In APPUNTI sulle politiche sociali,
n. 3(152)-2004 - www.grusol.it
Politiche e servizi sociosanitari nelle Marche e soggetti deboli
Fabio Ragaini, Gruppo Solidarietà
(torna all'indice informazioni)
L’articolo intende offrire alcuni spunti di riflessione sulla situazione degli
interventi e dei servizi riguardanti le fasce deboli nelle Marche a circa un
anno dall’approvazione del Piano sanitario regionale 2003-2006 e a pochi mesi
dall’emanazione dei Regolamento riguardante il funzionamento delle strutture
sociali e socio sanitarie diurne e residenziali.
I due provvedimenti (1) hanno necessità di essere valutati contestualmente perché
molte delle strutture e dei servizi extraospedalieri normati dal Piano sanitario
regionale sono regolamentati dal Regolamento 1-2004 (2).
Il PSR 2003-2006 indica nella tutela dei soggetti fragili un obiettivo
fondamentale della politica sanitaria regionale (p. 15) “Il porre queste aree
di fragilità al centro degli interventi di tutela della salute rappresenta l’impegno
etico primario della regione (..) In un sistema sanitario universalistico e
solidaristico, una discriminazione nell’accesso alle cure appare ingiustificabile.
L’obiettivo del servizio sanitario regionale non è quello di offrire cure uguali
per tutti, cure estese ugualmente a tutti, ma cure tali per cui tutti risultano
avere uguali probabilità di godere di buona salute. Se il sistema sanitario
regionale fallisse questo obiettivo, ne verrebbe meno il motivo di esistere”.
Cercheremo di verificare quali servizi ricevono oggi nella regione Marche i
“soggetti fragili” e quali sono le prospettive indicate dalla stessa regione
analizzando i documenti sopra indicati.
Problemi aperti
Un quadro della situazione regionale può essere desumibile dalla lettera inviata
lo scorso 7 aprile dal Comitato Associazioni Tutela (3) al Presidente della
giunta regional e agli assessori alla sanità e ai servizi sociali.
“- Purtroppo a nulla sono valse le ripetute richieste di modifica degli standard
assistenziali delle Residenze protette per anziani non autosufficienti
e soggetti affetti da forme dei demenza, così come di alcuni standard strutturali
(4). I Regolamenti, e lo riteniamo assai grave, non prevedono per un nucleo
di 30 persone una presenza oraria settimanale minima del medico; la presenza
infermieristica non supera le 10 ore al giorno, la presenza di personale addetto
all’assistenza è largamente insufficiente (80-100 m/assistenza). Tali standard
sono del tutto inadeguati a rispondere ai bisogni di assistenza dei soggetti
con gravi malattie che verranno ospitati presso queste strutture. Standard che
sono stati misurati non sulle esigenze dei ricoverati ma sulla necessità di
ridurre i costi delle strutture. Si prevede nelle residenze per anziani non
autosufficienti e malati di Alzheimer un servizio igienico ogni 4 letti con
un tempo di adeguamento di 5 anni. Ciò significa che da qui al 2009 le residenze
protette potranno avere al loro interno servizi igienici senza alcuna regolamentazione
e che dal 2009 si ritiene accettabile per queste strutture 1 servizio igienico
ogni 4 ospiti. Si fa presente inoltre che la regolamentazione proposta dalla
regione Marche è addirittura inferiore agli standard previsti dalla normativa
nazionale. Inoltre, strutture (NAR, Nuclei assistenza residenziali) che avrebbero
dovuto entro il 2003 adeguare alcuni standard, secondo le indicazioni del precedente
Piano sanitario (5) possono rimandare l’adeguamento di ulteriori 5 anni.
- Si ricorda inoltre come la previsione di 2500 posti letto di residenze protette
prevista dal Piano sanitario 2003-2006 sia di gran lunga inferiore al numero
di anziani malati non autosufficienti attualmente ricoverati all’interno delle
Case di riposo della regione marche. Ciò significa che per oltre 1000 malati
non cambierà nulla. In base a quale criterio persone in identiche condizioni
di salute avranno diritto a ricevere una determinata forma di assistenza e altri
no?
