Indagine dell'Osservatorio Spi-Cgil
Aumentano costi e tariffe, diminuiscono i servizi. Stretti fra
tagli e aumentate responsabilità, i Comuni capoluogo sacrificheranno il
welfare (-15%), soprattutto al Sud
(indice informazioni)
Tagli ai trasferimenti statali e meno servizi ai cittadini che subiscono
anche un aumento di imposte e tariffe locali, nei fatti aggiuntivo rispetto
al prelievo fiscale centrale. Stretti fra il taglio ai trasferimenti e
le aumentate responsabilità di governo locale, i Comuni capoluoghi italiani,
anche quest'anno sacrificheranno le azioni per il welfare. Il 15% in meno
a livello nazionale, che al Sud toccherà punte del 20 per cento.
E per il 2004, al contrario di quanto avvenuto nel periodo 2002/2003,
i tagli locali stanno interessando non solo la spesa sociale cosiddetta
'allargata' (per lo sport e il tempo libero e la cultura) ma anche i servizi
sociali in senso stretto, con particolare riferimento alla spesa corrente
per gli anziani.
Sono le previsioni emerse dai risultati dell'indagine effettuata dallo
Spi-CGIL sul welfare locale, presentati quest'oggi a Roma nel corso di
una conferenza stampa.
Dietro ai tagli, per lo Spi-Cgil, 4 cause: "la scure sui trasferimenti
agli enti locali, il blocco della finanza locale in attesa della (ancora
lontana) applicazione dell'articolo 119 della nuova Costituzione, la sottostima
del fondo sanitario e di quello sociale, nonché l'aumento delle competenze
amministrative a carico del governo locale, senza adeguato finanziamento".
Mediamente, il 25% dei dirigenti dei servizi sociali dei Comuni capoluogo,
che hanno risposto a un questionario messo a punto dall'Osservatorio Spi-CGIl
sul welfare municipale, ha dichiarato che nei bilanci di previsione 2004
sono contenuti tagli per i servizi destinati agli ultrasessantacinquenni,
determinati dalla forte riduzione dei trasferimenti statali e dalla introduzione
del patto di stabilità, contenute dalla Finanziaria 2004.
"Se, ad inizio anno, 1 Comune su 4, ha già premuto sulla leva dei tagli
ai servizi agli anziani, è facile immaginare che la platea delle amministrazioni
locali costrette a imporre sacrifici ai cittadini e la dimensione monetaria
degli stessi sacrifici, cresceranno a seguito dell'effettiva applicazione
del famigerato decreto "168", il taglia spese istituito a luglio".
Il dato relativo al 25% dei Comuni che hanno operato tagli ai servizi
agli anziani con le previsioni 2004, si pone come la risultante del diverso
andamento del fenomeno a livello geografico. Al Sud, infatti, ben il 46,7%
dei Comuni intervistati ha previsto una riduzione dei servizi; tale percentuale
diminuisce progressivamente nelle aree del Nord-Est (23,5%) e Nord-Ovest
(18,8%), fino ad arrivare all'8,3% dei Comuni del Centro Italia.
I Comuni capoluogo dove la spesa sociale non subirà variazioni rispetto
al 2003, rappresentano il 38,3% del campione, mentre il 36,7% prevede
incrementi delle risorse destinate agli anziani, con punte in alto specie
nel Nord-Ovest (56,3%) e Nord-Est (41,2%).
I sacrifici nei bilanci di previsioni si sono tradotti, secondo gli intervistati:
nella rinuncia, nel 7% dei Comuni, all'erogazione, rispetto all'anno precedente,
di singoli servizi dedicati alla terza e quarta età; nella riduzione,
nel 15% dei Comuni, del numero di anziani assistiti, anche attraverso
interventi di promozione sociale; comunque, nella diminuzione del livello
di qualità sociale degli interventi.
