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Consulta nazionale del Volontariato presso il Forum Permanente del Terzo Settore

La riforma della legge sul Volontariato: metodo e contenuti per
l’autonomia, la gratuità, le reti, la sussidiarietà, la solidarietà e la cittadinanza.

Chiediamo ancora un percorso partecipato, unitario, parlamentare,
di conferma dei principi e dell’esperienza della 266/91

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1) I fatti di questi giorni

Con atto unilaterale (art. 17 Disegno di legge del Governo all’esame al Parlamento e che sarà unificato al Decreto Legge sulla competitività economica con l’apposizione del voto di fiducia) il Governo Italiano intende introdurre modifiche alla legge 266/91 che comporteranno gravi conseguenze per il volontariato italiano.
Infatti dopo l’ultimo incontro dell’Osservatorio nazionale del novembre 2003 sulla proposta di riforma della legge sul volontariato, si è appreso che l’11 e il 18 marzo 2005 che il Governo ha approvato due disegni di legge che riformano la 266/91.
Nel primo, sullo sviluppo dell’economia e sulla competitività, nell’ultimo articolo si modifica la parte della legge 266/91 che riguarda i Centri di servizio, una delle maggiori innovazioni nel mondo del volontariato sperimentate in questi anni. Tale disegno di legge sarà trasformato in maxi emendamento che il Governo proporrà nella conversione in legge del Decreto Legge del Governo sui medesimi temi (del 11 marzo 2005). Tale conversione in legge avverrà nei primi giorni di maggio e comunque entro il 13 maggio 2005.
L’articolo sui CSV di questo disegno di legge riprende la proposta della Sen. Grazia Sestini, sottosegretaria al Lavoro e politiche sociali, già molto criticata dal mondo del volontariato nel novembre 2003, e una proposta sul servizio civile nazionale volontario elaborata dal Ministro Giovanardi e mai discussa e presentata alle organizzazioni di volontariato e all’Osservatorio nazionale del volontariato, luogo istituzionale deputato al monitoraggio dell’esperienza del volontariato.
Nel secondo disegno di legge sono raccolte le modifiche alle altre parti della legge 266/91, riprendendo quasi tutta la proposta presentata dalla Sottosegretaria Sen. Grazia Sestini nel novembre 2003. questo disegno di legge presentato al Parlamento verrà discusso insieme agli altri progetti di legge presentati sul medesimo tema da diverse forze politiche.