- Del tutto drammatica è la condizione delle persone affette da malattia di
Alzheimer. Il Piano sanitario include all’interno dei 1320 posti letto di residenze
sanitarie assistenziali (peraltro largamente insufficienti) per anziani anche
i “Nuclei speciali Alzheimer”; nulla viene detto sul complessivo dei posti letto
da realizzare e sugli standard assistenziali; nessuna indicazione viene data
dalla regione sulla realizzazione di Centri diurni. I 2500 posti di residenze
protette includono anche posti per soggetti “che presentano deficit cognitivi
senza rilevanti disturbi comportamentali”. Senza l’attivazione dei Nuclei Alzheimer
dove verranno ricoverati i soggetti con “rilevanti disturbi comportamentali”?
- Continua ad essere indefinito lo standard assistenziale delle RSA anziani
(di fatto utilizzate per la gran parte con funzioni di lungodegenza ospedaliera).
Ad oggi ad esempio non è chiaro (parrebbe di no) se tutte le strutture classificate
come RSA abbiano le stesse regole di funzionamento (tipologia di utenza,
standard assistenziali, definizione costo retta e partecipazione dell’utente);
ci si chiede su quali riferimenti normativi funzionino le strutture pubbliche
e private autorizzate come RSA. Sulla DGR 3240/92? Sulla L. 36/95? Sulla DGR
2200/2000 (che non fissa va ricordato lo standard assistenziale)? Si continuano,
inoltre ad autorizzare RSA disabili psichici prevedendo partecipazioni
mensili al costo del servizio fino a 1000 € nonostante che nessuna norma regionale
lo preveda.
- Con urgenza devono attivarsi i posti letto ospedalieri di riabilitazione e
lungodegenza (oltre 1400), così come indicato dal Piano sanitario (anche se
non si può non ricordare che nel conteggio dei posti letto ospedalieri sono
inseriti, del tutto scorrettamente, anche posti extraospedalieri addirittura
estensivi); senza la loro attivazione ai cittadini continueranno ad essere negate
prestazioni di cui hanno diritto e si continuerà a vicariare la loro mancanza
con l’utilizzo delle strutture extraospedaliere (vedi RSA anziani); che inadeguate
per la gestione di malati in post acuzie sottraggono poi posti per la funzione
loro assegnata (gestione di malati stabilizzati non curabili a domicilio).
- Ma più in generale se si vuole ridurre ospedalizzazione e istituzionalizzazione
è necessario il potenziamento delle cure domiciliari così come indicato
dallo stesso Piano sanitario (vedi p. 90, PSR).
In particolare devono al più presto essere definiti i costi delle strutture
sociosanitarie previste dal PSR e molte delle quali normate dal Regolamento
regionale n. 1/2004 (vedi Rsa anziani e Residenze Protette per anziani, disabili,
malattia mentale; Comunità socio riabilitativa residenziale per disabili; le
strutture diurne per anziani e disabili). Per queste e per altre strutture che
verranno autorizzate non è stato ancora definito l’ammontare del costo retta
e la ripartizione tra quota sanitaria e quota sociale. In particolare riteniamo
urgente definire a livello regionale le prestazioni che il servizio sanitario
deve garantire a completo carico del fondo sanitario e quelle che prevedono
la partecipazione (e con quale percentuale) del settore sociale; così come vanno
definite le modalità di contribuzione, quando prevista, degli utenti.
Pare del tutto impensabile che possano attivarsi queste strutture senza che
la regione abbia definito tali aspetti. Lasciare alla negoziazione locale tale
definizione può determinare solo ulteriori paralisi nella costruzione della
rete dei servizi. D’altra parte appare evidente che se oneri ulteriori verranno
“caricati” nella spesa sociale a carico dei Comuni, sono necessari finanziamenti
adeguati per sopportarli, perché è impensabile che ciò possa essere travasato
sugli utenti e sui loro familiari.
Su quest’ultimo punto ricordiamo le indicazioni - disattese in gran parte del
territorio marchigiano - del decreto legislativo 130-2000 nel quale si stabilisce
che le prestazioni “erogate a domicilio o in ambiente residenziale a ciclo diurno
o continuativo, rivolte a persone con handicap permanente grave di cui all’articolo
3 della legge 104/1992, nonché a soggetti ultrasessantacinquenni la cui non
autosufficienza fisica o psichica sia stata accertata dalle Aziende Unità Sanitarie”
verrà presa in considerazione la situazione economica del solo assistito
e non quella del nucleo familiare o dei parenti tenuti agli alimenti”.
