riportato sarà rivolto ai seguenti
soggetti: per il Comune di Roma, gli operatori del Servizio Handicap dipartimentale;
per i Servizi Disabili adulti delle ASL, tutti gli operatori case manager degli
ospiti nelle residenze; per enti gestori, i responsabili delle residenze (assistenti
sociali ed educatori) e i rappresentanti degli assistenti di base; infine i
rappresentanti degli utenti in relazione ai distretti territoriali. L'obiettivo
del progetto è quello di creare un percorso formativo al fine di disporre di
un "sistema qualità" che dia garanzie al cittadino-utente, alla comunità cittadina
ed all'Ente Locale affinché l'attività svolta nelle strutture sia rispondente
a criteri e livelli qualitativi necessari ed attesi e che possa creare un circuito
virtuoso in grado di promuovere continuamente il benessere delle persone ospitate.
La formazione ha lo scopo di:
creare una visione d'insieme tra tutti i soggetti interessati;
mettere in atto un sistema di valutazione della qualità, che sia costruito insieme,
dal basso, e condiviso da tutti i soggetti;
attivare un percorso di promozione continua del benessere delle persone ospitate;
rendere oggettiva, verificabile e standardizzata una gestione eccellente delle
strutture, fornendo un metodo di intervento e di monitoraggio continuo dell'attività.
Il percorso formativo viene condotto in maniera attiva e partecipata
con la modalità delle ricerca/azione, in cui l'elaborazione teorica porta alla
realizzazione di un prodotto operativo e documentale concreto e condiviso.
Il processo di apprendimento e di elaborazione si sviluppa secondo i seguenti
moduli:
Modulo introduttivo: che cos'è la "qualità sociale" nei servizi alla
persona di tipo residenziale (storia della qualità; la qualità nell'industria;
la qualità nei servizi; lo specifico dei servizi alla persona di tipo residenziale);
Modulo primo: La programmazione delle attività (il programma operativo
della struttura residenziale: linee strategiche, obiettivi, risultati, tempi;
attività, azioni, indicatori di verifica, data di realizzazione; progetto individuale:
analisi, elaborazione, verifiche in itinere, mappa degli stakeholder);
Modulo secondo: il lavoro in équipe (il metodo: modalità, strumenti;
la supervisione attiva; la supervisione dei progetti individuali);
Modulo terzo: la valutazione (la valutazione partecipata; la valutazione
dei parametri alberghieri; il controllo della gestione operativa: valutazione
del programma, valutazione delle attività, valutazione dei progetti individuali.
La costruzione di un sistema di qualità risponde ad un bisogno di miglioramento,
ma serve anche ad individuare aree critiche di un progetto che diversamente
rimarrebbero nell'indeterminato e quindi subdolamente pericolosi. Per fare questo
occorre "mettere a confronto la misura 'ideale' dell'importanza di ciascun aspetto
del servizio (elemento strutturale, processuale o di esito) con il livello di
'qualità reale', effettivamente percepita e sperimentata nella quotidianità
dei singoli servizi".
In definitiva la formazione che si intende attuare "si identifica come un processo
nel quale non solo si trasmette, ma si produce sapere, in cui si delineano forme
nuove visibili, percepibili, razionabili. […] La formazione in questo senso
si distacca da un processo in cui si immagina un attore (il docente-formatore)
che 'dà forma', 'fissa uno stampo' e un soggetto passivo (l'allievo) che come
creta malleabile si plasma sulla forma proposta. L'apprendimento va inteso come
trasformazione, nel senso di capacità di cogliere forme differenti da quelle
interiorizzate, connetterle in rete, creando così nuove forme, come processo
di sviluppo della personalità e dell'identità dei soggetti".
Per le residenzilità, l'essere luogo di formazione potrebbe essere anche luogo
di tirocinio, perché il tirocinio, come afferma Gui, "come luogo di incontro
tra sistemi diversi e tra soggetti in inter-azione, richiede la capacità dinamica
di attivare relazioni in funzione della reciproca chiarezza degli obiettivi
da raggiungere, nel riconoscimento dei rispettivi valori, ma anche della reciproca
utilità".
Le risorse economiche
Attualmente il progetto è finanziato quasi esclusivamente del bilancio
comunale e in parte con risorse regionali della legge n.104/92.
Costi annuali € 10.500.000,00.
Rette giornaliere: C.A. € 93,16 - R.P. € 122,29.
La situazione del differenziale tra domanda ed offerta porta a doversi attrezzare
per trovare una modalità di reperimento di risorse finanziarie e di strutture.
Occorre dare certezze future e massima ampiezza al progetto e attrezzarsi per
trovare diverse modalità di reperimento di risorse finanziarie e di strutture,
attivando tutte le risorse della comunità cittadina, e non soltanto.
Poiché molte persone sono disposte a mettere a disposizione tali beni, l'istituzione
di una Fondazione può garantire trasparenza e correttezza di destinazione e
può diventare l'effettivo organismo di supporto finanziario del progetto.
L'iniziativa del Comune di Roma con la fondazione "Handicap: Dopo di Noi"
risponde quindi perfettamente allo scopo.
Scopo della fondazione è quello di svolgere attività di fund raising
a sostegno dei servizi comunali di assistenza, con ciò intendendosi che il patrimonio
acquisito grazie alle liberalità sarà messo a disposizione dell'Amministrazione
nel quadro di una programmazione dei servizi e delle risorse. La fondazione
ha la possibilità di ricevere donazioni immobiliari e/o patrimoniali private
finalizzate all'inserimento di un congiunto disabile nel Progetto residenzialità,
e regolate da un apposito impegno assistenziale che garantirà al donatore la
certezza e la qualità dell'assistenza dopo la scomparsa di coloro che del disabile
hanno cura e che preveda anche, ove possibile, che nella porzione di immobile
donata sia autorizzata la costituzione di una "casa-famiglia" nella quale
ospitare altri disabili. La fondazione rivestirà natura di fondazione nazionale,
allo scopo di favorire una rete nazionale di fondazioni analoghe, con forme
di scambio e di esperienze e conoscenze ed anche di apporti e sinergie personali
o economiche, della quale Roma sarebbe "capofila".
Note:
Folgheraiter F.,L'operatore sociale al tempo del welfare mix, in
Animazione Sociale n.8/9, Gruppo Abele, Torino, 1999.
Folgheraiter F., ibidem.
Donati P., Le politiche sociali nel Welfare Mix: logiche lib/lab vs logiche
"societarie", in Donati P. e Folgheraiter F. (a cura di), Gli
operatori sociali nel Welfare Mix, Erickson, Trento, 1999.
Ferrario P., Dalla legge 328/00 a oggi. In Prospettive Sociali e Sanitarie
nn. 3, 6, 12/02, IRS, Milano 2002).
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