Fra i diversi diritti sociali che la Carta Costituzionale riconosce, caratterizzando
il nostro ordinamento come quello di uno Stato democratico sociale, il
diritto alla tutela della salute emerge chiaramente, per un molteplice
ordine di ragioni.
In primo luogo, per la sfera e l'essenza oggettiva che le disposizioni
costituzionali intendono tutelare, ovvero un bene assolutamente primario
tra tutti i diritti fondamentali; in secondo luogo, per le vicende istituzionali
e legislative che ne hanno interessato il riconoscimento; infine perché
forse l'unico, e comunque sicuramente il primo, ad aver ricevuto un sistema
compiuto ed organizzato di attuazione nel più ampio circuito sociale dei
servizi alla persona ed alla comunità.
La tutela della salute viene oggi modernamente definita a livello internazionale
dall'Organizzazione mondiale della sanità come "uno stato di completo
benessere fisico, mentale e sociale e non solamente l'assenza di malattia
o di inabilità", ovvero una condizione di armonico equilibrio funzionale,
fisico e psichico dell'organismo dinamicamente integrato nel suo ambiente
naturale e sociale.
Si tratta di una definizione dalla quale si evince che il benessere fisico
non è mai solamente una condizione statica, ma estremamente mutevole a
seconda dei suoi rapporti con l'ambiente naturale e sociale.
Ma prima di giungere all'affermazione di un concetto pieno come quello
sopra riportato, che comprende anche l'intervento pubblico nel momento
della prevenzione, e di arrivare ad un assetto normativo ed istituzionale
ben definito, la disposizione contenuta nell'art. 32 della Costituzione
ha subito una lenta evoluzione e diverse tappe ne hanno contraddistinto
l'attuazione in sede legislativa e giurisprudenziale e l'inquadramento
scientifico.
Si e trattato di un'evoluzione continua, che ha fatto si che la materia
sanitaria giungesse poi ad essere il terreno di sempre più avanzata sperimentazione
degli istituti e dei modelli pubblicistici, che dopo essere stati introdotti
nel settore in interesse, sono stati estesi ad altri campi del diritto
amministrativo.
Nell'art. 32 della Costituzione, possono dirsi racchiusi una molteplicità
di significati e contenuti: non solo infatti il diritto all'integrità
psico-fisica ed a vivere in un ambiente salubre, ma anche un diritto alle
prestazioni sanitarie, alle cure gratuite per gli indigenti e finanche
a non ricevere trattamenti sanitari se non quelli di carattere obbligatorio
volti a tutelare non già solo il destinatario, ma soprattutto la collettività,
come avviene nel caso delle vaccinazioni o degli interventi effettuati
per la salute mentale.
Questi ultimi due significati sono peraltro richiamati esplicitamente
nella norma costituzionale per la quale «La Repubblica tutela la salute
come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività
e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato
a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge.
La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto
della persona umana ».
Ma ciò che rileva maggiormente in questa sede è approfondire it concetto
di diritto alla tutela della salute come diritto all'integrità psico-fisica
e soprattutto come diritto alle prestazioni sanitarie, ovverosia, come
meglio vedremo, l'onere per le Istituzioni di assicurare prestazioni sanitarie
assistenziali e di prevenzione, coerentemente al mandato sociale caratterizzante
il nostro ordinamento.
Le due "facce" della tutela della salute hanno visto entrambe la loro
affermazione legata e variamente condizionata all'intervento della giurisprudenza
costituzionale ed ordinaria e pertanto la loro ricostruzione sarà brevemente
accompagnata al percorso di interpretazione che di esse hanno fornito
nel tempo le principali sentenze della Consulta.
Il riconoscimento graduale, controverso e differito del diritto alla tutela
della salute si spiega ed è dovuto peraltro al fatto che la norma costituzionale
costituisce, perlomeno al tempo in cui venne emanata, una disposizione
all'avanguardia, sconosciuta negli ordinamenti costituzionali allora contemporanei
od anche di poco successivi (Francia, Germania), che verrà inserita solo
nelle Costituzioni scritte di ultima generazione, come quelle del Portogallo,
della Spagna e della Grecia.
In una prima fondamentale accezione, la norma contenuta nell'art. 32 della
Costituzione è volta a tutelare, immediatamente e senza alcuna necessità
dell'interpositio legislatoris, il diritto all'integrità psico-fisica
di ogni individuo: si tratta di un diritto inviolabile ed assoluto,
che comprende un bene primario oggetto di un diritto fondamentale della
persona, immediatamente (rectius, processualmente) tutelabile ed
azionabile sia nell'ambito dei rapporti con i poteri pubblici che nei
confronti dei privati.
A partire dalla nota sentenza n. 184 del 1986 sul "danno biologico", la
Corte Costituzionale fonda proprio sull'art. 32 il diritto al risarcimento
del singolo che abbia subito lesioni e/o menomazioni della propria integrità
psico-fisica personale: da allora, si vedono sempre più ampiamente riconosciute
le richieste di risarcimento delle persone nei confronti di ogni comportamento
che arrechi una molestia al loro benessere complessivo.
Il diritto individuale alla salute, in questo senso, si presenta dunque
come diritto non degradabile ed assoluto, ossia tutelato dalla Costituzione
in modo pieno ed incondizionato nei confronti di tutti.
Sulla lesione della sfera soggettiva tutelata direttamente dall'art. 32
della Costituzione, si radicano quindi i noti fenomeni delle richieste
risarcitorie nei confronti delle compagnie assicurative per danni derivanti
da infortunistica stradale, ma anche i più singolari casi di alcune sentenze
pretorili che impongono ad autorità pubbliche la cessazione di comportamenti
o l'interruzione di opere che, pur se finalizzati a diversi (e notevoli)
interessi della collettività generale, comportavano 1'inammissibile compressione
dello stato di salute del singolo.
Quest'ultimo, infatti - nelle diverse fattispecie giurisprudenziali -
finisce sempre per prevalere rispetto ad ogni altro obiettivo in rilievo;
a maggior ragione, secondo la Corte Costituzionale, la garanzia de] diritto
alla salute come diritto di libertà ha determinato 1'incostituzionalità
di leggi che impedivano ai singoli un'adeguata difesa dello stesso, anche
sotto il profilo risarcitorio o indennitario in caso di lesione.
In second'ordine, ma e questo 1'aspetto che più interessa in questa sede
e dal quale promana la legislazione e 1'organizzazione che vengono studiate
in questo testo, la disciplina costituzionale prevede un diritto
(non già solo un interesse) alle prestazioni sanitarie, il che
significa il dovere per tutti i livelli istituzionali della Repubblica
di porre in essere le condizioni strutturali attraverso le quali assicurare
un'effettiva tutela della salute nei confronti degli individui.
Se nel primo significato del diritto alla tutela della salute (non a caso,
ricostruito come double face), non è richiesto dunque alcun intervento
diretto e positivo delle Istituzioni volto a tutelare un tale bene primario,
in questo secondo valore, la tutela della salute implica per 1'autorità
pubblica 1'obbligo di acquisire le risorse, predisporre i mezzi ed i beni,
reclutare il personale, costruire gli ospedali ed in definitiva organizzare
e rendere effettivo il servizio di assistenza e prevenzione sanitaria,
intervenendo per mezzo della sua regolazione, e programmazione e con compiti
amministrativi "attivi" e strumentali all'erogazione di interventi concreti.
