7 Ottobre 2004
Al Signor Presidente del Senato della Repubblica
Sen. Marcello Pera
Al Signor Presidente della Camera dei Deputati
On. Pier Ferdinando Casini
Al Signor Ministro delle Riforme
On. Roberto Calderoli
Al Ministro dell’Economia
Prof. Domenico Siniscalco
Al Signor Presidente
Sen
della I Commissione Affari Costituzionali
del Senato della Repubblica
Al Signor Presidente
della I Commissione Affari Costituzionali
della Camera dei Deputati
On.
Al Signor Presidente
della XII Commissione Affari Sociali
del Senato della Repubblica
Sen.
Al Sig. Presidente
della XII Commissione
Affari Sociali
della Camera dei Deputati
On.
E p.c.
Al Signor Presidente della Repubblica
On. Carlo Azeglio Ciampi
Riforme e controriforme in simbiosi nel Governo e nel Parlamento della
Repubblica Italiana
(indice informazioni)
Il mio lungo impegno politico e sociale, espresso in ambito
di Partito (PSI), del Sindacato (UIL), delle Associazioni di mutilati
e invalidi (UIC, ANPVI e IERFOP), ed in ambito parlamentare, come Vice
Presidente della XII Commissione della Camera dei Deputati e del Consiglio
Regionale della Regione Autonoma Sardegna, nella Commissione Sanità e
Affari Sociali, è stato sempre accompagnato da sacro rispetto delle istituzioni
costitutive del nostro sistema democratico, anche quando mi dividevano
dai suoi rappresentanti pro tempore profonde divergenze di opinioni ed
è stato altresì accompagnato dalla speranza e dalla fiducia che i valori
fondamentali della nostra Carta Costituzionale avrebbero plasmato la coscienza
di ogni cittadino e guidato i responsabili dei pubblici poteri a coerenti
atti e comportamenti che non solo avrebbe reso la nostra Repubblica un
solido baluardo di Democrazia, ma che avrebbe rimosso dalla Società discriminazioni
e privilegi, che sono l’antitesi della giustizia e dell’equità.
Ho la piena consapevolezza che i fatti e gli atti che mi hanno sollecitato
a richiamare dei massimi rappresentanti istituzionali non costituiscono
di per sé, presi a sé stanti gravi elementi di turbativa costituzionale
o del sistema democratico del nostro Paese, ma rappresentano tuttavia
episodi di dubbia etica politica e fattori di manifesta contraddizione
al conclamato processo di riforme dello Stato.
Vengo ai fatti e agli atti specifici:
Col D.P.R. 24 luglio 1977 n. 616 Governo e Parlamento avviano il processo,
per così dire di bonifica dei cosiddetti “enti inutili” decretandone la
loro soppressione o la loro ridefinizione in Enti Morali con personalità
giuridica privata, per la manifesta cessazione sostanziale di una pubblica
funzione, divenuti come erano, unicamente divoratori di risorse finanziarie
a supporto delle sole spese correnti.
Il “processo di bonifica” in sede applicativa ha lasciato purtroppo, molte,
troppe scorie.
Tanti Enti, cosiddetti inutili, vuoi per clientelismo politico, vuoi per
deficit di collaborazione della burocrazia, sono sopravvissuti con invariate
caratteristiche e funzioni. (Al Parlamento e al Governo non mancano di
certo gli strumenti di accertamento e di verifica).
Ma laddove il Governo abbia proceduto con sufficiente tempestività e coerenza
ad emanare gli specifici Decreti Ministeriali in applicazione del richiamato
D.P.R. 24 luglio 1977 n.616, ben presto lo stesso Governo e più frequentemente
il Parlamento, per iniziativa di gruppi o Parlamentari singoli o associati,
in gara o in concorrenza tra di loro, hanno dato luogo a una congerie
di provvedimenti legislativi volti ad assicurare agli Enti Morali con
personalità giuridica privata, già Enti di diritto pubblico, ingenti risorse
finanziarie pubbliche di gran lunga superiori a quelle del passato regime.
