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Tavolo congiunto REGIONE-TERRITORIO
per l'applicazione dei L.E.A. sull'area socio-sanitaria.

ACCORDO


sugli indirizzi, linee guida e percorsi per l'applicazione dei livelli essenziali di assistenza (L.E.A.) sull'area socio-sanitaria.

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Premessa

Lo sviluppo della politica dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), come definiti dal D.P.C.M. 29/11/2001, Allegato 1, Punto 1.C (di seguito richiamato come "decreto") che elenca le prestazioni che il Servizio Sanitario Nazionale deve garantire con riferimento all'area socio-sanitaria, presuppone collateralmente la definizione, a livello regionale, di un modello organizzativo tale da garantire il coordinamento e l'integrazione degli interventi e delle azioni svolte sul territorio dal sistema sanitario e dal sistema socio-assistenziale.

In tal senso, l'applicazione dei L.E.A. rappresenta l'occasione per qualificare ed ottimizzare la rete di risposte attualmente erogate sul territorio regionale, rimodulandole secondo criteri di flessibilità e dinamicità nell'ambito di un sistema in cui la componente sanitaria e quella sociale si coordinano in un comune campo d'azione: l'area dell'integrazione socio-sanitaria.

L'evoluzione normativa nazionale degli ultimi anni, dal D.Lgs.229/1999 al recente P.S.N. 2003-2005 (D.P.R. 23/5/2003), ha infatti attribuito una specifica connotazione a tale area, individuando nel suo ambito una serie di attività e prestazioni che, per loro stessa natura, tipologia e fasi del percorso clinico e assistenziale a cui si riferiscono, richiedono l'intervento congiunto del servizio sanitario e della rete sociale esistente intorno al cittadino.

In relazione a tale quadro normativo, si è reso evidente che l'area socio-sanitaria oggi esistente in Piemonte necessita di essere governata ed "accompagnata" da parte della Regione attraverso un processo, concertato in ogni fase con le parti coinvolte a livello locale che, coinvolgendo ciascun ente rispetto alle proprie competenze, conduca gradualmente verso l'obiettivo di garantire risposte per la salute e l'assistenza delle persone.

L'obiettivo si concretizza, a regime, attraverso la realizzazione di un sistema integrato nell'ambito del quale Aziende Sanitarie Locali, Comuni e loro Consorzi, nell'esercizio delle proprie funzioni, siano in grado di interagire sistematicamente su programmi e progetti definiti di comune accordo per fornire le risposte più appropriate ai reali bisogni, garantendo la continuità delle cure ed il coordinamento degli interventi in ogni fase del percorso clinico-assistenziale, dall'ospedale al domicilio a viceversa.


Quadro normativo nazionale di riferimento

Decreto Legislativo 30/12/1992, n. 502 "Norme per la razionalizzazione del servizio sanitario nazionale" e s.m.i.;
Legge 8/11/2000, n. 328 "Norme per la realizzazione del sistema integrato d'interventi e servizi sociali";
Legge 27/12/2002, n. 289 "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2003)", art.54;
D.P.C.M. 14/2/2001 "Atto d'indirizzo e coordinamento in materia di prestazioni socio-sanitarie";
Accordo Governo-Regioni-Province Autonome 8/8/2001;
D.P.C.M. 29/11/2001 "Definizione dei livelli essenziali di assistenza";
D.P.R. 23/5/2003 "Approvazione del Piano sanitario nazionale 2003-2005".


Ambito della concertazione.

Per raggiungere in modo ottimale l'obiettivo indicato, si è reso necessario affrontare l'applicazione dei livelli essenziali di assistenza sull'area socio-sanitaria attraverso una riorganizzazione, concordata con gli enti locali, del sistema di risposte integrate esistenti in alcune aree di attività, in modo tale da delineare le basi e le condizioni per un modello d'integrazione adeguato alla peculiarità dell'area socio-sanitaria in Piemonte.

Nello spirito della concertazione e del confronto sugli specifici aspetti afferenti all'area in questione, il 16/4/2003 si è insediato, su proposta degli Assessori regionali alla Sanità e alle Politiche Sociali, il Tavolo congiunto Regione-Territorio, composto dagli Assessori regionali, dalle rappresentanze degli Enti Locali (A.N.C.I. regionale, Lega delle Autonomie Locali, U.N.C.E.M., U.P.P.) delle Aziende sanitarie (Federsanità Anci Piemonte), dalle rappresentanze sindacali CGIL, CSL e UIL, integrato con le rappresentanze del volontariato e del privato sociale, con il fine di concordare le basi di un percorso metodologico per la gestione ed il finanziamento degli interventi nell'area in questione.

L'area socio-sanitaria interessata dal presente percorso di concertazione è, nella fase attuale, quella individuata dal D.P.C.M. 29/11/2001, Allegato 1, Punto 1.C, limitatamente a quel complesso di prestazioni sanitarie a rilievo sociale nelle quali la componente sanitaria e quella socio-assistenziale sono così correlate da non risultare operativamente distinguibili e per le quali il decreto stesso ha individuato una percentuale di costo non attribuibile alle risorse finanziarie destinate al S.S.N.

Tale area comprende le prestazioni relative ai seguenti livelli assistenziali:

assistenza programmata a domicilio (cure domiciliari), ad esclusione di quelle rivolte ai soggetti per cui il decreto non prevede compartecipazione alla spesa da parte degli stessi/Comune;
assistenza territoriale residenziale e semiresidenziale a favore di disabili;
assistenza territoriale residenziale a favore delle persone con problemi psichiatrici in strutture a bassa intensità assistenziale;
assistenza territoriale residenziale nella fase di lungoassistenza a favore di persone affette da HIV;
assistenza territoriale residenziale e semiresidenziale a favore di anziani non autosufficienti;

Le attività indicate ai punti 1, 2, 3, 4, hanno richiesto, per dare attuazione alle disposizioni previste dal decreto, un approfondimento finalizzato, per alcune (punti 3 e 4) alla definizione di un modello socio-sanitario integrato, oggi inesistente; per altre (punti 1 e 2) alla riorganizzazione della risposta esistente (disabili) ed all'integrazione del modello recentemente delineato (cure domiciliari).

Rispetto all'area di prestazioni indicata al punto 5, come già convenuto nell'ambito del tavolo di concertazione Regione-Enti locali operante nel corso del 2002, il modello organizzativo integrato esiste ed è consolidato, tenendo anche conto del recente ampliamento della rete di possibili risposte attuato con la D.G.R. n. 46-9275 del 5/5/2003 (individuazione di nuclei a bassa intensità assistenziale nell'ambito delle R.A.F.), mentre è necessario un accordo generale rispetto al criterio di partecipazione alla spesa, nell'entità stabilita dal decreto stesso.

