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REPUBBLICA ITALIANA N. 1024/05 REG.DEC.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO N. 1009 REG.RIC.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale - Quinta Sezione ANNO 1998
ha pronunciato la seguente

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DECISIONE

sul ricorso in appello n. 1009 del 1998 proposto dall’Azienda USL n. 39 di Milano, già USL n. 76 di Rozzano ed ora ASL, Città di Milano, rappresentata e difesa dall’Avv. Vincenzo Dittrich di Milano, con domicilio eletto presso la Segreteria del Consiglio di Stato, Piazza Capo di Ferro, Roma;



contro

- l’Istituto Ospedaliero di Sospiro (Cremona) in persona del Presidente in carica, Dott. Riccardo Piccioni, rappresentato e difeso dall’Avv. Giovanni Bottini del Foro di Cremona, e dall’Avv. Prof. Vittorio Biagetti del Foro di Roma, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, via, A. Bertoloni n. 35;
-il Comune di Opera in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’Avv. Bruno Dondé del Foro di Milano, con domicilio eletto in Roma, Corso Vittorio Emanuele II, n. 187, presso lo studio dell’Avv. Marco Saverio Montanari;
- l’Azienda USL n. 23 di Cremona (già USL n. 51 di Cremona) non costituita


per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia, Sezione staccata di Brescia, n. 917 del 27 ottobre 1997, resa su ricorso n. 538/1993 r.r. di detta Sezione;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Istituto ospedaliero di Sospiro (Cremona) e del Comune di Opera;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore, alla pubblica udienza del 13 luglio 2004, il Consigliere Chiarenza Millemaggi Cogliani; uditi, altresì, l’Avv. Moscarini per delega dell’Avv. Dittrich, per l’Azienda appellante e gli Avv.ti Biagetti, per l’Istituto Ospedaliero di Sospiro, e Montanari per delega dell’Avv. Dondé per il Comune di Opera ;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:



FATTO E DIRITTO

1. Con la sentenza in epigrafe, la Sezione staccata di Brescia del Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia, pronunciandosi sul ricorso proposto dall’Istituto ospedaliero di Sospiro per il riconoscimento dell’obbligo della USSL n. 76 di Rozzano, del Comune di Opera e della USSL n. 51 di Cremona, di rimborsare a detto ricorrente le rette di degenza dell’assistito A.G., a far data n. 1986, ha dichiarato obbligata al pagamento della retta in questione la USSL n. 76 di Rozzano, nel frattempo confluita nell’Azienda USSL n. 39 di Milano, condannandola al pagamento, in favore, dell’Istituto Ospedaliero di Sospiro al pagamento della somma di Lit. 178.722, per la rette maturate dal luglio 1986 al febbraio 1997, oltre quelle maturate e maturande.
Avverso l’anzidetta sentenza propone appello l’Azienda USSL n. 39 di Milano (già USSL di Rozzano ed, al tempo, in corso di trasformazione in ASL Città di Milano, in primo luogo contestando la natura delle prestazioni offerte dall’Istituto al degente, che a detta dell’appellante sarebbero di natura meramente assistenziale e dunque nella esclusiva responsabilità del Comune di Opera (I motivo) in via subordinata opponendo la concorrente responsabilità (nella misura del 40 % delle rette dovute), subordinatamente deducendo la prescrizione delle rette maturate dal mese di luglio 1986 sino al marzo del 1988, essendo decorsi più di cinque anni fra la richiesta di pagamento alla USSL n. 76 (4 giugno 1987) e la notificazione del ricorso (30 marzo 1993) e attesa la scadenza mensile delle rette di cui è chiesto il rimborso.
Si sono costituiti in giudizio l’ospedale ed il Comune appellati, contestando il fondamento dell’impugnazione,nonché, quanto all’Istituto ospedaliero, riproponendo, in subordine, la domanda rivolta in primo grado contro il Comune.
Respinta dal Presidente della Sezione l’istanza di consulenza psichiatrica avanzata dall’Istituto ospedaliera, la causa, chiamata una prima volta alla pubblica udienza del 16 marzo 2004, è stata ulteriormente istruita, sulla base dell’ordinanza collegiale istruttoria. 3356 del 24 maggio 2004, con la quale era richiesta la produzione in giudizio delle cartelle cliniche relative alle cure apprestate al Sig. Alberto Gatta, del cui ricovero si tratta.
Successivamente la causa, chiamata alla pubblica udienza del 13 luglio 2004, è stata trattenuta in decisione.
2.1. Con l’ordinanza collegiale istruttoria sopra richiamata, la Sezione ha precisato che la relazione del Direttore sanitario dell’Istituto ospedaliere e gli accertamenti sanitari posteriori richiesti in via istruttoria (e non ammessi dal Presidente della Sezione) sullo stato psichico del soggetto ricoverato, non sono sufficienti a provare il fondamento della pretesa dell’Istituto ospedaliero nei confronti del Servizio sanitario, al fine di stabilire la loro riconducibilità prevalente alla cura e riabilitazione del disabile, in capo al quale sono state fornite, dalla struttura protetta della quale si tratta, le prestazioni di cui la sentenza appellata ha fatto carico alla Azienda appellante.
Su tale presupposto è stata disposta l’acquisizione in giudizio della cartella clinica del ricoverato dal quale emerge il quadro clinico di un paziente sottoposto a cura e controllo della epilessia (con somministrazione di gardenale, luminale), e di altre malattie minori (per lo più ordinariamente controllabili in ambiente familiare ed ambulatoriale); lo stesso trasferimento in reparto terapeutico maschile dal 1987, non appare caratterizzato da significativi interventi psicoterapeutici, ma piuttosto contrassegnato dalla aggressività degli altri ospiti nei confronti del ricoverato.
E’, dunque, giustificata, in punto di fatto, l’affermazione dell’appellante secondo cui mancano prove della attività terapeutica e/o riabilitativa che sarebbe stata effettuata in favore dell’assistito, non potendosi ritenere sufficienti, al riguardo le relazioni di parte, rese a posteriori e non accompagnate da documentazione comprovante la messa a punto e lo svolgimento sistematico di un progetto di recupero relativo all’assistito, neanche successivo alla instaurazione della controversia in corso.
2.3. Ciò premesso, giova rilevare che, nell’atto di indirizzo e coordinamento alle regioni e alle province autonome in materia di attività di rilievo sanitario connesse con quelle socio-assistenziali, ai sensi dell'art. 5 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, emesso dal Presidente del Consiglio dei ministri con decreto dell’8 agosto 1985, è specificamente precisato che “nei casi in cui non sia possibile, motivatamente, disgiungere l'intervento sanitario da quello socio-assistenziale, le regioni possono, nell'ambito delle disponibilità finanziarie assicurate dal Fondo sanitario nazionale, avvalersi mediante convenzione di istituzioni pubbliche o, in assenza, di istituzioni private. In questi casi le regioni possono prevedere che l'onere sia forfettariamente posto a carico, in misura percentuale, del Fondo sanitario nazionale o degli enti tenuti all'assistenza sociale in proporzione all'incidenza rispettivamente della tutela sanitaria e della tutela assistenziale, con eventuale partecipazione da parte dei cittadini. Le istituzioni di cui sopra debbono offrire idonee garanzie di dotazione di personale qualificato e di mezzi strumentali per la erogazione delle prestazioni sanitarie di cui al richiamato art. 1. A tal fine viene istituita, presso ogni regione o provincia autonoma, una commissione permanente di verifica dei necessari requisiti di idoneità e della qualità dell'assistenza sanitaria erogata dalle istituzioni medesime. Alla commissione partecipa di diritto un rappresentante del Ministero della sanità” (art. 6, ultimo comma).
Di contro, nella prima parte di tale articolo, le attività socio assistenziali di rilievo sanitario, imputate a carico del Fondo sanitario nazionale, sono (fra l’altro) quelle apprestate in corso di ricovero in strutture protette comunque denominate, sempre che siano dirette, in via esclusiva o prevalente, alla riabilitazione o alla rieducazione funzionale degli handicappati e dei disabili, nell’ambito degli interventi previsti dall’art. 26 della citata legge n. 833 del 1978, nonché quelle dirette alla cura ed al recupero fisico-psichico dei malati mentali, ai sensi dell’art. 64 della stessa legge purché integrate con quelle dei servizi psichiatrici territoriali ed infine, alla cura degli anziani, limitatamente agli stati morbosi non curabili a domicilio.
Dal canto suo, la Regione Lombardia nel recepire il citato art. 6 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 agosto 1985 (deliberazione regionale del 28 dicembre 1987) ha condizionato l’assunzione, a carico del Fondo sanitario, dell’area delle malattie mentali e delle altre attività socio riabilitative e dei ricoveri in strutture sanitarie protette, comunque denominate, ad apposita deliberazione del Comitato di gestione delle Unità sanitarie locali di competenza.
Il quadro normativo che se ne ricava, lascia intendere l’insussistenza di un diritto soggettivo di natura perfetta da parte della struttura nella quale è stato disposto il ricovero dell’assistito, essendo la pretesa condizionata - quanto alle ipotesi di totale carico al Fondo sanitario - alla previa deliberazione del Comitato di gestione della USL territorialmente competente, in funzione di accertamento di natura tecnico discrezionale, in ordine alla patologia ed al progetto di riabilitazione e rieducazione funzionale nell’ambito degli interventi previsti dall’art. 26 della legge n. 833 del 1978 o quanto al recupero fisico psichico dei malati mentali, con integrazione dei servizi psichiatrici territoriali, per i casi di cui all’art. 64 della stessa legge, e - nella ipotesi descritta all’art. 6, ultimo comma, del D.P.C.M. 8 agosto 1985 (motivata impossibilità di disgiungere l’intervento sanitario da quelle socio-assistenziali) - alla previa assunzione (forfetaria o parziale) a carico del Fondo sanitario, con apposita determinazione regionale, nel senso e secondo le modalità procedimentali previste nel citato articolo, in cui assume significato pregnante la necessità di una “verifica dei necessari requisiti di idoneità e della qualità dell'assistenza sanitaria erogata dalle istituzioni medesime”.
Nell’uno e nell’altro caso, dunque, non può assumersi a carico del servizio sanitario nazionale ed in favore della struttura ospedaliera che ha disposto il ricovero, l’esistenza di un diritto patrimoniale perfetto al rifacimento delle rette di degenza, spettando agli organi del Servizio sanitario (USL territorialmente competente o Regione, a secondo delle ipotesi) la previa valutazione di natura tecnico discrezionale sulla appartenenza delle prestazioni all’una o altra categoria e, in caso di prestazioni socio-assistenziali non disgiungibili da quelle sanitarie, alla previa determinazione, da parte della Regione competente, dell’onere da porsi a carico del Fondo in questione.
A maggior ragione, non si può prescindere dalla prova, in concreto, del trattamento psicoterapeutico e delle prestazioni di recupero in una controversia impropriamente instaurata con la proposizione di un’azione di accertamento dichiarativo e condanna dell’Unità sanitaria locale, e non appaiono sufficientemente allo scopo la mera attestazione dello psichiatra curante, secondo cui “il giovane G. A. (…) presenta in quadro neuropsicopatologico tale da comportare per il 60% prestazioni di natura terapeutica(…) e per il restante 40% interventi di tipo assistenziale” o le relazioni postume dei sanitari o del responsabile dell’istituto di ricovero, in assenza di alcun previo progetto diretto al fine o di indicazione del programma di recupero predisposto e seguito dall’assistito.
Lo stesso D.P.C.M. 14 febbraio 2001, sopravvenuto in corso del secondo grado del giudizio, condiziona l’assistenza socio-sanitaria a progetti personalizzati, redatti sulla scorta di valutazioni multidimensionali, rimettendo alla disciplina regionale, modalità e criteri di definizione dei progetti assistenziali personalizzati (art. 2), e definendo alla stregua di “prestazioni sociali a rilevanza sanitarie tutte le attività del sistema sociale che hanno l’obiettivo di supportare la persona in stato di bisogno, con problemi di disabilità o di emarginazione condizionanti lo stato di salute, attribuendone la competenza ai comuni (art. 3)
2.4. In definitiva, allo stato degli atti, e secondo le definizioni desumili dalla normativa al tempo vigente, e da quella sopravvenuta in corso di causa, il credito dell’Istituto ricorrente in primo grado è definito e definibile esclusivamente nei confronti del Comune, tenuto alle prestazioni socio-assistenziali e non invece nei confronti del Servizio sanitario, non essendo escluso, peraltro, che la posizione dell’assistito debba essere ricondotta a quella di un soggetto affetto da deficit psico-fisico e da malattia epilettica, senza che, al contrario, la definizione del tipo di assistenza prestato possa essere rimesso all’apprezzamento unilaterale della struttura ospitante, o, in assenza di determinazione delle competenti Autorità (cui è rimesso, come si, è detto, il giudizio tecnico discrezionale di cui sopra), al controllo giurisdizionale del giudice amministrativo, cui spetta invece di pronunciarsi sul provvedimento che ammette o esclude la natura sanitaria delle prestazioni offerte all’ ospitato, o sul silenzio serbato a tale riguardo, ed essendo l’obbligazione pecuniaria a carico del Servizio sanitario condizionata dalle anzidette determinazioni.
Il primo motivo di impugnazione deve essere pertanto, accolto e, correlativamente, tenuto conto della reiterata domanda dell’Istituto ospedaliero di Sospiro, all’atto della costituzione in giudizio, le rette delle quali è chiesto il pagamento devono essere poste a carico del Comune di Opera.
Le spese dei due gradi del giudizio possono essere interamente compensate fra le parti.