2) Un percorso da non dimenticare

Il volontariato italiano con l’autoconvocazione di Roma del 20 aprile 2002 ha riaffermato la validità generale della legge 266/91 apportando gli adeguamenti, necessari dopo 14 anni dalla sua promulgazione, motivati dagli sviluppi, dalle esperienze, e dalla nuova realtà. Queste le proposte di modifica allora emerse:
* una presa di posizione chiara a favore del mantenimento della l. 266/1991: per difendere la specificità del volontariato, per arginare la deriva economicistica della società
* una altrettanto netta contrarietà verso ogni tentativo di riordino, sistemazione, semplificazione della legislazione del Terzo settore attraverso un Testo Unico che rischierebbe di omologare il volontariato alle altre espressioni del privato sociale, sottraendogli l’identità, la specificità, l’originalità. Deve essere forte, invece, la richiesta di una disciplina differenziata per il volontariato
* un chiaro rifiuto dello strumento della delega al Governo a favore di una discussione parlamentare: l’unica rispondente al carattere trasversale del volontariato, al pluralismo di valori culturali, politici ed etici di cui è portatore
*la necessità di confrontarsi con la riforma del titolo V della Costituzione (l. cost. 3/2001)
*la necessità di inserirsi nell’attuale quadro di rinnovata politica sociale, i cui tratti salienti emergono dalla legge di riordino dei servizi sociali (l. 328/2000).
*prevalenza dei diritti della persona rispetto al diritto di impresa
*solidarietà, da intendersi come «modo di essere della persona» e non riduttivamente come gratuità monetaria, in funzione di argine al mercantilismo dilagante
*promozione della relazionalità
*valorizzazione dell’autonomo ruolo progettuale del volontariato e di anticipazione nella risposta ai bisogni
*affermazione del ruolo del volontariato come soggetto politico e non partitico
*diffusione di valori etici
*consapevolezza che la l. 266/1991 si riferisce esclusivamente al volontariato organizzato
*potenziamento della funzione di promozione del volontariato e della cultura della solidarietà attraverso interventi progettuali dei Centri di Servizio per il Volontariato e di sostegno anche economico ai progetti innovativi di intervento sociale del volontariato (cfr. Comunicazione Turco)
Inoltre si era ritenuto necessario un approfondimento delle seguenti tematiche:
*mantenimento e preservazione della connotazione gratuita dell’attività di volontariato (i rimborsi spese previsti dalla 266/91 potrebbero essere semplificati nelle procedure (cfr. art. 2); altro problema riguarda i dirigenti e/o presidenti delle OO. VV. ai quali potrebbe essere esteso l’istituto del distacco già previsto dall’art. 31 della l. 300/1970 (Statuto dei lavoratori) per i lavoratori che ricoprono cariche pubbliche e sindacali elettive (cfr. art.17) prevedendo la possibilità di un'indennità alla perdita di reddito che così si determina.)
*difesa della marginalità dell’attività produttiva e commerciale che le OO.VV. possono svolgere (cfr. art. 5) e conseguente rifiuto dell’idea che le OO.VV. possano partecipare a gare d’appalto
*riconoscimento dei coordinamenti e delle federazioni delle organizzazioni di volontariato e creazione di un registro nazionale delle OO.VV. piuttosto che di un’anagrafe nazionale che rischierebbe di assolvere ad una mera funzione di censimento delle OO.VV.
*esaltazione dell’apporto originale e progettuale del volontariato, garantita attraverso le proposte di modifica dell’art. 7 che rafforzino la partecipazione delle OO.VV. alla programmazione e progettazione dei servizi, «rilanciando» lo strumento della convenzione come meccanismo specialmente previsto per le OO.VV. che intendano anche erogare servizi
*proporre una rilettura dell’art. 13 e della sua applicazione che faccia chiarezza sulla realtà dei volontariati che operano nell’ambito della protezione civile, nelle emergenze e nell’ambito internazionale, che per altro hanno anche legislazioni proprie
*richiesta di maggiori agevolazioni fiscali (cfr. art. 8)
*riprendere le conclusioni del dibattito avvenuto a Foligno in relazione alla composizione e alle funzioni dell’Osservatorio Nazionale del Volontariato; prevedere per l’Osservatorio stabili rapporti oltre che con gli organi dello Stato, con la Conferenza Stato-Regioni, con l’Agenzia delle ONLUS, e con tutti gli organismi che si occupano di volontariato all’interno dei vari Ministeri e delle Regioni; definire i suoi rapporti con i Centri di Servizio (v. art. 12)
*mantenimento dell’art.15 migliorandone l’applicazione attraverso: l’introduzione di meccanismi di perequazione del fondo tra le diverse aree del paese; consentire nell’utilizzazione del fondo una programmazione delle attività di più ampio respiro temporale e più adeguata alle necessità evitando dannose discontinuità; promuovere la più ampia e rappresentativa partecipazione delle organizzazioni di volontariato nella gestione dei Centri di Servizio; garantire, nella massima chiarezza amministrativa e gestionale, la continuità delle strutture, delle competenze professionali e dell’erogazione dei servizi; individuare, preferibilmente attraverso l’Osservatorio nazionale del volontariato, modalità condivise di monitoraggio e valutazione dell’attività svolta dai Centri di Servizio.

Tali proposte sono state fatte proprie e sostenute dal Gruppo di lavoro sulla riforma della legge 266/91 della III conferenza nazionale del volontariato di Arezzo del 2002 che ha redatto uno specifico e preciso documento.

In difformità con tali posizioni e percorso il Governo, tramite il Sottosegretario Senatrice Sestini, dichiarò l’intenzione di modificare, anche in disaccordo con le organizzazioni di volontariato presenti nell’Osservatorio Nazionale l’articolo 15, spostando la gestione di parte degli accantonamenti dai centri di servizio ai comitati di gestione. Il Sottosegretario Sestini assicurò comunque l’Osservatorio Nazionale che il disegno di legge complessivo, contenente tale modifica, sarebbe stato aperto al confronto e al contributo del Parlamento.