Si noti peraltro come la Costituzione demandi un tale compito a tutti
i livelli della Repubblica, talché l'assetto via via studiato dal legislatore
per l'implementazione dei servizi, che ha visto prevalere a seconda dei
momenti storici questo o quell'altro soggetto istituzionale, non vale
quindi in ogni caso ad escludere il diritto-dovere di intervento nella
materia degli enti territoriali che sembrano prima facie esclusi
in base alla legislazione ordinaria.
In ciò 1'articolo 32 delta Costituzione si presenta quale elemento
unificante del sistema, poiché, pur a fronte delle più recenti ipotesi
di differenziazione organizzativa dei modelli sanitari, esso viene a rappresentare
un'ineludibile garanzia per gli utenti, che formula la necessità di interventi
ai quali le Istituzioni competenti giammai si potranno sottrarre.
Inteso come diritto sociale, ossia come pretesa positiva nei confronti
del potere pubblico ad ottenere prestazioni sanitarie (che la legislazione
successiva articolerà poi in prestazioni di prevenzione, cura e riabilitazione),
il diritto fondamentale e l'interesse della collettività alla tutela della
salute prefigura dunque un servizio pubblico obbligatorio, prendendo
le mosse dal principio di uguaglianza sostanziale di cui all'art. 3, comma
secondo della Costituzione, che impone alla Repubblica il compito « di
rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di
fatto la libertà e 1'uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo
della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori
all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese».
L'articolo 32 della Costituzione rappresenta quindi anche un precetto
tipico della più ampia concezione interventista e sociale dello Stato
contemporaneo, o meglio, la sua principale specificazione.
L'interpretazione e la concreta operatività del diritto ai trattamenti
sanitari ha tuttavia conosciuto un'evoluzione notevole nell'ambito della
giurisprudenza, in particolare di quella costituzionale, alla quale è
seguito puntualmente l'intervento del legislatore volto a disciplinare
presupposti, contenuti e modalità dell'azione pubblica in campo sanitario.
Da una concezione dell'articolo 32 delta Costituzione come norma meramente
"programmatica", quindi per tempo inevasa, si è passati ad un riconoscimento
del diritto in termini pieni ed esaustivi, illimitati ed assoluti.
Successivamente, è emersa la necessità di inquadrare il diritto alla tutela
della salute come "diritto finanziariamente condizionato" e riconoscibile
nell'ambito di un ragionevole bilanciamento con altri interessi costituzionali
rilevanti, tra i quali emerge il contenimento della spesa pubblica, implicitamente
affermato dall'art. 97 della Costituzione sul buon andamento della p.a.
In tempi più recenti, infine, la Corte Costituzionale è pervenuta all'affermazione
per la quale la selezione e il contemperamento legislativo degli interessi
comunque rilevanti non deve essere tuttavia tale da pregiudicare il "nucleo
minimo ed essenziale" del diritto in questione: ciò significa, in
altre parole, che non tutte le prestazioni possono essere erogate dal
servizio pubblico sanitario nei confronti di tutti, ma sussiste comunque
una soglia minima di interventi, che le Istituzioni devono garantire a
prescindere dai costi, rimanendo altrimenti irrimediabilmente vulnerata
la sfera giuridica soggettiva che il disposto costituzionale ha voluto
tutelare in riferimento al bene salute.
Ciò che preme sottolineare è che al mutare delle interpretazioni delta
Corte Costituzionale, muta l'assetto istituzionale e legislativo dell'intervento
pubblico nei servizi sanitari: come meglio si vedrà net paragrafo successivo,
nel momento in cui il disposto costituzionale è interpretato come norma
meramente programmatica, si avvalla di fatto 1'idea che possa anche non
esistere una sistema sanitario.
Quando il diritto alla tutela della salute viene riconosciuto in modo
pieno è il periodo della legge n. 833/78 e della globalità degli interventi
gratuiti senza limiti di spesa e razionalizzazione.
Con le pronunce sul "condizionamento finanziario" del diritto e degli
interventi sanitari pubblici, si assiste dapprima a manovre di introduzione
di sistemi di compartecipazione alla spesa sanitaria e quindi al riordino
operato con i decreti dei primi anni novanta, i quali si propongono, in
un momento particolare per la storia della Repubblica, rigorose esigenze
di contenimento delle risorse finanziarie e di recupero dell'efficienza
del sistema.
Quando infine si giunge alle ultime frontiere della giurisprudenza della
Corte sul recupero di un nucleo comunque inderogabile di tutela, interviene
puntuale la riforma del 1998/1999, volta a recuperare i pieni principi
ed obiettivi del Servizio sanitario nazionale e che fa riemergere le esigenze
di protezione del benessere psico-fisico degli individui e della collettività
pur a fronte del necessario contingentamento delle risorse all'uopo destinabili;
a ciò sono infatti funzionali l'introduzione dei criteri di efficacia
ed appropriatezza delle prestazioni e la necessità di individuare i livelli
essenziali di assistenza in sede di programmazione contestualmente alla
predisposizione del finanziamento, secondo un metodo che, almeno stando
alla lettera del legislatore, sembra ripristinare una posizione di piena
parità tra due interessi costituzionali inevitabilmente divergenti.
La giurisprudenza della Corte Costituzionale sul nucleo minimo ed ineliminabile
del diritto alle prestazioni sanitarie, che è intervenuta anche su casi
particolarmente eclatanti e "sentiti" come quello relativo alla vicenda
"Di Bella", non viene solo positivizzata a livello istituzionale e legislativo,
ma anche sovente seguita nella giurisprudenza di merito e di legittimità,
con diverse sentenze che hanno negato o viceversa più spesso riconosciuto
prestazioni in ossequio ai dettami del giudice delle leggi.
E’ il caso di alcune pronunce della Suprema Corte di Cassazione che hanno
invertito recentemente l'indirizzo giurisprudenzialc sino ad allora consolidatosi,
avendo modo di affermare, in tema di assistenza farmaceutica, la sussistenza
dell'obbligo del Servizio sanitario nazionale di contribuire alle spese
dei cittadini per 1'acquisizione di farmaci che risultino indispensabili
o insostituibili per il trattamento di grave condizioni o di sindromi
che richiedono cure prolungate, se necessario disapplicando - quale atto
amministrativo - lo stesso Prontuario farmaceutico.
Analogamente, va ricordata una recente ordinanza emessa dal Tribunale
di Venezia, che ha imposto a un'Azienda sanitaria di erogare gratuitamente
farmaci a base di cannabis a una paziente, ancorché non commercializzati
in Italia: anche tale singolare pronuncia si fonda sulla considerazione
che la tutela della salute possa incontrare dei limiti oggettivi nell'organizzazione
dei servizi sanitari, ma che di fronte ad un'eventuale ed insopprimibile
esigenza, rispetto alla quale le strutture del Ssn non offrono rimedi
alternative, il diritto fondamentale dell'individuo si impone nella sua
integrità ed assolutezza senza limiti e condizionamenti di sorta.
Recentemente, peraltro, il diritto fondamentale alla tutela della salute
sembra possedere una vis espansiva delle proprie tecniche di regolazione
ed interpretazione e di tutela processuale anche nei confronti di diritti
“consimili” quale il diritto all'assistenza sociale, come è posto a fondamento
di alcune innovative pronunce giurisprudenziali, che hanno riguardato
i soggetti inabili e sprovvisti dei mezzi necessari per vivere.
Il bilanciamento tra diritto alla tutela delta salute e criteri di economicità
o, più ampiamente, risorse finanziarie, non può pertanto essere inteso
in maniera assoluta, essendo evidente, come ben appare nei casi riportati,
che il diritto fondamentale dell'individuo prevalga in determinate fattispecie
a fronte delle pur ragionevoli esigenze di contenimento della spesa.
