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Notizie minime della nonviolenza in cammino - n. 76 del 1.5.2007 - e-mail: nbawac@tin.it

Maria Grazia Giannichedda. Il prezzo della follia lasciata a se stessa
"Il manifesto" del 22 aprile 2007

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Chi paghera' il conto della follia di Cho Seung Hui? Attraverso la Nbc, il suo video testamento ha fatto il giro del mondo e ha spostato la ricerca delle responsabilita' sulla strage al Virginia Tech dall'operato dei servizi di sicurezza al sistema di controllo del comportamento di questo studente, che colleghi e insegnanti avevano subito descritto come solitario e difficile, ma tutto sommato non tanto da suscitare allarme. Da piu' di un anno infatti Cho aveva dato segni di malessere, senza pero' disturbare davvero o perlomeno non fino al punto da apparire come pericoloso e attivare sanzioni pesanti.
I fatti ora sembrano chiari: due ragazze molestate da sms che segnalano il problema, ma non vogliono sporgere denuncia; i temi con contenuti aggressivi; le provocazioni verbali a lezione; le idee di suicidio che
arrivano ai servizi di assistenza per gli studenti e alla consulenza psichiatrica dell'universita'; infine il giudice che lo scorso anno firma una proposta di ricovero coatto che il vicino ospedale psichiatrico non ritiene di dover accogliere; il rinvio al servizio psichiatrico territoriale dove forse non andra' mai, questo studente che sta male ma non presenta i tratti del folle delirante e pericoloso. Il sistema di controllo sociale del
campus si e' limitato cosi' a fargli il vuoto intorno; i servizi psichiatrici, che pure hanno registrato la sua sofferenza, non sono stati capaci di accoglierla, o meglio non si sono sentiti in obbligo di farlo
visto che lo studente non evidenziava segni di potenziale pericolosita'.

Questo e' un punto chiave della vicenda, che rinvia a caratteri tipici ma non unici del sistema psichiatrico americano. Negli Stati Uniti di oggi l'antica vocazione della psichiatria al controllo della pericolosita' sociale (il ricovero coatto si deve attivare quando le condizioni del paziente evidenziano "un imminente e grave pericolo per se' e per gli altri") convive con un sostanziale disimpegno verso la salute mentale di chi non appare pericoloso, che resta percio' "libero" di ricorrere o no al mercato delle cure psichiatriche. In concreto questo significa che i candidati all'internamento negli ospedali psichiatrici di stato e in quelli privati (i due sistemi oggi si equivalgono in quantita', con una sessantina di ospedali in un campo e nell'altro) sono soprattutto coloro che presentano il "physique du role" del malato mentale pericoloso: ovvero i piu' poveri, gli homeless, insomma quelli piu' in basso nella scala dell'esclusione, che vagano cosi' tra la strada e il complesso circuito degli ospedali psichiatrici a vari livelli di sicurezza, dei ricoveri in gran parte privati, delle istituzioni per alcolisti e tossicodipendenti. Mentre paradossalmente non riceve ascolto la follia degli altri, di quelli che come Cho stanno assai male ma si mantengono nel mondo dell'integrazione: "non esiste", potremo dire, in quanto "la salute mentale comunitaria" (come si dice in un linguaggio tecnico, peraltro inventato dagli americani) non riceve alcuna attenzione pubblica, alcun investimento economico e culturale,
come del resto e' il caso delle politiche di salute tout court, paradosso noto di un paese che ha una delle spese sanitarie piu' alte del mondo.

Questo problema e' emerso per un attimo nel corso di una drammatica conferenza stampa convocata giovedi' dalla polizia e dalle autorita' del Virginia Tech, e trasmessa in diretta dalla Cnn. Da poche ore il messaggio
video di Cho aveva costretto tutti a prendere atto della sua follia e della sua fragilita', e aveva trasformato la conferenza in un confronto sulle responsabilita' duro e destinato a durare a lungo, vista la posta in gioco
di risarcimenti miliardari che potrebbero essere chiesti dalle famiglie dei morti e dagli innumerevoli traumatizzati. I giornalisti hanno dunque messo in croce i dirigenti dell'universita': la famiglia di Cho era stata informata del suo comportamento? come mai lo studente non e' stato espulso dall'universita' o perlomeno dal campus? Come mai non e' stato internato in ospedale psichiatrico visto che non si poteva
farlo chiudere in carcere? Alla terza o quarta domanda su questo tono, uno dei dirigenti dell'universita', avendo ribadito che non si puo' violare la privacy di uno studente contattando la sua famiglia, che le domande sul mancato internamento vanno poste al giudice che aveva firmato l'ordinanza di ricovero coatto, al medico che non l'aveva accolta e al servizio territoriale che avrebbe dovuto prendersi cura di Cho, ha perso la pazienza: sappiamo da anni, ha detto, che ogni qualvolta che si devono fare tagli alle spese sociali il primo settore a essere penalizzato e' quello della salute mentale, sta qui il problema, in questo sistema sempre piu' povero e inefficiente. Ma questo tipo di considerazioni non sembra aver suscitato, per ora, l'interesse dei media americani, piuttosto orientati a chiedere agli esperti diagnosi che il video di Cho rende piu' facili e che sottendono un'unica domanda: una tale evoluzione poteva essere prevista ed evitata? Che significa: dovra' pagare l'ospedale psichiatrico per imperizia o mancato controllo, oppure l'universita' per non aver difeso la propria comunita' dallo studente disadattato e deviante? In ogni caso, chiunque sara' chiamato in futuro a pagare il conto della follia di Cho sara' comunque il capro espiatorio di un sistema sbagliato.