Il percorso concertato intrapreso rispetto alle aree socio-sanitarie sopra indicate, intende proseguire per l'individuazione di modelli organizzativi ed operativi integrati anche nelle aree per le quali non è prevista una partecipazione alla spesa da parte dell'utente, ma che per loro stessa natura richiedono comunque la definizione di percorsi integrati socio-sanitari in favore di soggetti fragili, quali tossico-alcooldipendenti, malati terminali, nonché l'area materno-infantile e dell'età evolutiva.



Oggetto dell'accordo.

Premesso quanto sopra e valutate le risultanze dell'attività svolta in sede tecnica dai gruppi di lavoro appositamente designati dal Tavolo congiunto, si concorda in merito al seguente percorso di recepimento del decreto:

A) Per le prestazioni relative ai livelli:

assistenza programmata a domicilio (cure domiciliari);
assistenza territoriale residenziale e semiresidenziale a favore di disabili;

si concordano gli indirizzi e le linee guida contenuti nei documenti allegati, facenti parte integrante del presente accordo:

Allegato A: L'articolazione delle cure domiciliari nella fase di lungoassistenza.
Allegato B: L'articolazione dei servizi e degli interventi socio-sanitari per le persone con
disabilità.

B) Per le prestazioni relative ai livelli

assistenza territoriale residenziale e semiresidenziale a favore di anziani non autosufficienti,

si recepisce il criterio di partecipazione alla spesa stabilito dal decreto, Allegato 1.C, punti 8 e 9.

Obiettivo a cui deve tendere il progetto individualizzato è quello di calibrare la rete degli interventi residenziali e semiresidenziali sulla base degli effettivi bisogni sanitari ed assistenziali della persona.
Tale obiettivo deve essere perseguito orientando le priorità alle situazioni connotate da debolezza socio-economica correlata al grado di limitazione dell'autonomia personale.

Pertanto, fermi restando gli standard ed i requisiti assistenziali stabiliti dalla D.G.R. 41-42433 del 9/1/10995 modificata ed integrata, nonché dalle successive deliberazioni regionali afferenti alla materia, il criterio di ripartizione della spesa per l'inserimento residenziale, come individuato dalla suddetta deliberazione, è sostituito con il criterio individuato dal decreto, per cui il S.S.R. assume a proprio carico il 50% della retta complessiva dovuta per l'inserimento di persone anziane non autosufficienti nelle strutture residenziali e semiresidenziali previste dalla normativa regionale vigente.

Tale retta deve essere preventivamente verificata e validata dall'A.S.L., congiuntamente all'Ente gestore socio-assistenziale, in relazione al complesso delle prestazioni previste dalla normativa regionale sopra citata, da garantire al cittadino.

Si richiamano altresì le disposizioni previste dalla D.G.R. n.29-29519 dell1/3/2000 "Criteri d'indirizzo per l'adeguamento della DGR 41-42433/95 a quanto previsto dal D.Lgs.229/99", per quanto attiene, in particolare, alla variabilità della quota a carico del S.S.R. per i livelli prestazionali più o meno elevati di quelli stabiliti per le R.S.A. dalla vigente normativa.
Per tali inserimenti, disposti previa valutazione e sotto la diretta responsabilità dell'U.V.G., la contribuzione dell'utente/Comune è stabilita nella misura del 50% della retta complessiva, fino ad un massimo della retta R.S.A. di cui alla citata D.G.R. 41-42433/95, mentre la restante quota è a carico del S.S.R.




C) Per le prestazioni relative ai livelli:

assistenza territoriale residenziale a favore delle persone con problemi psichiatrici in strutture a bassa intensità assistenziale;

assistenza territoriale residenziale nella fase di lungoassistenza a favore dipersone affette da HIV,

si concorda la prosecuzione del percorso concertato, sulla base dei seguenti principi generali:

Modello: il percorso deve delineare un modello integrato della residenzialità psichiatrica nell'ambito del quale il paziente psichiatrico, nel momento di cui esce da una fase acuta e/o post acuta della patologia -quindi da un circuito di risposte puramente sanitarie- per entrare in una fase di lungoassistenza, qualora necessiti di interventi di supporto e di assistenza propri della rete sociale, li possa ottenere attraverso un progetto integrato formulato dalle due componenti (area sanitaria ed area socio-assistenziale), ciascuna delle quali mantiene la titolarità e responsabilità in ordine alle prestazioni di rispettiva competenza.

Tipologia risposte:
l'assistenza residenziale psichiatrica deve essere articolata in un quadro tipologico differenziato (da soluzioni più altamente protette a soluzioni destinate a far fronte ai bisogni di risocializzazione o di mantenimento delle abilità residue del paziente), al fine di disporre di una rete di risposte tale da far fronte nel modo più appropriato ai bisogni assistenziali delle persone.

Quadro economico:
il modello deve essere sostenuto con l'impiego di risorse finanziarie regionali e locali. Per consentirne la concreta realizzabilità se ne prevede l'avvio sperimentale, con un percorso a tappe nel quale la partecipazione dei Comuni sia graduata secondo gli accordi di sperimentazione che verranno definiti in sede di Tavolo congiunto Regione-Territorio.

Il percorso, da concludersi con la definizione di un modello a regime entro tre anni dalla data del presente accordo, è soggetto a monitoraggio tecnico (attività e spesa) ed a momenti di verifica, valutazione e adeguamento almeno semestrali da parte del presente Tavolo.


D) Per le prestazioni relative ai livelli:

Assistenza sanitaria e socio-sanitaria alle donne, ai minori, alle coppie e alle famiglie;
attività sanitaria e socio-sanitaria a favore di tossicodipendenti e/o delle famiglie;
attività sanitaria e socio-sanitaria a favore di malati terminali,

non contemplate nel presente accordo, si prevede l'avvio di un percorso concertato al fine di definire un modello organizzativo coordinato fra l'area sanitaria e quella socio-assistenziale.

Anche tale percorso, da concludersi con la definizione di un modello a regime entro tre anni dalla data del presente accordo, è soggetto a monitoraggio tecnico (attività e spesa) ed a momenti di verifica, valutazione e adeguamento almeno semestrali da parte del presente Tavolo.