Un solo esempio per tutti:
L’Unione Italiana dei Ciechi, costituita come associazione con personalità
giuridica privata acquisisce nel tempo significativi finanziamenti pubblici
(ed in particolare dello Stato che le consentono di sviluppare e radicare
la propria organizzazione a livello centrale, regionale, provinciale e
talvolta intercomunale, con la conseguente apprezzabile crescita di partecipazione
democratica per il riconoscimento dei propri diritti in materia di istruzione,
lavoro e assistenza. Quella fase è contrassegnata da momenti drammatici
e in certa misura eroici del Movimento dei Ciechi Italiano: “La marcia
del dolore del 1954, che vide la partecipazione di migliaia di ciechi
di ogni parte d’Italia sulle vie e le piazze di Roma, costituisce una
pagina esemplare della capacità autonoma e democratica dei ciechi sul
cammino del riconoscimento del diritto di cittadinanza sociale, e l’approvazione
della legge 9 agosto 1954 n.632 fu il primo tangibile risultato, stabilendo,
con innovazione giuridica di rilevanza assoluta, la concessione di una
pensione ai ciechi in condizione di povertà (quasi tutti).
Per la prima volta il Parlamento, riconosceva il diritto alla pensione
semplicemente per motivi sociali superando il consolidato criterio giuridico
di riferimento a contributi versati o il possesso di un titolo risarcitorio
per cause di guerra, di lavoro o di servizio.
La richiamata legge 632/54, istituiva l’Opera Nazionale Ciechi Civili,
Ente di diritto pubblico per l’istruttoria e la concessione delle pensioni
ai ciechi civili, col contrario avviso dei dirigenti nazionali dell’Unione
Italiana Ciechi, che, con evidente forzatura giuridico-costituzionale
rivendicavano la delega del Governo all’UIC in luogo dell’ONCC..
Da quel momento gli encomiabili intendimenti di giustizia sociale si frammistano
da non altrettanto nobili propositi “di lotta per il potere” L’insoddisfazione
dei dirigenti nazionali dell’UIC per l’istituzione dell’ONCC, per la gestione
delle pensioni in favore dei ciechi civili e le lotte sindacali dei dipendenti
dell’UIC perché venisse esteso ed applicato il contratto del parastato,
proprio degli enti di diritto pubblico, in una convergenza di interessi
accidentali o concertati, vedeva la dirigenza nazionale dell’UIC costantemente
impegnata alla ricerca di sempre nuove risorse finanziarie pubbliche per
far fronte ai crescenti bisogni dell’organizzazione, determinate soprattutto
dall’esponenziale crescita delle spese per il personale dipendente della
sede centrale in Roma sovradimensionato e contrattualmente super qualificato.
Così maturò, in termini incomprensibili sul piano giuridico la configurazione
di persona giuridica di diritto pubblico dell’UIC con soddisfazione dei
dipendenti per l’applicazione del contratto del parastato e col malcelato
proposito dei dirigenti nazionali di quella associazione di poter più
efficacemente condurre la lotta per lo scioglimento dell’ONCC da una posizione
giuridica ritenuta più autorevole.
Con la legge 27 maggio 1970 n.282, l’Unione Italiana ciechi riteneva di
poter finalmente raggiungere il proprio obiettivo di scioglimento dell’ONCC
e di acquisirne le competenze. Il successo fu quindi parziale perché allo
scioglimento dell’ONCC non conseguì il passaggio di competenze all’UIC,
competenze che furono affidate al Ministero degli Interni.
Rimaneva in piedi però l’abnorme apparato burocratico della Sede Centrale
in Roma dell’UIC, con i suoi elevatissimi costi, utile al suo ristretto
gruppo dei dirigenti nazionali, non già per la gestione ed erogazione
di servizi ai ciechi, ma piuttosto per governarne il consenso in tutte
le occasioni congressuali. Ovviamente l’Unione Italiana Ciechi era una
tessera del complesso e variopinto mosaico dei cosiddetti Enti assistenziali
che appesantivano ingiustificatamente la spesa pubblica.