Oggi, disattendendo tale impegno e rafforzando un metodo di rapporto con il volontariato che non prevede partecipazione e concertazione, vuole imporre una modifica che sottrae ai CSV la gestione del 50% degli accantonamenti. Parte di tali somme dovrebbe coprire la assoluta insufficienza di stanziamenti, nel bilancio dello Stato, per realizzare il servizio volontario civile nazionale. Il servizio civile è una priorità nazionale, è la forma concreta di cittadinanza attiva di ragazze giovani alla vita della comunità nazionale e senza stanziamenti adeguati non sarà realizzato.
Il volontariato italiano è assolutamente contrario a tale provvedimento e chiede lo stralcio dell’articolo 17 del Disegno di Legge.
L’intera materia deve essere esaminata nell’ambito delle modifiche complessive della 266/91, per le quali, per altro, il disegno di legge del Governo non recepisce alcuni punti decisivi concordati nell’Osservatorio Nazionale del Volontariato.
Parallelamente ed in rapporto con il dibattito parlamentare il volontariato italiano intende istituire un rapporto positivo per le programmazioni delle priorità negli investimenti sociali sul territorio con le fondazioni bancarie dal quale potrebbero venire positive indicazioni di modifica dell’articolo 15.


3) Un metodo non accettabile, che separa e impedisce partecipazione e dibattito

Il governo propone due processi di riforma della 266/91: da una parte i CSV nel decreto su cui porrà la fiducia e dall’altra tutta la legge sul volontariato.
E’ inaccettabile che il Governo abbia scelto di effettuare la riforma di una parte della legge sul volontariato, attività a valenza non commerciale e gratuita per principio e definizione, separata dal resto, con un decreto sulla competitività e per lo sviluppo dell’economia.
Noi invece chiediamo, come già facemmo a Roma nell’incontro nazionale autoconvocato del volontariato nell’aprile 2002, un percorso parlamentare, partecipato e unitario per la riforma della legge. Un percorso che possa coinvolgere il volontariato e tutti suoi interlocutori come il terzo settore, le istituzioni, le fondazioni di origine bancaria, il mondo del profit, le forze politiche. Scegliendo di trattare una parte della riforma in un decreto legge sullo sviluppo dell’economia si riduce la partecipazione e la necessaria unitarietà del processo di riforma.
Con questa scelta di decide di separare la riforma dei centri di servizio per il volontariato dal resto della legge sul volontariato, quindi di separare l’esperienza dei centri da quella del volontariato. Significa ignorare il processo che ha portato 5.000 organizzazioni di volontariato ad essere socie dei centri, significa andare nella direzione opposta della legge 266/91 che ha individuato i centri come soggetto a disposizione del volontariato, da esso realizzato e governato per sostenere e qualificare il suo sviluppo, in piena applicazione del principio di sussidiarietà. Trattare le risorse a disposizione del volontariato attraverso i centri in una legge diversa da quella del volontariato significa diminuire il legame tra queste risorse e il volontariato stesso.
Chiediamo che l’art. 17 del disegno di legge sulla competitività e sviluppo economico che riguarda la riforma di una parte della legge 266/91 sia estrapolato e reinserito nel disegno di legge su tutta la legge sul volontariato.


4) L’autonomia del volontariato presupposto indispensabile per sussidiarietà e solidarietà.

Noi intendiamo il volontariato come uno dei soggetti che interpretano quell’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà, riconosciuta dalla Costituzione nell’art. 118 e come espressione di quell’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale indicato nell’art. 2 della costituzione.
L’autonomia nella corresponsabilità è quindi uno dei tratti fondamentali che chiediamo guidi la riforma della legge 266/91 per un volontariato consapevole e corresponsabile.

Nella proposta di riforma del Governo si afferma ancora come nell’attuale 266/91 che “La Repubblica […] riconosce il valore sociale e favorisce la funzione dell’attività di volontariato come espressione […] e ne favorisce l’apporto originale per il conseguimento delle finalità di carattere sociale, civile e culturale individuate dallo Stato, dalle Regioni, dalle Provincie autonome di Trento e di Bolzano e dagli enti locali.” Come espresso negli anni precedenti chiediamo che venga cancellata il vincolo sulle finalità riconducendole a quelle individuate dalle istituzioni, semmai sostituito da quello dell’interesse generale e dai doveri di solidarietà costituzionali.

Chiediamo che all’art. 1 si introduca un comma che espliciti il diritto delle organizzazioni di volontariato a partecipare ai processi di programmazione delle politiche delle istituzioni inerenti gli ambiti di attività del volontariato in virtù del principio di sussidiarietà e di responsabilità sociale, e dei suoi ruoli di advocacy e di soggetto costitutivo della comunità e delle stesse istituzioni. A questo proposito condividiamo le modifiche proposte dal Governo all’art. 12 in merito all’Osservatorio, che rendono più adeguato questo strumento del rapporto tra volontariato e istituzione.