Il modello organizzativo dell'integrazione socio-sanitaria di cui al presente accordo costituisce il riferimento per la ripartizione delle risorse finanziarie destinate a tali attività, a partire dall'anno 2004 per le aree di cui ai punti A) e B) ed entro l'anno 2006 per le aree di cui ai punti C) e D).


Letto, approvato e sottoscritto.


Torino, 26 novembre 2003

Componenti Tavolo congiunto Regione-Territorio
per l'applicazione dei L.E.A. sull'area socio-sanitaria


Regione Piemonte

Assessorato alla Sanità Assessore Antonio D'AMBROSIO ……………………


Assessorato alle Politiche Assessore Mariangela COTTO …………………….
Sociali e della Famiglia


Rappresentanze Enti locali/A.S.L.

A.N.C.I. Piemonte Presidente Sergio CHIAMPARINO ……………………..
Rappresentante designato Silvio AIASSA ……………………..

Federsanità A.N.C.I. Piemonte Presidente Giorgio RABINO ……………………..
Rappresentante designato Sivio AIASSA ……………………..

Lega Autonomie Locali Presidente Umberto D'OTTAVIO …………………….
Rappresentante designato Roberto DE MICHELIS ……………………..

Consulta Piccoli Comuni Presidente Franca BIGLIO ……………………..

Unione Province Piemontesi Presidente Mercedes BRESSO ……………………….
U.P.P. RappresentantI designatI Maria Pia BRUNATO ……………………….
Elisa BAZZICA ……………………….
Mario RIU ……………………….

U.N.C.E.M. Presidente Alberto BUZIO ………………………. Rappresentante designato Antonio FERRENTINO ………………………


Organizzazioni sindacali

CGIL Piemonte Delegazioni Ferdinando SIGISMONDI ……………………..
Marisa SACCO ……………………..

CISL Piemonte Delegazioni Giovanna VENTURA …….………………..
Riccardo NEGR INO ……………………...

UIL Piemonte Delegazioni Piero VALPREDA …….………………..
Luigi BOSCO ……………………...






Parti coinvolte nel Tavolo congiunto Regione-Territorio



Comitato promotore Petizione Rappresentante Marina CHIARMETTA ……………………….
Popolare L.E.A. Rappresentanti designati Maria Grazia BREDA ……………………....
Graziella GOZZELLINO ……………………..

FENASCOP Presidente Cataldo Principe ……………………….

Coordinamento Case Alloggio Rappresentante designato Bruna Moribondo ……………………….
HIV




Allegato A

Tavolo congiunto REGIONE-TERRITORIO
per l'applicazione dei L.E.A. sull'area socio-sanitaria.


L'ARTICOLAZIONE DELLE CURE DOMICILIARI NELLA FASE DI LUNGOASSISTENZA



Principi generali.

Il D.P.C.M. 29/11/2001, Allegato 1, punto 1.C (successivamente richiamato come "decreto"), nell'ambito della titolarità e competenza sanitaria rispetto alle prestazioni contenute nel Livelli Essenziali (L.E.A.), individua per ciascuna tipologia erogativa di carattere socio-sanitario, quelle che sono le prestazioni sanitarie e quelle sanitarie di rilevanza sociale nelle quali la componente sanitaria e quella sociale non risultano operativamente distinguibili e per le quali è stata prevista una percentuale di costo non attribuibile alle risorse finanziare destinate al S.S.N.

L'area di prestazioni interessata dal presente atto afferisce a quest'ultima tipologia e riguarda le prestazioni di assistenza tutelare alla persona erogate nell'ambito del micro-livello "Assistenza programmata a domicilio" che, nella regione Piemonte, con la D.G.R. n. 41-5952 del 7/5/2002, ha assunto la definizione di Cure domiciliari.

Tale deliberazione ha definito le linee guida regionali per la realizzazione del nuovo modello integrato del servizio di Cure domiciliari, modulato sui livelli d'intensità delle cure sanitarie e sociali che devono essere erogate in relazione alla complessità dei bisogni assistenziali espressi dalle persone.

La D.G.R. n.62-9692 del 16/6/2003, integrando la suddetta deliberazione, ha dettato ulteriori disposizioni per l'attivazione del servizio Cure domiciliari, delineando un modello organizzativo improntato a garantire la massima continuità assistenziale, l'appropriatezza e la razionalità dell'intervento, con la modalità di presa in carico globale e di dimissione del paziente simile a quella attualmente adottata nell'ambito ospedaliero.

Tenendo presenti i principi e gli indirizzi sanciti dalle suddette deliberazioni per il servizio di cure domiciliari, si individua in questa sede un modello organizzativo per una risposta socio-sanitaria integrata riferita specificamente alla fase della lungoassistenza.

Il percorso di seguito tracciato è finalizzato alla qualificazione delle cure domiciliari attualmente erogate nel lungo periodo, al miglioramento dell'appropriatezza ed in linea generale ad obiettivi di efficacia, efficienza ed economicità degli interventi erogati rispetto alle reali esigenze degli utenti.

Tale modello si prefigge altresì l'obiettivo, in coerenza con i principi e gli indirizzi sanciti dal D.P.R. 23/5/2003 - Piano Sanitario Nazionale 2003-2005, di rispondere in modo flessibile e dinamico alla peculiarità e alle diversificate esigenze delle persone non autonome, prevedendo un'articolazione delle possibilità di intervento ampia e progressiva, che consenta anche di fornire all'utente e alla sua famiglia la possibilità di scelta, nell'ambito di una pluralità di servizi, in merito alla risposta socio-sanitaria più idonea rispetto alle specifiche esigenze a cui far fronte.

Presupposto indispensabile per la realizzazione di tali obiettivi è che la continuità delle cure sia garantita attraverso la presa in carico globale della persona non autonoma da parte dei servizi socio-sanitari integrati, i quali devono assicurare il coordinamento di tutti gli interventi necessari nel passaggio fra le diverse fasi del percorso clinico-assistenziale, avendo cura che venga ottimizzata la permanenza nelle singole fasi, in funzione dell'effettivo stato di salute.

Modello organizzativo per articolare le cure domiciliari nelle diverse fasi del percorso assistenziale


Il modello si fonda sull' individuazione di livelli diversificati d'intensità assistenziale e di complessità d'intervento nella fase del percorso della persona assistita a domicilio individuata come "lungoassistenza", secondo la definizione del D.P.C.M. 14/2/2001 "Atto di indirizzo e coordinamento in materia di prestazioni socio-sanitarie", art.2.

