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Da La Repubblica 22 marzo 2005
Questa non e' eutanasia

di UMBERTO VERONESI

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TUTTO il mondo guarda alla storia di Terri Schiavo con trepidazione e commozione e la maggior parte la vive come un nuovo, clamoroso, esempio di eutanasia: un´altra occasione dunque per scatenare il dibattito etico, filosofico, giuridico, e ora anche politico, sulla questione se sia giusto o no appoggiare il principio della buona morte.
Lo stato vegetativo in cui si trova Terri Schiavo è una situazione intermedia tra la vita e la morte che divide i medici Ma l´eutanasia è un´altra cosa
In Florida un caso limite dal punto di vista della scienza
- la scienza: C´è accordo nel dire che c´è morte quando le funzioni cerebrali sono irreversibilmente compromesse
- la "dolce morte": Eutanasia significa assecondare la libera volontà espressa da un malato di porre fine alla sua esistenza.

Ma sul piano della scienza e della medicina c´è un equivoco che mi vedo costretto a sottolineare, nonostante segua anch´io con grande angoscia la vicenda americana.
Quello di Terri non è un caso di eutanasia. Sull´onda emotiva, sollevata dal fatto di cronaca ma anche dal rincorrersi delle dichiarazioni dei "grandi della terra", pochi hanno pensato di ascoltare e riportare attentamente la voce della scienza. E la scienza ci dice che eutanasia significa assecondare la libera volontà espressa da un malato di porre fine alla sua esistenza quando si verifichino alcune condizioni che la rendono insopportabile. Si tratta dunque della massima espressione del diritto dell´individuo all´autodeterminazione e alla libertà di pensiero circa la propria vita e la propria morte. E´ ovvio che nel caso di Terri questo diritto non può purtroppo essere esercitato. E dunque la questione si deve spostare dall´eutanasia a quella, forse ancor più complessa, della fine della vita.
Dal punto di vista scientifico oggi c´è accordo nel decretare che la morte di una persona avviene quando, le sue funzioni cerebrali sono irreversibilmente compromesse. Tant´è che in questo caso è consentito il prelievo degli organi dalla legislazione italiana.
Esistono però delle situazioni intermedie fra la vita e la morte, come quella dello stato vegetativo permanente di Terri, in cui sono compromesse solo le funzioni superiori che consentono la vita di relazione. Il problema diventa pertanto quello di decidere fino a che punto le terapie messe in atto per mantenere questo stato di vita puramente vegetativa, sono da considerarsi una forma di accanimento terapeutico o no. È una problematica complessa e delicata che, quand´ero ministro della Sanità, ho affidato al parere di una commissione di esperti, medici e giuristi che preparò nel 2001 un documento che ha fornito conclusioni molto significative.
Il testo finale di quel documento afferma che lo stato vegetativo permanente deve essere accertato da una commissione medica, sulla base di una osservazione prolungata, per il tempo necessario secondo gli standard scientifici riconosciuti a livello internazionale.
L´idratazione e la nutrizione artificiali degli individui in stato vegetativo permanente possono essere interrotte solo dopo che la commissione medica abbia accertato la condizione di irreversibilità. Su ogni proposta di sospensione dell´idratazione e della nutrizione artificiali degli individui in stato vegetativo permanente la commissione medica deve esprimere il suo parere: deve essere infine rispettata la procedura di autorizzazione del tutore secondo le norme vigenti per gli atti di straordinaria amministrazione. Il valore del documento non è solo tecnico. È un esempio concreto di come, al di là della comprensibile emozione, e soprattutto al di là della babilonia comunicativa e della sua facile strumentalizzazione, il rigore del pensiero razionale scientifico può, e io credo deve, indicare dei percorsi, chiarire il significato delle parole e aiutare la società a capire ed affrontare le situazioni anche più drammatiche come la fine della vita. Anche quella di Terri Schiavo.