Lo stesso comitato lo scorso 17 maggio ha incontrato gli assessori regionali
alla sanità ed ai servizi sociali richiedendo l’attivazione di un percorso partecipato
in tema di interventi e servizi sanitari, sociosanitari e sociali in riferimento
ai cosiddetti soggetti fragili. In particolare ha formulato le seguenti richieste
a) Coinvolgimento nella definizione dei costi e delle quote tra settore
sanitario e sociale (e degli utenti) delle strutture sociosanitarie previste
dal PSR, dalla legge regionale 20-2002 come regolate dal Regolamento regionale
n. 1/2004: Rsa anziani e Residenze Protette per anziani, disabili, malattia
mentale; Comunità socio riabilitativa residenziale per disabili; le strutture
diurne per anziani e disabili.
b) Richiamo ai Comuni all’applicazione del decreto legislativo 130-2000
nel quale si stabilisce che per le prestazioni “erogate a domicilio o in ambiente
residenziale a ciclo diurno o continuativo, rivolte a persone con handicap permanente
grave di cui all’articolo 3 della legge 104/1992, nonché a soggetti ultrasessantacinquenni
la cui non autosufficienza fisica o psichica sia stata accertata dalle Aziende
Unità Sanitarie” verrà presa in considerazione la situazione economica
del solo assistito e non quella del nucleo familiare o dei parenti “tenuti agli
alimenti”.
c) Attivazione dei posti letto ospedalieri di riabilitazione e lungodegenza
(oltre 1400), così come indicato dal Piano sanitario.
d) Definizione dello standard assistenziale delle RSA anziani.
Emanazione di precise indicazioni alle zone sanitarie per evitare subdoli cambi
di funzioni (incoerenza tra classificazione e funzione. di fatto utilizzate
per la gran parte con funzioni di lungodegenza ospedaliera). Effettiva attivazione
dei p.l. secondo le indicazioni regionali. Aumento dei posti previsti largamente
insufficienti.
e) Emanazione di un atto che chiarisca inequivocabilmente il significato
delle strutture classificate ed autorizzate come RSA disabili psichici
(6). Le strutture così autorizzate devono essere - come da normativa
regionale - a completo carico del Fondo sanitario. Rsa disabili psichici
è una denominazione che non compare né nel Piano sanitario, né nel Progetto
obiettivo salute mentale.
f) Emanazione di un atto che impedisca autorizzazioni di strutture classificate
come RSA disabili all’interno di strutture assistenziali per anziani
(7). Definizione di un modello coerente di residenzialità per disabili (dalla
Comunità alloggio alla RSA).
g) Definizione del numero di posti letto e dello standard assistenziale
dei Nuclei speciali Alzheimer (ricompresi all’interno delle Rsa
anziani) e dei Centri diurni Alzheimer.
h) Modifica degli standard assistenziali delle Residenze protette
per anziani non autosufficienti e soggetti affetti da forme di demenza,
così come di alcuni standard strutturali. Tutti gli anziani non autosufficienti
ospiti di strutture assistenziali che hanno i requisiti per essere accolti in
strutture protette devono avere quegli standard. Per questo è necessario un
aumento di almeno altri 1000 posti di Residenza protetta (senza riduzione dei
posti di RSA).
i) Potenziamento delle cure domiciliari così come indicato dallo
stesso Piano sanitario con l’effettuazione in tutte le Zone territoriali degli
interventi previsti dalle Linee guida sulle cure domiciliari. Utilizzo del Fondo
ADI per il sostegno alla domiciliarità. Le spese per operatori sanitari all’interno
delle strutture assistenziali che accolgono anziani non autosufficienti deve
ricadere nel fondo dell’assistenza residenziale e non in quello dell’ADI.
Decisioni non rinviabili
Vogliamo riprendere e segnalare tra i problemi sopra indicati quelli che ci
sembrano necessitino di decisioni non rinviabili.
