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Intervento del Gruppo Solidarietà alla riunione della Conferenza dei Sindaci nella quale è intervenuto il Commissario Straordinario della ASL 5 sul tema "Strategie aziendali per l'integrazione sociosanitaria: riattivazione tavolo di concertazione"


Conferenza dei Sindaci 10 novembre 2003


Richiamiamo alcuni dei problemi che abbiamo posto in questi anni e che hanno avuto scarse o nulle risposte.


Sostegno alla domiciliarità
- Copertura assistenza infermieristica omogenea in tutta la Asl ed estensione oraria del servizio, secondo le indicazioni delle Linee guida regionali sulle cure domiciliari.
- Avvio della riabilitazione in ADI (diversa da quella in "ex art. 26"),
- erogazione del servizio di igiene alla persona (da non confondere con l'erogazione di qualche prestazione di questo tipo).


Prestazioni infermieristiche e domiciliari
- Si prenda ad esempio l'assistenza infermieristica e riabilitativa a domicilio. Quanti sono i malati che fino al giorno precedente, ricoverati presso strutture sanitarie, ricevevano prestazioni infermieristiche (vedi medicazioni piaghe da decubito) quotidiane, al rientro al domicilio, in identiche situazioni, ricevono lo stesso trattamento quotidiano?

- Intanto sui soggetti inseriti in ADI. Sono circa 762 gli ultrasessantacinquenni inseriti in ADI (I, II, III livello) pari al 3,29 della popolazione ultrasessantacinquenne. Di questi solo 7 (0,03%) appartengono al III livello (integrazione distretto-ospedale per pazienti ad assistenza complessa: oncologici, respirazione assistita, alimentazione parenterale, terapia del dolore); un dato che non può non far riflettere. O questi malati non ci sono o non usufruiscono delle prestazioni necessarie. L'altro dato ha come riferimento il numero di persone ultrasessantacinquenni parzialmente o totalmente non autosufficienti (2.263, circa il 10%). Non è chiaro quanti di questi soggetti, spesso gravemente malati, sono ospitati presso le strutture assistenziali (autorizzate, non dimentichiamolo e diciamolo con chiarezza, per i soli autosufficienti) del nostro territorio. Se il riferimento è desumibile dal numero di soggetti in ADI ricoverati nelle strutture (295 su 693), il dato pare discutibile; significherebbe che solo poco più del 40% delle persone ricoverate siano non autosufficienti o anche che una buona parte non sia inserita all'interno del servizio ADI. Sarebbe opportuno anche verificare con quali criteri le strutture definiscono la "parziale o totale non autosufficienza" e le conseguenti rette di degenza (aspetti che sarebbe, riteniamo, importante riprendere).


- Definizione di chiari percorsi per l'accesso alle prestazioni da parte degli utenti (si coglie l'occasione per richiamare ruolo e funzione delle UVD). Nel rapporto ospedale territorio.
- si continua peraltro a non capire qual'è la funzione dell'Unità Valutativa. Valuta in ammissione e in dimissione? Qual è il criterio di dimissibilità; in base a quale valutazione viene definito un programma di permanenza. Vede il malato o smista le diagnosi?


- Strutture residenziali ospedaliere ed extraospedaliere
Infinite volte, negli ultimi dieci anni, questa associazione ha richiamato alla direzione dell'azienda sanitaria 5 e alla Conferenza dei sindaci la grave situazione dei servizi di assistenza residenziale per adulti e anziani gravemente malati e non autosufficienti. Si tratta di una situazione di una gravità estrema che si continua con la massima lucidità e pervicacia a non voler affrontare; non lo si fa e ciò rende ancora più gravi le responsabilità (comprese, ovviamente, quelle regionali) perché gli utenti e i loro familiari sono così deboli da non essere in grado di difendersi e tutelare i loro interessi