In tale fase, in attuazione del citato decreto sui Livelli Essenziali di Assistenza, determinate prestazioni domiciliari erogate in forma integrata fra l'area sanitaria e quella socio-assistenziale ai sensi della suddetta D.G.R. n.41-5952/2002 (prestazioni di assistenza tutelare alla persona), sono soggette a compartecipazione (50%) da parte dell'utente/Comune.

Pur non essendo prevista, nell'ambito del decreto, una diversificazione rispetto alle diverse fasi del percorso assistenziale dell'utente, si individua, nel presente modello, una soluzione tecnicamente mediata, orientata a garantire un'articolazione graduale e progressiva della risposta domiciliare riferita all'area post acuzie (fase intensiva e/o estensiva) ed all'area delle cronicità (lungoassistenza).

A) Fase intensiva/estensiva (acuzie-post acuzie).

Tale fase del percorso è caratterizzata da un rilevante impegno terapeutico e/o riabilitativo, tale da richiedere una presa in carico specifica dal parte del sistema sanitario in considerazione dell'elevata complessità ed intensità delle cure prestate e degli interventi erogati.

Di norma tale fase è correlata alla fascia ad alta complessità assistenziale, come definita dalla D.G.R. n. 41-5952 del 7/5/2002: vi rientrano, le dimissioni protette, l'ospedalizzazione domiciliare e le cure domiciliari, attivate su richiesta del medico di base, prestate in favore di pazienti con gravi patologie in fase acuta e post acuta.

Gli elementi che connotano tale fase sono:

la tempistica, con riferimento alle regole vigenti per il trattamento delle post acuzie in strutture sanitarie riabilitative (mediamente fino a 30 gg. per la fase acuta e da 30 a 60 gg. per la fase post acuta);

il fattore peso sanitario, con valore superiore all'80% di peso sanitario del caso convenzionalmente considerato di peso 1 (u.e. maggiore di 7,36). Rinvio ai criteri di calcolo di cui alla D.G.R. 62-9692/2003.

Gli elementi a) e b) sono fra loro correlati.

Oppure

a) la tempistica, con riferimento alle regole vigenti per il trattamento delle post acuzie in
strutture sanitarie riabilitative (mediamente fino a 30 gg. per la fase acuta e da 30 a 60 gg. per la fase post acuta);

Codice S.D.D. provenienza assistito: 2.1 -Dimissione protetta (D.G.R.62/2003, Allegato C)

Gli elementi a) e c) sono fra loro correlati.

In presenza delle condizioni e dei fattori sopra descritti, individuati, previa valutazione, secondo le modalità previste dalla citata D.G.R. 41/2002, nell'ambito del progetto individuale, le prestazioni di assistenza tutelare alla persona sono a carico del sistema sanitario.


B) Fase di lungoassistenza.

Tale fase del percorso, finalizzata a mantenere l'autonomia funzionale possibile ed a rallentare il suo deterioramento, è caratterizzata da un minore impegno terapeutico e/o riabilitativo e da un maggiore intervento socio-sanitario rivolto a favorire il recupero delle capacità residue di autonomia e di relazione, ed in linea generale, il miglioramento della qualità della vita.

Di norma tale fase è correlata ai livelli di complessità assistenziale bassa e media, come definiti dalla D.G.R. 41/2002.

Gli elementi che connotano tale fase sono diversi rispetto a quelli sopra indicati rispetto alla fase intensiva/estensiva.

La compartecipazione dell'utente/Comune, in questa fase del percorso, avviene esclusivamente sulle prestazioni socio-sanitarie di assistenza tutelare alla persona e non su quelle puramente sanitarie, mediche e infermieristiche.
Sulle suddette prestazioni socio-sanitarie di assistenza tutelare, l'A.S.L. assume a proprio carico il 50% del costo, definito con riferimento al costo/orario ADEST/OSS, mentre il restante 50% è a carico dell'utente/Comune.


Il modello organizzativo per le cure domiciliari nella fase di lungoassistenza.


Obiettivo a cui deve tendere il progetto individualizzato è quello di calibrare la rete degli interventi domiciliari sulla base dei bisogni effettivi della persona, attraverso livelli di complessità assistenziale e di intensità prestazionale flessibili e differenziati in relazione alle esigenze a cui il sistema socio-sanitario si trova a dover rispondere in modo appropriato, efficiente ed efficace.
Tale obiettivo deve essere perseguito orientando le priorità alle situazioni connotate da debolezza socio-economica correlata al grado di limitazione nell'autonomia personale.

ll riferimento generale in merito all'organizzazione del servizio socio-sanitario integrato, ai rapporti fra servizi sanitari e socio-assistenziali nella programmazione, gestione e monitoraggio delle attività, è rappresentato dalle citate DD.GG.RR. n 41-5952 del 7/5/2002 e n. 62-9692 del 16/6/2003.

Affinché il modello di cure domiciliari sia davvero efficiente ed efficace:

devono esistere le condizioni ed i presupposti essenziali per la permanenza del paziente al proprio domicilio (esistenza di un idoneo contesto familiare o di un care giver, come previsto dalla D.G.R. n.41/2002);
deve essere tale da garantire la continuità dell'assistenza, anche in caso di assenza del personale che di norma ha in carico il caso specifico;
occorre che il progetto individuale ed il relativo contratto terapeutico-assistenziale siano sistematicamente monitorati, per quanto attiene alle competenze sanitarie, socio-sanitarie e socio-assistenziali.

I livelli assistenziali vengono definiti nell'ambito del progetto individuale, il quale individua la fascia di complessità ed il livello d'intensità prestazionale da attribuire al caso da trattare.


Il progetto individuale

Il progetto personalizzato è definito, previa valutazione da parte delle competenti unità valutative aziendali (U.V.G., U.V.H. ecc.), secondo gli indirizzi e nell'ambito del modello organizzativo già individuato con la D.G.R. 41/2002, in coerenza con gli obiettivi individuati nella programmazione di ciascuno degli Enti coinvolti.

Affinché il progetto assistenziale in favore della persona non autosufficiente risulti efficace occorre che nel medesimo sia individuata un'organizzazione delle risorse territoriali tale da garantire, attraverso una funzione stabile di raccordo strutturata a livello distrettuale, la gestione integrata della rete dei servizi finalizzata alla presa in carico globale della persona

La funzione di raccordo deve consentire di coordinare le varie tipologie di assistenza sanitaria e socio-sanitaria, anche in stretta sintonia con l'attività ospedaliera e con la medicina di base.

Il progetto è monitorato nella sua realizzazione, nei tempi e secondo le modalità nello stesso predefiniti, affinché venga sempre garantito un appropriato dimensionamento del servizio offerto rispetto all'effettivo bisogno della persona assistita a domicilio.


