Appunti n.157
(indice Appunti)
- Quando il corpo diventa limite, Ivo Zizzola, Docente
di pedagogia sociale, Università di Bergamo
- Il distretto socio sanitario dei Comuni di Collegno e Grugliasco,
Mauro Perino, Direttore Consorzio Intercomunale Servizi alla Persona
(CISAP), Collegno e Grugliasco (TO)
- Handicap e scuola. Inadempienze, sentenze
e cultura dell’integrazione, Salvatore Nocera, Vice
presidente FISH (Federazione Italiana Superamento Handicap), Roma
- I servizi post-scuola per la disabilità grave,
Fabio Ragaini, Gruppo Solidarietà
Handicap e scuola.
Inadempienze, sentenze e cultura dell’integrazione
Salvatore Nocera, Vice presidente FISH
Alcune riflessioni sulle ripetute sentenze con le quali la magistratura
- su ricorso dei genitori che si vedono ridurre le ore di sostegno - assegna
o riassegna un numero congruo di ore. Il problema che si pone è
se la necessaria opera di supplenza - che colma i vuoti amministrativi
causati dall’inerzia degli altri servizi dovuti per legge - non
alteri la cultura dell’integrazione scolastica avviata dagli anni
’60 incentrata sulla presa in carico corale dei progetti di integrazione
scolastica personalizzati.
Ormai da circa due anni, con ritmo incalzante, i genitori di alunni con
disabilità si vedono costretti a fare causa contro il Ministero dell’Istruzione
e le scuole autonome per ottenere un numero di ore di sostegno didattico
adeguato a colmare i bisogni educativi speciali di questi alunni, individuati
nelle Diagnosi Funzionali della ASL. Tali cause hanno tutte avuto esito
favorevole alle famiglie ed ormai hanno raggiunto e forse superato il
numero di duecento in tutta Italia. Le sentenze più recenti, pronunciate
in Sardegna, hanno stimolato una serie di interventi su diversi siti e
riviste plaudendo a quanti hanno stimolato e sostenuto l’opera dei genitori
che non accettano più passivamente un numero di ore di sostegno, arbitrariamente
determinato solo da logiche di tagli alla spesa pubblica che datano ormai
dagli anni ’90. Tra le persone che meritano questo plauso sono anche l’Avv.
Amoroso e la moglie Anna Cardona, i quali, si badi bene, non stanno svolgendo
solo interventi professionalmente qualificatissimi, ma stanno spendendosi
in qualità di genitori anch’essi di un’alunna con disabilità.
Tra i commentatori pongo anche me stesso poiché sono intervenuto più volte
per sottolineare la correttezza delle pronunce giurisprudenziali, in mancanza
di altri interventi previsti per legge, non solo dello stesso Ministero,
ma anche degli Enti locali e delle Regioni. Infatti la legge 104/92 non
ha previsto solo l’insegnante per il sostegno come unico strumento di
realizzazione del diritto allo studio, costituzionalmente garantito, ma
ha stabilito l’obbligo della presa in carico del progetto di integrazione
scolastica da parte di tutti gli insegnanti della classe e degli operatori
socio-sanitari del territorio, nonché dei collaboratori scolastici nei
casi in cui è necessario il loro intervento per l’assistenza di base ed
igiene personale di questi alunni. Certo in mancanza di questi altri servizi
pubblici (che dovrebbero essere coordinati tramite gli accordi di programma
previsti dai Piani di Zona, di cui agli artt. 14 e 19 della legge 328/2000),
i tribunali individuano nell’insegnante di sostegno il mezzo più rapido
e diretto per garantire immediatamente il diritto allo studio evitando
così l’interruzione di un pubblico servizio, dovuto all’omissione degli
atti di ufficio. Il Ministero dell’Istruzione dovrebbe porre in essere
la formazione e il coinvolgimento obbligatorio di tutti gli insegnanti
e dagli Enti locali e dalle regioni con l’assegnazione di assistenti per
l’autonomia e la comunicazione e con corsi integrati di formazione professionali,
e di tirocini di lavoro e stage pre-lavorativi.