L'evoluzione legislativa nella sanità
Si è visto come l’art. 32 della Costituzione caratterizzi in senso sociale
il nostro ordinamento e demandi alla Repubblica il compito di tutelare
la salute, prefigurando un'azione dei pubblici poteri volta a rendere
possibili ed operative le condizioni finalizzate a garantire un'effettiva
assistenza sanitaria. Si e tuttavia anche accennato al fatto che tale
norma costituzionale è rimasta tuttavia per lungo tempo lettera morta,
e, come è emerso, la sua concreta operatività la si debba innanzitutto
all'intervento dei giudici.
Ciò è avvenuto in quanto la salute veniva inizialmente considerata alla
stregua di un problema di ordine pubblico, ovvero come necessità
di lotta alle malattie ed a fenomeni morbosi ed infettivi pericolosi per
1'incolumità pubblica, che ancora nel dopoguerra si verificavano diffusamente.
La regolamentazione degli interventi di tutela della salute era allora
rimessa al testo unico delle leggi sanitarie del 1934 e le relative competenze
affidate infatti al Ministero dell'Interno, in coerenza con una siffatta
concezione delle problematiche sanitarie.
D'altro canto, in base a quella che è stata ricostruita come impostazione
“filantropica" della sanità, 1'assistenza sanitaria veniva confinata
negli interventi di beneficenza e così lasciata all'iniziativa dei privati
e in particolare dell'intervento caritatevole delle organizzazioni religiose.
In tempi più recenti, 1'intervento sanitario era affidato invece a sistemi
di assicurazione obbligatoria contro le malattie, differenziati in base
alle categorie di lavoratori, che erano gestiti da enti pubblici (le
Mutue) sottoposti alla vigilanza del Ministero del lavoro, in attuazione
peraltro non gia dell'articolo 32 della Costituzione, ma di un altro precetto
costituzionale, vale a dire 1'articolo 38, che tuttavia consentiva 1'operatività
dell'assistenza unicamente nei confronti dei lavoratori malati, circoscrivendone
dunque la portata sia dal punto di vista soggettivo, sia sotto i1 profilo
oggettivo. Gli enti mutualistici, nel più recente periodo, si avvalsero
degli enti ospedalieri pubblicizzati a partire dal 1968 per effetto
delle leggi "Mariotti", che hanno rappresentato il primo passo della costruzione
di un'organizzazione sanitaria pubblica. Ma è solo dunque con la legge
23 dicembre 1978, n. 833, recante la istituzione del Servizio sanitario
nazionale, che si pone fine ad un sistema disorganico, frammentario
e diseguale e si da finalmente compiuta attuazione all'articolo 32 della
Carta Costituzionale.
In quel momento, ovvero con l'implementazione del Servizio sanitario nazionale,
si verifica l'inevitabile pubblicizzazione del sistema di assistenza,
puntando in via primaria su strutture pubbliche erogatrici di servizi
e segnando cosi l'abbandono dell'offerta privatistica, secondo un regime
che dura a tutt'oggi e che solo attraverso le sperimentazioni gestionali
di cui meglio si dirà appresso sembra trovare una sua parziale deroga.
Tra i vari modelli di sistemi sanitari ai quali poteva ispirarsi la legge
fondamentale di organizzazione del sistema di sanità pubblica, il legislatore
italiano segue, e ne seguirà anche 1'evoluzione nelle successive riforme
a venire, 1'assetto del National Health Service del Regno Unito,
basato su un circuito nazionale di strutture pubbliche con il compito
di erogare le prestazioni di prevenzione, cura e riabilitazione
e interamente finanziato a carico della collettività, sia attraverso contributi,
sia per mezzo di prelievi derivanti dalla fiscalità generale.
Con 1'istituzione del Servizio sanitario nazionale si intende abbandonare
la disparità di trattamento e la limitatezza degli interventi che contraddistingueva
il sistema delle mutue, per definire un vero e proprio servizio pubblico
sanitario, caratterizzato da principi di universalità, di uguaglianza
e di globalità degli interventi, che intendono assicurare - a differenza
di quanta avveniva precedentemente - la prevenzione delle malattie e 1'accesso
dei cittadini alle cure in condizioni di equità ed uniformità.
La scelta politica e legislativa italiana del 1978, tuttora in piedi nonostante
alcuni significativi cambiamenti e qualche parentesi, si orienta dunque
per un modello basato sulla solidarietà e sull'uguaglianza che prevede,
seppur formalmente e parzialmente 1'esercizio di libertà di scelta da
parte dell'utente, contraddistinto invece dalla responsabilità pubblica,
dall'esaustività e dall'uniformità dei servizi e da regole di finanziamento
e di programmazione, via via introdotte e perfezionate, volte ad assicurarne
la sostenibilitàeconomico-finanziaria. A tal fine viene
prevista un'iscrizione obbligatoria ed indisponibile da parte di
ciascun cittadino, che assicura insieme ad altri mezzi la copertura dei
costi necessari per ]a tutela della salute.
Di tale Servizio, la legge n. 833 del 1978 offre una definizione (art.
1: «il complesso delle funzioni, delle strutture, dei servizi e delle
attività, destinate alla promozione, al mantenimento ed al recupero della
salute fisica e psichica di tutta la popolazione» ), ne esplicita gli
obiettivi (art. 2), ne ripartisce le relative funzioni tra i livelli istituzionali
(artt. 3 e segg.), ne individua le competenti strutture centrali e
territoriali (sancendo in particolare all'art. 10 che «alla gestione
unitaria della tutela delta salute si provvede in modo uniforme sull'intero
territorio nazionale mediante una rete completa di unita sanitarie locali»),
individuando le prestazioni (artt. 19 e segg.) che esse devono
erogare.
Viene adottato il metodo della programmazione dei servizi, articolato
su di un Piano sanitario nazionale, da attuarsi attraverso Piani sanitari
regionali con i quali periodicamente stabilire le priorità, gli indirizzi
e le modalità di svolgimento delle attività istituzionali rivolte alla
tutela della salute.
In base al criterio generale del pluralismo organizzatorio e funzionale,
le funzioni ed i compiti nel settore vengono ripartiti tra i vari livelli
delta Repubblica, ma allocate soprattutto sui Comuni, che per l'esercizio
dei compiti in materia si avvalgono delle Unità sanitarie locali,
configurate come strumenti operativi del Comune singolo o associato, nei
quali viene concentrato il complesso dei presidi (compresi gli ospedali)
dei servizi e degli uffici destinati ad assolvere i compiti di tutela
della salute, sia direttamente, sia avvalendosi di prestazioni erogate
da soggetti esterni, mediante convenzioni.
Le intuizioni della legge n. 833 erano condivisibili. Con essa si disegna
infatti un assetto organizzativo ben definito e completo che rappresenta
il punto di vertice raggiunto e tutt'ora ineguagliato nella costruzione
dello Stato sociale; come si e detto, peraltro, i suoi principi rimangono
oggi ancora pienamente validi, cosi come il criterio organizzativo in
base al quale tutto il territorio nazionale è coperto da una rete di strutture
con il compito di provvedere alla prevenzionc ed alla assistenza sanitaria.