Nel periodo 2001-2003, sempre secondo l'analisi dell'Osservatorio, la
spesa corrente per gli ultrasessantenni, rilevata attraverso una scheda
statistica somministrata ai Comuni, è cresciuta, mediamente, di circa
3 euro pro-capite. "Fino al 2003, dunque, la spesa per l'assistenza agli
anziani sembrava difficilmente comprimibile, anche in presenza dei tagli
ai trasferimenti erariali e dei vincoli di spesa imposti dai precedenti
Patti di stabilità".
Tuttavia, sempre dal questionario somministrato ai responsabili dei servizi
sociali, emerge che i 10 per cento dei Comuni ha rinunciato, nel periodo
2001 - 2003 all'erogazioni di alcuni servizi.
"Da questo punto di vista - afferma lo Spi-Cgil -, occorre tenere presente,
come rilevato dalla Relazione al Parlamento sulla finanza degli enti locali,
predisposta a luglio dalla Sezione Autonomie della Corte dei Conti, che
le misure stabilite dai diversi patti di stabilità hanno rilievo anche
sul versante della spesa corrente. Dal complesso dei dati relativi ai
Comuni esaminati, si conferma, infatti, la tendenza alla stabilità della
spesa corrente; nel 2003, nel titolo I della spesa, sono stati rilevati,
relativamente agli 8.100 comuni italiani, 42.252 milioni di euro di pagamenti
con una variazione irrilevante rispetto all'esercizio precedente, mentre
nel 2002 tale comparto aveva fatto registrare addirittura un decremento.
Nel 2003, si conferma sostanzialmente la stabilità della mole dei pagamenti
che si era notata negli ultimi esercizi, ad eccezione che nel 2001 nel
quale si era rilevata una tendenza espansiva".
Nei medi e grandi municipi (capoluogo di provincia), le risorse a favore
degli ultrasessantacinquenni ammontano, mediamente, a 37 euro pro-capite,
con punte molto più elevate nel Nord Est (67 euro) e nelle grandi città
del Nord, dove sono più vaste le dimensioni del fenomeno dell'istituzionalizzazione
degli anziani ed è presente un maggior numero di donne anziane che vivono
sole in abitazioni di non proprietà.
Si tratta, in gran parte, di risorse comunali proprie, visto che il Fondo
nazionale per le politiche sociali (lo stanziamento per il 2004 destinato
alle Regioni e Province autonome è di un miliardo di euro, gran parte
dei quali finirà ai Comuni per la realizzazione della rete integrata dei
servizi sociali) copre una quota minoritaria dell'intera domanda sociale.
"Ma i Comuni - evidenzia l'indagine - tardano ancora a mettere in campo
sistemi efficaci di valutazione della qualità degli interventi e per la
determinazione delle condizioni di accesso alle prestazioni sociali agevolate".
Durante il triennio 2001-2003, come rilevato negli anni scorsi dalle analisi
dell'Osservatorio Spi-Cgil, la spesa corrente sociale in senso stretto
(anziani, assistenza e beneficenza, asili nido) è cresciuta a fronte della
diminuzione delle risorse destinante agli altri interventi del welfare
"allargato", per la sport e il tempo libero, l'istruzione e, al Sud, per
la cultura.
Nel 2004, i sacrifici per i cittadini stanno aumenando. I trasferimenti
erariali agli enti locali hanno subito, infatti, tra il 2003 e il 2004,
una riduzione complessiva del 3,06% per i Comuni, pari a 404.143.122,64
euro.
E' ovvio, che tale taglio, spalmato sugli 8.100 Comuni italiani, ha ricadute
diverse, con percentuali che sfiorano il 40% quando interviene sui piccoli
Comuni, soprattutto su quelli "sottodotati".
ll Comune di Roma perderà quest'anno quasi 66 milioni di euro. Napoli
poco più di 60, mentre Milano ne perderà 44. É l'effetto sui bilanci delle
principali città dei tagli ai trasferimenti statali disposti non solo
con la Finanziaria 2004, ma anche dalle precedenti e che hanno comportato
un complessivo ricalcolo delle spettanze delle amministrazioni locali.
