Ricorso al T.a.r. contro la cancellazione
dall'Anagrafe delle O.n.l.u.s. Commento alla Sentenza 16 novembre 2004
n. 13087 del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio. A cura di N.
Raffieri e M. Tagliabue (Studio Sciumé e Associati).
Ricorso al T.a.r. contro la cancellazione dall'Anagrafe delle O.n.l.u.s.
Commento alla Sentenza 16 novembre 2004 n. 13087 del Tribunale Amministrativo
Regionale del Lazio
Maddalena Tagliabue
Studio Sciumé e Associati Nicolas Raffieri
Redazione Nonprofitonline
Studio Sciumé e Associati
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Fino ad oggi, i ricorsi contro la cancellazione dall'Anagrafe
Onlus sono stati proposti davanti alle Commissioni tributarie provinciali
e da queste decisi. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio,
invece, con una sentenza depositata il 16 novembre 2004, ha dichiarato
la competenza dell'Autorità giudiziaria amministrativa a valutare la legittimità
dell'atto che comporta la perdita della qualifica di Onlus. Cerchiamo
di fare un po' di chiarezza al fine di comprendere quale sia il percorso
giudiziario più appropriato in caso di controversie fra Onlus ed Amministrazione
Finanziaria.
1. La sentenza n. 13087/2004 del T.a.r. Lazio e la posizione delle Commissioni
tributarie provinciali
La decisione si basa sulla disciplina prevista dagli articoli 10 e 11
del Decreto Legislativo n. 460 del 7 dicembre 1997, sul fatto che
l'iscrizione all'Anagrafe produce effetti non soltanto dichiarativi ma
anche costitutivi, e, in particolare, sulla constatazione che la perdita
della qualifica, conseguente al provvedimento di cancellazione, "non
ha risvolti soltanto di carattere fiscale, ma si traduce nella perdita
d'immagine e di una serie di benefici previsti dalla legge ad altri fini".
In virtù di questa pronuncia, dunque, gli atti con cui l'Agenzia delle
Entrate dispone l'eliminazione di un ente dall'Anagrafe delle Onlus sarebbero
impugnabili con ricorso al giudice amministrativo, e non tributario. Diversamente,
l'art. 3 della Circolare dell'Agenzia delle Entrate n. 14/E del 26
febbraio 2003 prevede che contro il provvedimento di cancellazione
"può essere proposto ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale,
nella cui circoscrizione ha sede la Direzione Regionale che ha emesso
il provvedimento".
Il successivo regolamento per il controllo dei requisiti formali per l'uso
della denominazione di ONLUS (decreto ministeriale n. 266 del 18 luglio
2003) non si è espresso in merito all'individuazione dell'Autorità
Giurisdizionale competente a conoscere dei ricorsi, presumibilmente ritenendo
di confermare, sul punto, la predetta circolare.
Le Commissioni Tributarie Provinciali, fino ad oggi, hanno conseguentemente
indicato quale norma di riferimento quella di cui all'art. 2 del decreto
legislativo n. 546 del 1992 che delimita l'ambito della giurisdizione
tributaria (giurisdizione amministrativa speciale) individuandolo in "tutte
le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie".
Il provvedimento di cancellazione dall'Anagrafe Onlus, qualificato come
atto che impedisce il godimento delle agevolazioni fiscali previste dal
decreto legislativo n. 460/1997, è fatto rientrare nella previsione che
include tra gli atti impugnabili in sede di contenzioso tributario "il
diniego o la revoca di agevolazioni o il rigetto di domande di definizione
agevolata di rapporti tributari".
2. Alcune considerazioni
L'affermazione della sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo
in relazione all'impugnativa dell'atto che dispone la cancellazione dall'Anagrafe
Onlus, contenuta nella Sentenza n. 13087/04 T.A.R. Lazio, è sicuramente
condivisibile.
Gli organi di giustizia amministrativa cosiddetta ordinaria, Consiglio
di Stato e Tribunali Amministrativi Regionali per il primo grado, decidono,
infatti, dei ricorsi contro gli atti e i provvedimenti delle pubbliche
amministrazioni, purché la cognizione non sia affidata dal legislatore
ad altri organi.
Nessun dubbio sussiste in relazione alla qualificabilità dell'atto con
cui l'Agenzia delle Entrate cancella un ente dall'Anagrafe Onlus quale
provvedimento amministrativo. Trattasi, infatti, dell'atto finale di un
procedimento, proveniente da un'autorità amministrativa nell'esercizio
delle proprie funzioni, idoneo ad imporre unilateralmente modificazioni
nella sfera giuridica dei destinatari (soggetti esterni alla pubblica
amministrazione), estinguendone una posizione soggettiva (il diritto ad
usufruire delle agevolazioni fiscali di cui al d.lgs. 460/97).