P. Q. M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), accoglie l’appello nei sensi di cui in motivazione e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata respinge il ricorso di primo grado per quanto riguarda la domanda relativa alla unità sanitaria locale cui si tratta, accogliendolo al contrario nei confronti del Comune di Opera, a carico del quale deve essere posto debito delle rette ospedaliere maturate e maturande dal luglio 1986, con relativa condanna nei termini espressi nella medesima sentenza relativamente al quantum, fatte salve successive e differenti determinazioni dei competenti organi del servizio sanitario; Compensa interamente fra le parti le spese dei due gradi del giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, addì 13 luglio 2004, dal Consiglio di Stato in s.g. (Sez. V) riunito in camera di consiglio con l'intervento dei seguenti Magistrati:
Emidio FRASCIONE PRESIDENTE
Rosalia M.P. BELLAVIA CONSIGLIERE
Chiarenza MILLEMAGGI COGLIANI –Est. CONSIGLIERE
Cesare LAMBERTI CONSIGLIERE
Claudio MARCHITIELLO CONSIGLIERE
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
F.to Chiarenza Millemaggi Cogliani F.to Emidio Frascione

IL SEGRETARIO
F.to Agatina Maria Vilardo

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 11 marzo 2005
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL DIRIGENTE
F.to Antonio Natale