Dalle intenzioni all'operatività pratica, la situazione si appalesò in
maniera diversa. Meno fortunata, infatti, fu 1'attuazione della legge
e diverse ne furono le cause. Gli organi delle Us], che ab origine
coincidevano direttamente a indirettamente con quelli dei Comuni, vennero
intensamente "politicizzati", il che determinò situazioni di inefficienza
gestionale nella loro conduzione; la programmazione dei servizi non decollò
mai. Ma soprattutto la legge n. 833 del 1978 si rivela ben presto un progetto
troppo ambizioso, con intenzioni sproporzionate rispetto alle risorse
all'uopo destinabili, in quanto 1'estensione illimitata ed indiscriminata
delle prestazioni, in assenza di alcun limite o criterio operativo, non
era sostenibile dal punto di vista finanziario.
Dopo alcuni interventi tampone, quali l'introduzione di ticket
sulle prestazioni e la riforma degli organi interni delle Usl, ecco quindi
che all'inizio degli anni novanta, sulla scia di altre importanti riforme
come la legge n. 241 del 1990 sull'attività amministrativa e la riforma
dell'ordinamento delle autonomie locali di cui alla Legge n. 142 del 1990,
si arriva all'approvazione del riordino della disciplina in materia sanitaria
per effetto del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, emanato
in attuazione della legge delega n. 421 del 1992, che presenta due obiettivi
ben precisi: ridare efficienza al sistema e contenere la spesa sanitaria.
II decreto legislativo n. 502 del 1992, peraltro, viene immediatamente
corretto con le disposizioni dettate dal decreto legislativo 15 dicembre
1993, n. 517, intervenuto per riequilibrare alcune scelte effettuate nella
prima versione del riordino e per dare seguito alla sentenza della Corte
Costituzionale n. 355/1993 che, chiamata a pronunciarsi sulle doglianze
di alcune Regioni, aveva dichiarato 1'illegittimità di alcuni articoli
del medesimo d.lgs. 502/1992.
I punti qualificanti del riordino complessivo dell'inizio degli anni novanta
sono rappresentati:
- dal nuovo sistema di ripartizione delle competenze, che tende ad un'intensa
"regionalizzazione" della materia sanitaria in maggiore coerenza
con le disposizioni costituzionali e che porta all'estromissione dei Comuni
dalla gestione diretta dei servizi sanitari;
- dal mutamento della natura giuridica delle Unità sanitarie locali,
che vengono trasformate in Aziende e dotate di personalità giuridica
propria nonché di particolari forme di autonomia;
- dallo scorporo di alcuni grandi ospedali da queste ultime, anch'essi
eretti in aziende autonome;
- dalla previsione di nuovi organi di gestione e di una differente
disciplina delta contabilità delle aziende;
- dal rilancio della programmazione, che passa attraverso la delegificazione
del Piano sanitario nazionale, da adottar-si da parte del Governo con
cadenza triennale con it fine di individuare gli obiettivi di tutela delta
salute in coerenza con 1'entità dei finanziamenti assegnati;
- da un differente sistema di finanziamentodei servizi
basato su tariffe predeterminate;
- dalle modificazioni interessanti il regime dell'erogazione delle
prestazioni, che contempla elementi di competizione tra strutture
pubbliche e private attraverso il criterio dell'accreditamento, nell'ottica
complessiva di conferire la massima efficienza al sistema.
Le Unità sanitarie locali, in particolare, vedono modificato, in senso
ampliativo, il loro ambito territoriale di riferimento, che va a coincidere,
di norma, con quello provinciale e di conseguenza vengono ridotte di numero
e accorpate tra loro. Con i decreti legislativi 502 e 517, muta anche
il loro ruolo, in quanto si tende a separare il concetto dell'erogazione
del servizio da quello di garanzia della prestazione, imputando solo quest'ultimo
in via esclusiva alle Usl ed ammettendo nel circuito assistenziale soggetti
diversi cui compete 1'erogazione delle prestazioni a seconda delle opzioni
effettuate dall'utente nell'esercizio delta sua libera scelta del luogo
di cura.
Con la trasformazione delle Usl in aziende sanitarie locali si apre la
tormentata vicenda della successione tra questi due soggetti e la Regione
a fronte dei rapporti economici e giuridici pendenti sorti durante la
vigenza delle vecchie Usl, che trascina con se un notevole contenzioso
circa l'individuazione del soggetto responsabile, sia dal punto di vista
sostanziale ed economico, sia da quello processuale.
E difatti i legislatore del 1992 non si preoccupò dei rapporti giuridici
intercorrenti o intercorsi ed in particolare delle centinaia di miliardi
di debiti pregressivamente accumulati dalle Usl, disponendo al contempo,
per mezzo della legge n. 724 del 1994, che in nessun modo era consentito
alle Regioni far gravare sulle nuove aziende i debiti ed i crediti facenti
capo alle gestioni pregresse.
In presenza di una normativa piuttosto oscura e lacunosa, ci sono voluti
così dieci anni di giurisprudenza per affermare definitivamente che al
riguardo non si e verificata una successione universale tra le Usl e le
Asl, bensì un subentro in via particolare delle Regioni, che a tal fine
hanno infatti costituito apposite gestioni liquidatorie, nei confronti
delle vecchie amministrazioni sanitarie.
Pur se i decreti del 1992/1993 lasciano comunque inalterate le caratteristiche
di Fondo del sistema delineato dalla legge istitutiva del Servizio sanitario
nazionale, il riordino rappresenta per certi versi 1'antitesi alla
tesi sostenuta nella legge 833/1978, ispirata come è a principi e modelli
organizzativi fortemente diversi.
La carica di innovazione contenuta in quella che e stata definita la "riforma
della riforma", ed in particolare il regime dell'aziendalizzazione, il
sistema dell'accreditamento e la nuova disciplina del personale dirigenziale
si sono cosi tradotte in una sua controversa attuazione, talché
negli anni novanta si è assistito ad ulteriori correzioni del decreto
ed in generale ad interpretazioni della disciplina a volte assai distanti
tra loro.
Ecco quindi che, per formulare una sorta di sintesi tra la tesi del 1978
e la sua antitesi del 1992, alla fine degli anni novanta si giunge all'approvazione
di una legge delega per la razionalizzazione del Servizio sanitario
nazionale, dalla quale scaturirà, certamente meno atteso ed invocato dei
precedenti, il decreto delegato 19 giugno 1999, n. 229 (c.d. riforma
"Bindi").
Il d.lgs. 229/99, correggendo, ma non stravolgendo il disegno complessivo
gia vigente, si prefigge:
- il completamento dell'aziendalizzazione;
- il reingresso dei Comuni nelle funzioni di verifica e programmazione
dei servizi, pur nel rafforzamento delle funzioni regionali;
- il riequilibrio delle modalità di competizione tra strutture
pubbliche e quelle private;
- l'introduzione di nuove norme sul rapporto di lavoro del personale
dirigenziale, per il quale si introduce definitivamente il regime dell'esclusività
dell'impiego assunto presso le Istituzioni del Servizio sanitario nazionale.
La razionalizzazione del 1999 rappresenta 1'ultimo tentativo di addivenire
ad un modello unico nazionale dell'erogazione dei servizi sanitari;
a ciò risultano funzionali le linee di centralizzazione della materia,
la ricerca di regole uguali per tutti nell'organizzazione delle Usl e
nell'erogazione delle prestazioni sanitarie, 1'eterodeterminazione dei
contenuti delle leggi regionali, il mancato riconoscimento dei criteri
di sussidiarietà verticale ed orizzontale nell'organizzazione dei servizi
e l'inibizione della concorrenza.