I costi
Per molte delle strutture sociosanitarie indicate (normate sia dal PSR che
dalla legge 20-2002) la regione non ha ancora definito i costi retta e - quando
prevista - la ripartizione tra quota sanitaria e quota sociale. Non è stata
data applicazione all’Atto di indirizzo sull’integrazione socio sanitaria (DPCM
14-2-2001) e al DPCM 29-11-2001 sui LEA nella parte (allegato 1c) riguardante
le prestazioni sociosanitarie. Già è iniziato il palleggiamento di responsabilità
tra comuni e aziende sanitarie (ora zone territoriali), in merito alla compartecipazione
dei costi di gestione in particolare di residenze protette per anziani (anche
se qui si da per scontato la ripartizione al 50%) e di residenze protette e
comunità socio riabilitative per disabili (entrambe le strutture sono di nuova
istituzione). La mancata emanazione da parte della regione della definizione
dei costi retta determina la totale paralisi nei territori. Ad es. la Zona territoriale
5 in risposta al Comune di Jesi che chiedeva la compartecipazione alle spese
di gestione in vista della realizzazione di una residenza protetta per disabili
da istituire nel territorio (di circa 100.000 abitanti ad oggi senza alcuna
comunità residenziale) così risponde (lettera 21-4-2004) “Risulta improprio
ogni pronunciamento circa l’individuazione di specifiche strutture oltrechè
di piani economici di sorta fino a che la giunta regionale non intervenga con
proprie determinazioni che stabiliscano i criteri per la definizione delle tariffe
da corrispondere ai soggetti accreditati o che determinino il fabbisogno delle
strutture protette per anziani e disabili. Nel confermare la disponibilità sul
potenziamento della residenzialità per disabili, si ritiene che il superamento
della descritta situazione di stallo non può che procedere in conseguenza e
conformemente a specifiche ulteriori indicazioni in proposito dettate dalla
Regione Marche attesa anche la rilevanza economica del progetto”. Si preferisce
non commentare (8) la nota, citata solo per evidenziare le ricadute a livello
locale della mancata emanazione a livello regionale di fondamentali atti normativi.
Non è chiaro se la regione abbia consapevolezza dell’urgenza di tali atti o
se ne sia così consapevole da rallentare, frenare, evitarne l’emanazione dopo
aver verificato che le casse non sono in grado di reggere i maggiori costi sanitari
derivanti dall’attivazione dei posti letto previsti dal solo Piano sanitario
(l’atto di fabbisogno delle strutture sociosanitarie a titolarità sociale non
è stato emanato; i 2.500 posti di residenze protette per anziani sono stati
indicati dal PSR 2003-2006).
Ogni giorno di ritardo ha pesanti ripercussioni sulle persone che necessitano
di questi interventi; è bene che la regione ne abbia piena consapevolezza e
sappia responsabilmente dare quelle risposte delle quali le persone non hanno
solo bisogno ma anche diritto.
Il fabbisogno. Anziani non autosufficienti e malati d’Alzheimer
Come sopra evidenziato a fronte di una mancata definizione della risposta
semiresidenziale (Il piano sanitario non offre alcuna indicazione), la regione
Marche prevede nel triennio 2003-2006 di realizzare 3820 posti letto dati dalla
somma di 1320 posti di RSA e di 2500 posti di residenze protette derivanti dalla
riconversione di molte delle case di Riposo presenti nel territorio regionale
che attualmente ospitano circa 5.300 persone. Ciò a fronte di una popolazione
ultrasessantacinquenne di circa 315.000 persone; con una stima “di anziani non
autosufficienti che varia da 6.300 (disabili totali) a 9.100 (inclusi i disabili
gravi). (9).
