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Un pronunciamento del Tribunale di Lecco rischierebbe di aprire la possibilità che i Comuni ottengano dalle famiglie di alunni disabili contributi per l'erogazione del servizio di assistenza ad personam. L'organizzazione lombarda fornisce chiarimenti

http://www.superabile.it/Superabile/Societa/Ledha+-+Pagare+per+andare+a+scuola.htm

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LECCO - "Possono i Comuni chiedere un contributo alle famiglie di alunni con disabilità per il servizio di assistenza ad personam? Una ordinanza sembra aprire le porte a questa grave possibilità. La realtà appare molto diversa dall'apparenza in quanto il pronunciamento è avvenuto solo sull'urgenza della richiesta della famiglia. Risulta quindi assolutamente illegittima qualsiasi pretesa economica che limiti il diritto allo studio dei ragazzi con disabilità". La questione è posta in evidenza dalla Ledha, federazione di 33 associazioni di persone con disabilità e dei loro familiari e aggregazione regionale in Lombardia della Fish, Federazione italiana superamento handicap.

"In questi giorni il Tribunale di Lecco si è pronunciato su una questione molto discussa - prosegue l'organizzazione -, ovvero sulla legittimità del comportamento di molti Comuni di richiedere alle famiglie di alunni disabili un contributo per l'erogazione del servizio di assistenza ad personam. Alcuni giornali locali hanno riportato la notizia della decisione del Tribunale evidenziando come le richieste della famiglia dell'alunno disabile non siano state accolte. Il tribunale avrebbe quindi ritenuto legittima la richiesta del Comune che chiede un contributo alla famiglia.

Data l'eco suscitata dalla notizia, Ledha ritiene doveroso chiarire alcuni importanti aspetti della vicenda per ribadire con forza come qualsiasi pretesa economica fatta dai Comuni che condizioni e limiti l'erogazione di un servizio indispensabile alla realizzazione del diritto allo studio dei ragazzi con disabilità sia assolutamente illegittima

Il provvedimento in questione infatti riguarda esclusivamente una richiesta di una famiglia in sede cautelare. La famiglia in altre parole non ha presentato un atto di citazione per chiedere di pronunciarsi sul merito della questione, ma ha promosso un ricorso cautelare d'urgenza chiedendo un provvedimento provvisorio che garantisse nell'immediato il diritto a frequentare la scuola con l'assistenza di un educatore senza pagare alcun contributo. Il Tribunale ha semplicemente detto che non esistono le condizioni di urgenza necessarie per pronunciarsi in via cautelare. Questo significa che la famiglia potrebbe sempre chiedere ad un Tribunale ordinario di pronunciarsi sul merito della questione, ossia sulla illegittimità di qualsiasi richiesta di contributo, in quanto il servizio di assistenza ad personam risulta strumentale alla realizzazione del diritto allo studio di qualsiasi alunno disabile.

L'attuale impianto normativo obbliga i Comuni a garantire l'erogazione del servizio di assistenza ad personam (art. 42 e 45 DPR 616/1977; art. 13 comma 3 Legge 104/1992) e impone di farlo in modo gratuito e ciò anche in assenza di una specifica disposizione. La richiesta di chiedere un contributo alla famiglia infatti si pone in contrasto con il principio del diritto allo studio riconosciuto a tutti (art. 34 e 38 della Costituzione) e rappresenterebbe una inaccettabile discriminazione a danno di un alunno disabile cui sarebbe imposta una spesa per poter frequentare al pari degli altri la scuola, in contrasto con l'art. 3 della nostra Costituzione e con la recentissima legge 'Antidiscriminazioni' 67/2006.