A siffatto stato di cose, il Governo e il Parlamento, finalmente, tenta
di porre argine, e in certa misura rimedio, col richiamato DPR 24 luglio
1977 n.616, riconducendo, tra l’altro, le associazioni ad Enti morali
con personalità giuridica privata, con l’assorbimento a proprio carico
del personale dipendente. Le formali competenze in capo a dette associazioni
(competenze quasi sempre solo formali e difficilmente sostanziate da effettiva
erogazione di servizi), venivano attribuite alle Regioni, alle Province,
alle Comunità Montane, ai Comuni o Consorzi di Comuni..
Riprendo l’esempio dell’Unione Italiana Ciechi e per meglio mettere a
fuoco la mia analisi, leggo il D.P.R. 23 dicembre 1978 pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 62 del 3.3.1979; l’art.1 stabilisce in maniera inequivoca
la personalità giuridica privata dell’UIC, i cui dirigenti nazionali però
conseguono la formulazione ambigua dell’art.2, che recita:” L’Unione Italiana
Ciechi conserva, salvo quanto previsto dagli articoli 3 e 4 del presente
decreto, i compiti associativi nonché quelli di rappresentanza e tutela
dei minorati della vista previsti dalle norme vigenti……quasi si volesse
surrettiziamente mantenere all’Unione Italiana Ciechi un potere pubblico,
tanto è che l’UIC a ogni piè sospinto invoca l’esclusiva potestà di rappresentanza
dei ciechi italiani in forza del D.C.P.S. 1047/47, mai esplicitamente
abrogato, ma superato dall’art. 18 della Carta Costituzionale entrata
in vigore il 1° gennaio 1948 come peraltro ritiene una risoluzione del
Consiglio di Stato.
Si trascrive in appresso il testo integrale degli articoli 3, 4, 5, 6,
7, 8, 9 e 10 del D.P.R. in esame, 23 dicembre 1978 di in equivoca chiarezza
interpretativa:
Art. 3 - Le funzioni previste dall'art. 2 dello statuto dell'U.I.C. relative
all'assistenza scolastica, alla profilassi e prevenzione della cecità,
al recupero sociale, all'attuazione di forme assistenziali, nonché al
ricovero in case di riposo per anziani, sono attribuite ai comuni singoli
o associati ed alle comunità montane, ai sensi degli articoli 22, 23,
27 e 42 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n.
616.
Art. 4 - Le funzioni previste dall'art. 2 dello statuto, relative alla
istruzione tecnica e professionale, compresa la predisposizione di attrezzature
per facilitare l'avviamento al lavoro, sono attribuite alle regioni, ai
sensi degli articoli 35 e 36 del decreto del Presidente della Repubblica
24 luglio 1977, n. 616.
Art. 5 - Le attività di assistenza ai non vedenti mediante i cani guida
sono attribuite ai comuni singoli o associati ed alle comunità montane.
La scuola nazionale cani guida di Scandicci (Firenze) è attribuita alla
regione Toscana che provvederà, sentita l'A.N.C.I., a gestirla anche mediante
apposite convenzioni con altre regioni.
Art. 6 - In applicazione dell'art. 117, primo comma, e dell'art. 25 settimo
comma, del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n.
616, il patrimonio mobiliare ed immobiliare dell'U.I.C., di cui all'allegata
tabella A, è trasferito alle regioni a statuto ordinario nel cui territorio
è situato. Ai sensi dell'art. 115 del decreto del Presidente della Repubblica
24 luglio 1977, n. 616, l'U.I.C. conserva la titolarità dei restanti beni
di cui all'allegata tabella B.
Art. 7 - In applicazione dell'art. 120 del decreto del Presidente della
Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, i contributi dello Stato concessi all'U.I.C.
con la legge 6 ottobre 1975, n. 522, per la parte concernente la predisposizione
di attrezzature per facilitare l'avviamento al lavoro, sono interamente
attribuite alle regioni in corrispondenza delle funzioni trasferite ai
sensi dell'art. 4 del presente decreto. In applicazione dello stesso art.
