Marche
terra d’inclusione
Riflessioni sulla recente visita nelle Marche di dirigenti scolastici ed
esperti europei a caccia di buone prassi d’integrazione scolastica
Rosanna Vittori, ASNGSA (Ass. Naz. Genitori Sogg.
Autistici), Marche
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Le Marche si sono recentemente fatte vetrina per altri stati europei che
vengono qui ad imparare come si fa l’integrazione scolastica. Possiamo andarne
fieri: qui da noi non cala l’attenzione sul sociale, malgrado il ricorso
continuo ed estenuante ai tagli alla spesa scolastica messi recentemente
in campo dal governo nazionale.
L’assessore Secchiaroli ha potuto, così, mostrare orgoglioso i frutti di
una scuola viva, una scuola che lotta, si rinnova, ricca com’è di progetti
socialmente impegnati. In molte nostre scuole infatti, si pratica da anni
l’intercultura: non lo dimentichiamo, questa è anche terra di frontiera.
Le Marche, così, sensibilizzate dalla loro naturale vocazione, ma anche
in quanto terra da sempre avvezza a rimboccarsi le maniche senza troppo
vantarsene, si sono presto cimentate nell’intercultura. Non si contenta
questa terra, cioè, di diventare una semplice somma di culture (il melting
pot) col forte rischio del ‘culturalismo’, cioè di una più forte chiusura,
un arroccamento nelle proprie trazioni: si cimenta, invece, nella sfida
della conoscenza e, quindi, dell’accoglienza, nei confronti dei tanti giovani
‘nuovi italiani’ che la vanno popolando. Lezione di civiltà, signori! E
lezione di europeismo, d’altro lato. Si, perché i sedici alti dirigenti
scolastici che sono stati qui per studiare il modello marchigiano, sono
venuti a conoscere le nostre buone prassi per importarle nei loro paesi.
Non è questo il vantaggio dell’essere europei? Le nostre radici culturali,
le più antiche e solide del mondo, c’è forse un altro modo –cioè un modo
che non si basi sul confronto- per fortificarle ? Quale lezione! E possiamo
anche essere soddisfatti che tutto questo, per una volta, venga da uno dei
settori, diciamolo, tradizionalmente considerato‘debole’ della politica:
la scuola.
Ma l’assessore Secchiaroli deve fare anche attenzione sul versante dell’inclusione
scolastica. Mentre, infatti, molte scuole si stanno cimentando in lodevoli
progetti per l’integrazione dei disabili, lo scorso marzo, il tribunale
di Ancona, come già avevano fatto altri tribunali italiani, emanava un’ordinanza
che obbligava le locali autorità scolastiche al ripristino dell’orario di
sostegno ingiustificatamente decurtato a un alunno disabile. Segno inquietante:
il tribunale a tutela dell’integrazione scolastica! Ma non era questo dell’integrazione
scolastica, un vanto italiano? La problematica, infatti, negli ultimi tempi
si è fatta scottante e questo su tutto il territorio nazionale: nell’anno
in corso c’è già stato un primo significativo giro di vite sui cosiddetti
organici ‘di fatto’ del sostegno e per il prossimo si prepara (e da tempo)
un’ulteriore e più ‘scientifica’ riduzione delle cattedre. Molte altre ombre
ancora si accalcano su questo fronte preoccupando non poco le famiglie dei
disabili. Recentemente Salvatore Nocera per conto della FISH (Federazione
Italiana per il Superamento dell’Handicap) in una lettera scriveva che molti
degli atti che ha messo in campo recentemente il Ministero dell’Istruzione
“ mostrano palesemente come, dopo un’apparente mantenimento della precedente
normativa sull’integrazione scolastica, ha ormai posto in essere le
condizioni perché tali alunni vengano definitivamente
e formalmente cancellati dal novero dei coetanei, con buona pace del principio
di “pari opportunità e non discriminazione“, sancito dalla Carta costituzionale
e dalle Direttive dell’Unione europea.”
Certamente all’assessore marchigiano delle politiche sociali, oltre che
scolastiche, questo non sfuggirà. C’è da augurarsi, allora, che egli si
faccia forte del momento d’interesse europeo per il ‘modello marchigiano’
di scuola che sappia, cioè, farsi valere anche con quello stesso Ministero
che tanto pensiero sta dando alle famiglie degli alunni disabili. E di quelle
avrebbe certamente il plauso se intraprendesse una battaglia, in primo luogo,
per ottenere garanzie per gli insegnanti di sostegno, oggi nel panorama
scolastico nazionale una delle categorie più a ‘rischio d’estinzione’: nella
scuola dell’articolo 3 della Costituzione, invece, essi dovrebbero essere
considerati e trattati come ‘categoria protetta’, risorsa fondamentale per
attuare il diritto di cittadinanza di tanti studenti disabili. Dovrebbe
rivendicare, dunque, per essi maggiori tutele professionali, nonché incentivi
alla formazione specifica sulle diverse forme di disabilità (potrebbe
cominciare chiedendo per gli insegnanti di scuola d’essere inclusi nel progetto
regionale di formazione dell’autismo, per esempio). In secondo luogo l’assessore
potrebbe spendersi per la tutela dell’orario di sostegno, oggi messo in
discussione da esigenze di contenere la spesa: un congruo orario,
insieme alla motivazione degli insegnanti, è condizione imprescindibile
per attuare programmi scolastici veramente individualizzati. Ma questo non
basterebbe ancora a garantire la qualità dell’ integrazione scolastica dei
disabili. Occorre, infatti, anche spingere la scuola a dar vita a progetti
di inclusione, dove tutti gli insegnanti delle classi siano veramente
coinvolti, perché il disabile non deve essere mai (o mai più!) ‘delegato’
all’insegnante di sostegno. Solo allora potremmo andare davvero orgogliosi
della nostra scuola. Una scuola ‘che si impegna a rimuovere gli ostacoli’,
che non si limita, cioè, a tenere insieme le diversità, ma che ne fa suo
punto di forza, opportunità educativa di formazione per ‘tutti’ i suoi cittadini,
vero laboratorio di modernità.
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