A pochi anni di distanza dall'emanazione dalle ultime norme di razionalizzazione
del sistema, il Servizio sanitario nazionale incorre tuttavia in un ulteriore
e più veloce evoluzione, con la conseguenza che il decreto legislativo
n. 229/99, già in larga parte inapplicato, risulta in più pezzi modificato
per effetto di decreti correttivi e soprattutto superato da una nuova
cornice istituzionale e normativa del sistema.
Ciò e dovuto in particolare all'affermazione di distinti modelli regionali
di assistenza, di cui si dirà in un paragrafo successivo, ed all'evoluzione
in senso "federalistico" del sistema di tutela della salute
che, dopo i primi passi compiuti nel decreto legislativo n. 112/98, si
afferma più compiutamente con il decreto legislativo n. 56/2000, recante
il nuovo sistema di finanziamento regionale dei servizi, e con la riforma
generale apportata con la revisione del titolo V, parte II, della Costituzione,
che contiene i presupposti per l'approvazione di nuove e distinte discipline
regionali delta sanità pubblica, il cui potere sostitutivo rispetto alla
normativa nazionale viene esplicitamente avvallato da alcune sentenze
della Corte Costituzionale.
Proprio nel solco della recente impostazione "federalistica" della sanità,
appare dunque opportuno richiamare infine, per dare completezza alla ricostruzione
dell'evoluzione istituzionale e legislativa del sistema sanitario pubblico,
il decreto Legge 18 settembre 2001, n. 347, convertito nella legge
16 novembre 2001, n. 405 che, sotto il sintetico titolo .Interventi
urgenti in materia di spesa sanitaria» ed attraverso una tecnica normativa
che non rivela immediatamente la sua portata fortemente innovativa, contiene
importanti disposizioni riguardanti non solo il regime di finanziamento
dei servizi, ma anche i presupposti per una diversa regolamentazione nelle
Regioni degli ospedali pubblici, delle forme di collaborazione strutturali
tra pubblico e privato e dell'organizzazione dell'assistenza farmaceutica. Riferimenti normativi L. 12 febbraio 1968, n. 132. Enti ospedalieri e assistenza ospedaliera. L. 23 dicembre 1978, n. 833. Istituzione del Servizio sanitario
nazionale. D.l. 6 febbraio 1991, n. 35, convertito, con modificazioni, nella 1.
4 aprile 1991, n. 111. Norme sulla gestione transitoria delle unità
sanitarie locali. L. 23 ottobre 1992, n. 421. Delega al Governo per la razionalizzazione
e la revisione delle discipline in materia di sanità, di pubblico impiego,
di previdenza e di finanza territoriale. D.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502. Riordino della disciplina in
materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della I. 23 ottobre 1992, n.
421. D.lgs. 7 dicembre 1993, n. 517. Modificazioni al dlgs. 30 dicembre
1992, n. 502, recante riordino della disciplina in materia sanitaria,
a norma dell’art. 1 della L. 23 ottobre 1992, n. 421 L. 23 dicembre 1994, n. 724. Misure di razionalizzazione della
finanza pubblica. L. 30 novembre 1998, n. 419. Delega al Governo per la razionalizzazione
del Servizio sanitario nazionale e per l'adozione di un testo unico in
materia di organizzazione e funzionamento del Servizio sanitario nazionale.Modifiche al d.lg.s. 30 dicembre 1992, n. 502. Dlgs. 19 giugno 1999, n. 229. Norme per la razionalizzazione
del Servizio sanitario nazionale, a norma dell’art. 1 della L. 30 novembre
1998, n. 419( Decreto Legislativo 28 luglio 2000, n. 254 - "Disposizioni
correttive ed integrative del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229,
per il potenziamento delle strutture per l'attività libero-professionale
dei dirigenti sanitari") D.I. 18 settembre 2001, n. 347, convertito, con modificazioni,
nella L. 16 novembre 2001, n. 405. Interventi urgenti in materia
di spesa sanitaria. Documentazione
BOTTARI - CILIONE, Legge 23 dicembre 1978, n. 833 e decreto legislativo
n. 502 del 1992 e successive modificazioni - Testi coordinati ed annotati
con la normativa statale e le pronunce della Corte Costituzionale, Maggioli,
Rimini, 1997. Giurisprudenza Corte Costituzionale 10 febbraio 1997, n. 39 E’ inammissibile, per la mancanza del contenuto abrogativo ipotizzato
dai proponenti, la richiesta di referendum abrogativo ipotizzato dell’art..
63, 2° comma, L. 23 dicembre 1978 n. 833, limitatamente alle parole: «che,
secondo le leggi vigenti», «ad un istituto mutualistico di natura pubblica
sano assicurati» e « nel limite delle prestazioni .sanitarie erogate agli
assicurati dal disciolto Inam». Corte Costituzionale 31 marzo 2000, n. 89 Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.
4, comma 1, della legge della Regione Basilicata n. 50/1994 (Riduzione
del numero e rideterminazione degli ambiti territoriali delle Usl) e dell'art.
49, comma 1, della legge della Regione Basilicata n. 27/1996 (Riordino
del Servizio sanitario regionale), nella parte in cui individuano nelle
Aziende sanitarie locali i soggetti passivi delle obbligazioni sorte a
carico delle soppresse Unità sanitarie locali. L'art. 6 della legge 724/1994 rappresenta infatti un intervento eccezionale
e temporaneo, in un quadro finanziario di emergenza, che va inserito in
un'azione complessiva volta a contenere i1 disavanzo pubblico; si può
ritenere che le disposizioni regionali abbiano introdotto, rispetto ai
pregressi rapporti di credito e di debito delle Usl, meccanismi particolari
di gestioni distinte e di contabilità separate, tali da consentire a uno
stesso soggetto che subentrava nella loro posizione giuridica (le Asl)
di evitare ogni confusione tra le masse patrimoniali, così da tutelare
i creditori e di escludere ogni responsabilità delle stesse Asl in ordine
ai debiti delle Usl. Corte Costituzionale 19 marzo 2002, n. 72 Deve essere disposta la restituzione ai giudici rimettenti degli atti
relativi alla questione di legittimità costituzionale degli artt. 1 e
2, 1.r. Liguria 24 marzo 2000 n. 26, nella parte in cui hanno trasferito
alle aziende unità sanitarie locali, invece che alla Regione, la titolarità
e la legittimazione, sostanziale e processuale, in ordine ai debiti delle
soppresse unità sanitarie locali, affinché riesaminino i termini della
questione stessa alla luce della sopravvenuta legge costituzionale 18
ottobre 2001, n. 3, il cui art. 3 ha sostituito l'intero testa dell'art.