La proposta di modifica dell’art. 15, introdotta dall’art. 15 del primo disegno di legge, ipotizza un sistema che riduce l’autonomia del volontariato nell’indirizzo del suo sviluppo e nella determinazione dell’utilizzo delle risorse ad esso destinate. Infatti la proposta destina solo il 50% dei fondi all’attività dei CSV governati dal volontariato, mentre la restante parte è affidata ai Comitati di gestione, i cui componenti sono a maggioranza delle fondazioni di origine bancaria, per finanziare i programmi di attività delle organizzazioni di volontariato e per sostenere progetti di servizio civile volontario. In questo modo si affida il ruolo di indirizzo e promozione del volontariato ad un nuovo soggetto dove il volontariato è in minoranza (4 su 15), che si trova a svolgere contemporaneamente il ruolo controllore e di attore, controllando se stesso. In qualche modo si può affermare che si crea un nuovo “centro di servizio” in ogni regione, con sovrapposizione di compiti e utilizzo di risorse per sostenere la nuova struttura.
Con questa proposta si perpetuerebbe una scelta opposta a quello che sta avvenendo. Infatti in moltissime regioni, volontariato, CSV, fondazioni e comitati di gestione stanno collaborando in azioni di sostegno anche economico dei progetti di attività del volontariato, con percorsi condivisi e trasparenti, con regole ufficiali e pubbliche, con commissioni miste o gruppi di progettazione partecipati, dove però il volontariato, soggetto gestore dei CSV, non abdica alle scelte per il suo sviluppo. Nel solo 2003 il sistema dei CSV (dati su solo 56 dei 71 Csv istituiti nel 2003) ha destinato a quest’attività 10.346.603,67 €, con una crescita del 56,4% sul 2002 e pari al 25% delle risorse disponibili. Invece di seguire alcune positive sperimentazioni si sceglie di creare un’ulteriore sovrastruttura che assorbirà inevitabilmente altri costi. Già oggi molti Comitati di Gestione si trattengono per il loro funzionamento il 10% dei fondi dell’art. 15.
Consolidare e modellizzare questa esperienza costituisce un esempio di sussidiarietà, evitando di creare nuove sovrastrutture e nuovi costi, ma consolidando ed integrando l’esperienza di sostegno e valutazione dei progetti realizzata in questi anni dai CSV e dalle Fondazioni di origine bancaria. In questo modo si sostiene la capacità progettuale del volontariato, migliorando anche la sua capacità di accedere alle risorse del profit e dei sistemi di donazioni incentivati dalla nuova normativa di agevolazioni fiscali e dalle politiche di responsabilità sociale delle imprese. Un sostegno integrato consistente in un mix di servizi e sostegni economici può essere veramente un volano allo sviluppo del volontariato. Bisogna salvaguardarne però l’integrazione e l’autonomia nell’indirizzo.
Queste collaborazioni possono inoltre facilitare e promuovere la collaborazione tra fondazioni e volontariato, entrambi soggetti del terzo settore e della sussidiarietà.
Questo avviene nel momento in cui la Consulta del Volontariato sta avviando un rapporto positivo con le Fondazioni Bancarie e con la loro rappresentanza (ACRI) al fine di raggiungere una collaborazione per l'individuazione di indirizzi comuni per gli investimenti sociali nel territorio e per gli accantonamenti da mantenere al volontariato, proprio in ragione dell’appartenenza comune al terzo settore, come soggetti originati dall’autonoma iniziativa dei cittadini per l’interesse generale in applicazione dei principi di sussidiarietà e solidarietà. Un modo comune e innovativo per attuare i doveri costituzionali di solidarietà richiamati dalla nostra Costituzione.

Tra l’altro si decide di investire di questo ruolo proprio i Comitati di Gestione che ad oggi, come affermato da CSV.net nella presentazione ufficiale di gennaio, hanno effettivamente erogato ai CSV solo il 36% dei fondi che per legge dovrebbero essere a disposizione dei CSV per qualificare e sostenere il volontariato. Infatti rispetto ai 462 milioni di euro accantonati dalle fondazioni fino ai bilanci consuntivi del 2002, solo 135 sono stati erogati ai CSV per utilizzarli nelle azioni a sostegno del volontariato.


