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Lì, 6 dicembre 2005


- Presidente e componenti Comitato Sindaci
- Direttore Zona territoriale 5
- Direttore generale ASUR



Oggetto: Assistenza residenziale anziani non autosufficienti nella Zona 5 di Jesi.



Il recente Decreto regionale 501/2005 di attuazione della DGR 323-2005 e l’allegata nota a firma del Dirigente Servizio Salute, hanno obbligato a ridiscutere sullo stato dell’offerta residenziale rivolta agli anziani non autosufficienti nel nostro territorio.

Una discussione che oltre a dover definire la collocazione dei 120 posti di media intensità assistenziale a partire dal gennaio 2006, riteniamo non possa esimersi dall’affrontare in modo più complessivo i nodi riguardanti l’assistenza residenziale rivolta ad anziani non autosufficienti e dei soggetti con forme di demenza nel nostro territorio. Nodi strettamente collegati da un lato con la funzione riabilitazione-lungodegenza ospedaliera e dall’altro con il sistema delle cure domiciliari e delle risposte diurne.

Il quadro della risposta residenziale nel territorio della Zona 5 è noto:
- 4 posti letto di riabilitazione ospedaliera;
- 20 posti di lungodegenza nella casa di Cura Villa Serena (che a breve dovrebbero diventare 40);
- i 60 posti RSA anziani (ora 40 per la ristrutturazione della struttura di Filottrano);
- 70 posti ex NAR nelle strutture di Jesi (50) e Cupramontana (20);
Da gennaio 2006, 120 posti all’interno delle Case di Riposo avranno una assistenza residenziale pari a circa 50 minuti di assistenza sociosanitaria. Gli altri 262 anziani non autosufficienti già ospiti delle case di Riposo continueranno a ricevere una assistenza sociosanitaria di circa 12 minuti al giorno.
Il decreto regionale indica inoltre la presenza di un nucleo demenze di 12 posti all’interno della Casa di riposo di Jesi che sappiamo non esistere e che deve essere attivato (secondo le indicazioni del regolamento 1-2004) se intende beneficiare del finanziamento regionale.

Con precedenti nostre note (3 aprile 2004, 10 giugno 2004, 18 luglio 2004, 8 agosto 2005) abbiamo evidenziato le criticità presenti nel nostro territorio e avanzato le nostre proposte. Riguardo l’applicazione del decreto 501/2005 abbiamo inviato alla regione Marche le nostre osservazioni con la nota del 10 novembre u.s. che abbiamo inviato per conoscenza.

Ci preme ribadire alcuni aspetti che riteniamo essenziali per quanto riguarda il sistema dei servizi nel nostro territorio.
- La pressoché totale assenza di p.l. di riabilitazione ospedaliera (meno di un decimo di quelli previsti), ha come conseguenza: a) lo spostamento verso altre strutture fuori dal nostro territorio, b) l’utilizzo di altre strutture residenziali per interventi di riabilitazione intensiva (vedi RSA e lungodegenza) o con un rientro anticipato al domicilio e conseguente inappropriatezza degli interventi.
- L’utilizzo delle RSA anziani per funzioni assimilabili alla lungodegenza ha tolto a queste strutture la funzione principale assegnata ovvero la gestione di pazienti non autosufficienti stabilizzati - non curabili in altra forma - che richiedono un alto impegno sanitario.
- I 70 posti di NAR/RP, hanno vicariato nei fatti la funzione delle RSA, tanto che i loro standard assistenziali attuali sono molto più alti di quelli previsti dal Regolamento regionale 1/2005.
- Non esiste ad oggi nelle strutture (RSA e RP) alcun modulo (ovvero nessun posto), organizzato per accogliere soggetti con forme di demenza. Così come non esiste alcuna risposta diurna, per queste stesse persone, per ritardare il ricorso alla residenzialità e sollevare le famiglie dall’impegno dell’assistenza.
- I 120 posti letto rivolti ad anziani non autosufficienti che verranno ripartiti in alcune strutture a partire da gennaio 2006 (regolati dalla Convenzione prevista nelle DGR 323/05), avranno una assistenza sociosanitaria pari a 50 minuti di assistenza; in molti casi si è vicini all’attuale offerta assistenziale; in ogni caso questa assistenza aggiuntiva è da un lato ancora ben lontana da una dignitosa (mancano 50 minuti per raggiungere gli standard delle RP) risposta assistenziale, dall’altro - è bene ripeterlo - da gennaio 2006 i posti di residenza protetta continuano ad essere 70 e non 190. 120 posti, lo ribadiamo, hanno 50 minuti di assistenza. Questa consapevolezza deve essere ben presente in tutti i soggetti coinvolti (UVD, strutture, Comuni) ed una corretta informazione deve essere conseguentemente data alle famiglie e agli utenti. Non possiamo inoltre dimenticare che 262 posti continueranno ad avere 12 minuti di assistenza giornaliera (l’assistenza necessaria per un frugale pasto giornaliero di una persona che deve essere imboccata)

