Data di pubblicazione: 24/02/2021
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"Disabilità gravissima" in Lombardia. L'evoluzione dell'intervento

La mutazione genetica della Misura B1 del FNA


Sono trascorsi otto anni dall’implementazione della Misura B1 a favore delle persone con gravissima disabilità assistite presso il proprio domicilio e la misura ha subito una vera e propria “mutazione”. Il contributo ripercorrendo la storia descrive l’evoluzione della Misura mettendo in luce i principali cambiamenti e riflette sui rischi in agguato e su alcune ipotesi di lavoro percorribili per evitare il depotenziamento e promuoverne lo sviluppo. In lombardiasociale.it.

 

Un po’ di storia: l’evoluzione della Misura B1

Le origini

Correva l’anno 2013.
La Giunta Regionale della Lombardia approva due delibere, n. 116 e n. 740.
La prima istituisce il Fondo a sostegno della famiglia e dei suoi componenti fragili. La seconda dispone sull’utilizzo del Fondo per la Non Autosufficienza per l’anno seguente.

L’intenzione, dichiarata dall’allora Assessore alla Famiglia e alle Politiche Sociali Maria Cristina Cantù è quella di garantire il “diritto alla fragilità”. Regione Lombardia intende utilizzare risorse nazionali e regionali per costruire un nuovo filone di interventi regionali destinato a sostenere la permanenza a casa delle persone definite con gravissima disabilità. Un impegno assunto e assolto, integrando anche in corso d’opera, le risorse nazionali con ulteriori risorse regionali. Un intervento necessario perché, di fronte ad una previsione delle allora ASL di una platea di circa 1.500 beneficiari, le persone che nel 2014 hanno beneficiato di questo supporto sono state 2.274.
A distanza di soli sei anni le persone che risultano in carico alla misura B1 del FNA in Lombardia al 30 novembre 2020 sono 7.106 e 8.524 le persone totali beneficiarie in corso d’anno (vedi tab. 1).
Questo incremento è dovuto – come noto – al cambiamento di definizione di “persone con disabilità gravissima” avvenuto nel corso del 2016.

Tab. 1: Beneficiari Misura B1, anni 2014 – 2020

Anno Tot. Beneficiari nell’anno
2020 * 8.524
2019 8.186
2018 6.635
2017 4.962
2016 2.646
2015 2.539
2014 2.274

*dato al 30.11.2020
Fonte: nostra elaborazione* dati DGR annuali e tavole di sintesi / aggiornamento prodotte da Regione Lombardia

 

2014-2016, i primi anni di attuazione della Misura

Nei primi tre anni di implementazione del “Fondo”, la Giunta Regionale ha deciso di concentrare questi sostegni alle persone con Sla e altre malattie del motoneurone con deficit gravi e con altre patologie che comportino la “dipendenza vitale e la necessità di assistenza continua nell’arco delle 24 ore (es. Corea di Huntington, forme gravi di distrofia e di miopatia, sclerosi multipla, Locked in, ecc.)”.
Il concetto di dipendenza vitale comprende quindi persone con disabilità prevalentemente di origine fisico – motorie, fino a quel momento sostanzialmente poco considerate dal sistema sociosanitario e socio assistenziale regionale. Così poco considerate da non rientrare neanche nel sistema di monitoraggio delle Asl.
In questa prima fase il Fondo per la Non Autosufficienza, e in particolare la misura B1, sostiene interventi sostanzialmente complementari a quelli tradizionalmente erogati dal modello di welfare lombardo attraverso i servizi diurni o residenziali. Non a caso, si fa riferimento ad esso come al “secondo pilastro” del welfare regionale. Grazie a questa misura si estende la capacità di Regione Lombardia di sostenere in modo significativo e continuativo persone con disabilità e nuclei familiari fino a quel momento non raggiunti o poco sostenuti dagli interventi sociosanitari regionali.

Nel primo triennio la popolazione presa in carico dalla misura B1 rimane sostanzialmente stabile passando da 2.274 a 2.646 unità, grazie anche a piccoli interventi di “manutenzione estensiva” della definizione di dipendenza vitale, ovvero del criterio di accesso ai benefici.

Fino al 2016 quindi il modello di welfare sociale per le persone con disabilità che necessitano di maggior sostegno può essere così rappresentato:

Una descrizione sommaria, perché bisogna considerare che il sistema dei servizi ha in carico persone con disabilità con una varietà di situazioni molto ampia e che non tiene conto delle persone con disabilità intellettiva ricettori di interventi e contributi comunali di carattere domiciliare.