Ciò premesso, è pur vero che una giurisdizione amministrativa speciale,
quale quella tributaria, dovrebbe prendere il posto di quella amministrativa
ordinaria. Le giurisdizioni amministrative speciali, infatti, sono costituite
per regolare i rapporti tra i privati cittadini, singoli o associati,
e l'amministrazione pubblica in particolari materie.
Ciò comporta che solo là dove si arresta la loro competenza riprende spazio
quella dei tribunali amministrativi.
Quello che presumibilmente il Tar Lazio intendeva dire facendo riferimento
al fatto che la perdita della qualifica, conseguente al provvedimento
di cancellazione, "non ha risvolti soltanto di carattere fiscale, ma
si traduce nella perdita d'immagine e di una serie di benefici previsti
dalla legge ad altri fini", è che la materia è in parte estranea alla
norma che limita l'ambito della giurisdizione tributaria alle controversie
che hanno ad oggetto tributi, con ciò restando esclusa la possibilità
di ricorrere alle commissioni tributarie. Il risultato di ciò è che il
ricorso deve essere presentato al giudice amministrativo ordinario, ossia
al T.A.R. .
3. Conseguenze sul piano pratico. Il procedimento davanti al T.A.R.
e quello davanti alla Commissioni Tributarie a confronto. Rilevanza della
questione per il settore Nonpofit
In attesa di sapere se si affermerà questo nuovo indirizzo interpretativo,
ci occupiamo brevemente di capire se possano esserci conseguenze rilevanti
per gli organismi che ricorrono contro la cancellazione al T.A.R. anziché
al giudice tributario.
I due procedimenti sono disciplinati rispettivamente dagli articoli 19
e seguenti della legge 6 dicembre 1971 n. 1034 (Istituzione dei tribunali
amministrativi regionali), e dal decreto legislativo 31 dicembre 1992
n. 546 (Disposizioni sul processo tributario).
Assistenza tecnica: in entrambi i giudizi è necessaria l'assistenza
tecnica di un difensore abilitato (ossia di un avvocato davanti al giudice
amministrativo, di un avvocato, di un dottore commercialista, di un ragioniere
o di un perito commerciale davanti al giudice tributario).
Introduzione del giudizio: entrambi i procedimenti si instaurano
con ricorso (con l'indicazione dei motivi per i quali si ritiene che l'atto
sia stato emanato illegittimamente), nel termine di 60 giorni dalla notificazione
dell'atto impugnato.
Possibilità di sospendere gli effetti del provvedimento di cancellazione
durante il tempo necessario per la decisione del ricorso: in entrambi
i procedimenti è possibile chiedere la sospensione dell'esecuzione dell'atto
impugnato, per evitare che dalla stessa possa derivare al ricorrente un
danno grave ed irreparabile. Nel processo amministrativo il giudice può
accordare anche altre tipologie di misure che sono idonee, secondo le
circostanze, ad evitare tale pregiudizio.
Facoltà che il giudice può esercitare nel corso del processo nei
confronti delle parti in causa: le commissioni tributarie esercitano
le stesse facoltà di accesso, di richiesta di dati, di informazioni e
chiarimenti previste dalla legge per gli uffici tributari, e possono ordinare
il deposito di documenti ritenuti necessari per la decisione della controversia.
Analogamente, il giudice amministrativo può richiedere chiarimenti alle
pubbliche amministrazioni, può ordinare loro di effettuare nuove verifiche
e indagini, e può richiedere documenti anche ai privati. Anche nel giudizio
amministrativo, così come nel tributario, può essere disposta consulenza
tecnica d'ufficio. In entrambi i giudizi non sono ammessi il giuramento
e la prova per testimoni.
Poteri del giudice nei confronti del provvedimento di cancellazione:
entrambe le autorità possono conclusivamente annullare il provvedimento
impugnato, qualora ravvisino una causa di illegittimità. In particolare,
il giudice amministrativo può pronunciare l'annullamento nei seguenti
casi: quando l'atto è stato emanato da un organo che non era competente
(ad esempio da una Direzione regionale diversa da quella in cui l'organizzazione
ha il proprio domicilio fiscale), oppure in violazione della legge (tale
ipotesi è stata ravvisata in assenza del parere dell'Agenzia per le Onlus),
oppure in uno dei casi in cui si possa parlare di " eccesso di potere"
(la disparità di trattamento ne è un esempio). Dopo la legge n. 250 del
2000 il giudice amministrativo può condannare la Pubblica Amministrazione
al risarcimento dei danni da lesione di interessi legittimi.
Rimedi in caso di mancata esecuzione della sentenza da parte dell'amministrazione:
è possibile agire affinché la DRE che ha perso la causa adempia gli obblighi
derivanti dalla sentenza di annullamento (sia che sia emessa dal giudice
amministrativo, sia che sia emessa dal giudice tributario), consistenti
nel ripristino dell'iscrizione all'Anagrafe e nell'eliminazione dei provvedimenti
eventualmente emessi in conseguenza della cancellazione.