Attualmente risulterebbero attivi circa 700 posti di RSA e altrettanti (anche
questo dato pare sopra stimato) di Residenze Protette; questi ultimi quanto
a standard assistenziali e tariffe sono regolati da accordi locali tra Aziende
sanitarie, Comuni e privati (generalmente IPAB). Se si aggiunge che la stragrande
maggioranza dei posti di RSA, al di la della loro classificazione funzionano
a tutti gli effetti come lungodegenze ospedaliere (gestione a termine di malati
in post acuzie) nei fatti la risposta residenziale per soggetti malati non autosufficiente
è collocata all’interno delle Case di Riposo autorizzate per l’accoglienza di
persone autonome; gli operatori sanitari (in genere infermieri e qualche volta
fisioterapisti) presenti sono pagati dalle aziende sanitarie attraverso il fondo
ADI con un costo medio giornaliero per paziente pari a 6 € (Cfr., Politi, Di
Stanislao). In sostanza a fronte di oltre 3500 anziani malati non autosufficienti
(il dato è sicuramente sottostimato) ricoverati presso le strutture assistenziali;
non più del 20% dei malati, spesso molto gravi, riceve una qualche forma - senza
standard prefissati - di assistenza e per lo più insufficienti rispetto alle
loro esigenze (la stragrande maggioranza di questi malati, in realtà, dovrebbe
essere accolta presso le RSA che nella Marche sono strutture a titolarità sanitaria);
per tutti gli altri si tratta di ricoveri del tutto privi di legittimità (le
strutture sono autorizzate per l’accoglienza di persone autonome), con conseguenti
standard assistenziali del tutto inadeguati ed infine, ma certo non meno importante,
con retta a totale carico dell’utente. La proposta della regione cerca di migliorare
la situazione esistente all’interno delle strutture assistenziali ma come evidenziato
in altra parte dell’articolo per oltre 1000 persone già ricoverate non cambierà
nulla, con il tentativo palese - cercando di utilizzare le RSA per degenze a
termine - di legittimare il ricovero di tutti i cosiddetti non autosufficienti,
compresi i malati di Alzheimer verso le residenze protette. Altra situazione
del tutto critica è quella riferita alla situazione delle persone in stato
vegetativo persistente, con una offerta residenziale del tutto inadeguata.
Il Piano sanitario prevede la realizzazione di soli 80 posti. Se a questo si
aggiunge che le RSA della regione - come sopra indicato - mantengono una funzione
assimilabile a quella delle lungodegenze ospedaliere per questi malati nei casi
migliori il ricovero è presso residenze protette, altrimenti ancora una volta
le famiglie devono rivolgersi alle Case di Riposo.
L’ambito territoriale e la gestione dei servizi sociali
Chiudiamo con le problematiche relative agli ambiti territoriali sociali
(anche su questo tema, come per i precedenti ampia documentazione si trova nel
volume, I soggetti deboli nelle politiche sociali della regione Marche).
La regione Marche ha assegnato all’Ambito territoriale (24 ambiti complessivi),
funzioni di coordinamento e non di gestione. Conseguentemente il Coordinatore
d’Ambito non ha responsabilità gestionale. Riteniamo che il mantenimento di
tale situazione sia del tutto deleteria ai fini dello sviluppo e del potenziamento
del settore sociale. La mancata realizzazione di Ambiti di gestione non può
che determinare territori senza effettive reti di servizi e un governo degli
stessi. Purtroppo e francamente non se ne comprende la ragione non sembra che
la Regione intenda modificare le proprie indicazioni. O meglio, sembra disponibile
a farlo ma poi continua a non farlo.
In questo senso non possiamo che confermare quanto già indicato (novembre 2002)
in occasione delle Linee guida regionali sui Piani di Zona. “La realizzazione
di una rete di servizi essenziali richiama la definizione del governo
della stessa. La stessa legge 328 indica la costituzione di ambiti territoriali
per la gestione unitaria del sistema locale dei servizi a rete. Dunque la prospettiva,
dal nostro punto di vista, deve essere quella di avere come riferimento un
territorio ed un governo dello stesso. Per evitare che l’ambito diventi
un luogo di coordinamento e di libera collaborazione tra i Comuni si ritiene
che debbano essere fissati dei tempi entro i quali:
- l’AT assume una forma giuridica definita per il governo dei servizi sociali
di quel territorio, con la conseguente chiara indicazione degli interventi e
servizi che dovranno afferire alla responsabilità dell’AT. Ripetiamo ancora
una volta che, a nostro parere, la logica da seguire con speditezza deve essere
un territorio (l’AT) un governo (con la scelta dello strumento). D’altro canto
esortare i Comuni a prevedere le modalità per garantire l’accesso ai servizi
già esistenti soltanto in alcuni dei Comuni dell’Ambito ai residenti in tutti
i Comuni dell’Ambito stesso, e a quanti si trovano nel territorio bisognosi
di interventi non differibili (per gli interventi per l’emergenza),
dal nostro punto di vista sembra confermare un carattere di eccessiva discrezionalità
nei riguardi dell’AT. Ci pare peraltro che il giusto sbocco della programmazione
di territorio (PdZ) non possa che sfociare in una zona che abbia compiti di
gestione.