120 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616,
i contributi dello Stato concessi all'U.I.C. con la legge 6 ottobre 1975,
n. 522, per la parte concernente il funzionamento della scuola cani guida,
il centro autonomia non vedenti, il centro ciechi pluriminorati, e con
la legge 12 marzo 1973, n. 61, sono interamente attribuiti ai comuni singoli
od associati o a comunità montane in corrispondenza delle funzioni trasferite
o attribuite ai sensi dell'art. 3 del presente decreto.
Art. 8 - L'ammontare complessivo delle spese sostenute dall'U.I.C. per
l'assolvimento delle funzioni trasferite e attribuite alle regioni e ai
comuni ai sensi del presente decreto è determinato in L. 2.341.000.000.
Art. 9 - A decorrere dal 1° gennaio 1979 il personale in servizio in base
ad atti adottati entro la data del 24 febbraio 1977, presso le strutture
operative periferiche dell'U.I.C., site nel territorio delle regioni a
statuto ordinario, è attribuito alle regioni nei limiti e con le modalità
di cui all'art. 122 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio
1977, n. 616, così come modificato dalla legge 21 ottobre 1978, n. 641.
L'effettiva messa a disposizione delle regioni del personale di cui al
comma precedente avrà luogo entro il 31 marzo 1979. Il personale in servizio
presso le strutture operative periferiche dell'U.I.C. site in territorio
delle regioni a statuto speciale continua a svolgere la propria attività
presso le strutture medesime alle dipendenze dell'ente fino a non oltre
la data del 31 marzo 1979 e dell'ufficio stralcio di cui all'art. 119
del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 616 successivamente
a tale data e fino a quando non sarà diversamente disposto con le norme
di attuazione degli statuti speciali o di altre leggi dello Stato. Al
restante personale si applicano le disposizioni di cui al terzo e quarto
comma del citato art. 122. L'amministrazione provvisoria del personale
dell'U.I.C. a decorrere dal 1° gennaio 1979 e fino alla data della effettiva
messa a disposizione delle regioni o di altro ente pubblico o dei ruoli
unici di cui al decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977,
n. 618, e comunque non oltre il 31 marzo 1979, è assicurata, ai sensi
dell'art. 123 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977,
n. 616, dall'U.I.C. con assunzione del relativo onere a suo carico. Fino
alla effettiva messa a disposizione delle regioni del personale di cui
al primo comma del presente articolo, e comunque non oltre il 31 marzo
1979, l'ente assicurerà altresì la continuità delle prestazioni e dei
servizi precedentemente erogati.
Art. 10 - Il contributo dello Stato per il sostegno dell'attività associativa
dell'U.I.C. previsto dall'art. 115, terzo comma, del decreto del Presidente
della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, così come modificato dalla legge
21 ottobre 1978, n. 641, è determinato tenuto conto anche delle erogazioni
già disposte dalla legge 21 novembre 1969, n. 928 e 14 giugno 1973, n.
353, in lire 800 milioni annue fino al 31 dicembre 1979.
Art. 11 - Il presente decreto, che sarà trasmesso alla Corte dei conti
per la registrazione, entra in vigore il giorno successivo a quello della
sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana ed
ha effetto dal 1° gennaio 1979.
Ebbene i dirigenti nazionali dell’Unione Italiana Ciechi, da quel momento,
liberata l’associazione da competenze e oneri di gestione per prestazioni
di servizi di natura pubblica, anziché incentrare il proprio impegno nelle
attività di promozione sociale e di sindacato sociale, in un confronto
puntuale e serrato con i rappresentanti istituzionali degli Enti Locali,
a cui erano trasferite le competenze e le risorse per i servizi in favore
dei ciechi, con sistematicità conducono, a livello nazionale e periferico
una pressante azione politica, senza mai trascurare alcuna Parte per recuperare
attraverso provvedimenti legislativi le vecchie competenze e nuove risorse
finanziarie per la gestione .
Il recupero del potere e delle risorse per i dirigenti dell’UIC non trova
particolari resistenze, anzi non ne trova proprio:la denuncia sui ritardi
e le inadeguatezze degli enti locali responsabili delle competenze trasferite
appaiono fondate e puntuali; l’impatto emozionale della cecità sui rappresentanti
politici è di provato e sicuro effetto.