117 Cost., invocato come parametro del giudizio. Corte di Cassazione, sez. un., 30 novembre 2000, n. 1237 A seguito della soppressione delle Usl e della conseguente istituzione
delle Aziende unità sanitarie locali, si è realizzata la successione ex
lege a titolo particolare delle Regioni nei rapporti obbligatori già facenti
capo agli enti estinti, caratterizzata da una procedura di liquidazone
affidata ad un'apposita gestione stralcio, strutturalmente e finalisticamente
diversa dall'Ente .subentrante, individuata nell'ufficio responsabile
della struttura sanitaria di riferimento (della cui soggettività usufruisce
per tutta la durata della fase liquidatoria) e rappresentata dal direttore
generale della nuova Azienda sanitaria nella veste di commissario liquidatore;
pertanto, i processi instaurati nei confronti di una Usl prima della sue
soppressione proseguono tra le parti originarie ai sensi dell'art. 111
c.p.c. e la legittimazione a proporre o a ricevere l'impugnazione della
sentenza spetta all'organo di rappresentanza della gestione stralcio,
ovvero la Regione. Consiglio di Stato, sez. VI, 22 gennaio 2001, n. 184 A seguito dell’entrata in vigore del dlgs. 30 dicembre 1992, n. 502
e delle leggi 23 dicembre 1994, n. 724 e 28 dicembre 1995, n. 549, le
nuove aziende (Asl) non sono subentrate nei rapporti obbligatori dei quali
erano titolari le unità sanitarie, in quanto i debiti sono stati trasferiti
alle regioni; a seguito, poi, della costituzione delle c.d. «gestioni
a stralcio» si è distinta l’attività d’accertamento delle obbligazioni
degli enti soppressi da quella delle aziende di nuova istituzione, e con
la successiva trasformazione (l. 28 dicembre 1995, n. 549) di queste gestioni
in quelle «liquidatorie», le regioni hanno attribuito le funzioni di commissari
liquidatori ai direttori generali delle Asl, i quali, tra l’altro, amministrano
e liquidano le situazioni debitorie delle Usl esistenti alla data del
13 dicembre 1994; e, fino a quando non si disporrà con un provvedimento
specifico I'estinzione delle gestioni liquidatorie (già «gestioni a stralcio»),
la legittimazione processuale spetterà soltanto ad esse, perché, pur essendo
prive di personalità giuridica, hanno un autonomia funzionale, amministrativa
e contabile e una propria capacità processuale, sia pure limitata alla
gestione. Tar Toscana, sez. II, 14 agosto 2002, n. 1775 L’art. 6, comma 1, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, come integrato
dall'art. 2, comma 14, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, dispone che
i rapporti obbligatori afferenti alle soppresse Usl non sono stati trasferiti
alla responsabilità della ricostituita azienda Usl, ma spettano alla competenza
esclusiva delle apposite gestioni liquidatorie costituite presso le regioni.
Con Ia soppressione delle Usl e la conseguente creazione delle aziende
Usl non si è verificata una successione a titolo universale delle seconde
nei rapporti giuridici delle prime, dal momento che i soggetti obbligati
ad assunrere a proprio carico i debiti delle soppresse Usl sono stati
individuati dal legislatore nelle apposite gestioni stralcio delle regioni. E’ pertanto inammissibile un ricorso per esecuzione del giudicato proposto
per crediti vantati dalla soppressa Usl nei confronti di una azienda Usl,
dal momento che nessuna legittimazione passiva può essere riconosciuta
in capo a quest’ultima.
Riferimenti normativi Costituzione – art. 32 Bibliografia 1979
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GASPARE,Giuffrè, Milano 2002. 2003
CHIEFFI(a cura di), Il diritto alla salute alle soglie del terzo millennio.
Profili di ordine etico, giuridico ed economico, Giappichelli, Torino,2003. Giurisprudenza Corte Costituzionale 10 febbraio 1981, n. 26 È inammissibile la richiesta di referendum diretta all'abrogazione
integrale della legislazione sull'aborto, stante il carattere costituzionalmente
vincolato della stessa, in relazione all'articolo 32 della Costituzione,
nella parte in cui consente l'aborto in situazioni di pericolo per la
madre. Corte Costituzionale 14 luglio 1986, n. 184 Posto che: a) l'art. 2059 c.c. attiene esclusivamente ai danni
morali subiettivi e non esclude che altre disposizioni prevedano la risarcibilità
del danno biologico, per sé considerato; b) il diritto vivente
individua nell'art. 2043c.c., in relazione all'art. 32 cost., la
disposizione che permette la risarcibilità, in ogni caso, di tale pregiudizio,
è infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2059
c.c. nella parte in cui prevede la risarcibilità del danno non patrimoniale
derivante dalla lesione del diritto alla salute soltanto in conseguenza
di un reato, in riferimento agli artt. 2, 3, 24 e 32 Cost.
Corte Costituzionale, 18 dicembre 1987, n. 559 È incostituzionale, per violazione degli art. 32, 1° comma,
e 36, 3° comma, cost., l'art. 1, 1° comma, letto a), ultimo
alinea, del d.l. 25 gennaio 1982 n. 16, nel testo
sostituito con l'art. unico l. 25 marzo 1982 n.98, nella
parte in cui, stabilendo il divieto di concessione di congedistraordinari
per cure idrotermali, ne consente la fruizione solo durante leferie
annuali. Corte Costituzionale 27 ottobre 1988, n. 992 Il bene della salute umana rappresenta, ai sensi dell'art. 32 Cost.,
un diritto primario e fondamentale che impone piena ed esaustiva
tutela; pertanto, gli artt. 32,4° comma, della legge 27 dicembre
1983, n. 730 e 15 della legge22 dicembre 1984,
n. 887 sono incostituzionali, per violazione dell'art. 32
cit., nella parte in cui non hanno consentito, con le modalità contemplate
ai fini dell'assunzione della spesa a carico del Servizio sanitario nazionale,
l'eseguibilità delle prestazioni di diagnostica specialistica ad alto
costo anche presso strutture private non convenzionate, allorché queste
ultime siano le uniche detentrici delle relative apparecchiature e
gli inerenti accertamenti risultino indispensabili. Corte Costituzionale 22 giugno 1990, n. 307 È illegittima la l. 4 febbraio 1966, n. 51 nella
parte in cui non prevede, a carico dello stato, un equa indennità per
il caso di danno derivante, al di fuori dell'ipotesi di cui all'art. 2043
c.c., da contagio o da altra apprezzabile malattia causalmente
riconducibile alla vaccinazione obbligatoria antipoliomielitica, riportati
dal bambino vaccinato o da altro soggetto a causa dell'assistenza
personale diretta prestata al primo. Corte Costituzionale 16 ottobre 1990, n. 455 Il diritto alla salute è garantito dalla Costituzione condizionatamente
all'attuazione che il legislatore ordinario ne dà, attraverso il bilanciamento,
sindacabile dalla Corte Costituzionale, dell'interesse tutelato da quel
diritto con gli altri interessi costituzionalmente protetti, in relazione
alle risorse organizzative e finanziarie disponibili; pertanto,
l'art. 6, 1° e 2° comma, della l. prov. Trento 6 giugno
1983, n. 6, non è in contrasto con gli articoli 3, 1°comma,
32, 1° comma, e 116 Cost. nella parte in cui dispone che
le prestazioni sanitarie, erogate dalle case di riposo alle persone anziane,
non autosufficienti, ricoverate, siano poste a carico delle usl, nei limiti
che la giunta provinciale stabilisce, in riferimento al numero delle persone
assistibili ed al costo pro-capite. Corte Costituzionale 3 giugno 1992, n. 247 È compito del legislatore, nell'attuazione della tutela di interessi
costituzionalmente protetti, contemperare taluni interessi con altri anch
'essi costituzionalmente garantiti, tenuto conto dei limiti oggettivi
che il legislatore stesso incontra in relazione alle risorse organizzative
e finanziarie di cui dispone; pertanto, è inammissibile la questione di
legittimità costituzionale degli articoli 25, della legge 23
dicembre 1978, n. 833 ed 1della l. reg. Liguria
14 dicembre 1976, n. 41, sollevata con riferimento
agli artt. 3 e 32 costo nella parte in cui non prevedono
il rimborso integrale delle prestazioni sanitarie ospedaliere, fornite
all'estero, ma consentono per tali prestazioni un congruo ristoro, sufficiente
a tutelare il bene primario del diritto alla salute. Corte Costituzionale 23 luglio 1992, n. 356 In presenza di un'inevitabile limitatezza delle risorse finanziarie,
non è consentito poter spendere senza limite, avendo riguardo solo ai
bisogni, quale ne sia la gravità e l'urgenza; al contrario, occorre commisurare
la spesa alle effettive disponibilità finanziarie, le quali condizionano
la quantità ed il livello delle prestazioni sanitarie, da determinarsi
previa valutazione delle priorità e delle compatibilità e tenuto ovviamente
conto delle fondamentali esigenze connesse alla tutela del diritto alla
salute. Corte Costituzionale 23 aprile 1993, n. 184 È illegittimo, per violazione degli articoli 3 e 32 Cost.,
l'art. 3, l° comma, lett.b), del d.l. 25 novembre
1989, n. 382, convertito, con modificazioni,in l.