- Al Coordinatore d’ambito siano affidate le conseguenti responsabilità gestionali
(d’altra parte se i CA e direttori di distretto costituiscono funzioni di raccordo
tra sociale e sanitario, non pare pensabile che il primo sia slegato da ogni
responsabilità di gestione e che assuma una funzione di “progettista” di qualcosa
che non è poi chiamato a gestire). Si ritiene infatti che proprio il necessario
sviluppo del sistema sociale richieda, fissato un necessario ambito di riferimento,
la conseguente definizione della conduzione tecnica dello stesso. Se in questa
prima fase di avvio può essere funzionale un CA con funzione di raccordo e coordinamento,
successivamente, riteniamo non rinviabile l’affidamento di una responsabilità
gestionale. Un C.A. senza tali responsabilità assumerebbe nei fatti di una funzione
consulenziale che riteniamo non gioverebbe allo sviluppo e al potenziamento
del settore sociale”.
Verso una conclusione
L’articolo ha indicato alcune questioni di grande importanza (vitali) nella
vita di migliaia di cittadini marchigiani e delle loro famiglie. Ovviamente
molti altri problemi ed altri aspetti si sarebbero potuti affrontare. Le istituzioni
hanno un compito irrinunciabile di tutela cui non possono e non devono venir
meno. A questo compito devono essere, anche con forza, richiamate. E sarebbe
anche il caso di smettere di accontentarsi delle reiterate dichiarazioni di
buona volontà senza successivi conseguenti atti amministrativi o peggio di quel
la “pensiamo allo stesso modo” troppo spesso sulla bocca degli amministratori
quando si pongono problemi e questioni come quelli sopra indicati. Se le sacrosante
esigenze dei deboli, i loro diritti contrastano con quelli di chi è più forte
è facile che le situazioni sopra esposte tenderanno a non cambiare. E’ dunque
necessario, essenziale, irrinunciabile che su temi così importanti non venga
meno la capacità di sollecitare, premere, proporre, denunciare. Un compito che
deve riguardare tutti. Un compito cui non può venir meno un volontariato attento
alle esigenze delle persone con cui opera quotidianamente, quotidianamente chiamato
a scegliere da che parte stare (10).
Note
(1) Deliberazione amministrativa n. 97 del 30 giugno 2003, Piano sanitario
regionale 2003-2006 (B.U.R. n., 60 del 10 luglio 2003); Regolamento Regionale
n. 1 del 25 febbraio 2004, Disciplina in materia di autorizzazione delle
strutture e dei servizi sociali a ciclo residenziale e semiresidenziale
(B.U.R., n. 28 del 18 marzo 2004). Il Regolamento è in attuazione della legge
regionale 20/2002, Disciplina in materia di autorizzazione e accreditamento
delle strutture e dei servizi sociali a ciclo residenziale e semiresidenziale
(B.U.R., n. 120 del 14 novembre 2002). I testi sono consultabili nel sito
del Gruppo Solidarietà www.grusol.it.
(2) Per ulteriori approfondimenti si rimanda al volume curato dal Gruppo Solidarietà,
I soggetti deboli nelle politiche sociali della regione Marche, 2003;
altra documentazione è rinvenibile nel sito del Gruppo Solidarietà al link voce
sul sociale. I principali documenti sono nella Home page. Si segnala inoltre:
E’ legittima la quota a cario degli utenti nelle Rsa disabili psichici nelle
Marche?, Appunti sulle politiche sociali n. 1/2004, p. 21; Sul funzionamento
delle Residenze sanitarie assistenziali nella ASL 5 di Jesi, Appunti sulle
politiche sociali n. 5/2003, p. 23.