In questo quadro ribadiamo la richiesta di attivazione di lista di attesa per tutti gli utenti (sia quelli non autosufficienti ricoverati in casa di riposo che quelli che chiedono il ricovero presso una struttura residenziale). Gli utenti hanno il diritto di conoscere - in caso di necessità residenziale - a seguito della valutazione effettuata dalla UVD con l’utilizzo di appositi strumenti qual’è la struttura più adeguata a rispondere ai suoi bisogni sociosanitari.

Riteniamo inoltre non rinviabile, come più volte abbiamo chiesto, che si riveda il modello organizzativo delle RSA anziani (ai quali si aggiungeranno nei prossimi anni altri 100 posti). Queste da 13 anni funzionano vicariando la funzione di lungodegenza; l’attivazione a breve di altri 20 posti di lungodegenza e tra pochi mesi dei 20 di Cingoli, impone una revisione profonda della funzione di questa struttura. E’ ovviamente impensabile che possano continuare ad esercitare l’impropria funzione finora assolta. I 60 posti di lungodegenza coprono infatti totalmente questa funzione (riteniamo anzi che sarebbe opportuno ragionare - stante l’attuale mancanza di posti di riabilitazione e l’offerta di lungodegenza superiore del 20% di quella prevista - sulla possibilità che alcuni posti abbiamo una più forte caratterizzazione riabilitativa).

Siamo convinti che ogni ragionamento debba partire dalle esigenze delle persone e ovviamente dal rispetto della normativa vigente. Posta le necessità di superare l’attuale funzione, le esigenze delle persone ci dicono che con 100-120 muniti di assistenza (quelli delle RP che ricordiamo prevede 20 minuti di assistenza infermieristica al giorno, presenza medica non definita, ecc…) non è possibile rispondere ad alcuni bisogni sociosanitari se non comprimendo le esigenze. Dunque le RSA dovrebbero caratterizzarsi (questo d’altra parte stabilisce la normativa regionale) per la gestione di pazienti (per alcuni ovviamente la degenza può anche essere a termine) che necessitano di una più alta assistenza sociosanitaria. Le 1.500 persone ospiti di Case di Riposo che dalla valutazione RUG avrebbero bisogno di una assistenza in RSA, indicano che le loro necessità possono essere soddisfatte in strutture che offrono una assistenza sociosanitaria più alta di una RP.

Come ripetiamo, questo chiede un forte cambiamento del modello organizzativo delle strutture. Non si può pensare, sarebbe a nostro parere del tutto sbagliato, di ragionare sulla funzione delle RSA avendo come riferimento l’attuale modalità di funzionamento. Se si ragiona, non sul nome delle strutture ma sulle esigenze delle persone, forse è più facile ipotizzare le risposte e le possibili soluzioni. Per parte nostra la questione fondamentale non è il luogo di cura ma l’offerta (e la sua modalità) di assistenza sociosanitaria. Riteniamo, dunque, sbagliato fermarsi ad un ragionamento che non riesce ad andare oltre alle sigle delle strutture. Peggio ancora se non è finalizzato al miglioramento delle condizioni di vita delle persone ricoverate.

Peraltro ci sono nel nostro territorio bisogni non soddisfatti; abbiamo fatto riferimento prima ai problemi posti dalle esigenze delle persone con forme di demenza che non trovano oggi alcuna risposta; ma anche situazioni assimilabili ai comi persistenti oggi inviati in strutture fuori del territorio o costretti in strutture territoriali del tutto inadeguate; la strutturazione di un’offerta di questo tipo - che determinerebbe lo sviluppo di adeguate professionalità - arricchirebbe fortemente il territorio e avrebbe positive ripercussioni anche sui malati assistiti a domicilio.

Ci auguriamo pertanto che si possa sviluppare una adeguata riflessione che determini una programmazione della risposta residenziale inserita all’interno di una progettazione che a partire dal sistema riabilitazione lungodegenza ospedaliera arrivi a quello delle cure a domicilio. Una programmazione pensata sulle esigenze delle persone; ogni altro percorso non potrebbe che essere considerato come una inaccettabile scorciatoia.


cordiali saluti

Gruppo Solidarietà