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Enrico Peyretti, 5 aprile 2006

Il problema mio, il problema degli altri

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Non offende questi o quegli elettori, ma il senso stesso della politica civile, la finissima frase di ieri, 4 aprile, del presidente del consiglio (letterale, dalla registrazione video, che mostra un oratore serissimo, che non fa dell'ironia): "Ho troppa stima dell'intelligenza degli italiani per pensare che ci siano così tanti coglioni che possano votare facendo il proprio disinteresse".
Vediamo. Le ultime parole, improprie, sono state intese da tutti con questo significato: "votare contro il proprio interesse". E' molto probabilmente questo ciò che voleva dire l'oratore. Infatti, "disinteresse" significa 1) mancanza di interesse per qualcosa, o 2) spassionatezza, imparzialità, o 3) noncuranza di ricavare un utile, materiale o morale (Zingarelli, 1986).
In quella frase intera, che parla di voto politico, il terzo è l'unico significato possibile: sono dei fessi gli elettori che non fanno il proprio interesse. Infatti, nel senso generale di quel discorso, la frase non poteva significare: sono dei fessi gli elettori che non hanno interesse per il voto. E nemmeno poteva significare: sono dei fessi gli elettori che votano in maniera spassionata, imparziale.
Ora, dire: "sono dei fessi gli elettori che non fanno il proprio interesse", è un pensiero che degrada la politica, ed è rivelatore di quale infimo concetto della politica ha quell'uomo di governo, e dunque da quale concezione è guidata la sua politica, come già sapevamo.
Ma c'è un altro pensiero e un'altra pratica: "Il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne [uscirne] tutti insieme è la politica. Sortirne da soli è l'avarizia [l'egoismo]" (Scuola di Barbiana, Lettera a una professoressa, Libreria Editrice Fiorentina, 1967, p. 14). Politica ed egoismo sono l'opposto l'una dell'altro.
Fare il proprio particolare privato interesse, come principale e decisivo criterio politico, sotto pena di coglioneria, è la negazione della politica. La quale invece è la ricerca del bene di ciascuno con e insieme al maggior bene possibile di tutti, il classico "bene comune". Senza di ciò non c'è la politica, la vita insieme, ma la guerra di tutti contro tutti, lo smembramento della società (essere soci) in bande di rivali. Un popolo "privatizzato" non è più in popolo. Senza popolo non c'è demo-crazia, ma al massimo la demo-cratura (dittatura elettiva).
L'autore di quella finissima frase ha così confessato, meglio che mai, la sua idea e il suo programma politico, che è la distruzione della politica, a cominciare dalle sue regole massime, contenute nella Costituzione, che egli vorrebbe stravolgere (con le recenti riforme che dovremo bocciare nel referendum di giugno) nella dittatura del capo del governo al di sopra del Parlamento.
Sulla base di quel falso criterio "politico", è proprio vero che quell'uomo, in cinque anni, ha realizzato il suo programma.
Da "Internazionale", 10 marzo 2006, pag. 5, "La settimana" di Giovanni De Mauro, settimana@internazionale.it :
Situazione delle società di Berlusconi dal 1994 ad oggi:
Debiti: nel 1994: 108 milioni di euro
oggi: zero
Casse: nel 1994: vuote
oggi: 303 milioni di euro
Patrimonio: 1994: 269 milioni di euro
oggi: 854 milioni di euro
Distribuiti ai soci dal 1994 ad oggi: 850 milioni di euro
Incassi personali di Berlusconi: nel 2004: 79 milioni di euro
nel 2005: 141 milioni di euro
Ciò equivale ad uno stipendio mensile personale di 11,4 milioni di euro.
De Mauro conclude dicendo che, nei 55 secondi necessari per leggere le 36 righe della sua nota, Berlusconi ha incassato 268 euro. Ciò spiega "il furioso attaccamento al potere di questo imprenditore", che sarà difficile battere.
Ma c'è un'altra cosa da dire, un avvertimento grave per la nostra civiltà: al di là della competizione politica, e specialmente di questo momento elettorale acuto, l'idea egoistica della politica, che è contraddizione in termini, è penetrata anche nelle componenti tradizionali della sinistra, oltre che nei moderati. Intorno al '70, su una sezione del Pci a Piombino vidi un cartello: "Vota per te. Vota Pci", e pensai: qui si sbaglia radicalmente.
La cultura del possesso è destra, la cultura dei diritti è sinistra, ma non dei propri diritti acquisiti, bensì dei diritti fino ad oggi negati, conculcati, offesi. Se la sinistra si lascia contaminare dal pensiero egoistico del neo-liberismo - che è libertà dei forti e non liberazione dei deboli: libere volpi fra libere galline - la sinistra è finita, e la competizione è solo per prendere il potere senza scopo giusto. Vogliamo sperare che oggi in Italia non sia del tutto così, ma ci sono sintomi che questa infezione morale, dunque politica, serpeggi nelle vene del centro-sinistra.
Il dilemma della politica italiana, vista nel panorama intero dell'umanità, è qui: "Il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne tutti insieme è la politica. Sortirne da soli è l'avarizia". Chi lo dice e lo pratica coerentemente?
Enrico Peyretti, 5 aprile 2006