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- Assessore Servizi sociali Comune di Jesi, Comune capofila
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- Presidente II Commissione Consiliare
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- Direttore sanitario AUSL 5




9 marzo 2000

Oggetto: Servizio residenziale per persone handicappate



Il Gruppo Solidarietà con questa nota intende contribuire alla riflessione in merito al problema della risposta residenziale rivolta a soggetti in situazione di handicap. Non sappiamo al momento quale sia lo stato di avanzamento dei lavori riguardo questo specifico tema. Dal verbale dell'assemblea dei Comuni appartenenti alla gestione associata dei servizi per l'handicap dello scorso 15 febbraio sono evidenziate novità che ci paiono importanti e che riteniamo necessarie di chiarimento. Sembrerebbe emergere, infatti, una duplice posizione (non è chiaro se condivisa da tutti i comuni associati o del solo Comune capofila):
a) la scelta di optare verso strutture che non siano di piccole dimensioni,
b) l'attribuzione di titolarità sanitaria alla struttura.

Riguardo il secondo punto sembrerebbe dunque che l'anello mancante della rete dei servizi, non debba più essere di competenza comunale (socio assistenziale) ma sanitaria.
Se questa è la posizione che hanno maturato i Comuni; ci pare che l'orientamento sia nuovo in quanto non avevamo mai capito che i Comuni ritenessero titolare dell'intervento la AUSL; d'altra parte anche in occasione dell'audizione in Commissione Consiliare dello scorso 24 novembre questa ipotesi non è stata avanzata tanto è vero che tra gli obiettivi a breve termine da realizzare da parte dei Comuni associati veniva inserita anche la realizzazione di un centro residenziale per gravi. Questo punto ci sembra vada assolutamente chiarito anche per non ingenerare quelle situazioni di indefinizione e di conseguente ping-pong che non aiutano a capire i termini dei problemi ma anzi tendono a disorientare.

Pare comunque almeno contraddittorio che mentre da una lato il Comune di Jesi attraverso l'Istituzione tenda ad allargare i propri interventi nei confronti di soggetti malati e non autosufficienti fino a voler anche gestire anche la dimissione dall'ospedale (vedi i 5 posti a residenzialità programmata), ritenga invece di non dover includere nella rete dei servizi (domiciliari e diurni) rivolti a soggetti handicappati anche il servizio residenziale. Così come strano appare che a fronte di un totale carico da parte dei Comuni riguardo tutti i servizi domiciliari e diurni attualmente presenti, si ritenga che debbano essere erogati servizi assistenziali quando l'utente rimane a casa e sanitari (magari il giorno dopo) quando lo stesso ha necessità di una accoglienza permanente.





La nostra posizione è da tempo conosciuta (per un maggior dettaglio si rimanda alla nostra nota del 12.7.1997 anche in riferimento al progetto presentato dall'ANFFAS di Jesi):
l'anello mancante (la struttura residenziale) della rete dei servizi deve rimanere a titolarità comunale e dunque con competenza socio assistenziale (ciò naturalmente non esclude che non debba essere prevista una quota sanitaria a carico della AUSL di progressività crescente a seconda della tipologia di strutture. La cosiddetta struttura sociosanitaria).
la rete dei servizi residenziali per persone handicappate deve avere come riferimento una diversa tipologia di utenza e dunque una diversa tipologia di struttura (in questo senso avevamo espresso parere favorevole alla ipotesi del Comune di Jesi del 2.7.99 di due tipologie di residenze);
le stesse devono caratterizzarsi per le piccole dimensioni così da avvicinarsi sempre più al modello familiare così come indicato anche dalla legge quadro (stupisce in questo senso - sempre dal verbale della riunione dei Comuni del 15 febbraio - che i Comuni associati ritengano non condivisibile la creazione di strutture di piccole dimensioni così come previsto dalla proposta di modifica della legge 18/96). Una persona che permanentemente o temporaneamente ha necessità di una struttura di accoglienza non ha il diritto di poter vivere in un luogo a dimensione familiare?
lo sviluppo del sistema residenziale (organizzazione) non può essere separato dagli interventi educativo assistenziali attualmente erogati. Comuni e ASL devono pertanto scegliere quale strada vogliono percorrere. Emblematico al proposito la concezione che da sempre si è avuta degli strumenti "regolamentari" dei servizi (per questo così poco rispettati), sempre volta - soprattutto da parte della AUSL - a tutelare gli interessi dell'Ente. C'è da decidere se si vuole continuare con la logica, attuale, della sostanziale separatezza che non ha mai portato frutti o quella di una integrazione (nella chiarezza) che ha come riferimento le esigenze e i bisogni degli utenti dei servizi.


Nel lontano 1989 ponemmo per la prima volta all'allora Associazione dei Comuni il problema della risposta residenziale e ci incontrammo, uno per uno, con tutti i sindaci aderenti alla gestione associata. Dopo undici anni registriamo, con un certo sconforto, che questo territorio è stato incapace di offrire qualsiasi tipo di risposta e che ancora oggi chi ha necessità di un servizio residenziale deve sradicarsi dal proprio ambiente di vita o trovare accoglienza in qualche ospizio.

Chiediamo pertanto, in tempi brevi, un incontrocongiunto Comuni, AUSL 5 avente per oggetto i temi della risposta residenziale
.

Vogliamo infine ricordare la lentezza con la quale procede la revisione dell'Accordo di programma. A maggio scadrà il secondo anno di vigenza dell'Accordo che continua a rimanere, nella sostanza, disapplicato.

In attesa di riscontro si inviano cordiali saluti


Gruppo Solidarietà