Percentualmente, però, l'impatto è più grave in altre città. Palermo guida
la classifica dei capoluoghi di regione con una riduzione del 15,02% rispetto
all'anno scorso. Seguono nell'ordine, Cagliari (-14,12%), L'Aquila (-13,36%),
Ancona (-13,02%).
La riduzione del complesso dei trasferimenti statali incide sui singoli
bilanci in misure variabili in dipendenza del grado di autonomia tributaria
degli enti.
Occorre ricordare, ad esempio, che nel 2002 (ultimo dato ufficiale disponibile)
i fondi provenienti dai bilanci statale e regionali hanno mediamente rappresentato
il 37% circa delle entrate dei Comuni, contro un quasi 44% delle entrate
tributarie.
A causa del blocco dell'autonomia impositiva in atto dal 2003, questa
riduzione non potrà essere compensata da un maggiore prelievo fiscale
locale, soprattutto con l'addizionale Irpef: i Comuni, però, stanno agendo,
sulla leva dell'Ici, della tassa rifiuti e degli altri tributi minori
propri e, soprattutto, attraverso le tariffe. Ciò comporta un aumento
della tassazione diretta e indiretta nei confronti dei cittadini, a fronte
di una riduzione dei livelli di spesa per i servizi pubblici locali.
Negli scorsi anni, inoltre, c'è stata una corsa dei Comuni in materia
tributaria. Nel 2002 le entrate tributarie degli 8.100 municipi sono cresciute,
infatti, del 15,92% rispetto al 2001, mentre i trasferimenti dello Stato
sono scesi sempre nel complesso del 9,28 per cento.
Nel 2003, il gettito della sola addizionale comunale Irpef è cresciuto
del 46% rispetto all'anno precedente, ma va tenuto presente che nello
stesso periodo è quasi raddoppiato il numero di enti che hanno deciso
di applicare questa sovraimposta facoltativa.
I Comuni, per finanziare anche i servizi sociali, hanno premuto, inoltre
sulla leva dell'alienazione del patrimonio pubblico, anche attraverso
le operazioni di cartolarizzazione.
Nel 2002 aumentata la spesa sociale pro-capite dei Comuni capoluogo
rispetto al 2001: da 154,03 a 166,92 euro. In calo risorse per sport e
tempo libero. Italia: rischio di un welfare a 2 velocità
L'indagine Spi-Cgil, ha effettuato, accanto alla somministrazione di un
questionario parzialmente codificato sulle prospettive per la spesa sociale
nel 2004, anche l'analisi dei consuntivi ufficiali dei Comuni rilevati
nel periodo 2000-2002.
Nel 2002, la spesa sociale corrente in senso stretto dei Comuni capoluogo
è in aumento rispetto al 2001: da 154,03 euro pro-capite a 166,92 euro;
l'incidenza percentuale delle risorse per il sociale sul totale della
spesa corrente cresce dal 14,8% al 15,9%.
Diminuiscono, invece, le risorse destinate agli interventi per lo sport
e il tempo libero (a livello nazionale, da 15,85 a 15,34 euro pro-capite)
e, nel Mezzogiorno, alla cultura (da 20,50 a 19,81 euro pro-capite).
Vista la scarsa possibilità di aumentare le entrate, i Comuni del Sud,
quindi, hanno concentrato la spesa sui servizi sociali in senso stretto,
aumentata rispetto al 2001 da 111 a 124 euro pro - capite.
I tagli hanno colpito, inoltre, non solo la spesa corrente per il welfare
allargato ma anche, mediamente, a livello nazionale, le risorse destinate
agli interventi per la gestione del territorio e dell'ambiente e i trasporti.
La differenza fra aree è evidente: la spesa sociale corrente (in senso
stretto) pro-capite nazionale è di 166,92 euro, ma si passa dai 211,41
del Nord-Est ai 124,56 euro del Mezzogiorno. ll welfare dei Comuni è,
infatti, caratterizzato ancora da forti squilibri territoriali.