 

2017, anno di svolta

Una descrizione utile però per mettere in evidenza il cambio di rotta che avviene nel 2017.
Un mutamento causato e annunciato dall’articolo 3 del Decreto Ministeriale n.26 del 2016 che introduce una definizione di disabilità gravissima decisamente estensiva rispetto a quella utilizzata fino a quel momento da Regione Lombardia. Si tratta di una definizione, basata su criteri strettamente sanitari che allarga questa la categoria dei “gravissimi” anche, ad es. a persone con grave stato di demenza o con ritardo mentale profondo o ancora con situazione complesse connesse allo spettro autistico. Cade anche il vincolo anagrafico, comprendendo persone di qualsiasi età.
Il primo effetto, immediato, è ovviamente l’incremento del numero delle richieste e dei beneficiari che passano dai 2.646 del 2016 a 4.962 dell’anno successivo fino ad arrivare agli 8.524 registrati complessivamente nel corso dei primi 11 mesi del 2020.

La seconda conseguenza è la contrazione del contributo pubblico verso le singole persone con disabilità. Infatti la disposizione ministeriale del 2016 viene accompagnata con un incremento complessivo del Fondo non proporzionato all’aumento dei beneficiari (vedi tab. 2). Nel 2014 il buono mensile “base” garantito a tutte le persone con gravissime disabilità era pari a 1.000 € mentre oggi è pari a 600 € e l’accesso viene negato a chi ha un Isee sociosanitario superiore a 50.000 per gli adulti e un Isee ordinario 65.000 per i minori[1].  

Tab. 2: Risorse FNA assegnate alla Lombardia e allocazione su Misura B1, anni 2014 – 2021

Anno Tot. risorse FNA assegnate alla Lombardia Allocate su Misura B1 %
2014 € 41.552.500 € 14.543.375 35%
2015 € 51.714.000 € 23.271.300 45%
2016 € 60.645.000 € 30.322.500 50%
2017 € 60.879.000 € 36.527.400 60%
2018 € 69.583.940 € 45.229.560 65%
2019 € 70.970.640 € 46.130.916 65%
2020 € 89.196.120 € 62.437.284 70%
2021 € 88.846.100 € 62.192.270 70%

Fonte: nostra elaborazione* dati DGR annuali

 

I principali cambiamenti

In questo passaggio è l’intera ragione d’essere della misura B1 del FNA che muta passando da essere misura complementare al modello di welfare basato principalmente sui “servizi” a misura prevalentemente “alternativa” alle unità di offerta tradizionali.

Delle 7.106 persone che risultano in carico alla B1 al 30 novembre 2020 infatti risulta che 2.558 siano persone con disabilità intellettiva e del neurosviluppo e 1.728 persone con un grave o gravissimo stato di demenza (vedi tab. 3).
Si tratta nel primo caso di persone che rappresentano il perfetto identikit dell’utente di servizi quali i CDD e le RSD e nel secondo caso delle RSA.
In sintesi, delle oltre 7.000 persone con disabilità beneficiarie della B1 più di 5.000 sono persone che fino al 2016 ci saremmo aspettare di trovare all’interno di un servizio diurno o residenziale o almeno in attesa che si liberasse un posto per entrarvi. Si tratta infatti di persone per le quali fino a cinque anni fa il sistema di sostegni sociosanitari non prevedeva sostanzialmente altra possibilità.
Per questo motivo possiamo parlare di mutazione genetica della B1.

Tab. 3: Persone in carico alla Misura B1 al 30.11.2020 per condizione di disabilità

Condizione di disabilità n. beneficiari
persone in condizione di coma, stato vegetativo 72
persone dipendenti da ventilazione meccanica assistita o non invasiva continuativa 56
persone con grave o gravissimo stato di demenza 1728
persone con lesioni spinali 108
persone con gravissima compromissione motoria da patologia neurologica o muscolare 742
persone con deprivazione sensoriale complessa intesa come compresenza di minorazione visiva totale 16
persone con gravissima disabilità dello spettro autistico 1729
persone con diagnosi di ritardo mentale grave o profondo 829
ogni altra persona in condizione di dipendenza vitale che necessiti di assistenza continuativa e monitoraggio nelle 24h per bisogni complessi derivanti dalle gravi condizioni psicofisiche 1829
TOTALE 7.106

Fonte: nostra elaborazione* dati tavole di sintesi / aggiornamento dei dati prodotte da Regione Lombardia

