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Ripreso da “Notizie minime” del Centro di ricerca per la pace di Viterbo Augusto Cavadi. In lunghe catene difficili
da spezzare (torna all'indice informazioni) Per diventare misogino, essere cattolico non e' necessario.
Ma aiuta. Non e' necessario: infatti i rudimenti della concezione della
donna come maschio quasi perfetto me li ha impartiti un padre miscredente,
laico, socialista (pre-craxiano: nenniano). Ma aiuta: infatti, quando
- con stupore e disappunto da parte dei miei genitori - sono entrato nell'associazionismo
cattolico, ho ben presto misurato la distanza fra la rivoluzionarieta'
di certe asserzioni ed il conservatorismo della pratica quotidiana. Da
una parte il papa scriveva che l'essere umano puo' considerarsi "imago
Dei" solo in quanto coppia; dall'altra, si dava (e si da') per scontato
che una persona di sesso femminile non possa presiedere una comunita'
celebrante. Il mio esodo - progressivo, ma inarrestabile - dalla cultura
cattolica passo' per un episodio preciso. Un prete piu' anziano di me
- peraltro tra i piu' preparati della sua generazione - volendo esprimere
con forza il suo dissenso da una mia opinione, trovo' spontaneo apostrofarmi
con un inequivoco: "Ma hai proprio un cervello da femmina!".
Obiettai solo, con un sorriso amaro, che speravo di averne meta' femminile
e meta' maschile: in Se ci chiediamo se questa mentalita' della disparita' ontologica e psicologica
fra maschi e femmine (dura a destrutturarsi persino oggi, dopo decenni
di femminismo teorico e militante) spieghi, da sola, l'impressionante
catena di violenza contro le donne, non possiamo che rispondere negativamente.
Che cosa, allora, trasforma una cultura maschilista in pratiche prevaricatrici?
Ho l'impressione che entri in gioco Qui, forse, uno dei bivi decisivi. C'e' chi accetta la sfida della diversita'
(e, nel caso di maschi, del femminile come metafora di ogni diversita')
per mettersi in gioco, per riaffermare alcune convinzioni ma anche liberarsi
da pregiudizi e da errati giudizi; e c'e' chi non la regge e, per quanto
sta in lui, tenta di sopprimerla. Non e' un caso che, di solito, le idiosincrasie
s'inanellino in lunghe catene difficili da spezzare: misoginia, omofobia,
razzismo... E' di per se' evidente che questa mentalita' sia - gia' a
livello ideologico - violenta. Ma, poiche' in genere il diverso e' piu'
debole (fisicamente, economicamente, militarmente...), il pensiero omologante
ha mille occasioni per farsi gesto prepotente: stupro, derisione, schiavizzazione...
Quando un soggetto allergico alla diversita' si impossessa - sessualmente
o socialmente - dell'altro, ha la sensazione di aver risolto molti problemi
in un solo colpo: da una parte ha soddisfatto attrazione, curiosita',
desiderio; dall'altra ha cancellato dal proprio orizzonte ogni fonte di
paura, di diffidenza, di minaccia. Ma, proprio nella misura in cui riesce
a fagocitare e a spazzar via ogni alterita', egli desertifica il piccolo
mondo che lo circonda e costruisce da se' la prigione dell'isolamento.
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