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Lecco: un'ordinanza che fa discutere

A cura dell'Avv. Gaetano De Luca*

In questi giorni il Tribunale di Lecco si è pronunciato su una questione molto discussa, ovvero sulla legittimità del comportamento di molti Comuni di richiedere alle famiglie di alunni disabili un contributo per l'erogazione del servizio di assistenza ad personam. Alcuni giornali locali hanno riportato la notizia della decisione del Tribunale evidenziando come le richieste della famiglia dell'alunno disabile non siano state accolte. Il tribunale in sostanza avrebbe ritenuto legittima la richiesta del Comune che chiede un contributo alla famiglia.

La decisione in effetti è stata negativa per la famiglia ma occorre chiarire come il provvedimento del Tribunale di Lecco riguardi esclusivamente una richiesta della famiglia in sede cautelare. La famiglia in altre parole non avrebbe presentato un vero e proprio atto di citazione per chiedere ad un organo giudiziario di pronunciarsi sul merito della questione e quindi sull'esistenza o meno di diritto ad avere per il proprio figlio un assistente ad personam. La famiglia (attraverso il proprio avvocato di fiducia) ha invece promosso un ricorso cautelare d'urgenza ai sensi (art. 700 codice di procedura Civile) chiedendo all'organo giudicante di emettere un provvedimento provvisorio che garantisse nell'immediato il diritto a frequentare la scuola con l'assistenza di un educatore.

Il Tribunale di Lecco ha respinto il ricorso ritenendo non sussistente uno dei requisiti indispensabili per l'accoglimento di un provvedimento cautelare ovvero il cosiddetto "periculum in mora" (ordinanza del 13.6.2006). In parole più semplici secondo il tribunale non esisteva una situazione di urgenza che potesse pregiudicare il diritto preteso in modo irreparabile, in quanto il Comune non si era rifiutato di erogare il servizio, ma chiedeva solo un contributo. L'oggetto del contendere non era quindi la mancata erogazione del servizio (che avrebbe potuto giustificare l'emissione di un provvedimento cautelare in attesa di affrontare la questione nel merito) ma la richiesta di soldi. Il Tribunale di Lecco rileva a giustificazione del rigetto del ricorso che la famiglia non avrebbe neppure dedotto l'impossibilità di pagare il contributo (altra situazione che avrebbe potuto magari giustificare l'emissione di un provvedimento cautelare).

Il rigetto del ricorso d'urgenza non significa assolutamente che il Tribunale abbia fatto proprie le argomentazioni del Comune che sostiene che per il servizio di assistenza ad personam possa essere richiesto un contributo in quanto non esisterebbe una espressa norma di legge che ne stabilisca la gratuità. In realtà il Tribunale ha semplicemente detto che non esistono le condizioni per pronunciarsi in via cautelare.

Questo significa che la famiglia potrebbe sempre chiedere ad un Tribunale ordinario di pronunciarsi sul merito della questione, ossia sulla illegittimità di qualsiasi richiesta di contributo, in quanto il servizio di assistenza ad personam risulta strumentale alla realizzazione del diritto allo studio di qualsiasi alunno disabile.
L'attuale impianto normativo non solo obbliga i Comuni a garantire l'erogazione del servizio di assistenza ad personam (art. 42 e 45 DPR 616/1977; art. 13 comma 3 Legge 104/1992; art 139 del decreto legislativo n. 112/98) ma impone anche di farlo in modo gratuito e ciò anche in assenza di una specifica disposizione normativa. La richiesta di chiedere un contributo alla famiglia si porrebbe non solo in contrasto con il principio costituzionale del diritto allo studio (art. 34 e 38 cost.) riconosciuto a tutti, ma rappresenterebbe una inaccettabile discriminazione a danno di un alunno disabile cui sarebbe imposta una spesa per poter frequentare al pari degli altri la scuola, in contrasto con l'art. 3 della nostra Costituzione e con la recentissima Legge 'Antidiscriminazioni' 67/2006.

Risulta quindi assolutamente illegittima qualsiasi pretesa economica fatta dai Comuni che condizioni e limiti l'erogazione di un servizio indispensabile alla realizzazione del diritto allo studio dei ragazzi con disabilità.

*Servizio legale LEDHA


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