Ci si trova di fronte ad un totale stravolgimento della normativa con un susseguirsi di funzioni improprie delle strutture in una completa incoerenza tra classificazione e funzione. In questo sistema a pagarne le tragiche conseguenze sono proprio i soggetti più gravi, totalmente dipendenti in tutte le funzioni, che si vedono, spesso brutalmente, scaricati, dopo un determinato tempo anche dalle RSA impropriamente e illegalmente utilizzate come lungodegenze ospedaliere. Anzi, più i soggetti sono gravi meno sembrerebbero avere bisogno di interventi sanitari, ritenendo che anche strutture assistenziali con qualche ora di infermiere per decine di malati non autosufficienti ricoverati possano essere adeguate per l'accoglienza di queste persone. Chiediamo e vorremmo una risposta: condizioni come ad esempio gli stati vegetativi permanenti o situazioni similari possono essere legittimamente ricoverati in strutture assistenziali (comprese le residenze protette)? Queste strutture sono in grado di garantire una adeguata assistenza sanitaria?
A questo si aggiunga che, sempre in violazione della normativa vigente, si ritiene che nei posti cosiddetti protetti presenti nelle Case di riposo di Jesi e di Cupramontana si possa ricoverare qualsiasi malato solo per il fatto che in queste strutture è presente una assistenza infermieristica e riabilitativa maggiore rispetto alle altre. Il fatto che la Asl intervenga finanziariamente con una quota del costo retta non legittima la dimissione verso questi presidi di qualsiasi malato non autosufficiente.
Lungodegenze per la gestione (a termine) della fase della post-acuzie; RSA per la "gestione di pazienti non autosufficienti, non curabili a domicilio, che si trovano in una condizione stabilizzata ma che richiedono una intensità assistenziale alta a causa della presenza di patologie croniche multiproblematiche. La durata della degenza è prolungata e può essere permanente, previa valutazione periodica delle UVD", Residenze protette (RP) per l'accoglienza, anche permanente, di "pazienti non autosufficienti cronici e stabilizzati con basso carico sanitario". Il PSR specifica che il "passaggio da un setting operativo all'altro deve avvenire sulla base del criterio delle necessità assistenziali e deve essere fondato su un piano di assistenza individuale, codificato e concordato tra i vari care giver. Il criterio del limite cronologico è puramente indicativo e non deve mai essere preposto, d'altronde come in ogni fase dell'utilizzo delle strutture sanitarie, alla valutazione clinica dello stato di salute del paziente".

E' chiaro che in questo quadro ribadiamo la non accettazione che i posti classificati come RSA da realizzare nel vecchio ospedale Murri seguano le orme dei 60 realizzati nelle strutture disattivate nel 1992. Ribadiamo inoltre che chiameremo al rispetto delle indicazioni del Manuale di autorizzazione del 2000.

Chiedevamo
- si informano i malati ed i loro familiari che il periodo di stabilizzazione deve essere fatto in strutture ospedaliere di lungodegenza (che hanno standard assistenziali ben diversi da quelli delle Rsa) e che dunque la funzione delle Rsa è ben diversa da quella della riabilitazione e lungodegenza post acuzie?
- Che nelle RSA non è scritto da nessuna parte che la degenza è limitata a 3 mesi, ma solo che alla scadenza del terzo mese, dopo valutazione, scatta il pagamento della quota alberghiera e che comunque la degenza può anche essere permanente?
- Che su indicazione del medico di reparto date condizioni assimilabili a quelle di un ricovero ospedaliero (che poi sono la maggior parte di quelli che superano i 90 giorni di ricovero), come indicato dalle note del direttore sanitario sopra riportate, la degenza può continuare ad essere a completo carico sanitario?
- Le UVD informano gli utenti che le nostre Case di Riposo (tranne che per qualche decina di posti letto autorizzati che comunque rimangono sempre strutture del settore sociale) non hanno l'autorizzazione per accogliere soggetti non autosufficienti, compresi i malati con patologia psichiatrica? Che nelle stesse ci sono standard assistenziali di fatto incompatibili con la gestione di gran parte dei malati ricoverati molti dei quali in condizione di estrema gravità.


