Data di pubblicazione: 25/09/2022
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Prendersi cura e costruire la pace: chi siamo

Cittadini progressisti, uomini e donne di sinistra, ecologisti, pacifisti, militanti dei diritti, tecnici critici e consapevoli, operatori del sociale, operatori di pace… e così via; certamente potremmo trovare molte  altre parole che identifichino il presente storico di un “qualcosa” che appartiene a molti: un popolo, una nazione trasversale alle nazioni ufficiali, che unisce soggetti apparentemente diversi. Possiamo chiederci “cosa” attraversi questa identità ossia cosa unifichi le culture della liberazione e dei diritti di cittadinanza, le istanze di uguaglianza, le culture ecologiste, le culture della pace e le culture (e le pratiche) della cura delle persone fragili. È come una sorta di mappatura genetica: la presenza di un gene implica la compresenza di un altro così da formare un fenotipo morale e politico che vorremmo definire come il soggetto di una sinistra post-moderna. La pratica della cura, vissuta sia come soggetti privati sia come cittadini che attraversano le istituzioni della cura, è ciò che più efficacemente ci educa a prenderci cura delle fragilità umane e non umane che caratterizzano il mondo in cui viviamo. La fragilità e il bisogno di cura appartiene infatti ai singoli ma anche a gruppi e popolazioni e anche alla natura in cui abitiamo: uomini, donne, bambini ma anche fiumi, mari e foreste, quando diventano fragili, domandano cura. La pratica della cura educa alla cura del mondo e la cura del mondo non può che essere anche cura, promozione, difesa della pace. La pace è il contesto necessario della cura del mondo e dei tutti che lo abitiamo. Approfondisci in sossanita.org.

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