(3) Il Comitato si è costituito lo scorso marzo (cfr, Appunti sulle politiche
sociali n. 2/2004, p. 24) ed è costituito dalla seguenti associazioni: Aism
Regionale, Alzheimer Marche, Anffas Jesi, Anglat Marche, Angsa Marche, Free
Woman, Ass. Libera Mente, Ass. Paraplegici Marche, Centro H, Gruppo Solidarietà,
Uildm Ancona, Tribunale della salute Ancona. Tutti i documenti redatti dal
Comitato sono consultabile sul sito del Gruppo Solidarietà.
(4) Nelle prime stesure dei Regolamenti gli standard assistenziali erano più
alti (ad es. 100-110 assistenza alla persona, presenza infermieristica sulle
24h, presenza minima del medico di base, presenza del fisioterapista modulata
sul numero di ospiti) che quelli strutturali (Ad es. per i servizi igienici
nelle Case di riposo e nelle Residenze protette si prevedeva. Per ogni camera
da letto a 2 posti o per ogni due camere ad un posto è presente un servizio
igienico. Poi diventato (con tempo di adeguamento di 5 anni) nelle Residenze
protette, E’ presente un servizio igienico attrezzato per la non autosufficienza
ogni due camere e in ogni caso almeno 1 ogni quattro ospiti. Nelle Case
di Riposo il tempo di adeguamento è di 3 anni.
(5) I Nuclei di assistenza residenziale (NAR) previsti dal Piano sanitario 1998-2000
(per i quali peraltro la regione non aveva mai definito né standard assistenziale,
né regime tariffario), sono sostituiti dalle Residenze protette (normate ora
dalla legge 20/2002 e dal Regolamento 1/2004). La regione aveva definito invece
gli standard strutturali attraverso il Manuale di autorizzazione (DGR 2200/2000).
(6) Per il carteggio tra Gruppo Solidarietà e regione Marche cfr., E’ legittima
la quota a cario degli utenti nelle Rsa disabili psichici nelle Marche?,
Appunti sulle politiche sociali n. 1/2004, p. 21; Sulle Rsa disabili psichici
nelle Marche. La sorprendente risposta del Difensore civico regionale, Appunti
sulle politiche sociali n. 2/2004, p. 23.
(7) La regione ha autorizzato queste residenze incredibilmente anche all’interno
di strutture ospedaliere (Ospedale di Pergola per 5 posti (Cfr, D.D.D.S.P. n.
20 del 17.5.02, BUR n. 69/2002), o presso strutture assistenziali per anziani
(32 posti all’interno della residenza CASA MIA ad Ancona). Come specificava
il Gruppo Solidarietà in una lettera del 16 giugno 2002 alla regione Marche
“Che dentro un ospedale si realizzi una RSA disabili di 5 posti suscita forti
dubbi e perplessità ma soprattutto sembra confermare (come per altre passate
simili autorizzazioni), l’assenza di ogni disegno circa identità e funzione
di gran parte delle strutture residenziali extraospedaliere, con una logica
autorizzativa funzionale soltanto ad una formale incastro di posti letto tra
posti previsti e posti presenti. E’ pertanto facile immaginare (volentieri gradiremmo
essere smentiti) che nessuna RSA disabili sarà mai presente in quella struttura
se non nelle classificazioni regionali”.
(8) Il Gruppo Solidarietà, l’associazione il Mosaico e l’Anffas Jesi hanno risposto
con lettera del 26 maggio 2004, consultabile nel sito del Gruppo Solidarietà
al link voce sul sociale interventi.
(9) Dati interessanti si trovano nell’articolo di C. Politi e F. Di Stanislao,
Modelli di simulazione per le scelte di programmazione regionale: l’esperienza
della Regione Marche nella valutazione di impatto sulla spesa sanitaria dell’assistenza
residenziale agli anziani non autosufficienti, Politiche sanitarie, n. 1/2004,
p. 43.
(10) Su questi aspetti rimandiamo in questo numero all’articolo di Giovanni
Nervo, Il volontariato di promozione e tutela dei diritti, p. 2. Segnaliamo
anche il volume del Gruppo Solidarietà (2000), Dove va il volontariato?
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