25 gennaio 1990, n. 8, nella parte in cui esclude dall'esenzionedal pagamento di tutte le quote di partecipazione alla spesa sanitaria,fino al raggiungimento dell'età prevista per il conseguimento dellapensione di vecchiaia, i titolari di pensione di invalidità con reddito
inferioreai livelli determinati nella stessa norma. Corte Costituzionale 2 giugno 1994, n. 218 È costituzionalmente illegittimo l'art. 5, 3° e 5° comma,
della l. 5 giugno 1990, n. 135 recante il programma di interventi
urgenti per la prevenzione e la lotta contro l'Aids, nella parte in cui
non prevede l'obbligatorietà di accertamenti sanitari volti a stabilire
l'assenza di sieropositività all'infezione da Hiv come condizione per
l'espletamento di attività che comportano rischi per la salute di terzi. Corte Costituzionale 18 aprile 1996, n. 118 La disciplina costituzionale della salute comprende due lati, individuale
e soggettivo l'uno (la salute come "fondamentale diritto dell'individuo"),
sociale e oggettivo l'altro (la salute come "interesse della collettività").
Talora l'uno può entrare in conflitto con l'altro; in particolare, può
accadere che il perseguimento dell'interesse alla salute della collettività,
attraverso trattamenti sanitari, come le vaccinazioni obbligatorie, pregiudichi
il diritto individuale alla salute, quando tali trattamenti comportino,
per la salute di quanto ad essi devono sottostare, conseguenze indesiderate,
pregiudizievoli entro il limite del normale tollerabile. Tali trattamenti sono leciti, per testuale previsione dell'art. 32,
comma 1, Cost., il quale li assoggetta ad una riserva di legge,qualificata
dal necessario rispetto della persona umana e ulteriormente specificata
da questa Corte (sentenza n. 258/1994), con l'esigenza che si prevedano
ad opera del legislatore tutte le cautele preventive possibili, atte ad
evitare il rischio di complicanze. La coesistenza tra la dimensione individuale
e quella collettiva della disciplina costituzionale della salute
nonché il dovere di solidarietà che lega il singolo alla collettività,
ma anche la collettività al singolo, impongono che si predisponga, per
quanti abbiano ricevuto un danno alla salute dall'aver ottemperato all'obbligo
del trattamento sanitario, una specifica misura di sostegno, consistente
in un equo ristoro del danno. Corte Costituzionale 26 febbraio 1998, n. 27 È incostituzionale l'art. 1, l° comma, della l. 25 febbraio
1992, n. 210, nella parte in cui non prevede il diritto all'indennizzo,
alle condizioni ivi stabilite,di coloro che si siano sottoposti a vaccinazione
antipoliomielitica nel periodo in cui quest'ultima non era obbligatoria,
ma solo promossa dall'autorità pubblica in vista della sua diffusione
capillare nella società. Corte Costituzionale 26 maggio 1998, n. 185 È incostituzionale il combinato disposto dell'art. 2, l° com
ma, ultima proposizione, e dell'art. 3, 4° comma, del d.l.
17 febbraio 1998, n. 23, convertito, con modificazioni,
nella 1.8 aprile 1998, n. 94, nella parte in cui
non prevede, secondo criteri stabiliti dal legislatore, l'erogazione a
carico del Servizio sanitario nazionale dei medicinali impiegati nella
cura delle patologie tumorali, per le quali è disposta la sperimentazione
di cui all'art. 1, a favore di coloro che versino in condizioni
di insufficienti disponibilità economiche e che siano ritenuti
dal medico - sotto la propria responsabilità e sulla base
di elementi obiettivi - pazienti privi di valide alternative terapeutiche
offerte da medicinali o trattamenti già autorizzati per tali patologie. Corte Costituzionale, 7 luglio 1998, n. 267 Il diritto alla salute implica il diritto ai trattamenti sanitari necessari
per la sua tutela ed è garantito ad ogni persona come un diritto
costituzionalmente condizionato all'attuazione che il legislatore ne dà
attraverso il bilanciamento dell'interesse tutelato da quel diritto con
gli altri interessi costituzionalmente protetti; in quest'ottica, l'ammissione
all'assistenza indiretta (come il diritto alla scelta del medico e
del luogo di cura) deve essere contemperata con gli altri interessi
costituzionalmente protetti, tenuto conto dei limiti oggettivi che lo
stesso legislatore incontra in relazione alle risorse organizzative e
finanziarie, di cui dispone; nel quadro di tali principi, il nucleo essenziale
del diritto alla salute deve ritenersi salvaguardato da quelle disposizioni
di legge (come l'art. 3 della legge n.595 del 1985
citata) che legittimano il ricorso all'assistenza indiretta nelle ipotesi
in cui le strutture del Servizio sanitario (incluse quelle convenzionate,
ad oggi quelle accreditate) non fossero in grado di assicurare un tempestivo
intervento sanitario, reso peraltro indifferibile dalle condizioni di
salute della persona bisognosa di cura. La norma legislativa regionale
censurata, escludendo, senza giustificazione, in modo assoluto ed indifferenziato
ogni ristorno dalle spese in tutti i casi nei quali l'assistito non abbia
preventivamente chiesto l'autorizzazione per accedere all'assistenza indiretta,
senza contemplare alcuna deroga, neppure qualora ricorrano particolari
condizioni di indispensabilità, di gravità ed urgenza non altrimenti sopperibili,
non assicura l'effettiva tutela della salute e vulnera la garanzia dell'art.