5) Si vogliono utilizzare i fondi già destinati al Volontariato per sostenere il fondo nazionale del servizio civile volontario realizzato con legge dello stato

La proposta del Governo aggiunge un particolare mai dibattuto con il volontariato e con l’Osservatorio nazionale: il 50% dei fondi dell’art. 15 governato dal Comitato di gestione, verrebbe assegnato anche al fondo nazionale per il servizio civile per la realizzazione di progetti presentati da organizzazioni di volontariato iscritte ai registri. Questa proposta è per noi non accettabile in quanto il servizio civile è uno strumento di cittadinanza attiva previsto da una legge dello stato. Siamo contrari ad utilizzare risorse private delle fondazioni, già tra l’altro destinate per legge al volontariato per sostenere funzioni pubbliche attribuite ad istituzioni pubbliche, riassegnando al volontariato in forma diversa quanto ad esso già messo a disposizione, passando tra l’altro per un fondo nazionale a gestione ministeriale. Tra l’altro le finalità del servizio civile sono sicuramente vicine al volontariato ed interagenti con esso, ma i due concetti sono differenti e sicuramente il servizio civile non rientra nelle finalità della legge 266/91.


6) Si vuole interrompere l’esperienza dei Centri di Servizio?

L’applicazione della proposta del Governo e l’attuazione dell’atto di indirizzo del Ministero dell’Economia dell’aprile 2001 ha un risultato chiaro: la chiusura dei Centri di servizio per il volontariato che infatti si troverebbero ad usufruire solamente del 25% delle risorse attuali. Infatti nonostante il pronunciamento del TAR del Lazio e del Consiglio di Stato che sospendevano il provvedimento dell’allora Ministro Visco, la maggior parte delle fondazioni di origine bancaria sta già mettendo a disposizione dei CSV solo il 50% delle risorse. L’entrata in vigore del disegno di legge del Governo le dimezzerebbe ulteriormente. A quel punto si concluderebbe sostanzialmente un’esperienza che ha portato all’istituzione in tutta Italia e allo sviluppo dei CSV.
Noi riteniamo inaccettabile questo esito che vanificherebbe una delle esperienze più significative dell’attuazione della legge sul volontariato, sostenuta dai positivi giudizi espressi dal mondo del volontariato, un diritto per le numerose organizzazioni di volontariato che con fatica dopo anni di attesa avevano cominciato ad usufruire dei servizi e dei sostegni previsti.
Tagliare in questo modo le risorse a sostegno del Volontariato o limitarne l’autonomia decisionale significa colpire ulteriormente lo stato sociale e il sistema integrato degli interventi che contribuiscono a realizzare le risposte della comunità e della Repubblica ai bisogni dei cittadini, secondo quanto indicato dalla nostra Costituzione. La Consulta Nazionale del Volontariato rileva che questa norma, se approvata dal Parlamento, creerà gravi difficoltà alle associazioni di volontariato che oggi più che mai, per il ruolo svolto dal volontariato nell'ambito dell'assistenza sociale, sanitaria, ambientale e culturale, anche con servizi complessi e qualificati, ha maggiore necessità di una formazione continua per gli operatori volontari e per i propri dirigenti e di una adeguata ed efficace assistenza tributaria, amministrativa e fiscale delle proprie associazioni.


7) Promuovere e sostenere le reti del volontariato

Una delle principali richieste di aggiornamento della legge 266/91 è quella relativa al riconoscere e promuovere le reti, le federazioni e i coordinamenti del volontariato ai diversi livelli locale, regionale e nazionale. La proposta del secondo disegno di legge contiene il riconoscimento dei coordinamenti, ma rispetto al testo discusso nel novembre 2003 omette totalmente l’importante strumento del registro nazionale, previsto tra l’altro dalla legge sull’associazionismo di promozione sociale in vigore.
Su questo tema c’era stato anche il dibattito molto controverso sulla possibilità di rimborsare il mancato guadagno ai dirigenti di organizzazioni di volontariato, federazioni, coordinamenti nazionali. Su questo punto alcuni avevano ipotizzato alcune soluzioni che riteniamo debbano essere discusse nel dibattito parlamentare.
Rimane il problema di come sia opportuno per il volontariato ribadire la necessità della gratuità e della vicinanza al territorio e alla comunità locale e contemporaneamente trovare forme che senza abdicare ai principi gli permettano di essere un soggetto forte e significativo in diverse tematiche che lo vedono già coinvolto o comunque proficuamente coinvolgibile, soprattutto ai livelli regionali e nazionali di programmazione delle politiche.