Le fasce di complessità assistenziale.

Bassa complessità assistenziale:
corrisponde ad un livello di minore intensità sanitaria e di maggiore intensità di sostegno socio-sanitario.

Nell'ambito di tale fascia di complessità il progetto individuale determina il livello di prestazioni appropriato rispetto al tipo di bisogno a cui far fronte, nel limite dei requisiti gestionali previsti dalla D.G.R. n.46-9275 del 5/5/2003 per i nuclei a bassa intensità sanitaria in Residenze Assistenziali Flessibili.

Media complessità assistenziale: corrisponde ad un livello medio di intensità sanitaria e ad un pari livello di intensità socio-sanitario.

Anche nell'ambito di tale fascia di complessità il progetto individuale determina lo standard prestazionale appropriato rispetto al caso da trattare, nel limite dei requisiti gestionali previsti dalla D.G.R. n.41-42433 del 9/1/1995 e s.m.i. per le Residenze Assistenziali Flessibili.

Medio-alta complessità assistenziale: corrisponde ad un livello di intensità sanitaria maggiore rispetto all'intensità socio-sanitaria, dovuto alla riacutizzazione e/o a lievi complicanze del quadro patologico, in ogni caso non tali da configurarsi nell'ambito della fascia ad alta complessità. In tale fascia, il progetto individuale, di durata definita e sistematicamente monitorato, può disporre uno standard assistenziale maggiore di quello stabilito dalla D.G.R. 41/1995, fino ad un incremento massimo del 10% delle prestazioni socio-sanitarie di assistenza tutelare alle persona, ai sensi della D.G.R. n.29-29519 dell'1/3/2000.


Pesatura dei casi di Cure domiciliari in lungoassistenza.

I criteri per definire l'attribuzione del "peso" ai casi di Cure domiciliari, in tutte le fasi del percorso assistenziale, sono quelli stabiliti dalla citata D.G.R. n.62-9692/2003 (v.Tabella A esemplficativa).

Per i casi di Cure domiciliari in fase di lungoassistenza, come definiti nel presente atto, la Scheda di Dimissione Domiciliare (SDD) di cui all'Allegato C) della D.G.R. n. 62/2003 è integrata con l'indicazione del peso settimanale socio-sanitario di lungoassistenza.

Concorrono a determinare tale peso:

il tempo H ("House" time) di cui alla D.G.R. n.41/2002, vale a dire quello effettivamente dedicato all'assistenza al domicilio, da garantirsi avvalendosi, ove possibile, di risorse locali adeguate e validate dalle competenti unità valutative nell'ambito del progetto individuale, secondo le modalità previste nella programmazione integrata A.S.L./Enti gestori socio-assistenziali;

il tempo riferito all'accesso domiciliare, quantificato in via forfettaria nel limite massimo del 20% del tempo H. Tale limite è estendibile fino al 40% per le zone a bassa densità abitativa.
Il controvalore economico di tale tempo è soggetto alla medesima compartecipazione prevista per il tempo H.

Per i casi di Cure domiciliari in fase di lungoassistenza deve essere compilato lo schema della Scheda SDD, facente parte integrante del presente atto.



Monitoraggio del progetto.

Il monitoraggio dei casi di Cure domiciliari in lungoassistenza è essenziale per la verifica del corretto funzionamento del modello, in quanto consente di individuare gli aspetti del progetto da adeguare o rimodulare, anche progressivamente, rispetto all'evolversi della situazione da trattare, in modo tale che il progetto sia costantemente coerente con l'obiettivo di garantire alla persona assistita la continuità e l'appropriatezza delle cure.

Ciascuno degli Enti coinvolti nel progetto assistenziale, validato dalle specifiche commissioni (U.V.G., U.V.H., ecc.) è responsabile del monitoraggio delle attività svolte e delle risorse impiegate, afferenti alla rispettiva competenza.

Il monitoraggio delle prestazioni socio-sanitarie erogate nei casi di Cure domiciliari in lungoassistenza è svolto da una figura/e professionale/i appositamente individuata/e nell'ambito del progetto personalizzato, con funzioni di responsabile/i operativo socio-sanitario del progetto. Il servizio è previsto e programmato nell'ambito del progetto personalizzato ed il relativo onere, quantificato con un tetto massimo di € 90 complessivi mensili, è ripartito al 50% fra area sanitaria e area sociale.

La verifica della corretta realizzazione del contratto assistenziale consente altresì di individuare l'esistenza di eventuali criticità, in modo da affrontarle progettualmente al fine di rimuoverle.

Le eventuali criticità rilevate dall'utente, dalla famiglia o dal care giver durante l'espletamento del progetto e l'esecuzione del contratto devono essere tempestivamente segnalate al/i responsabile/i operativo del progetto.

In caso di mancata soluzione e del persistere delle criticità evidenziate, le medesime devono essere segnalate all'unità valutativa competente.

Il progetto deve essere congiuntamente rivalutato e riformulato in caso di:

venir meno delle condizioni indispensabili per il mantenimento della persona assistita al proprio domicilio;
mancato rispetto delle condizioni pattuite nell'ambito del contratto terapeutico assistenziale.

In tal caso, qualora le esigenze della persona assistita siano valutate tali da richiedere un proseguimento della presa in carico socio-sanitaria, anche mediante interventi di natura diversa da quelli domiciliari, il progetto viene riformulato sulla base della situazione di bisogno a cui far fronte e del contesto di riferimento dell'utente.

REGIONE PIEMONTE

ASL N.


DISTRETTO N.

SCHEDA DI DIMISSIONE DOMICILIARE


DIARIO CLINICO DI CURE DOMICILIARI N. Tipologia di Cure domiciliari (1) Assistito Data di presa in carico Cognome Nome Codice fiscale Provenienza assistito (2) Luogo di nascita Provincia Richiesta di accesso al Servizio (3) Data di nascita Sesso Stato Civile (5) Dimissione (4) Residenza Anagrafica Data Dimissione Regione Comune Richiesta riscontro autoptico Indirizzo Prov. Tel.

Colore sanitario alla presa in carico

Cittadinanza Domicilio (se diverso dalla residenza) Variazioni Data Comune Colore Indirizzo Data Prov. Colore Tel.