La fantasia e l’abilità di iniziative ed organizzazione, vanno riconosciute
senza riserva alcuna al gruppo dirigente nazionale dell’UIC. Si costituiscono
per l’obiettivo programmato nuovi organismi o si rivitalizzano organismi
preesistenti sfuggiti al sopra riportato DPR. Ed eccoti un elenco, certamente
incompleto di detti organismi di emanazione e controllo dell’Unione Italiana
Ciechi, che di fatto o di diritto li amministra, in capo ai quali o direttamente
o attraverso la medesima UIC affluiscono rilevanti risorse finanziarie
pubbliche in forza di apposite leggi:
Agenzia Internazionale per la prevenzione della cecità;
Centro del libro parlato;
I.Ri.For. – Istituto per la riabilitazione e formazione
UNIVOC – Unione Nazionale Volontari pro Ciechi;
Biblioteca Nazionale Regina Margherita di Monza;
Centro Nazionale Tiflotecnico;
Federazione delle Istituzioni pro Ciechi;
Centro interdisciplinare per i ciechi pluriminorati.
Altri organismi di emanazione delle strutture regionali e provinciali
dell’Unione Italiana Ciechi, hanno conseguito rilevanti finanziamenti
da parte delle Regioni Autonome, in particolare dalla regione Sicilia
. Per brevità mi limito a un sommario riepilogo dei provvedimenti legislativi
di finanziamento nazionali e regionali.
Provvedimenti legislativi nazionali:
Provvedimenti legislativi regionali:
In ordine alla attendibilità e alla veridicità dei bilanci dell’Unione
Italiana Ciechi e all’insieme dei documenti contabili io non ho bisogno
di rappresentare le mie opinioni e le mie valutazioni personali, mi limito
semplicemente a richiamare l’attenzione, su quanto esposto nelle relazioni
della Corte dei Conti ritualmente trasmesse al Parlamento. Relazioni,
si badi, da cui traspare quasi la difficoltà di dire qualcosa che non
va attinente al mondo dei ciechi, di cui nell’immaginario collettivo e
quindi anche dei relatori della Corte dei Conti, l’Unione Italiana dei
Ciechi è l’unico e degno rappresentante.
E’ sufficiente leggere le conclusioni delle relazioni come in appresso
individuate:
Si sente ripetere spesso (ed io stesso mi ripeto sovente quasi per confortarmi)
che il sistema politico – istituzionale del Nostro Paese attraversa una
fase, ineludibilmente tormentata di transizione, dove le riforme e quindi
le innovazioni fanno fatica ad affermarsi anche per l’esasperata conflittualità
tra le parti politiche.
Ma quando mi trovo, iniziative legislative come l’A.C. n. 5198 “Contributo
straordinario all’Unione Italiana Ciechi per la realizzazione di un Centro
polifunzionale di alta specializzazione per l’integrazione dei ciechi
pluriminorati” (approvata in sede legislativa al Senato, avente per oggetto
materia non più di competenza dello Stato, non solo in forza delle intervenute
modificazioni del Titolo V della Costituzione, approvate nella passata
legislatura e non solo perché in conflitto con le nuove proposte di modifica
costituzionale all’esame del Parlamento, ma in forza dei richiamati DPR
616/77 e 1919/78, in vigore ormai da oltre 35 anni), la mia sensibilità
di semplice cittadino e di persona priva della vista, che rifiuta l’offesa
alla propria dignità per certa inqualificabile strumentalizzazione della
cecità, si alza pur timidamente in piedi ed invoca attenzione e rispetto
delle leggi e degli ordinamenti che reggono e governano la Nostra Comunità.
Fermo allo specifico provvedimento in via di approvazione (C. 5198), al
di là della competenza o no legislativa dello Stato, come si può ignorare
l’esistenza in Italia di oltre venti Istituti per ciechi, distribuiti
su tutte le regioni d’Italia, patrimonio immobiliare pubblico, che hanno
ospitato per decenni le scuole speciali per ciechi e talvolta per ciechi
pluriminorati (V. Istituto Serafico di Assisi), oggi quasi totalmente
privi di attività per effetto dell’integrazione scolastica degli alunni
non vedenti nelle scuole ordinarie, che potrebbero validamente essere
utilizzati allo scopo senza impegnare ingenti risorse finanziarie per
nuove immobilizzazioni.
