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Ass. Paraplegici Marche
Centro H
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Tribunale della salute Ancona
Uildm Ancona

Ancona, 13 dicembre 2005

- Presidente giunta regionale
- Assessore alla salute
- Assessore ai servizi sociali
- Dirigente Servizio salute
- Dirigente Servizio Politiche sociali
e pc. - Direttore ASUR


Oggetto: Assistenza residenziale anziani non autosufficienti nella Regione Marche.


Con questa nota vorremmo intervenire sui temi dell’assistenza residenziale rivolta agli anziani non autosufficienti nella nostra regione sia avendo come riferimento i dati riportati nei recenti decreti (289 e 501 del 2005) applicativi del Protocollo sulla non autosufficienza, sia dall’analisi di quello che avviene nei territori con l’avvio del percorso di riqualificazione delle Case di Riposo.

La situazione dell’assistenza residenziale può essere così sintetizzata:
- inizio del percorso che dovrebbe portare alla realizzazione dei 2500 posti letto di residenza protetta anche attraverso l’avvio del percorso autorizzativo della legge 20/2002,
- circa 1500 anziani non autosufficienti ospitati all’interno della case di riposo rimangono fuori da ogni percorso di riqualificazione; sono assistiti con standard assistenziali incompatibili con una decente qualità di vita;
- sostanzialmente bloccato è il percorso riguardante le RSA anziani. Il decreto 501, non ha attivato i posti letto di RSA previsti (1320, sono quelli programmati dal Piano, 909, secondo i dati regionali sarebbero quelli attivi); esse per la maggior parte continuano a funzionare vicariando la funzione della lungodegenza con degenza “obbligatoriamente” a termine; non è stato ancora definito lo standard assistenziale.

In questo quadro da più parti si chiede una riduzione del numero dei posti letto di RSA (non è chiaro se di quelli già classificati e funzionanti o solo di quelli da realizzare). Alcuni ritengono che - dato il numero di malati non autosufficienti ospiti delle case di Riposo - sia necessario aumentare il numero di pl di RP e propongono che ciò avvenga con la riduzione contestuale di quelli di RSA; altri pensano che tale riduzione sia la logica conseguenza dell’attivazione di posti letto di lungodegenza avendo le RSA vicariato tale funzione. In ogni caso, come la si voglia mettere, rimane la coincidenza del risultato finale: l’eccessivo numero di posti letto di RSA anziani.

Riteniamo che questi ragionamenti rischino di basarsi esclusivamente su valutazioni numeriche che non tengono conto delle necessità delle persone che richiedono assistenza sociosanitaria in regime residenziale.
Riteniamo infatti che:
- ogni ragionamento non può esimersi dall’obbligo di avere come riferimento i bisogni delle persone che debbono tradursi in conseguenti standard assistenziali;
- non è pensabile che lo standard delle residenze protette (100-120 minuti di assistenza comprendente 20 minuti di infermieristica, non presenza medica definita, presenza del FKT su indicazione specialistica), possa essere compatibile con tutti i bisogni degli anziani non autosufficienti che necessitano di assistenza sociosanitaria;
- non può esserci equivalenza tra numero di anziani non autosufficienti presenti nelle case di riposo e numero di posti letto di residenza protetta (sappiamo che le rilevazioni regionali indicano in 1500 il numero di malati con valutazione RUG che indicano la necessità di assistenza in RSA, ovvero una assistenza superiore di quella erogata in una residenza protetta);



- la regione Marche non ha mai definito un modello di RSA anziani (vedi assenza dello standard di personale nel Manuale di autorizzazione); tale problema è tanto più evidente ora che, pur con grande lentezza tenta di avviare le lungodegenze (anche in questo caso riteniamo che debba essere contestuale all’avvio la definizione di modello che non può prescindere da un numero minimo di posti letto e soprattutto dalla modalità con cui vengono gestiti. Un automatico passaggio dalla funzione di medicina generale a quella di lungodegenza gestita con lo stesso personale è probabile che produca solo uno spostamento statistico dai letti per acuti a quelli della post acuzie con ben pochi benefici per i malati ricoverati).

Il problema dunque è quello di definire a quale esigenze sociosanitarie rispondono le RSA anziani. Data quella risposta si può ragionare sul numero di posti letto. Non è molto utile allora ragionare sulle sigle, molto di più è farlo sulla quantità e la modalità di erogazione della risposta assistenziale. Pertanto, ci permettiamo di dire, che ogni ragionamento sulle RSA anziani che non tenga conto degli aspetti sopra indicati nasconde interessi di parte oppure pecca di superficialità.

Dunque a nostro avviso fondamentale è definire qual’è l’obiettivo di un servizio (e questo è stato indicato all’interno del PSR) e come si cerca di raggiungerlo (assistenza sociosanitaria); insieme a questo, la chiara definizione dei percorsi di ingresso, di permanenza e di eventuale dimissione. Determinato questo ha senso ragionare di numeri. E forse si potrà scoprire che il numero di posti letto (che possiamo chiamare RSA) che richiedono una assistenza sociosanitaria superiore a quella delle Residenza protette è ben superiore ai 1320 posti previsti. Definito che cosa connota una RSA si può e si deve ragionare sui luoghi (le strutture) che possono erogare questi servizi, fissando con chiarezza le competenze e le responsabilità del servizio sanitario nella erogazione delle prestazioni all’interno delle strutture.

Tutto questo può benissimo essere compreso all’interno di Linee guida regionali che possono da un lato aggiungere tutto quello che non è stato normato e dall’altro ripulire l’abbondante e contraddittoria normativa esistente. Dunque ogni ragionamento sulle RSA anziani ha necessità - lo ribadiamo - di essere compreso all’interno di una programmazione complessiva che ha un inizio nel sistema della riabilitazione e lungodegenza per arrivare fino alla cosiddetta lungoassistenza che comprende RSA e RP.

Fino ad oggi ciò non è stato fatto. Si continuano a chiamare RSA strutture che non lo sono e subdolamente le si lasciano funzionare come non dovrebbero, salvo poi dire che il loro numero è anche eccessivo. Il risultato che ad oggi su una popolazione ultrasessantacinquenne di circa 340.000 abitanti sono una manciata (poco più di 300) gli anziani non autosufficienti che possono ricevere una minima assistenza sociosanitaria.

Questo Comitato è disponibile ad un fattivo confronto su queste questioni, ma non può che rifiutare energicamente ogni soluzione che in un modo (incoerenza tra classificazione e funzione) o nell’atro (riduzione dei posti) continua a non dare risposte ai bisogni di persone che hanno necessità di adeguata assistenza sociosanitaria residenziale.


Cordiali saluti
il Comitato