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Le ragioni per chiedere la piena gratuita’ dei centri diurni per le persone
affette da demenza e/o malattia di Alzheimer
Torino, 25 gennaio 2007
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La famiglia è la seconda vittima dell’Alzheimer dopo
il malato, è quanto emerso dai lavori della commissione di studio
Alzheimer presso il Ministero della Salute (2002–2003). “Il suo è un compito
particolarmente gravoso e oneroso, che richiede energie caratteriali e
non trascurabili risorse finanziarie. Per superare quella sensazione di
totale solitudine e abbandono che pervade i familiari”. Secondo la Commissione
occorre “programmare una serie di interventi che (…) contribuiscano
a ridefinire il mandato della famiglia nell’ambito di una rete organica
di interventi”.
La cura del demente a domicilio è un compito molto difficile, perché comporta
un adattamento totale della vita del familiare alle esigenze del paziente,
con un coinvolgimento della vita domestica ma anche di quella affettiva,
lavorativa e di tutto il tempo libero. Alcuni dementi richiedono cure
continue e non possono essere seguiti da una persona sola se non con l’intervento
di altri che la sostituiscono durante la giornata per permettergli di
riposare o di prendersi un po’ di tempo libero; questa persona dovrebbe
inoltre, se possibile, non rinunciare alle proprie vacanze. Ciò è nell’interesse
anche del paziente, che potrà essere meglio assistito se il familiare
che si occupa di lui, direttamente o coordinando le varie fonti di aiuto,
godrà di un relativo benessere psicofisico.
Occorre sostenere i familiari per consentire ai malati di Alzheimer e
di altre forme di demenza senile di continuare a vivere a casa loro. Siamo
infatti in presenza di persone malate, che presentano problemi ed esigenze
sanitarie, anche complesse, a cui si associa una condizione di totale
non autosufficienza. Certamente vi sono anche bisogni di natura socio-assistenziale,
ma questi sono comunque secondari e irrilevanti rispetto al loro bisogno
primario di cure sanitarie. Anche se la malattia di Alzheimer e ogni altra
forma di demenza similare non prevede guarigione, i pazienti devono essere
comunque curati al fine di evitare, per quanto possibile, aggravamenti
e complicanze e per garantire anche a chi li assiste anche il sostegno
necessario.
Riconoscere il volontariato intrafamiliare, perché le famiglie
non hanno alcun obbligo giuridico e agiscono solo perché spinte da un
forte impegno etico.
A noi sembra di poter ragionevolmente osservare che i vincoli di parentela
non dovrebbero far venir meno i doveri di solidarietà sociale da parte
della comunità locale e che si dovrebbe fare tutto il possibile per favorire
l’accoglienza intrafamiliare anche attraverso un concreto aiuto a coloro
che vi provvedono spesso con enormi sacrifici materiali, psicologici,
ed economici. Sovente siamo invece costretti a rilevare che le autorità
competenti approfittano di questa disponibilità, oltre che dei legami
affettivi, per non fornire le dovute prestazioni sanitarie e socio-sanitarie
al domicilio.
A nostro parere dovrebbe essere riconosciuto un rimborso forfetario di
almeno 600 euro (2007 anno di stima) alla famiglia che volontariamente
accetta di mantenere presso il proprio domicilio un congiunto malato e
non autosufficiente. Tale somma avrebbe lo scopo di compensare, almeno
in parte, i maggiori oneri a cui deve far fronte. Esempi positivi al riguardo
sono le delibere assunte dal Consorzio socio-assistenziale Cisap dei Comuni
di Collegno-Grugliasco (Torino), per aiutare le famiglie che accolgono
i soggetti con handicap in situazione di gravità e il Comune di Torino,
che ha deliberato un riconoscimento economico ai congiunti di anziani
cronici non autosufficienti che scelgono di continuare a mantenerli al
proprio domicilio.