Mi astengo dal rappresentare la specifica di detti Istituti per non appesantire,
al di là di ogni limite la presente nota; mi limito semplicemente a rilevare
che solo sulla città di Roma esistono due grandi strutture di Istituti
per ciechi “Il Regina Margherita di Savoia” e il Sant’Alessio, ora unificati
nell’unica proprietà dello specifico Ente Regionale per l’istruzione,
formazione e riabilitazione dei ciechi, Ente regionale che dispone su
Roma di un patrimonio immobiliare di diverse centinaia di milioni di euro.
Come desidero richiamare l’attenzione sull’enfatica relazione, predisposta
certamente dall’UIC, della richiamata Pd.l. 5198, che parla di migliaia
di ciechi pluriminorati.(L’impatto emozionale della figura del semplice
cieco evidentemente non basta più)!
Se il Servizio Studi della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica,
che ho sperimentato efficienti e puntuali, venissero espressamente incaricati
di accertare, tutte le leggi dello Stato e delle Ragioni, che prevedono
provvidenze economiche in favore dell’Unione Italiana Ciechi o degli Enti
di sua emanazione e controllo, non ho dubbi che l’ammontare delle risorse
finanziarie pubbliche destinate all’UIC sono allo stato di gran lunga
superiori a quelle destinate all’UIC ente pubblico.
Tali risorse finanziarie sono in gran parte assorbite dalle spese per
l’attività degli organi istituzionali e per le spese del personale della
Sede Centrale, che ironicamente viene definito “un vero apparato ministeriale”
I dirigenti nazionali dell’Unione Italiana Ciechi, non perdono mai l’occasione
per richiamare l’attenzione sulla natura rigorosamente volontaristica
dell’associazione, forse il concetto di volontariato di riferimento deve
essere la libera volontà di esercitare la professione (l’av. L’ing. Il
medico ecc.). La verità è che l’intero quadro dirigente nazionale, regionale
e provinciale, dal presidente Nazionale al semplice Consigliere della
più modesta sezione provinciale, godono di indennità o gettore, oltre
al rimborso delle spese di viaggio o di soggiorno.
Vero è, che i tempi eroici dei Padri Fondatori del Movimento dei Ciechi
per molti non è neppure ragione di memoria; non è casuale infatti che
nell’ambito della organizzazione dell’UIC che ha come riferimento sociale
un ceto certamente non ricco, ad ogni ricorrenza di elezioni insorgano
conflitti e talvolta litigi, il risultato è però la perpetuazione per
decenni della stessa classe dirigente.
Il risultato finale e abbastanza amaro è che, nonostante l’implementazione
delle risorse pubbliche , le opportunità dei ciechi italiani di acquisire
risorse intellettuali e professionali per la propria emancipazione e integrazione
sociale ed economica, registrano oggi un basso profilo, nonostante il
quasi miracoloso ausilio che viene dalla tecnologia e dall’informatica.
La legge 52/94, che porta la mia firma, prevede la fornitura di testi
a tutti gli alunni non vedenti di ogni ordine e grado, compresi gli studenti
universitari, non ha trovato a tutt’oggi la sua corretta applicazione,
né nella fornitura dei beni librari, né nel coinvolgimento dei rappresentanti
istituzionali a qualunque titolo coinvolti nel processo educativo, formativo
e istruttivo dei ciechi. E ciò nonostante l’implementazione del contributo
dello Stato è già di 3 miliardi di vecchie lire a cui si dovrebbero aggiungere
altri 2.000.000 di euro con la P.d.l. all’esame della VII Commissione
Cultura della Camera dei Deputati. Eppure l’Unione Italiana Ciechi, oltre
che avere il pieno governo della Biblioteca Italiana per Ciechi Regina
Margherita di Monza, con la disponibilità dei mezzi finanziari richiamati,
dispone di un servizio di stampa braille nella sua sezione provinciale
di Rieti e della moderna e attrezzata stamperia braille di Catania, significativamente
finanziata con apposita legge dalla Regione Sicilia, affidata all’amministrazione
del consiglio regionale UIC.
