(indice Voce sul sociale)
Gruppo Solidarietà, Via S. D'acquisto 7, 60030 Moie di Maiolati (AN).
Tel. e fax 0731.703327, grusol@grusol.it
6 ottobre 2002
- Ai membri del Consiglio Regionale
Si allegano le osservazioni alla PDL n. 81, "Disciplina in
materia di autorizzazione e accreditamento delle strutture sociali a ciclo residenziale
e semiresidenziale". Nel rimandare alle nostre precedenti note inviate ai
gruppi consiliari in data 10 febbraio e 24 luglio quanto riportato legge i contenuti
della PdL in collegamento con documenti che riguardano il riordino sanitario
nella parte che fa riferimento alla integrazione tra assistenza sanitaria e
sociale.
Cordiali saluti
Per Gruppo Solidarietà
Fabio Ragaini
- Art. 4, Strutture per disabili. Al comma 5, si propone dopo "situazione"
l'aggiunta di "grave handicap intellettivo". Il permanere di questa formulazione
permetterebbe infatti che tali Centri possano accogliere anche soggetti non
in situazione di gravità che potrebbero beneficiare di altri interventi (percorsi
lavorativo, altri percorsi di integrazione sociale, ecc…) o peggio a situazione
di handicap motorio che sicuramente non necessitano di interventi educativi-riabilitativi.
- Art. 5, Strutture per anziani. Al comma 5, dopo "non autosufficienti"
aggiungere stabilizzati. Non vorremmo che interpretazioni estensive portassero
a ricoveri anche di persone anziane e adulte in post acuzie.
Naturalmente saranno i Regolamenti a riempire di contenuti (standard assistenziali,
funzionali, organizzativi, capacità recettiva) le definizione delle strutture
in particolare quelle con "funzione protetta". Per gli anziani c'è da
chiedersi cosa distinguerà l'utenza della residenza protetta (peraltro i Nar
che dovrebbero essere sostituiti dalle residenze protette devono rispondere
alle indicazioni presenti nel Manuale di Autorizzazione) da quella della RSA;
problemi analoghi riguardano le strutture per l'handicap. Con una differenza
non irrilevante.
- Le "residenze protette" rivolte agli anziani non autosufficienti nascono da
una duplice esigenza: a) contenere i costi; b) utilizzare le strutture assistenziali
presenti nel territorio regionale che - seppur autorizzate per l'accoglienza
di anziani autosufficienti - ospitano per la grande maggioranza anziani non
autosufficienti. Dunque ci sono molte strutture già funzionanti che attualmente
- non potrebbero ospitare gli attuali utenti. Dunque si cerca, con qualche stratagemma
(vedi la differenziazione con le RSA), di legittimare l'accoglienza di utenti
non autosufficienti in strutture già funzionanti.
- Per quanto riguarda i servizi residenziali per persone handicappate il problema
è del tutto diverso. Non ci sono infatti strutture "da ricollocare", dunque
ex novo si dovrebbero costruire strutture protette assai rassomiglianti
alle attuali RSA disabili (delle quali peraltro ad oggi non esiste un modello
- vedi capacità recettiva - si va dai 5 posti autorizzati all'interno dell'ospedale
di Pergola, agli 8 dell'Istituto Mancinelli, ai 9 della comunità la
Buona Novella, ai 40 di Abitare il tempo a sua volta accorpati ad
altri 80 di RSA anziani e disabili psichici, che fanno dunque una piccola
comunità da 120), quasi tutte derivanti dalla riconversione di posti letto
all'interno degli istituti ex art. 26/833. Se a questo si aggiunge che da qualche
anno la regione, lodevolmente, ha promosso la costituzione di piccole comunità
alloggio a dimensione familiare inserite in normali contesti abitativi ci pare
che una attenta riflessione debba guidare ogni traduzione della comunità
protetta all'interno dei Regolamenti. E soprattutto vietare ogni tipo di accorpamenti
tra strutture.
Analizzando questa proposta e avendo, come riferimento le prospettive del riordino
sanitario - non possiamo che confermare le preoccupazioni espresse lo scorso
giugno in riferimento al documento Prospettive del welfare marchigiano
laddove si assegna al sistema sociale la competenza in tutte le situazioni
di malattia cronica e non autosufficienza (con un automatismo nel quale al perdurare
del bisogno dato dalla condizione di non autosufficienza si risponde con un
più rilevante intervento del settore sociale e naturalmente con un conseguente
abbassamento degli standard assistenziali). Si pongono così le basi per il disegno
di un sistema che assegna al settore sanitario e competenza nella fase acuta
e post acuta della malattia, affidando al "sistema sociale", titolarità e gestione
di tutti gli interventi rivolti a soggetti anche gravemente malati colpiti da
malattie croniche che producono non autosufficienza (pur prevedendo una quota
sanitaria a carico del FSR). Tale scelta ci sembra in contrasto sia con le indicazioni
della riforma ter all'articolo 3-septies, che con l'art. 3 del DPCM 14.2.01.
Ciò appare chiaro quando nello stesso documento si legge che le RSA sono strutture
"che devono diventare parte di un sistema di servizi adeguatamente coordinato
dove svolgono funzioni di carattere eminentemente sanitario e per un limitato
periodo di tempo"; la conseguenza è che le strutture protette di questa
legge assumono di fatto la funzione anche delle RSA, confermando dunque le nostre
preoccupazioni in merito alla volontà di ridurre l'impegno del SSR circa la
titolarità diretta (che è ben diversa da una quota sanitaria, con quote alberghiere
- a carico di utenti e/o Comuni - che si dirigono verso le 80-100.000 L al giorno)
verso situazioni di grave malattia e non autosufficienza. Così ad esempio può
leggersi la previsione di riduzione di 600 posti letto di RSA a favore di altrettanti
posti in residenze protette.
Ciò naturalmente, come più volte questa associazione ha sostenuto, non significa
che non debba essere prevista una quota alberghiera a carico dell'assistito
o se indigente a carico del Comune. Si tratta però di ribadire che tutti gli
interventi di tutela della salute anche nei casi di minima responsività non
possono non afferire al settore sanitario attraverso interventi riconducibili
alle prestazioni "sanitarie a rilevanza sociale", così come, ci pare, stabilito
anche dall'articolo 3, comma 1, DPCM 14.2.01, "Sono da considerare prestazioni
sanitarie a rilevanza sociale le prestazioni assistenziali che, erogate contestualmente
ad adeguati interventi sociali, sono finalizzate alla promozione della salute,
alla prevenzione, individuazione, rimozione e contenimento di esiti degenerativi
o invalidanti di patologie congenite o acquisite, contribuendo, tenuto conto
delle componenti ambientali, alla partecipazione alla vita sociale e alla espressione
personale. Dette prestazioni, di competenza delle aziende unità sanitarie locali
ed a carico delle stesse, sono inserite in progetti personalizzati di durata
medio/lunga e sono erogate in regime ambulatoriale, domiciliare o nell'ambito
di strutture residenziali e semiresidenziali".
|