La magistratura quindi sta svolgendo un’opera di supplenza per colmare
i vuoti amministrativi causati dall’inerzia degli altri servizi dovuti
per legge. Ho già più volte sottolineato il fatto che questa opera di
supplenza necessaria, sta però alterando la cultura dell’integrazione
scolastica avviata a partire dagli anni ’60 incentrata sulla presa in
carico corale dei progetti di integrazione scolastica personalizzati.
Non si deve quindi denunciare l’intervento della magistratura come indebita
intromissione nella vita scolastica, ma bisognerebbe piuttosto lamentare
l’inerzia colpevole del Ministero dell’Istruzione, degli Enti locali ,
delle Regioni e del governo che taglia ciecamente la spesa pubblica impedendo
così la realizzazione piena del diritto allo studio e determinando così
la delega all’integrazione ai soli insegnanti di sostegno. La FISH ha
insistentemente sottolineato questa situazione paradossale della necessaria
via giudiziale all’ integrazione che sta trasformando i tribunali in uffici
di collocamento per insegnanti di sostegno, assegnati tramite le sentenze
con rapporto uno ad ogni alunno con disabilità, proprio a causa della
mancanza dell’intervento degli insegnanti di classe e degli altri servizi
del territorio.
Colgo l’occasione per rivolgere un pressante appello anche ai sindacati
della scuola e specie a quelli confederali che negli anni ’60 e ’70, cioè
nella fase pionieristica dell’integrazione, hanno saputo motivare e sostenere
culturalmente tutti gli insegnanti (e non solo quelli per il sostegno
allora assai rari) a sostenere il processo di integrazione. Ora i sindacati
della scuola probabilmente pressati da problemi più attuali, hanno perduto
a mio avviso, la carica ideale che allora permise in Italia un processo
che ormai è divenuto inarrestabile ed ha prodotto numerosi leggi, atti
amministrativi e sentenze della suprema magistratura ed oggi anche un
certo numero di magistrati di merito.
Non è vero che l’attuale governo sta tagliando i posti di sostegno rispetto
a quelli assegnati in organico di fatto negli anni ’90 dagli altri governi,
come può essere facilmente constatabile leggendo la serie storica del
rapporto tra alunni con disabilità e il numero di insegnanti nominati,
che è costantemente pari ad 1 a 2 a livello nazionale. Quella che invece
è cambiata, è la proporzione di tale rapporto, tra le diverse regioni
(per es. il Lazio che ha attualmente il rapporto 1 a 3); ed è stato inoltre
effettuato un drastico taglio alla spesa pubblica per la formazione dei
docenti e per i servizi forniti dagli Enti locali.
A questo punto il governo ed il Ministero dell’Istruzione, se vogliono
evitare che nell’arco di qualche anno si vedano sommersi da decine di
migliaia di sentenze della magistratura, devono finalmente impostare una
politica seria sull’integrazione scolastica, che colmi i ritardi accumulati
e torni a dare impulso a scelte politiche coraggiose e coordinate, di
cui negli ultimi anni si sente il crescente bisogno. Un segnale in tal
senso può essere considerato l’interpellanza meritevolmente depositata
alla Camera il 2 marzo scorso dalla Margherita, che però punta esclusivamente
all’aumento degli insegnanti di sostegno e che invece avrebbe dovuto richiamare
l’attenzione anche sulle altre carenze sopra denunciate. Un’interpellanza
in tal senso potrebbe essere presentata anche da partiti della maggioranza.
se credono anch’essi nel valore dell’integrazione. Si deve anche alle
associazioni di persone con disabilità e loro familiari il merito di tenere
alta la guardia sulle problematiche dell’integrazione scolastica.
I partiti dell’opposizione l’hanno compreso. Lo capiranno anche quelli
della maggioranza?
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