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Riforma della scuola e selezione (torna all'indice informazioni)
Questo si legge in "Lettera ad una professoressa", libro ormai dimenticato (anche dai Sessantottini) di Don Milani. La selezione (e la sua, logica, conseguenza: l'esclusione) è da intendere come discriminazione sociale che costringe ragazzini di 12 anni a scelte premature che li incanalano in due uniche direzioni: le scuole superiori e le scuole professionali (apprendistato), che, nella scala gerarchica dei valori rappresentano rispettivamente potere e forza lavoro. Chi in seconda media non sceglie i corsi attitudinali può difatti considerarsi tagliato fuori - checché ne dicano la Moratti e i suoi servi sciocchi - dalla possibilità di accedere a studi lunghi. Le statistiche - impietose! - affermano due dati inquietanti: le bocciature sono più frequenti fra gli allievi di ceto medio-basso; e il 73% di chi studia al liceo proviene da classi sociali agiate. Il successo scolastico è ancora, indissolubilmente, legato all'origine sociale degli studenti, mettendo in crisi tutti quei bei discorsi sulla democratizzazione dell'accesso agli studi, della scuola come possibilità di ascesa sociale, del diritto allo studio garantito, ecc. di cui blateriamo (un po' tutti) da anni. La scuola statale (o "paritaria" ma . è un concetto sociologico che non mi piace e che . non condivido!) sembra essere incapace di offrire uguali possibilità ai suoi giovani - ancora discriminati come lo erano i ragazzi che Don Milani accoglieva nella sua scuola di Barbiana, tanti anni fa in un' Italia contadina e nel pieno della Contestazione studentesca. La selezione meritocratica nella scuola si manifesta in vari modi. A volte impercettibili e subdoli e sono noti con il termine, asettico, di abbandoni. Oltre ai livelli e alle media del 4.65 alla Scuola Media, in prima liceo circa il 25% degli iscritti boccia, e la metà di chi inizia non arriva alla maturità. In quarta liceo vige poi la legge della doppia compensazione, una norma assurda che calcola doppio il valore dei voti insufficienti: ma che razza di concezione pedagogica è quella che valorizza unicamente i fallimenti di un allievo? Una scuola che uccide la passione e l'intelligenza, e che tratta i ragazzi come oggetti da inserire nel mercato del lavoro: è questa purtroppo la scuola che si va delineando. Non aiutano, ovviamente, i tagli previsti dalla Moratti, che riducono le offerte culturali, che aumentano il numero di allievi per classe, che riducono (o sopprimono) le lezioni di recupero fomentando il business delle lezioni (e delle scuole) private, a cui ricorre un numero ingentissimo di scolari. Storicamente abbiamo un allentarsi della selezione fra gli anni '60 e '70, quando cioè all'economia privata occorreva una manodopera qualificata e - sulla spinta della contestazione giovanile e con l'intento di "cavalcarla" - si procedette alla creazione delle scuole e delle università di massa. Negli ultimi anni, però, si assiste ad un progressivo aumento della selezione sociale, al punto che mi sembra di poter affermare che, la via dell'avviamento professionale "precoce", sia quella più gettonata dai giovani di modesta estrazione sociale eliminati da un lato dalle forti barriere all'entrata degli studi lunghi e dall'altro dall'acuirsi delle diseguaglianze economico/sociali. E' in questo contesto socio/politico futuro che - a parer mio - sono state formulate - dal gruppo "ristretto" presieduto dal prof. Bertagna - le Indicazioni Nazionali che - come chiarisce Silvio Criscuoli - (.)" non precisano ciò che un singolo allievo deve fare o saper fare ma gli strumenti didattici che le istituzioni scolastiche e i docenti sono obbligati, deontologicamente, ad usare nell'ottica dell'accountability (.)" ovvero nell'ottica del rendere conto - ottenendone il placet - alle famiglie. Nelle italiche scuole si parla, ormai - come scrive una collega -, con dei
termini aziendali: marketing, risorse, reclami, certificazione delle procedure
ecc ... con tanto di schermo e computer. Tutti paiono affascinati (almeno sembra)
da queste presentazioni in power point formulati con la tecnica - ed il linguaggio
- del marketing. Direi soggiogati perché impreparati ad affrontarle.
<BR> - valutare l'efficienza e l'efficacia del sistema di istruzione nel suo complesso
ed analiticamente, inquadrando la valutazione nazionale nel contesto internazionale;
Il rapporto rileva inoltre che: >> il monitoraggio e la valutazione interna (autovalutazione) sono attuati dal 86,8%,delle scuole, soprattutto al Nord; >> queste attività si compiono con una commissione interna nel 58,55% dei casi, da una singola persona nel 20,9%,con cadenza annuale nel 56,7% dei casi, in itinere nel 29,45 e ogni due anni solo nel 4,8%; >> il Dirigente scolastico è responsabile diretto dell'attività nel 7,9% dei casi, mentre intervengono soggetti esterni solo nel 2,4%; Questioni aperte e quesiti impertinenti 1. tutta l'operazione - durata tre anni - ha coinvolto sufficientemente i docenti e gli studenti? 2. perché le prove rilevano certe competenze e non certe altre? 3. che uso il Ministero e l'INVALSI faranno dei risultati? 4. si terrà conto dei suggerimenti che le scuole invieranno all'INVALSI? 5. I Nuclei di Valutazione interni alla singola istituzione scolastica [2], quali si vanno prospettando nella nuova legge sugli OO. CC., sono una struttura adeguata a consentire a tutte le scuole di svolgere l'autovalutazione d'istituto? A me sembra che dovrebbe essere maggiormente curata la "condivisione di senso" da parte dei soggetti interessati: istituzioni scolastiche autonome e, soprattutto, i docenti. In difetto di ciò, infatti, la qualità della collaborazione non potrà che essere scadente, a tutto scapito dell'attendibilità e dell'utilizzabilità dei risultati. La "fretta" con la quale il MIUR ha "licenziato" il decreto legge mi sembra - ahimé - confermare questo timore. [2] Scelti, spesso, con criteri di assoluta discrezionalità dal dirigente/manager senza tenere in alcuna considerazione il parere del Collegio docenti e le professionalità acquisite (e documentate).<BR>
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