Impugnazioni: è possibile proporre appello sia contro le
sentenze dei tribunali amministrativi sia contro quelle delle commissioni
tributarie provinciali (rispettivamente al Consiglio di Stato e alle commissioni
tributarie regionali).
Spese del giudizio: sia il giudice amministrativo che quello
tributario possono condannare la pubblica amministrazione soccombente
al pagamento delle spese di giudizio, applicando le norme del codice di
procedura civile, compresa la facoltà di compensare le spese stesse se
ne ricorrono i motivi.
Non sembrano quindi sussistere differenze così significative, in termini
di procedura, fra i due percorsi. In generale si ritiene che le commissioni
tributarie siano meno propense a contestare i provvedimenti delle Direzioni
Regionali, ma queste sono valutazioni di opportunità che non sempre corrispondono
al vero.
Pare comunque opportuno precisare come il ricorso dinanzi al T.A.R., stando
all'esempio della sentenza in commento, pare poter essere richiesto solo
qualora la decisione della DRE abbia effettivamente conseguenze che esulano
l'ambito tributario. Il nocciolo della questione, quindi, riguarda proprio
l'ambito aplicativo del D.lgs. 460/97. Se sia, cioè, una normativa esclusivamente
attinente la materia tributaria oppure no. Il dubbio sorge, soprattutto
fra gli addetti del settore nonprofit, proprio perché la lunga gestazione
di quella norma fu dovuta alla ricerca di una valenza che fosse anche
civilistica. Chi ha fatto parte delle due "commissioni Zamagni" ne sa
qualcosa. Da questo discende la vera rilevanza della questione. Passa
quasi la voglia di richiamare nuovamente l'esigenza di una riforma normativa
del Terzo Settore.
Molte delle pronuncie recenti dell'Agenzia delle Entrate dimostrano come
l'ambito applicativo della "460", soprattutto in riferimento ai settori
di attività delle ONLUS, spesso sconfini dai limiti della competenza del
legislatre tributario e dell'Amministrazione Finanziaria. A titolo esemplificativo
citiamo la recente circolare ministeriale n. 48/E del 18 novembre 2004,
che si è già avuto modo di commentare. Il D.lgs460/97, nel definire l'impianto
che permette l'utilizzo della denominazione di Onlus, concede poteri all'Amministrazione
Finanziaria che concernono tematiche come la qualifica di soggetto svantaggiato,
la definizione di assistenza sociale, la rilevanza sociale di interventi
a tutela dell'ambiente o in campo culturale. Questo impianto consente
alle DRE di prendere decisioni che hanno una pertinenza tributaria relativa,
costringendo l'Amministrazione Finanziaria ad individuare parametri oggettivi
per sancire dei confini che hanno conseguenze nell'ambito dei "beni meritori"
e che sono prettamente culturali. Concedere o meno agevolazioni fiscali,
in un sistema di Welfare che cerca di fondarsi sul principio di sussidiarietà,
ha forti conseguenze sugli ambiti di autonomia privata, sulla libera iniziativa
degli individui nei settori di utilità pubblica e sociale. Tutto questo
non sembra poter essere esclusiva competenza dell'amministrazione e della
giurisdizione tributaria.
4. Violazione dell'obbligo di richiedere il preventivo parere dell'Agenzia
per le Onlus
Nel caso specifico di cui si è occupato il T.A.R. Lazio, la cancellazione
era stata disposta senza il preventivo parere dell'Agenzia per le Onlus.
Il provvedimento è stato pertanto annullato in quanto illegittimo per
violazione di legge, con ciò confermando precedenti pronunce delle commissioni
tributarie che si erano già espresse in tal senso.
Il provvedimento di cancellazione dall'Anagrafe emesso senza che sia preventivamente
acquisito il suddetto parere, infatti, contrasta con l'art. 5 (commi 2
o 5 a seconda dei casi) del DM 266/2003, che prevede che le Direzioni
regionali prima di cancellare un ente debbano sentire l'organismo di controllo.
Tale parere è obbligatorio, anche se non vincolante, ai sensi dell'art.
4, comma 2, lett. f) del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri
21 marzo 2001 n. 329 (Regolamento recante norme per l'Agenzia per
le organizzazioni non lucrative di utilità sociale).
Il fatto che le fonti che prevedono l'obbligo violato siano di rango secondario
non è di ostacolo in quanto, ai fini dell'integrazione del vizio di "violazione
di legge" (figura residuale rispetto all'"incompetenza" e all'"eccesso
di potere"), l'espressione "legge" comprende, secondo consolidata giurisprudenza,
tutti gli atti di normazione sia primaria che secondaria. L'annullamento
così motivato, comunque, non precluderà alla Direzione Regionale Competente,
persistendone i presupposti di legge, di ripetere correttamente il procedimento
amministrativo finalizzato alla cancellazione dall'Anagrafe.
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