"Le enormi diversità esistenti in seno alle legislazioni regionali e alle
iniziative comunali - afferma l'indagine - contribuiscono a consolidare
un sistema di cittadinanza sociale molto differenziato, in cui gli anziani
e le altre categorie sociali fruiscono di diritti non sulla base delle
condizioni di bisogno ma in dipendenza del luogo in cui il bisogno sorge.
Il problema cruciale delle politiche sociali è, dunque, l'assenza dei
livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali
che dovrebbero essere garantiti, dallo Stato, su tutto il territorio nazionale".
I Comuni svolgono la gran parte dei compiti concretamente gestionali in
materia sociale, mentre alle Regioni e al Governo sono riservati compiti
di indirizzo, programmazione e controllo. In base alla riforma dell'assistenza
introdotta nel 2000, inoltre, i Comuni sono sempre più chiamati a esercitare
le funzioni sociali associandosi tra loro (attraverso i piani di zona),
assicurando l'integrazione sociosanitaria degli interventi e coinvolgendo,
anche nella progettazione degli stessi, il volontariato.
"La crescente differenziazione della popolazione anziana - afferma lo
Spi-Cgil - è alla base di una domanda di servizi e prestazioni meno omogenea
rispetto al passato e sollecita, quindi, una riorganizzazione della risposta
ai problemi degli anziani in direzione di una offerta di una gamma molto
articolata di servizi e prestazioni. Nei Comuni, quindi, accanto ai tradizionali
interventi di istituzionalizzazione, quali il ricovero in case di riposo
e negli ospedali e l'assistenza economica, tuttora maggioritari, sta crescendo
il numero di strutture di servizio a carattere territoriale e aperto,
che favoriscono il mantenimento del soggetto nel suo ambiente e nella
vita di relazione sociale e promuovono il benessere sociale e le espressioni
di creatività dell'anziano. Sempre più spesso si realizzano nuovi sistemi
di affidamento all'esterno dei servizi agli anziani, impostati sulla definizione
dei pacchetti di servizio personalizzati. Sono ancora pochi, soprattutto
al Sud, i Comuni che hanno applicato l'Isee (l'indicatore della situazione
economica), che introduce la compartecipazione alle spese da parte degli
utenti".
Secondo quanto emerso dall'indagine, nel meridione i Comuni mettono in
mostra anche un'eccessiva quota di risorse destinata alla burocrazia (la
spesa per l'amministrazione incide per il 33 per cento su quella totale
corrente contro il 26,9 della media nazionale) e di una minore capacità
e possibilità di imposizione locale.
I servizi forniti dai municipi, infatti, sono sostanzialmente finanziati
con risorse locali. Mediamente fra Comuni del Sud e Comuni del Centro-Nord
c'è un divario di 180/290 euro di pressione tributaria. "E le prospettive
non sono buone. A fronte di un taglio di ulteriori risorse già inserito
nello schema di Finanziaria per il 2005 non c'è - da parte dei municipi
meridionali - né la possibilità nè la capacità di recuperare tutte le
entrate locali. In molti Comuni, la compartecipazione ai costi è bassissima".
Conclude lo Spi-Cgil: "Ora il futuro degli enti locali, come prevede il
federalismo, sta anche nella loro capacità di tagliare le spese burocratiche
e recuperare i crediti salvandoli dalla evasione. Lo Stato dovrà assicurare
un fondo perequativo per tutelare i Comuni con minore capacità fiscale
per abitante, ma la loro macchina dovrà comunque imparare a funzionare
meglio. Senza tale salto di qualità la distanza fra un Nord che riesce
a recuperare più tasse e fornire più servizi e un Sud che chiede di meno,
ma fornisce di meno sarà destinata ad aumentare. Creando un pericoloso
welfare a due velocità".
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