32 Cost., ponendosi altresì in contrasto anche con l'art. 3
Cost., poiché realizza una soluzione intrinsecamente irragionevole. Corte Costituzionale 16 luglio 1999, n. 309 Sono incostituzionali gli articoli 37 della l. 23 dicembre
1978, n. 833 ed 1 e 2 del d.p.r. 31 luglio
1980, n. 618, nella parte in cui non prevedono forme di assistenza
sanitaria gratuita, da stabilirsi dal legislatore, a favore dei cittadini
italiani che si trovano temporaneamente all'estero, non appartengono alle
categorie indicate nell'art. 2 del medesimo decreto e versano in
disagiate condizioni economiche. Corte Costituzionale, 13 giugno 2000, n. 188 È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1
del d.l. 16 giugno 1998, n. 186, convertito, con
modificazioni, in l. 30 luglio 1998 n. 257, nella parte in cui
esclude che i pazienti oncologici in stato di indigenza possano usufruire
del "multi trattamento Di Bella" per la cura di patologie non elencate
nell'allegato 1 di detto decreto legge,quando non vi sia alternativa
terapeutica e sia accertata la stabilizzazione della malattia, in riferimento
agli art. 3 e 32 Cost. Corte Costituzionale, 16 ottobre 2000, n. 423 È incostituzionale l'art. 1, l° comma, della l. 210/92, nella
parte in cui non prevede il diritto all'indennizzo, alle condizioni ivi
stabilite, di coloro che siano stati sottoposti a vaccinazione antiepatite
B, a partire dall'anno 1983 (ossia da quando l'autorità sanitaria
aveva intrapreso una capillare campagna per la diffusione di tale vaccinazione,
ancorché quest'ultima sia stata resa obbligatoria, per tutti i nuovi nati
nel primo anno di vita, solo con la l. 165/91). Corte Costituzionale, 17 luglio 2001, n. 252 È infondata - in riferimento agli art. 2 e 32 Costo-
la questione di legittimità costituzionale dell'art. 19, 2° comma,
del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico
delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme
sulla condizione dello straniero), sollevata sotto il profilo che la norma
impugnata non contenga un esplicito divieto di espulsione per lo straniero
che abbia necessità di ricevere una terapia essenziale per la sua salute,
in quanto anche chi sia irregolarmente presente nel territorio nazionale
ha diritto di usufruire di tutte le prestazioni sanitarie che risultino
indifferibili e urgenti. Corte di Cassazione, sez. un., 20 febbraio 1992, n. 2092 L'attività della pubblica amministrazione che, realizzando un impianto
di depurazione in prossimità di un'abitazione, venga ad incidere sul diritto
individuale alla salute, è attività materiale senza potere, e rientra
nei poteri del giudice ordinario, oltre alla condanna al risarcimento
dei danni, ordinarne l'eliminazione.
Corte di Cassazione, sez.lavoro, 11 settembre 1996, n. 8241 Il diritto dell'assistito al rimborso della spesa per un farmaco non
compreso nel prontuario farmaceutico nazionale (nella specie, vaccino
antiallergico) ma che risulti essere indispensabile e insostituibile,
non può essere contestato in ragione della mancata inserzione del farmaco
nel menzionato prontuario (che, in tal caso, va disapplicato dal giudice
ordinario), non rilevando, inoltre, in senso contrario che il farmaco
sia stato somministrato a fini preventivi anziché curativi. Corte di Cassazione, sez. un. civili, 12 giugno 1997, n. 5297 In caso di ricovero in luoghi di cura all'estero, necessitato da ragioni
d'urgenza comportanti pericolo di vita o di aggravamento della
malattia o di non guarigione, il cittadino è titolare di un diritto
soggettivo al rimborso delle spese ad opera della regione, diritto tutelabile,
secondo le regole generali, innanzi al giudice ordinario. Corte di Cassazione, sez. un. civili, 19 febbraio 1999, n. 85 In una controversia avente ad oggetto la domanda di rimborso alle spese
sostenute per interventi urgenti al cuore effettuati, in assenza di preventiva
autorizzazione della Usl competente, presso strutture non convenzionate,
la pretesa del cittadino ha la consistenza di vero e proprio diritto soggettivo,
meritevole di preminente tutela, quando sussistano situazioni di urgenza
o di pericolo di aggravamento della malattia o di non adeguata
guarigione; in tali ipotesi, residua infatti in capo all'autorità amministrativa
un potere discrezionale di tipo meramente tecnico in ordine all'apprezzamento
dei motivi di urgenza. Corte di Cassazione civile, sez. lav., 23 febbraio 2000, n. 2034 Il diritto all'assistenza fannaceutica, articolazione del diritto alla
salute di cui all'art. 32 della Costituzione, comprende la somministrazione
di farmaci che, sebbene non inclusi nella classificazione di cui all'art.
8, letto a), della legge n. 537 del 1993, risultino
indispensabili per il trattamento di gravi condizioni o sindromi
morbose che esigono terapie di lunga durata; di conseguenza, sussiste
il diritto al rimborso delle spese sostenute per l'acquisto di un farmaco
con le indicate caratteristiche, restando irrilevante la mancata registrazione
del farmaco stesso in Italia: a tal fine il giudice deve disapplicare
l'atto di classificazione che, in contrasto con l'art. 32 della Costituzione,
non include il farmaco in questione. Corte di Cassazione civile, sez. lav., 14 febbraio 2000, n. 1665 e
29 marzo 2001, n. 4659 In tema di assistenza offerta dal servizio sanitario nazionale, in
base all'articolo 1°, comma 2, del d.l. n. 463 del 1983,
convertito nella l. n. 638 del 1983, che vincola la formazione,
nell'ambito del prontuario terapeutico, dell'elenco dei farmaci per i
quali non è dovuta da parte degli utenti alcuna quota di partecipazione
alla relativa spesa, il criterio dell'economicità non può portare ad escludere
l'esenzione della compartecipazione alla spesa per un farmaco che risulti
indispensabile ed insostituibile per il trattamento di gravi condizioni
o sintomi che esigono terapie di lunga durata o di altre
forme morbose particolarmente gravi. Tribunale di Torino, 20 marzo 2000 La tutela del diritto alla salute si può estrinsecare nella facoltà
di vietare quanto possa causare un effettivo danno alla salute della persona
e nel diritto di iniziare o proseguire una cura necessaria
per la sua tutela, ma non può tradursi nella rivendicazione ad usare e/o
a prescrivere una qualunque cura che non sia effìcace e necessaria
- come (nella fattispecie) la terapia Mtz in ordine alla cura della
obesità o della magrezza, attuata mediante una metodologia clinica
che si avvale di un trattamento farmacologico (e di un apporto
alimentare) a base di anfepramone e di fendimetrazina: sostanze
medicinali ritenute pericolose e di cui è stato vietato l'utilizzo
sia nella forma di specialità medicinali, sia in quella delle preparazioni
galeniche - e non venga offerta la prova che detta terapia sia
di indispensabile effìcacia e che la sua interruzione sia dannosa Corte d'appello di Torino, 27 gennaio 2000 Va risarcito, come da leggee da contratto, il danno inferto,
in seno ad un grave incidente automobilistico, che ha provocato assai
notevole pregiudizio alla integrità psicofisica del danneggiato, da persona
coperta da una compagnia assicuratrice, qualora il danneggiato non abbia
tenuto, ai danni di quest'ultima, alcuna condotta dolosa o colposa;
né osta al risarcimento il fatto che, data la notevolissima gravità delle
ferite e l'assoluta urgenza di cure adeguate, il danneggiato (un
minore) abbia dovuto fare ricorso, a causa dei lunghi tempi d'attesa caratterizzanti
l'intervento delle strutture sanitarie pubbliche, ad una struttura sanitaria
privata, senza l'autorizzazione delle competenti autorità sanitarie e
amministrative. Tribunale di Firenze, sez. lavoro, ordinanza 5 maggio 200 l Poiché la ricorrente fruisce di un reddito mensile da pensione di circa
lire unmilioneseicentomila, destinato quasi integralmente alla propria
sussistenza ed alle spese di locazione dell'alloggio, e poiché ella è
portatrice di grave handicap e non dispone di alcun familiare che possa
accudirla, il Comune di Firenze è tenuto a corrispondere alla medesima
un sostegno economico complessivo di lire cinque milioni, già comprensivo
della eventuale contribuzione previdenziale e di ogni altro onere necessario
per l'assunzione da parte della ricorrente di personale addetto alla sua
assistenza continuativa. Ciò si rende possibile in quanto la legge regionale
della Toscana 3 ottobre 1997, n. 72 stabilisce che
il Comune è l'ente titolare delle funzioni in materia di assistenza sociale.
Tale legge prevede inoltre il sostegno economico "per la vita indipendente
o aiuto personale per persone con gravi disabilità", da attuarsi
in base a "piani individualizzati di intervento ".