Colore sociale alla presa in carico

Variazioni Data ASL di appartenenza Colore Distretto Data Colore Ente gestore dei servizi sociali Peso settimanale sanitario n. settimane Peso settimanale sociale n. settimane DIAGNOSI PRINCIPALE ALLA DIMISSIONE
(ICD IX - CM)
Peso settimanale socio sanitario di lunga assistenza n. settimane ALTRE PATOLOGIE CONCOMITANTI O COMPLICANTI PESO SETTIMANALE TOTALE MEDICO CURANTE IL RESPONSABILE DEL SERVIZIO
(Timbro e firma) (Timbro e firma)



Allegato B


Tavolo congiunto REGIONE-TERRITORIO
per l'applicazione dei L.E.A. sull'area socio-sanitaria.


L'ARTICOLAZIONE DEI SERVIZI E DEGLI INTERVENTI SOCIO-SANITARI PER PERSONE CON DISABILITA'.



Principi generali.

La presente proposta tecnica è formulata sulla base del principio generale, contenuto nel D.Lgs.502/1992 modificato ed integrato e nel D.P.C.M. 29/11/2001 (a cui l'art. 54 della L.289/2002 ha dato forza di legge), che è compito del Servizio Sanitario nazionale garantire le prestazioni sanitarie e socio-sanitarie, attraverso gli interventi di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione previsti dalla normativa vigente e riconducibili ai Livelli Essenziali di Assistenza.

Inoltre la L. 328/2000, in coerenza con gli artt.2,3 e 38, della Costituzione, attribuisce al sistema integrato di interventi e servizi sociali, la cui gestione nella regione Piemonte è garantita dai Comuni e dagli Enti gestori delle funzioni socio-assistenziali, il compito di garantire a tutti i cittadini la prevenzione, l'eliminazione o la riduzione delle condizioni di disabilità, di bisogno e di disagio individuale e familiare, derivanti da inadeguatezza di reddito, difficoltà sociali e condizioni di non autonomia.

L'area dell'integrazione socio-sanitaria è normata dall'art.3 septies del D.Lgs.502/1992 e, in attuazione, dal D.P.C.M. 14/2/2001 "Atto d'indirizzo e coordinamento in materia di prestazioni socio-sanitarie". Tale normativa individua e definisce, nell'area dell'integrazione socio-sanitaria, le prestazioni socio-sanitarie ad elevata integrazione sanitaria, quelle sanitarie a rilievo sociale e quelle sociali a rilievo sanitario.

Il D.P.C.M. 29/11/2001, Allegato 1, punto 1.C (successivamente richiamato come "decreto"), nell'ambito della titolarità sanitaria delle prestazioni individuate nei Livelli Essenziali (L.E.A.), individua per ciascuna tipologia erogativa di carattere socio-sanitario, quelle che sono le prestazioni sanitarie e quelle sanitarie di rilevanza sociale nelle quali la componente sanitaria e quella sociale non risultano operativamente distinguibili e per le quali è stata prevista una percentuale di costo non attribuibile alle risorse finanziare destinate al S.S.N.

L'area di prestazioni interessata dalla presente proposta tecnica, nonché oggetto dell'attività del Gruppo tecnico, afferisce a quest'ultima tipologia.

Alla luce dei più recenti indirizzi dell'O.M.S. si possono individuare, nell'ambito della vasta area della disabilità, le seguenti tipologie di situazioni invalidanti che necessitano di interventi sanitari e, nel contempo, a cui i servizi sanitari e socio-sanitari si trovano a dover rispondere in modo integrato con interventi appropriati: soggetti, minori e adulti, affetti da patologie croniche invalidanti, che determinano notevoli limitazioni della loro autonomia; colpiti da minorazione fisica; colpiti da minorazione di natura intellettiva e/o fisica, anche associata a disturbi del comportamento e relazionali non prevalenti, in genere non inseribili nel mondo del lavoro; minori con situazioni psicosociali anomale associate a sindromi e disturbi comportamentali ed emozionali (ICD 10), fatti salvi gli interventi di esclusiva competenza sanitaria.

Si richiamano altresì i recenti orientamenti dell'O.M.S. in materia di disabilità in base ai quali "malattia e disabilità sono costrutti distinti che possono essere considerati indipendentemente"; inoltre "la menomazione fa parte di una condizione di salute, ma non indica necessariamente la presenza di una malattia".

Le situazioni di disabilità individuate nel decreto si riconducono alle seguenti tipologie:


per soggetti privi di sostegno familiare si intendono tutti coloro il cui nucleo familiare si rivolge ai servizi socio-sanitari per una richiesta di ricovero e per i quali non sono più sufficienti gli interventi diurni e domiciliari;

per soggetti in situazione di gravità si intendono coloro che sono in possesso di una certificazione di gravità ai sensi dell'art.3 della L.104/92 ed i soggetti che, anche in possesso di un certo grado di autonomia, non sono inseribili nel mondo del lavoro in base alla certificazione rilasciata ai sensi della L.68/1999 "Norme per il diritto al lavoro dei disabili".

La relativa risposta socio-sanitaria viene prevista nell'ambito del progetto definito in sede di U.V.H.

Tenendo presente questi principi e quest'articolazione dei bisogni connessi all'area in questione, si individua un modello organizzativo che si prefigge l'obiettivo di rispondere in modo flessibile alla peculiarità ed alle diversificate potenzialità del soggetto disabile, prevedendo una rete di possibilità di intervento il più ampia possibile e, nel contempo, governabile da chi la deve gestire, programmare e controllare.


Ipotesi di modello organizzativo per articolare la risposta residenziale e semiresidenziale per persone disabili.


Il modello è finalizzato alla qualificazione della risposta residenziale e semiresidenziale attualmente erogata, al miglioramento dell'appropriatezza della stessa rispetto agli effettivi bisogni dell'utenza ed in linea generale ad obiettivi di efficacia, efficienza ed economicità degli interventi erogati rispetto alle reali esigenze degli ospiti.

Il modello, fondato sull'individuazione di fasce diversificate nell'ambito delle strutture e degli interventi per disabili previste dalla vigente normativa regionale, mira ad articolare l'intervento in livelli d'intensità delle prestazioni (base, medio, alto), in relazione al bisogno della persona inserita.

Strutture residenziali e semiresidenziali:

Fasce assistenziali e livelli l'intensità delle prestazioni.


Sulla base della normativa nazionale precedentemente richiamata e dei principi introdotti dal D.P.R. 23/5/2003 "Piano Sanitario Nazionale 2003-2005", le strutture per disabili previste e disciplinate dalla vigente normativa regionale sono articolate in fasce assistenziali differenziate per l'intensità della risposta erogata rispetto ai bisogni trattati.