Constatavamo
Ma ciò che lascia più perplessi è che alla grande solerzia volta alla riduzione dei tempi di degenza in tutte le strutture sanitarie (ospedale e residenze) non segue alcun effettivo sviluppo delle cure a domicilio. Viene anzi il dubbio che la soluzione più facile per tutti, quella insomma che crea meno problemi (anche economici in quanto la degenza - salvo rarissime eccezioni - è a completo carico dell'utente), sia proprio il ricovero nell'ospizio. In proposito avremmo piacere che si analizzasse: numero e motivo dei ricoveri ospedalieri e/o dell'invio al Pronto Soccorso dalle strutture assistenziali e i livelli di autosufficienza in ingresso in ospedale e in dimissione. Si ha la convinzione che la stragrande maggioranza dei ricoveri sarebbe evitato da un maggior livello di tutela sanitaria nelle strutture e che gran parte dei soggetti inviati in condizione di parziale o totale autonomia rientrino con un livello di autosufficienza fortemente ridotto rispetto all'ingresso

L'Azienda, continua così - benedetta dalla regione marche che in modo del tutto pilatesco fa finta di non sapere, sostenuta dal silenzio delle amministrazioni comunali del territorio che in questo modo ritengono di adempiere alla verifica del raggiungimento dei risultati di salute - a negare alle persone ammalate gli interventi di cui hanno bisogno, informando in modo del tutto scorretto utenti e familiari circa il funzionamento delle strutture, rendendosi peraltro responsabile di dimissioni verso regimi (domiciliare o residenziale) del tutto incompatibili con le condizioni dei malati. Ma informare correttamente mette in crisi il sistema e allora meglio non dire; così il sistema è salvo; se poi questo confligge con le esigenze e i diritti di alcuni utenti ciò non può rappresentare un problema anche per chi ha il compito istituzionale di provvedere alla tutela della salute della popolazione residente


Handicap
a) chiarezza sui tempi di attivazione della residenza per persone in situazione di handicap da realizzarsi presso il Comune di Morro D'Alba; nessuna scorciatoia con ricoveri presso le Case di Riposo, ma convenzioni con le comunità, in attesa della apertura delle nostre, vicine alle nostre (S.S. Quirico, Chiaravalle, ec…)
b) definizione della partecipazione al costo dei servizi attualmente erogati (Centri diurni e assistenza educativa) da parte dell'Azienda sanitaria. Inspiegabilmente i Comuni continuano a non pretendere la partecipazione al costo dei servizi; una partecipazione, ricordiamo, dovuta (del 105/96 sull'ADI e normative sulla integrazione socio sanitaria);
c) rinnovo dell'Accordo di Programma (scaduto il 31.12.2000) che oltre a definire le competenze economiche, dovrà ridefinire i termini della programmazione dei servizi, che permangono in una situazione di totale indefinizione
d) Rinnoviamo la richiesta a tutti i Comuni dell'Ambito di voler seguire le indicazioni contenute nella delibera del 18 gennaio scorso del Comune di Jesi, volta ad una prima applicazione del D. lgs 130/2000. Ribadiamo l'inaccettabilità che in un servizio associato vi siano regole diverse riguardo la partecipazione al costo dei servizi a seconda del comune di residenza.


Struttura Via Tabano
Collocazione struttura Via Tabano (autorizzata come struttura sociale, convenzionata con Asl, ricovera malati psichici in diverse fasi della malattia, prevede quota di partecipazione alla spesa). Funzione della casa di cura "Villa Jolanda".

Alzheimer
Del tutto assente è ogni tipo di risposta ai bisogni di questi malati e alle loro esigenze.


Concludiamo
Queste sono alcune delle questioni che abbiamo posto e che continueremo a porre nel futuro se non si cercherà di dare adeguata risposta a bisogni ed esigenze di malati spesso molto gravi. Cercheremo di farlo in tutti i modi consentiti.



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