"Sembra essersi formato un consenso generale sull’opportunità/necessità
che l’Italia partecipi alla Forza Internazionale di Interposizione in
Libano. È indubbio che per arrestare la spirale di violenza che sempre
più insanguina il Medio Oriente, e si estende pericolosamente al resto
del mondo, sia più che mai necessario un impegno attivo della comunità
internazionale, sotto la guida dell’Onu. L’esito di un tale impegno
dipende tuttavia in modo determinante dalle condizioni in cui verrà attuato
e condotto. Sembra più che mai necessario richiamare l’attenzione del
Governo, del Parlamento e di tutti i cittadini su alcuni punti molto delicati.
Una prima considerazione doverosa è che la guerra in Libano ha occultato
il problema palestinese. Non sembra accettabile, in particolare, che
la comunità internazionale ignori completamente il fatto che Ministri
e Parlamentari di un paese che dovrebbe essere sovrano siano stati
sequestrati (ancora dabato 19 agosto il vice-premier, Nasser-as-Shaer),
imprigionati, ed almeno in un caso anche torturati. In nessun altro Paese
un simile intervento straniero potrebbe venire tollerato: perché nessuno
reagisce nel caso di Israele? È inaccettabile il silenzio del Governo
italiano.
Venendo alla costituzione di una Forza Internazionale di Interposizione,
essa deve ubbidire ad alcune condizioni fondamentali ed elementari: è
evidente che non possono farne parte militari di un paese che non sia
rigorosamente equidistante tra i due belligeranti. L’Italia ha stipulato
lo scorso anno un impegnativo Accordo di Cooperazione Militare con
Israele, che inficia in modo sostanziale e irrimediabile la nostra
equidistanza. Il Diritto Internazionale impone, come minimo, la preventiva
sospensione di tale Accordo, i cui termini dettagliati devono assolutamente
essere resi noti all’opinione pubblica. È il caso di ricordare ancora
che Israele ha partecipato a manovre militari della Nato svoltesi
in Sardegna, nelle quali si saranno indubbiamente addestrati piloti
ad altri militari israeliani, impegnati poi nella guerra in Libano. Da
queste circostanze discende una ulteriore condizione: è necessaria una
garanzia assoluta che il comando di questa Forza di Interposizione rimanga
strettamente sotto il comando dell’Onu, e non possa essere trasferita
in nessun momento alla Nato.
È assolutamente necessario, inoltre, che le spese della missione non gravino
ulteriormente sul bilancio dello stato italiano, e in particolare non
comportino riduzioni delle spese sociali, ma rientrino nel bilancio
del Ministero della Difesa per le missioni militari italiane all’estero.
Queste sembrano condizioni fondamentali e irrinunciabili per la partecipazione
del nostro paese.
Rimangono però altre riserve. Appare singolare e tutt’altro che neutrale
il fatto che una Forza Internazionale di Interposizione venga schierata
sul territorio di uno dei due Paesi belligeranti, quello attaccato,
e non sul loro confine. Deve essere chiaro pertanto che, finché tale forza
opererà in territorio libanese, essa deve essere soggetta alla sovranità
libanese, e che non potrà in alcun modo essere incaricata del disarmo
né dello scioglimento di Hezbollah. Queste condizioni operative esporranno
comunque i militari che compongono questa forza ad agire nel caso in cui
avvengano (reali o pretese) provocazioni: come potranno opporsi con la
forza all’esercito israeliano, tutt’ora presente in territorio libanese?
Non ci si facciano illusioni sulle regole d’ingaggio, che verranno decise
dall’organismo che guiderà la missione, e non dal nostro Governo. Riteniamo
giusto richiedere anche che il contingente militare sia affiancato da
un congruo numero di volontari disarmati. Deve infine risultare estremamente
chiaro che questa Forza di Interposizione non potrà mai, e in alcun modo,
essere coinvolta in una ripresa o in una estensione del conflitto. Così
come deve essere escluso un suo impiego per proteggere le ditte italiane
che si lanceranno nel lucroso business della ricostruzione del
Libano.
É necessario fugare con molta chiarezza qualsiasi illusione che l’interposizione
militare, anche nelle migliori condizioni, sia risolutiva per il conflitto
in Medio Oriente, soprattutto per risolvere la fondamentale questione
palestinese. Chi arresterà la distruzione delle case, delle coltivazioni
e delle infrastrutture dei palestinesi, gli omicidi mirati (in palese
violazione di qualsiasi norma giuridica)? Chiediamo pertanto che, prima
di inviare un contingente italiano, il nostro Governo ponga con forza
a livello internazionale l’esigenza irrinunciabile del dispiegamento di
una forza internazionale di pace anche a Gaza e in Cisgiordania,
a garanzia della sicurezza di Israele e come condizione per la creazione
di uno Stato Palestinese.
Chiediamo che su queste questioni fondamentali vengano prese ufficialmente
decisioni chiare, esplicite e trasparenti, e si esigano le dovute garanzie
a livello internazionale".