Le definizioni relative a ciascuna tipologia di struttura richiamata nell'elenco che segue sono esplicitate nelle deliberazioni regionali riportate fra parentesi, alle quali si rinvia per quanto attiene ai requisiti e al tipo di utenza a cui le medesime sono destinate.

Fascia A (alta intensità)

Strutture residenziali
R.S.A. per disabili
R.A.F. tipo A e tipo B (D.G.R. 230/1997)
Comunità Alloggio (D.G.R. 11/1998-D.G.R.42/2002 con standard gestionali R.A.F. disabili tipo A e B ex D.G.R.230/1997)
Progetti di cui al punto 4.

Strutture semiresidenziali.
Centri diurni socio-terapeutici riabilitativi tipo A e tipo B (D.G.R. 230/1997 - D.G.R. 11/1998)

Fascia B (media intensità)
Strutture residenziali
C.A. tipo A (D.G.R. 230/1997)
Comunità per disabili gravi (D.G.R.42/2002)
G.A. tipo A (D.G.R. 230/1997)
G.A. per disabili gravi (D.G.R. 42/2002)
Progetti di cui al punto 4.

Strutture semiresidenziali.
C.A.D. (D.G.R. 230/1997)
Progetti integrati di educativa territoriale a valenza socio-riabilitativa.


Fascia C (intensità base)
Strutture residenziali
C.A. tipo B (D.G.R. 230/1997)
Comunità familiari (D.G.R. 38/1992 - D.G.R.42/2002)
G.A. tipo B (D.G.R. 230/1997)
Le restanti strutture residenziali non rientranti nelle suddette tipologie.
Progetti di cui al punto 4.

Strutture semiresidenziali.
C.A.D. - laboratori - centri di lavoro guidato con requisiti gestionali inferiori a quelli della D.G.R. 230/1997.
Le restanti strutture semiresidenziali socio-sanitarie non rientranti nelle suddette tipologie, in possesso dei requisiti previsti dalla normativa regionale vigente.

Per quanto riguarda i servizi per minori si fa inoltre riferimento alla normativa specifica del settore.

All'interno di ciascuna fascia, l'intensità dell'intervento assistenziale è poi graduata su tre livelli di complessità delle prestazioni erogate rispetto al progetto personalizzato:

il livello base prende come riferimento i parametri gestionali minimi previsti dalla normativa regionale di riferimento e la relativa retta indicizzata.
Il livello medio prevede un incremento medio dei tempi d'assistenza rispetto al livello base ed un corrispondente incremento della retta, nei limiti massimi indicati nella tabella seguente.
Il livello alto prevede un ulteriore incremento medio dei tempi d'assistenza rispetto al livello base ed un corrispondente incremento della retta, nei limiti massimi indicati nella tabella seguente.

A ciascun livello equivalgono quindi determinati parametri gestionali ed una corrispondente retta, ripartita fra quota sanitaria e quota a carico utente/Comune (v. punto successivo).

Livello base Livello medio Livello alto Parametri gestionali minimi previsti dalla normativa di riferimento
+ 15% (residenzialità)

+ 20% (semiresidenzialità) + 30% (residenzialità)

+ 40% (semiresidenzialità) Relativa retta indicizzata
L'incremento prestazionale pari al 10% corrisponde ad un incremento della retta riferita alla tipologia di struttura pari al 5,5%



2) Ipotesi di graduazione degli oneri a carico del F.S.R.

Il modello proposto prevede una graduazione degli oneri a carico del F.S.R. sulla retta complessiva, variabile sulla base della suddetta articolazione dei servizi, come segue:

Servizi di Fascia A: oneri a carico del FSR al 70% della retta;
Servizi di Fascia B: oneri a carico del FSR al 60% della retta;
Servizi di Fascia C: oneri a carico del FSR al 50 % della retta.
La percentuale di compartecipazione del FSR viene applicata sia sul livello base che sul livello medio.

Per il livello prestazionale alto, in considerazione del carattere prevalentemente clinico-riabilitativo, della temporaneità e delle fasi del progetto di recupero, dell'inserimento da effettuarsi sotto la responsabilità e verifica dell'U.V.H. nei tempi stabiliti nel presente atto, l'incremento rispetto al livello medio è assunto a carico del servizio sanitario. Per tali inserimenti quindi, la contribuzione dell'utente/Comune è stabilita sul livello medio.


3) Criteri per individuare il livello d'intensità da attribuire ad un progetto.

L'incremento della complessità dell'intervento sui livelli medio e alto si applica sui tempi di assistenza di base stabiliti dalla normativa regionale di riferimento, viene calibrato sulla composizione dei fattori produttivi impiegati nel progetto, eventualmente includendo anche figure professionali e/o esperti in specifiche materie, necessarie per rispondere alle nuove patologie emergenti, anche se non contemplate fra quelle di cui alla D.G.R. 230/97.

Il livello prestazionale base è destinato a soggetti che, pur in presenza di menomazioni, mantengono una sufficiente condizione di autosufficienza e autonomia, per i quali risultano appropriati gli standard assistenziali minimi stabiliti dalla normativa vigente, con l'obiettivo di mantenere il livello raggiunto ed il maggior grado di autonomia personale; gli altri due livelli rispondono invece a situazioni maggiormente complesse, che richiedono una maggiore intensità degli interventi riabilitativi, socializzanti e tutelari per assolvere alle esigenze della persona.

Il livello prestazionale medio risponde a situazioni sia stabilizzate che in corso di evoluzione, che necessitano per un tempo medio o prolungato, comunque definito, di un grado d'intensità socio-riabilitativa e di assistenza alla persona maggiore rispetto ai requisiti minimi stabiliti dalla normativa vigente, al fine di conseguire un recupero o un mantenimento delle proprie funzioni.

Il livello prestazionale "alto" risponde a situazioni di gravità/aggravamento della patologia disabilitante ed è finalizzato ad un recupero o ad una stabilizzazione. E' caratterizzato da un rilevante impegno terapeutico e riabilitativo e da una conseguente intensità della componente sanitaria, da individuare nel progetto personalizzato; riveste carattere temporaneo e pertanto ha una durata massima di un anno, prorogabile su valutazione e responsabilità dell'U.V.H.

Le prestazioni afferenti a tale livello sono pertanto riferite prevalentemente alla copertura degli aspetti del bisogno socio-sanitario del disabile relativi alle funzioni psico-fisiche e alla limitazione dell'autonomia del soggetto.
Questa tipologia d'inserimento si prefigge anche l'obiettivo di ridurre i ricoveri impropri a livello ospedaliero.