Sarebbe utile per tutti (e aggiungerei doverosa) una indagine conoscitiva
per verificare gli effettivi utenti (con nomi e cognomi) della Biblioteca
Italiana per Ciechi e del cosiddetto libro parlato, per stabilire concretamente
il rapporto tra costi e benefici. Si potrebbe persino arrivare alla conclusione
che tornerebbe più utile e conveniente garantire ad ogni cieco italiano
una segretaria o un segretario, magari realizzando un risparmio di risorse.
Per concludere, rimanendo circoscritti all’episodio Unione Italiana Ciechi,
si può osservare:
Col DPR 616/77 ed il conseguente DPR 1919/79 l’obiettivo era l’abolizione
degli Enti Inutili e la razionalizzazione della spesa pubblica, migliorare
le condizioni di cittadini disagiati con servizi sul territorio affidati
agli Enti Locali, garantire i lavoratori degli Enti inutili con la continuità
del posto di lavoro con il trasferimento all’amministrazione statale o
regionale; riportare le associazioni divenute Enti di diritto pubblico,
ad associazioni private di promozione sociale con conseguente riduzione
della spesa pubblica.
Il risultato è stato che l’Unione Italiana Ciechi non accettò l’espropriazione
delle competenze e quindi non attivò seriamente la sua azione di promozione
sociale e di controllo a tutti i livelli.
L’abolizione degli enti inutili, non si è mai compiutamente realizzata
e l’Unione Italiana Ciechi nella fattispecie, ha finito per acquisire
risorse finanziarie di gran lunga superiori al passato, col privilegio
non di poco conto, di non avere alcuna responsabilità giuridicamente perseguibile.
Gli atti riformatori del decentramento prima, del federalismo o devolution
poi, fanno a gara col crescendo di leggi particolari per esaltare con
notevoli risorse finanziarie pubbliche, il ruolo nazionale di quegli enti
che per primi si intendeva eliminare o riformare.
L’ampia schiera dei dipendenti dell’Unione italiana Ciechi, passata nel
1978 allo Stato o alle Regioni è oggi ampiamente rimpiazzata e superata,
validamente gratificata dall’applicazione generosa dei CCNL di categoria
quasi sempre maggiorati da super minimi o premi personali.
Tutto bene quindi, i Parlamentari protagonisti delle specifiche iniziative
legislative e i Ministri che non si oppongono sono tranquilli con la propria
coscienza, perché è giusto e doveroso accogliere le istanze dei rappresentanti
dei “poveri ciechi”.
Ma le riforme?
I Dirigenti dell’Unione Italiana Ciechi, anch’essi tutti contenti! I Parlamentari,
i Ministri, i Sindaci, gli Assessori, I presidenti delle regioni, delle
province, hanno tutti l’indennità e quindi è cosa buona e giusta che anche
essi dirigenti dell’UIC godano di una qualche indennità. E i problemi
dei ciechi, dico di quelli che non hanno incarichi? Quelli debbono, con
serenità attendere le riforme!
Una fede straordinaria ad essi è necessaria ed una infinita capacità di
sperare se appena appena rivolgono lo sguardo agli esiti riformatori finora
apprezzati.
Se queste mie note, possono apparire o hanno effettivamente assunto il
tono di sfogo di uno della Prima Repubblica, di ciò chiedo sinceramente
venia. Il mio intendimento è di richiamare l’attenzione dei massimi rappresentanti
del Parlamento e del Governo a perseguire con coraggio, determinazione
e coerenza i processi di riforma dello Stato, nella sua accezione totale
per consolidare sempre meglio il nostro sistema democratico e determinare,
con un crescente sviluppo economico condizioni di crescente equità sociale;
di non deflettere sul cammino delle riforme di fronte a richieste particolari,
ancorché vestite di grande nobiltà perché quasi sempre siffatte richieste
non obbediscono a interessi generali della collettività, ma quasi sempre
nascondono piccoli interessi di bottega .
Con la massima stima
Raffaele Farigu
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