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L'articolo 14 del decreto applicativo della legge 30/03 sulla riforma del mercato del lavoro rappresenta l'ennesimo colpo di piccone al collocamento mirato delle persone con disabilità.

http://www.superabile.it/cgi-bin/Superabile.dll/HomePage/Punto/Art/Art.jsp?O


di Salvatore Nocera

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L'articolo 14 del decreto applicativo della legge 30/03, legge delega per la riforma del mercato del lavoro, recentemente approvata in via definitiva, ha introdotto una norma, che è un ulteriore colpo di piccone alla legge 68/99 sul collocamento "mirato" delle persone con disabilità. Infatti, con tale norma si stabilisce che le imprese che sono obbligate ad assumere lavoratori con disabilità, adempiono a tale obbligo mediante la stipula di convenzioni, ai sensi dell'articolo 12 della legge 68/99, con cooperative sociali di tipo
"B", di cui alla legge 381/91.

Occorre capire cosa ciò significa: l'articolo 12 della legge 68/99 prevede che le imprese che effettuano assunzioni con chiamata nominativa stipulino convenzioni con le cooperative sociali che hanno come scopo l'inserimento lavorativo delle persone con disabilità, al fine di ottenere la formazione di questi lavoratori. La formazione non può durare più di due anni (ma con diverse circolari, anche del precedente Governo, i termini sono stati allungati), ma il lavoratore viene immediatamente assunto dall'impresa, che, per il servizio formativo svolto dalla cooperativa sociale, affida alla stessa certe commesse col relativo corrispettivo. A questo risultato si è pervenuti dopo una lunga battaglia culturale e parlamentare che invece voleva che i lavoratori venissero affidati senza limiti di tempo alle cooperative e venissero assunti dalle imprese quando queste lo avessero deciso.

Purtroppo questa logica è rientrata con l'articolo 14 del decreto applicativo della legge 30/03, che praticamente escluderà i lavoratori con disabilità dall'assunzione di normali posti nelle imprese, mentre li farà permanere nelle cooperative sociali, dove i lavoratori con disabilità debbono essere almeno il 30% dei soci e possono quindi arrivare anche a valori prossimi al 100%, con buona pace di quanti abbiamo lottato e lottiamo per il normale inserimento nella scuola, nel lavoro e nella società.

La situazione è aggravata da due circostanze legali:

- Una circolare dell'INPS dello scorso anno ha precisato che il corrispettivo percepito dai soci-lavoratori disabili di cooperative sociali è compatibile con la pensione di invalidità, che invece non è compatibile
con un normale salario che superi un certo minimo; ciò perché tale compenso si deve considerare un assegno di "riabilitazione", giacché il lavoro in cooperativa sociale ha carattere non lavorativo ma sanitario.

- Lo stesso art 14 della legge 30/03 stabilisce che l'affidamento alle cooperative sociali avvenga sulla base di "convenzioni-tipo", da valere cioè per categorie di lavoratori, fra sindacati dei lavoratori e dei datori di
lavoro. Viene meno quindi la logica sottesa agli articoli 11 e 12 della legge 68/99, tutti incentrati sul carattere strettamente personale del progetto di inserimento "mirato".

Non c'è dubbio che questa norma, oltre che affossare la parte più qualificante della legge 68/99, riapre in Italia la strada ai "lavoratori protetti", ancora quasi unica modalità di lavoro in Europa dei lavoratori
con disabilità anche lievi. Riusciranno i Sindacati dei lavoratori ad evitare questa deriva gravissima per l'Italia?

Riusciranno le associazioni dei familiari dei disabili più gravi ad evitare la tentazione di un ricovero protetto in sostituzione di un normale posto di lavoro? Riuscirà il movimento italiano per l'integrazione a convincere
l'opinione pubblica che si sta verificando uno strisciante ritorno alla logica delle strutture speciali protette, che parte dal lavoro e potrebbe arrivare anche alle scuole?<BR><BR>