Il livello d'intervento adeguato ed appropriato alle esigenze dell'utente deve essere individuato e valutato dall'U.V.H., anche su richiesta dell'utente stesso, del familiare o del tutore nel caso di impossibilità del medesimo ad esprimere le proprie esigenze, e/o su segnalazione del responsabile della struttura ospitante. Il livello d'intervento è individuato attraverso la definizione del progetto personalizzato, il quale deve valutare tutti gli aspetti connessi con la natura del bisogno e deve stabilire la tipologia di risposta appropriata da erogare, le procedure ed i tempi di valutazione e di verifica.

La presa in carico residenziale comprende il complesso delle azioni atte a supportare la vita dell'ospite nell'arco delle 24 ore, in relazione al progetto personalizzato.

Il progetto verrà rivalutato da parte dell'U.V.H. nei tempi prefissati per verificare i risultati ottenuti, nonché l'attualità e la coerenza rispetto al livello assistenziale assegnato: in particolare, rispetto a progetti che prevedono un livello d'intensità elevato, la rivalutazione, sotto la diretta responsabilità dell'U.V.H., deve avvenire almeno semestralmente.


4) Progetti terapeutici e socio-riabilitativi individualizzati

Al fine di favorire una reale integrazione delle persone di cui al presente atto, anche in attuazione delle LL. n.104/1992 e n.162/1998, si considerano compresi nelle tipologie di prestazioni con oneri parzialmente a carico del F.S.R. i progetti individualizzati socio-sanitari, alternativi alla residenzialità e semiresidenzialità , atti a garantire il mantenimento della persona nel proprio ambiente di vita e la sua riabilitazione psico-fisica, con l'obiettivo di rafforzare l'autonomia personale e di potenziare e mantenere le funzioni e le abilità individuali.

Tali progetti si considerano afferenti al livello base dell'intera gamma delle prestazioni come sopra articolate, sono formulati previa valutazione da parte dell'U.V.H., la quale provvede altresì alle successive verifiche periodiche (in media annualmente) e sono ammissibili solo nel caso in cui gli interventi terapeutico-riabilitativi e socio-riabilitativi disposti ed erogati a livello territoriale e/o domiciliare siano alternativi alla residenzialità della persona.

La programmazione annuale di tali attività territoriali da parte delle ASL integra la programmazione delle attività residenziali e semiresidenziali, delle quali i progetti individualizzati costituiscono una risposta alternativa.



5) Modalità operative ed organizzative per la gestione dei servizi.

La programmazione locale delle attività e delle prestazioni di cui al presente atto è definita sulla base ed in coerenza con gli obiettivi e con le risorse assegnate nell'ambito della programmazione regionale.

La programmazione delle prestazioni facenti capo al comparto sanitario è definita dall'A.S.L., secondo gli indirizzi della Conferenza dei Sindaci, nell'ambito del Programma per le attività territoriali-distrettuali, facente parte integrante del Piano di attività aziendale: tale documento di programmazione è adottato secondo le modalità indicate dalla D.G.R. 80-1700 dell'11/12/2000, in attuazione di quanto disposto dal D.Lgs.229/1999, dalla L.328/2000, art.19 (Piani di zona) e dalla vigente normativa regionale.

In particolare, la rappresentanza dei Comuni espressa attraverso gli organismi previsti dai D.Lgs. n.502/92 e n.229/1999 garantisce i livelli essenziali previsti e la coerenza della programmazione definita a livello di A.S.L. con quella definita dai Comuni singoli o associati nell'ambito dei Piani di zona.

La pianificazione operativa delle prestazioni integrate è definita nell'ambito degli accordi fra A.S.L. e Comuni o Enti gestori delle funzioni socio-assistenziali, disponendo in ogni caso la diretta responsabilità di ciascuno degli enti coinvolti, in relazione agli oneri sostenuti, per tutti gli adempimenti connessi ai servizi sia gestiti direttamente, sia da parte degli Enti locali, sia da parte di soggetti terzi.

In particolare, sulla base della programmazione annuale e pluriennale delle attività, le A.S.L. e gli Enti gestori socio-assistenziali individuano congiuntamente la rete delle strutture pubbliche e private accreditate attraverso le quali saranno erogati gli interventi per i propri cittadini, sulla base dell'articolazione prevista nel presente modello.

I rapporti contrattuali con le strutture private sono definiti congiuntamente, per le rispettive competenze, fra l'A.S.L., l'Ente gestore socio-assistenziale ed il presidio e sono trasmesse annualmente alla Regione, congiuntamente al Piano di attività annuale ed al consuntivo.

Le attività socio-sanitarie di cui al presente atto sono riportate dall'A.S.L. nel Piano di attività e nel consuntivo, sotto le voci delle specifiche tabelle della procedura regionale.

L'Unità di Valutazione dell'Handicap, di cui alla D.G.R. n.147-23154 del 22/2/1993, esistente in ogni A.S.L., è competente e responsabile della valutazione multidisciplinare e della formulazione dei progetti d'intervento e del tipo di risposta. A tal fine l'U.V.H. si avvale degli specifici apporti professionali dell'A.S.L. e/o dell'Ente gestore socio-assistenziale, quali componenti specialistiche nell'ambito delle fasi progettuali.

ll ruolo e la connessa responsabilità dell'U.V.H. riguardano pertanto la definizione del progetto d'intervento, l'individuazione della tipologia strutturale e gestionale e del livello d'intensità delle prestazioni, la verifica nei tempi predefiniti dell'andamento del progetto e del livello identificato.

L'UVH deve svolgere la propria attività in coerenza e nell'ambito degli indirizzi, degli obiettivi e delle risorse stabiliti nella programmazione dell'ASL e dell'Ente gestore socio-assistenziale.

Rispetto alla valutazione effettuata dall'U.V.H. , l'interessato, se ne ha la capacità, o il famigliare o il tutore può: avvalersi, in sede di valutazione o comunque prima che la commissione sia formalmente espressa, della perizia di propri esperti e/o farsi rappresentare da un'associazione di categoria e/o di volontariato che opera a difesa dei diritti delle persone disabili.

La Commissione centrale per le rivalutazioni degli ex O.P. di cui alla D.G.R. n. 74-28035 del 2/8/1999 del 2/8/1999, integrata con le figure professionali in possesso di specifica competenza sulle aree di cui al presente atto, da individuarsi con apposito provvedimento regionale, costituisce il livello di riferimento e di garanzia in ordine alle eventuali controversie che dovessero insorgere fra i diversi soggetti in merito alle valutazioni espresse a livello locale.