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Comunicato stampa

Spese necessarie, spese utili, spese inutili e inutili sprechi.
Quando a pagarne le conseguenze sono le fasce deboli ovvero chi non è capace di difendersi da solo

Nell'ultimo mese abbiamo seguito la vicenda della nomina del direttore della zona sanitaria 5 di Jesi e negli ultimi giorni quella che riguarda il direttore generale del Comune di Jesi.

Ciò che è accaduto non può non suscitare sconcerto e indignazione, in associazioni come le nostre che quotidianamente, da più di 20 anni, si confrontano tra lo scarto dei bisogni e delle esigenze delle persone e lo stato dei servizi e dunque delle risorse destinate ai soggetti più fragili che necessitano di interventi sociali e sanitari. Ma anche con la continua violazione di diritti fondamentali come quello alle cure sanitarie.
In una famiglia normale quando le risorse sono limitate si pensa innanzitutto al soddisfacimento dei bisogni primari e in particolare di quelli dei componenti più in difficoltà. E' difficile che si scelga di andare al ristorante, più volte la settimana se a fatica si arriva a fine mese; è difficile che si cambi macchina se il conto in banca è appena sopra lo zero. Tutti giudicheremmo inqualificabile e verrebbe giustamente stigmatizzato come vergognoso, anzi immorale, l'atteggiamento di chi si comportasse in questo modo. Per chi guida la pubblica amministrazione i comportamenti non dovrebbero essere difformi.

Le vicende di questi giorni non possono che provocare fortissima rabbia, quando pensiamo che nel nostro territorio (e in particolare a Jesi) solo per citare qualche esempio:
ancora non abbiamo attivato una struttura residenziale per persone in situazione di handicap e chissà per quanto ancora dovremo aspettare
si aspetta da anni un centro diurno per persone con malattia di Alzheimer e altre forme di demenze e anche qui non paiono esserci prospettive
non esiste un servizio di trasporto sociale per persone con handicap finanziato con fondi comunali
le famiglie con un congiunto gravemente malato e non autosufficiente non assistibile a domicilio sono costrette a pagare per ricoveri presso strutture assistenziali non autorizzate per l'assistenza a soggetti non autosufficienti 2-3 milioni delle vecchie lire; solo per qualche decina di posti letto l'Asl interviene con una quota sanitaria, quando questa dovrebbe essere prevista per tutti i non autosufficienti ricoverati in struttura; i Comuni invece scaricano i costi dell'assistenza sulle famiglie.

Dunque per tutte queste risposte, ma ripetiamo l'elenco potrebbe essere ben più lungo, i soldi non ci sono; non sembrano mancarne per le consulenze.
Ma il migliore modo per evitare di spendere è sempre lo stesso: negare il bisogno, in particolare quando questo può diventare un diritto. Dunque razionare occultamente; vedi quando soggetti gravemente malati vengono ricoverati presso strutture assistenziali certificando nei fatti l'assenza di bisogno sanitario e violando del tutto palesemente le leggi vigenti al solo fine di non assumere oneri finanziari. I soldi invece ci sono, da quello che apprendiamo dalla stampa, ad esempio, per finanziare un parcheggio per dipendenti. Se corrisponde al vero l'impiego della cifra di 200.000 € all'anno solo per questo intervento bisogna spiegare ai cittadini perché questi stessi soldi non ci sono per potenziare ad esempio i servizi di assistenza domiciliare integrata che ad oggi non eroga interventi di igiene personale o di riabilitazione (quella effettuata, ricordiamolo non è in ADI); non ci sono, come dovuto per pagare le quote sanitarie nelle strutture assistenziali, non ci sono per un Centro diurno per persone con demenze …..

Su tutti questi aspetti chiediamo chiarezza; chiediamo inoltre alle amministrazioni comunali e anche alla nuova dirigenza della ASL di evitare di dire che i soldi non ci sono. O meglio devono avere il coraggio di dire che non ci sono per i deboli e per tutti quelli che sono incapaci di far valere i propri diritti.

Gruppo Solidarietà
21 gennaio 2004