Promuovere l’apertura di centri diurni per i pazienti dementi è un
altro importante aiuto per la famiglia, a condizione però che sia proposto
alla famiglia come un intervento terapeutico e, quindi, senza oneri a
suo carico.
Il centro diurno era stato previsto dal Progetto obiettivo “Tutela della
salute dell’anziano” tra i servizi specialistici semi residenziali. A
seguito anche dell’approvazione del Piano sanitario nazionale per il triennio
1994 – 1996 (Dpr 1° marzo 1994). Si osserva che le demenze, che possono
colpire anche persone adulte, e non solo gli anziani, sono contemplate
tra le malattie mentali. La titolarità è pertanto del Servizio sanitario
regionale.
Puntare alla gratuità delle prestazioni per assicurare la cura, perché
il centro diurno ha una valenza terapeutica e non è da considerare alla
stregua di un servizio di mera “badanza”.
Analogamente al ruolo svolto dai centri diurni per i malati psichiatrici,
il centro è un’occasione importante di osservazione medica e di riabilitazione
per il malato e sarebbe pertanto assai grave che egli dovesse rinunciarvi
ad esempio, a causa di oneri troppo gravosi da sostenere per accedervi.
Parimenti, è altresì dimostrato dalle esperienze similari, ultraventennali,
maturate in ambito sanitario con i centri diurni per i malati psichiatrici
e, in assistenza, con i centri diurni per i soggetti con handicap intellettivo
in situazione di gravità, che la possibilità di frequentare il centro
diurno – senza oneri a carico – riduce sensibilmente il ricorso al ricovero
con notevoli risparmi per la collettività e benefici indiscussi per l’interessato.
In alcuni casi i centri diurni hanno rischiato la chiusura per il venir
meno degli utenti e le famiglie hanno accelerato la richiesta di ricovero
totale in RSA, in quanto più conveniente, sotto il profilo economico,
rispetto alla retta di un centro diurno.
La valutazione dei costi del centro diurno va confrontata con gli altri
interventi. Il costo sanitario sostenuto per la frequenza quotidiana
del centro diurno, a tempo pieno, da parte di un paziente affetto da demenza,
va confrontato in rapporto anche al costo che il Servizio sanitario regionale
dovrebbe sostenere per il ricovero di quello stesso paziente in ospedale
e/o casa di cura privata convenzionata. E’ noto che la famiglia, che ha
in carico un malato così gravoso, in assenza di sostegni efficaci quale
può essere invece il centro diurno, finisce per ricorrere sovente anche
al ricovero ospedaliero che può attuare direttamente attraverso il ricorso
al pronto soccorso oppure mediante richiesta del medico curante.
Sicuramente il centro diurno è molto meno dispendioso dell’invio di un
operatore a domicilio per ogni singolo paziente o di un ricovero in nucleo
Alzheimer in un RSA (Residenza sanitaria assistenziale).
D’altra parte è stata fallimentare la prassi di porre a carico degli utenti
e dei loro familiari parte dei costi dei servizi e/o della mensa e/o del
trasporto, perché le famiglie dovrebbero aggiungere ai costi che già devono
sostenere per il mantenimento a domicilio del loro congiunto, anche quelli
aggiuntivi per la frequenza al centro. Per quanto riguarda gli oneri per
il trasporto e per la sua organizzazione è ormai assodato che non si può
certo contare sull’assunzione diretta da parte dei familiari. In molti
casi si tratta di persone anziane residenti in zone lontane dal centro
diurno che non sono più in grado di guidare l’auto propria.
Per tutto quanto sopra chiediamo che tutti gli oneri per la frequenza
del centro diurno – alternativo al ricovero in ospedale e/o RSA, nucleo
Alzheimer – siano posti a carico del Servizio sanitario regionale, ivi
compresi trasporto e mensa.
Alzheimer Piemonte
Ama, Associazione Malati di Alzheimer
Csa, Coordinamento sanità e assistenza
Associazione Memorandum Alzheimer
Per informazioni: 011-812.44.69 info@fondazionepromozionesociale.it
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