Ivan Illich. Perdita
del mondo e della carne Dal mensile "Lo straniero", n. 33, marzo 2003 (sito: www.lostraniero.net),
riprendiamo il seguente articolo, pubblicato in occasione della scomparsa
di Ivan Illich.
Il testo nella rivista è preceduto dalla seguente nota
introduttiva di Barbara Duden e Silja Samerski: "Anche se erano ormai
molti anni che si preparava a morire, la scomparsa di Illich è giunta
all'improvviso. Si è spento proprio nel mezzo della preparazione del seminario
sulla Corruptio optimi che doveva tenere nel fine settimana all'Università
di Brema. In quell'occasione avrebbe voluto discutere apertamente con
studenti e amici le sue riflessioni sull'origine ecclesiastica di molte
strane ovvietà occidentali. Le ricerche storiche sulla perversione della
Buona Novella attraversano come un filo rosso l'ultimo decennio del suo
insegnamento a Brema. Con l'aiuto dei suoi amici, Illich sperava di poter
portare a termine un volume su questo argomento nei prossimi mesi. Mercoledì
5 dicembre i suoi amici lo hanno sepolto nel cimitero di Oberneulaender
a Brema. Nei giorni precedenti molte persone si erano recate nella sua
abitazione per la veglia funebre e per rendergli l'estremo saluto. All'inizio
della messa funebre, nella chiesa di St. Johann, Wolfgang Sachs ha letto
il seguente scritto, nel quale Ivan Illich lamenta la perdita della capacità
di morire. Si tratta di una lettera scritta nel 1992 per il compleanno
di Hellmut Becker, ex direttore dell'Istituto Max Planck di Berlino".
La traduzione è di Cristina Marconi.
Ivan Illich è nato a Spalato nel 1925; laurea in mineralogia a Firenze,
studi ulteriori di psicologia, arte, storia (dottorato a Salisburgo);
ordinato sacerdote nel 1951, per cinque anni opera in una parrocchia portoricana
a New York, poi è prorettore dell'Università Cattolica di Portorico; a
Cuernavaca (Messico) fonda il Cidoc (Centro interculturale di documentazione);
docente in varie università, conferenziere, studioso costantemente impegnato
nella critica delle istituzioni e nella indicazione di alternative che
sviluppino la creatività e dignità umana; pensatore originale, ha promosso
importanti ed ampie discussioni su temi come la scuola, l'energia, la
medicina, il lavoro. È scomparso nel 2002. Tra le opere di Ivan Illich:
Descolarizzare la società, Mondadori; La convivialità, Mondadori, poi
Red; Rovesciare le istituzioni, Armando; Energia ed equità, Feltrinelli;
Nemesi medica: L'espropriazione della salute, Mondadori, poi Red; Il genere
e il sesso, Mondadori; Per una storia dei bisogni, Mondadori; Lavoro-ombra,
Mondadori; H2O e le acque dell'oblio, Macro; Nello specchio del passato,
Red; Disoccupazione creativa, Red. Raccoglie i materiali di un seminario
con Illich il volume Illich risponde dopo "Nemesi medica", Cittadella,
Assisi 1978. Cfr. anche il libro-intervista di David Cayley, Conversazioni
con Ivan Illich, Eleuthera, Milano 1994. Utile anche il volume di AA.
VV., Le professioni mutilanti, Cittadella, Assisi 1978 (che si apre con
un intervento di Illich)]
Un tempo, morendo, si perdeva il mondo. Fino a quel momento si stava nel
mondo. Noi due apparteniamo alla generazione di coloro che sono ancora
"venuti al mondo" e che, ora, sono minacciati di morire senza un terreno
sotto i piedi. Noi - diversamente da altre generazioni - abbiamo fatto
l'esperienza della rottura con il mondo. Chi decide di vivere ai margini
del mondo intraprende il pellegrinaggio verso Santiago di Compostela;
invoca stabilitas alle porte del convento; si unisce ai lebbrosi. Nel
mondo russo e greco si poteva anche diventare pazzi, e non monaci, in
modo da passare il resto della propria vita tra i cani e i mendicanti,
chiedendo l'elemosina all'ingresso della chiesa. Ma perfino per chi fuggiva
dal mondo in modo tanto estremo il "mondo" rimaneva il quadro sensibile
del proprio esserci contingente. Il "mondo" rimane infatti una tentazione
proprio per coloro che vi rinunciano. La maggior parte di quelli che fingono
di aver abbandonato il mondo si stupisce di sè troppo presto, e con l'imbroglio.
La storia dell'ascesi cristiana è infatti quella dell'eroica ricerca della
rettitudine attraverso la rinuncia a un "mondo", a cui però si resta legati
con ogni fibra dell'essere. Dall'anno della propria nascita al momento
della morte, mio zio Alberto si è lasciato servire il Vin Santo.
Oggi è diverso. I due millenni dell'Europa cristiana sono finiti. Quel
mondo, nel quale la nostra generazione è nata, è andato perduto. Non solo
per chi è appena nato, ma anche per noi anziani è diventato incomprensibile.
Il fatto che solitamente gli anziani si ricordino dei tempi migliori non
è una ragione valida perchè noi, che siamo passati attraverso i regimi
di Stalin, Roosevelt, Hitler e Franco, non teniamo ben presente questo
distacco che abbiamo vissuto. Io mi ricordo ancora del giorno in cui sono
invecchiato per sempre. Non posso dimenticare le nuvole nere di marzo
nel sole al tramonto, e le vigne nella brughiera estiva tra Plaetzleinsdorf
e Salmannsdorf, nei pressi di Vienna, due giorni prima dell'Anschluss.