8) La democraticità interna del volontariato

Un dibattito diversificato coinvolge anche la deroga proposta dal Governo sul tema della democraticità degli organi sociali, altro argomento sul quale sarà necessario un approfondimento in sede di dibattito. Il principio di democraticità è fondamentale e deve essere opportunamente ribadito come garanzia di autonomia del volontariato da soggetti esterni. Vi sono alcuni casi nei quali i soci scelgono di inserire negli organi sociali collegiali alcuni membri di diritto di soggetti o enti che ritengono significativi per la propria organizzazione. Si tratta di individuare forme che permettano tale scelta che però non alterino l’autonomia del volontariato. La scelta della deroga autorizzata dal Ministero non appare la più funzionale e corretta in quanto demanda ad un’interpretazione dell’istituzione senza indicarne i criteri.


9) Il dibattito sulle tipologie di entrata e sulla differenziazione con le forme più gestionali e imprenditoriali del terzo settore

La proposta di riforma dell’art. 5 nel secondo disegno di legge amplia opportunamente le possibilità di entrate. Diviene però necessario affrontare il tema della specificità dello strumento organizzazione di volontariato rispetto ad altre forme più imprenditoriali del terzo settore come in parte l’associazionismo di promozione sociale, la cooperazione sociale, gli enti religiosi, … Infatti alcune voci di entrata previste come quelle alle lettere f) “entrate derivanti da convenzioni” e i) “ogni altra entrata, finalizzata al raggiungimento degli scopi di cui all'articolo 1 comma 1” forse andrebbero opportunamente limitate dalle caratteristiche intrinseche dell’attività di volontariato e quindi dell’organizzazione indicate negli art. 1 e 2, onde evitare sovrapposizioni e competizioni con altre forme terzo settore. Appare il rischio di considerare l’azione del volontariato come prestazione di attività remunerabile all’organizzazione e non come attività da sostenere rimborsando tutte le spese necessarie all’organizzazione per esistere e per permettere, qualificare, organizzare, tutelare l’azione del volontario comunque gratuita. Oltre allo snaturamento delle caratteristiche extra-mercato del volontariato, queste aperture rischiano di alimentare un conflitto con le componenti del terzo settore con caratteristiche di impresa sociale.


10) Diritto reale al volontariato e ai CSV su tutto il territorio nazionale

L’esperienza di questi anni ha testimoniato come sia necessario porre l’attenzione sulla necessità che in tutte le regioni italiane vi sia un reale diritto al volontariato, con risorse e strumenti adeguati e proporzionali. Tale affermazione nasce dal considerare il volontariato uno di quei diritti civili e sociali per i quali la nostra Costituzione prevede la definizione di livelli essenziali garantiti su tutto il territorio nazionale (cfr. art. 117 comma 2 lettera m). In questo senso condividiamo quanto inserito nella prima parte dell’art. 17 del primo disegno di legge, inserendo un meccanismo perequativo dei fondi da destinare ai Centri di Servizio. Potrebbe essere opportuno individuare una modalità più automatica e gestita anche dalle parti in causa e non solo dal Ministero che potrebbe, in un’ottica di sussidiarietà subentrare con potere sostitutivo. Si potrebbe anche individuare una modalità per rendere tracciabile e visibile la provenienza del contributo che viene utilizzato per la perequazione evidenziando il soggetto che mette a disposizione le somme. Rimane comunque la necessità di un meccanismo perequativo, superando quello odierno non applicato da molte fondazioni.


11) Necessità di riordino complessivo del non profit alla luce di tratti comuni e differenze

Il sistema del non profit oggi è notevolmente cambiato dagli anni 90’ nei quali si è iniziato a definirne una configurazione normativa. Da quegli anni numerose sono state le leggi che hanno riconosciuto differenti soggetti di questa realtà e che hanno individuato diversi meccanismi di agevolazione fiscale. E’ ancora in discussione in verità la normativa ipotizzata per l’impresa sociale. Solo recentemente la riforma civilistica del diritto societario ha riordinato quella parte di non profit più imprenditoriale. Ora è necessario fare altrettanto per quello di tipo più associativo per fare chiarezza e per permettere una maggiore funzionalità. Tale riordino civilistico potrebbe costituire l’occasione per favorire uno sguardo più complessivo al mondo del terzo settore, facendo in modo che anche dal punto di vista normativa si faccia maggiore chiarezza sui tratti comuni semplificando gli esiti di un processo non uniforme, ma nello stesso tempo sottolinei le differenze identificando con chiarezza le diverse opportunità e soggettività.