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6 ottobre 2002

- Ai membri del Consiglio Regionale

Si allegano le osservazioni alla PDL n. 81, "Disciplina in materia di autorizzazione e accreditamento delle strutture sociali a ciclo residenziale e semiresidenziale". Nel rimandare alle nostre precedenti note inviate ai gruppi consiliari in data 10 febbraio e 24 luglio quanto riportato legge i contenuti della PdL in collegamento con documenti che riguardano il riordino sanitario nella parte che fa riferimento alla integrazione tra assistenza sanitaria e sociale.
Cordiali saluti

Per Gruppo Solidarietà
Fabio Ragaini

- Art. 4, Strutture per disabili. Al comma 5, si propone dopo "situazione" l'aggiunta di "grave handicap intellettivo". Il permanere di questa formulazione permetterebbe infatti che tali Centri possano accogliere anche soggetti non in situazione di gravità che potrebbero beneficiare di altri interventi (percorsi lavorativo, altri percorsi di integrazione sociale, ecc…) o peggio a situazione di handicap motorio che sicuramente non necessitano di interventi educativi-riabilitativi.

- Art. 5, Strutture per anziani. Al comma 5, dopo "non autosufficienti" aggiungere stabilizzati. Non vorremmo che interpretazioni estensive portassero a ricoveri anche di persone anziane e adulte in post acuzie.

Naturalmente saranno i Regolamenti a riempire di contenuti (standard assistenziali, funzionali, organizzativi, capacità recettiva) le definizione delle strutture in particolare quelle con "funzione protetta". Per gli anziani c'è da chiedersi cosa distinguerà l'utenza della residenza protetta (peraltro i Nar che dovrebbero essere sostituiti dalle residenze protette devono rispondere alle indicazioni presenti nel Manuale di Autorizzazione) da quella della RSA; problemi analoghi riguardano le strutture per l'handicap. Con una differenza non irrilevante.
- Le "residenze protette" rivolte agli anziani non autosufficienti nascono da una duplice esigenza: a) contenere i costi; b) utilizzare le strutture assistenziali presenti nel territorio regionale che - seppur autorizzate per l'accoglienza di anziani autosufficienti - ospitano per la grande maggioranza anziani non autosufficienti. Dunque ci sono molte strutture già funzionanti che attualmente - non potrebbero ospitare gli attuali utenti. Dunque si cerca, con qualche stratagemma (vedi la differenziazione con le RSA), di legittimare l'accoglienza di utenti non autosufficienti in strutture già funzionanti.
- Per quanto riguarda i servizi residenziali per persone handicappate il problema è del tutto diverso. Non ci sono infatti strutture "da ricollocare", dunque ex novo si dovrebbero costruire strutture protette assai rassomiglianti alle attuali RSA disabili (delle quali peraltro ad oggi non esiste un modello - vedi capacità recettiva - si va dai 5 posti autorizzati all'interno dell'ospedale di Pergola, agli 8 dell'Istituto Mancinelli, ai 9 della comunità la Buona Novella, ai 40 di Abitare il tempo a sua volta accorpati ad altri 80 di RSA anziani e disabili psichici, che fanno dunque una piccola comunità da 120), quasi tutte derivanti dalla riconversione di posti letto all'interno degli istituti ex art. 26/833. Se a questo si aggiunge che da qualche anno la regione, lodevolmente, ha promosso la costituzione di piccole comunità alloggio a dimensione familiare inserite in normali contesti abitativi ci pare che una attenta riflessione debba guidare ogni traduzione della comunità protetta all'interno dei Regolamenti. E soprattutto vietare ogni tipo di accorpamenti tra strutture.

Analizzando questa proposta e avendo, come riferimento le prospettive del riordino sanitario - non possiamo che confermare le preoccupazioni espresse lo scorso giugno in riferimento al documento Prospettive del welfare marchigiano laddove si assegna al sistema sociale la competenza in tutte le situazioni di malattia cronica e non autosufficienza (con un automatismo nel quale al perdurare del bisogno dato dalla condizione di non autosufficienza si risponde con un più rilevante intervento del settore sociale e naturalmente con un conseguente abbassamento degli standard assistenziali). Si pongono così le basi per il disegno di un sistema che assegna al settore sanitario e competenza nella fase acuta e post acuta della malattia, affidando al "sistema sociale", titolarità e gestione di tutti gli interventi rivolti a soggetti anche gravemente malati colpiti da malattie croniche che producono non autosufficienza (pur prevedendo una quota sanitaria a carico del FSR). Tale scelta ci sembra in contrasto sia con le indicazioni della riforma ter all'articolo 3-septies, che con l'art. 3 del DPCM 14.2.01. Ciò appare chiaro quando nello stesso documento si legge che le RSA sono strutture "che devono diventare parte di un sistema di servizi adeguatamente coordinato dove svolgono funzioni di carattere eminentemente sanitario e per un limitato periodo di tempo"; la conseguenza è che le strutture protette di questa legge assumono di fatto la funzione anche delle RSA, confermando dunque le nostre preoccupazioni in merito alla volontà di ridurre l'impegno del SSR circa la titolarità diretta (che è ben diversa da una quota sanitaria, con quote alberghiere - a carico di utenti e/o Comuni - che si dirigono verso le 80-100.000 L al giorno) verso situazioni di grave malattia e non autosufficienza. Così ad esempio può leggersi la previsione di riduzione di 600 posti letto di RSA a favore di altrettanti posti in residenze protette.
Ciò naturalmente, come più volte questa associazione ha sostenuto, non significa che non debba essere prevista una quota alberghiera a carico dell'assistito o se indigente a carico del Comune. Si tratta però di ribadire che tutti gli interventi di tutela della salute anche nei casi di minima responsività non possono non afferire al settore sanitario attraverso interventi riconducibili alle prestazioni "sanitarie a rilevanza sociale", così come, ci pare, stabilito anche dall'articolo 3, comma 1, DPCM 14.2.01, "Sono da considerare prestazioni sanitarie a rilevanza sociale le prestazioni assistenziali che, erogate contestualmente ad adeguati interventi sociali, sono finalizzate alla promozione della salute, alla prevenzione, individuazione, rimozione e contenimento di esiti degenerativi o invalidanti di patologie congenite o acquisite, contribuendo, tenuto conto delle componenti ambientali, alla partecipazione alla vita sociale e alla espressione personale. Dette prestazioni, di competenza delle aziende unità sanitarie locali ed a carico delle stesse, sono inserite in progetti personalizzati di durata medio/lunga e sono erogate in regime ambulatoriale, domiciliare o nell'ambito di strutture residenziali e semiresidenziali".