Fino a quel momento per me era stato ovvio che un tempo i bambini nascessero
sulla torre nelle isole della Dalmazia. Dopo quella passeggiata solitaria
mi apparve impossibile. L'esumazione dei corpi dal tessuto della storia
l'avevo già sperimentata a dodici anni, prima ancora che Berlino impartisse
l'ordine di mandare nelle camere a gas tutti i pazzi del Reich.
Dopo questa trasformazione dell'esperienza, parlare insieme del mondo
e della morte è diventato un privilegio della generazione che ha conosciuto
ciò che c'era prima. Hellmut, io credo di rivolgermi in questo momento
a qualcuno che ne sa qualcosa. Il destino mi ha fatto venir sù fin da
giovane come collega, consigliere e amico di uomini e donne che erano
più anziani di decenni. Così ho imparato a farmi costruire e educare da
persone che erano troppo vecchie per poter partecipare all'esperienza
della disincarnazione.
D'altra parte i nostri studenti sono tutti quanti figli dell'epoca che
è seguita a Guernica, Lipsia, Belsen e Los Alamos. Il genocidio e il progetto
genoma; la moria delle foreste e l'idroponica; il trapianto di cuore e
il medicidio assicurato sono in ugual misura insipidi, inodori, incomprensibili
e immondi. Il festeggiamento per l'avvento della Raggiunta Salma celebra
la mancanza di terreno per l'inumano senza mondo. Noi, che siamo già vecchi
abbastanza, e giovani abbastanza, per aver fatto l'esperienza della fine
della natura e del mondo che corrisponde ai sensi, dovremmo, come nessun
altro, poter morire. Ciò che è stato può decomporsi. Ciò che se ne è andato
può diventare ricordo. Paul Celan sapeva che dalla scomparsa del mondo,
che noi abbiamo vissuto, resta solo fumo. Il virtual drive del mio computer
mi ha procurato per la prima volta un simbolo per quello che è "l'andar
via per sempre", attraverso il quale la perdita del mondo e della carne
si lascia rappresentare. La mondità del mondo non giace come le rovine
negli strati profondi del terreno. È scomparsa, come un file estinto nella
memoria del computer.
Perciò, noi settantenni, possiamo essere gli straordinari testimoni non
solo dei nomi, ma delle percezioni che nessuno più conosce. Molti, che
si trovano nella spaccatura, sono a loro volta spaccati. Conosco quelli
che hanno strappato il filo della loro esistenza davanti alla bomba atomica,
ad Auschwitz, all'aids. Sono diventati, nel profondo del cuore, e ancora
nel mezzo della vita, dei "viejos verdes", degli anziani verdi, che fanno
come se potessero esserci dei padri nel "sistema" che è diventato uno
show attuabile. Ciò che nel Terzo Reich era propaganda, che poteva esistere
grazie alle chiacchiere, ora viene venduta: come menu con il programma
del computer o dell'assicurazione; come consulenza per gli studi, per
l'elaborazione di un lutto o per la cura del cancro; come terapia di gruppo
dei disadattati. Noi anziani apparteniamo alla generazione dei pionieri
di questi non-sensi. Siamo gli ultimi di una generazione attraverso la
quale l'essenza dello sviluppo, della comunicazione e della prestazione
di servizio sono diventati bisogni globali. La desensibilizzazione estraniata
dal mondo e l'impotenza programmata, che abbiamo diffuso, mette in ombra
la spazzatura che nella nostra generazione è stata depositata in cielo
e sulla terra, nell'acqua e nella stratosfera.
Eravamo nelle posizioni-chiave quando la televisione era ancora assente
dalla vita di tutti i giorni. Io stesso mi sono battuto affinché la stazione
radio dell'Università dovesse raggiungere, ineluttabile come la pioggia,
ogni villaggio portoricano. Allora non sapevo ancora quanto, con l'allargamento
all'intero paese, i sensi si sarebbero raggrinziti, e l'orizzonte si sarebbe
barricato dietro mobili di cartapesta. Non pensavo che l'atmosfera serale
europea avrebbe tinto già il primo istante del mattino attraverso la finestra.
Ho girato oscenamente per dieci anni con cose inconcepibili, come un miliardo
di persone contenute in un istogramma. Da gennaio il mio estratto conto
della Chase Manhattan arriva decorato con un istogramma: ciò mi consente
di comparare con un colpo d'occhio le mie spese per le bettole e quelle
per la cancelleria. Attraverso centinaia dei più piccoli mezzi di informazione,
di amministrazione e di discussione, che catturano la mia simpatia, viene
interpretata la mia condizione umana. Per quanto così "smooth and slick",
non mi sono potuto rappresentare la costruzione di un progetto educativo
nella quotidianità dell'intera vita, visto che, Hellmut, con te ho parlato
di questo tema per più di venti anni.
La realtà sensoriale sprofonda sempre più in basso sotto le lamiere degli
ordini di vedere, di ascoltare e di assaggiare. L'educazione all'irreale
operosità inizia con i libri scolastici, il cui testo è ridotto a legenda
per caselle di grafici, e termina con l'attaccamento dei morenti agli
incoraggianti risultati dei test sul loro stato. Astrazioni eccitanti,
che occupano l'anima e si installano come federe di plastica sulla percezione
del mondo e di sè. Lo noto soprattutto quando parlo della resurrezione
dalla morte con i giovani: le loro difficoltà non consistono nella mancanza
di fiducia, bensì nella disincarnazione della percezione, nella loro vita
che è in costante distaccamento dalla carne.
Tu ed io, in un mondo ostile alla morte, ci prepariamo non più ad "arrivare
alla morte", bensì a morire in modo intransitivo. Lasciaci celebrare,
per il tuo settantesimo compleanno, l'amicizia, nella quale dobbiamo lodare
Dio per la realtà sensibile del mondo da cui prendiamo commiato.