Per la prima volta la “libertà di scelta” dichiarata sin dalle origini come pietra angolare del modello di welfare, non si limita più, per le persone con disabilità, alla possibilità di scegliere potenzialmente in quale unità di offerta accedere, ma anche a poter decidere, almeno sulla carta, se avvalersi di un servizio o di un sostegno domiciliare.
Si tratta di “libertà” condizionate sempre dalle effettive disponibilità di “posti liberi” ma si tratta comunque di un cambiamento radicale di prospettiva. Un cambiamento che merita di essere analizzato e governato, anche perché i numeri sono destinati ad aumentare nel tempo.
Le aspettative di vita delle persone con disabilità intellettiva e del neuro sviluppo sono molto più elevate di quelle definite da Regione in condizione di dipendenza vitale: è quindi probabile che sempre più persone con queste caratteristiche richiederanno di accedere al beneficio e saranno decisamente meno quelle che ne usciranno. Dall’altro la possibilità di avere un sostegno significativo per il mantenimento a domicilio vedrà aumentare la quota di persone anziane con demenza che rinunceranno e ritarderanno l’ingresso in RSA.
Non a caso la struttura tecnica regionale aveva già indicato per l’anno scorso la possibilità di raggiungere quota 9.000 richieste di accesso. Un “traguardo” che prima o poi sarà raggiunto e probabilmente superato.

 

I pericoli in agguato

Una situazione di grande interesse ma non priva di rischi.

A meno di un deciso incremento delle risorse nazionali, il primo rischio è quello di arrivare a un depotenziamento dell’efficacia dei sostegni per mancanza di risorse. Come già avvenuto la scelta di Regione Lombardia potrebbe puntare a una ulteriore riduzione del buono base e/o a un inasprimento delle soglie di accesso basate sull’Isee.
Non bisogna poi nascondere che le modalità di erogazione del FNA portano verso una sostanziale e ulteriore “privatizzazione” della gestione della disabilità, grazie all’offerta di buoni e voucher che la persona e i suoi familiari devono gestire in sostanziale autonomia per provvedere ai propri bisogni assistenziali.

Una situazione di potenziale opportunità rischia di trasformarsi in un boomerang sia per le persone e famiglie coinvolte ma anche per l’intero sistema di welfare regionale.

 

Alcune ipotesi di lavoro

Non mancano però le ipotesi di lavoro per scrivere un finale diverso.

La prima, che è certamente la più semplice ma per questo la più difficile da perseguire, è che, in attesa che lo Stato finanzi in modo adeguato il FNA, sia la Regione a prevedere costanti incrementi del cofinanziamento regionale. Si tratterebbe di una scelta di civiltà, lungimirante, intelligente e conveniente.
Le altre ipotesi non sono certo alternative alla prima, ma hanno il vantaggio di poter essere perseguite indipendentemente dalle decisioni del Consiglio regionale.
Si tratta prima di tutto di prendere sul serio e rendere efficaci e prescrittive quanto indicato nella delibera nelle modalità di accesso alla misura: valutazione multidimensionale, stesura del progetto individuale e definizione del budget di progetto. Un modo per fare finalmente emergere la voce delle persone con disabilità coinvolte, dare una finalizzazione precisa all’utilizzo delle risorse del Fondo ma anche definire se e quali siano le risorse mancanti e da attivare per rispettare il Progetto individuale della persona. Progetto individuale e budget di progetto che possano prevedere il giusto mix, a seconda delle situazioni, tra erogazioni monetarie e sostegni professionali, assistenza familiare e quella autogestita senza che vi siano contrapposizioni tra le diverse opzioni e garantendo sempre l’opportuno supporto per la gestione dei progetti e degli interventi.

Un contesto ideale per dare finalmente concretezza alla tanto sospirata integrazione sociosanitaria e all’implementazione del Fondo Unico per la disabilità, ovvero a uno degli obiettivi di legislatura ancora non compiuti. Le persone che possono accedere alla misura B1 sono, lo abbiamo già visto, persone che per definizione avrebbero diritto di accedere al sistema delle Unità di offerta, che è al momento decisamente più oneroso dell’insieme delle misure previste dal FNA.
Facciamo il caso  che, contemporaneamente, tutte le 7.000 persone attualmente prese in carico si presentino insieme ai loro familiari ai servizi sociali dichiarando di “non farcela più” e di richiedere l’inserimento in un servizio residenziale. Comuni e Regione, Costituzione alla mano (art. 38), dovrebbero darsi da fare per trovare e generare 7.000 “posti” dove inserirli. Per evitare che questo capiti, con tutte le ripercussioni negative del caso, è quindi necessario che queste persone possano accedere a una quota di risorse sanitarie, oggi sostanzialmente loro precluse. Risorse che sono sostanzialmente negate fino a quando decidono di vivere a casa e che invece verrebbero loro concesse in caso di accesso ai servizi.

 

*Si ringrazia Alice Melzi per il lavoro di recupero e di riorganizzazione dei dati.



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Adempimenti legge 4 agosto 2017, n. 124


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