In Voci e volti della nonviolenza - Supplemento
settimanale del martedì de "La nonviolenza e' in cammino"
(torna all'indice informazioni) Sfruttati. Sottopagati. Alloggiati in luridi tuguri. Massacrati di botte se protestano. Diario di una settimana nell'inferno. Tra i braccianti stranieri nella provincia di Foggia. Il padrone ha la camicia bianca, i pantaloni neri e le scarpe impolverate.
E' pugliese, ma parla pochissimo italiano. Per farsi capire chiede aiuto
al suo guardaspalle, un maghrebino che gli garantisce l'ordine e la sicurezza
nei campi. "Senti un po' cosa vuole questo: se cerca lavoro, digli
che oggi siamo a posto", lo avverte in dialetto e se ne va su un
fuoristrada. Il maghrebino parla un ottimo italiano. Non ha gradi sulla
maglietta sudata. Ma si sente subito che lui qui e' il caporale: "Sei
rumeno?". Un mezzo sorriso lo convince. "Ti posso prendere,
ma domani", promette, "ce l'hai un'amica?". "Un'amica?".
"Mi devi portare una tua amica. Per il padrone. Se gliela porti,
lui ti fa lavorare subito. Basta una ragazza qualunque". Il caporale Non c'e' limite alla vergogna nel triangolo degli schiavi. Il caporale vuole una ragazza da far violentare dal padrone. Questo e' il prezzo della manodopera nel cuore della Puglia. Un triangolo senza legge che copre quasi tutta la provincia di Foggia. Da Cerignola a Candela e su, piu' a Nord, fin oltre San Severo. Nella regione progressista di Nichi Vendola. A mezz'ora dalle spiagge del Gargano. Nella terra di Giuseppe Di Vittorio, eroe delle lotte sindacali e storico segretario della Cgil. Lungo la via che porta i pellegrini al megasantuario di San Giovanni Rotondo. Una settimana da infiltrato tra gli schiavi e' un viaggio al di la' di ogni disumana previsione. Ma non ci sono alternative per guardare da vicino l'orrore che gli immigrati devono sopportare. Sono almeno cinquemila. Forse settemila. Nessuno ha mai fatto un censimento
preciso. Tutti stranieri. Tutti sfruttati in nero. Rumeni con e senza
permesso di soggiorno. Bulgari. Polacchi. E africani. Da Nigeria, Niger, Adesso e' la stagione dell'oro rosso: la raccolta dei pomodori. La provincia
di Foggia e' il serbatoio di quasi tutte le industrie della trasformazione
di Salerno, Napoli e Caserta. I perini cresciuti qui diventano pelati
in Non ci vuole molto per entrare nel mercato piu' sporco dell'Europa agricola. Qualche nome inventato da usare di volta in volta. Una fotocopia del decreto di respingimento rilasciato un anno fa a Lampedusa dal centro di detenzione per immigrati. E la bicicletta, per scappare il piu' lontano possibile in caso di pericolo. Il caporale che pretende una ragazza in sacrificio controlla la raccolta dei perini a Stornara. Uno dei primi campi a sinistra appena fuori paese, lungo il rettilineo di afa che porta a Stornarella. Meglio lasciar perdere. Per arrivare fin qui bisogna pedalare sulla statale 16 e poi infilarsi per dieci chilometri negli uliveti. Il borgo e' una piccola isola di case nell'agro. Alla stazione di Foggia, Mahmoud, 35 anni, della Costa d'Avorio, aveva detto che quaggiu' la raccolta, forse, e' gia' cominciata. Lui, che dorme in una buca dalle parti di Lucera, e' senza lavoro: li' a Nord i pomodori devono ancora maturare. Cosi' Mahmoud campa vendendo informazioni agli ultimi arrivati in treno. In cambio di qualche moneta. Oggi dev'essere la giornata piu' torrida dell'estate. Quarantadue gradi,
annunciavano i titoli all'edicola della stazione. Sperduta nei campi appare
nell'aria bollente una stalla abbandonata. E' abitata. Sono africani.
Stanno riposando su un vecchio divano sotto un albero. Qualcuno parla
tamashek, sono tuareg. Un saluto nella loro lingua aiuta con le presentazioni.
La segregazione razziale e' rigorosa in provincia di Foggia. I rumeni
dormono con i rumeni. I bulgari con i bulgari. Gli africani con gli africani.
E' cosi' anche nel reclutamento. I caporali non tollerano eccezioni. Un
bianco non ha scelta se vuole vedere come sono trattati i neri. Bisogna
prendere un nome in prestito. Donald Woods, sudafricano. Come il leggendario
giornalista Si parte. In nove sulla Golf. Tre davanti. Cinque sul sedile dietro.
E un ragazzo raggomitolato come un peluche sul pianale posteriore. Solo
per questo trasporto di dieci minuti il caporale incassera' quaranta euro.
I La Golf stracarica corre e sbanda sulla stretta provinciale per Lavello.
Il contachilometri segna 100 all'ora. Una follia. Alle prime aziende agricole
del paese, Giovanni svolta a destra dentro una strada sterrata. Altri
due chilometri e si e' arrivati. Si prosegue a piedi, in fila indiana.
Il campo e' tra due vigneti. Questi pomodori vanno raccolti a mano. Quando
il padrone vede arrivare il gruppo di africani, imita il verso delle scimmie.
Poi da' Giovanni va a recapitare altri braccianti. Poi torna due volte con i rifornimenti d'acqua. Quattro bottiglie di plastica da un litro e mezzo da far bastare nelle gole di 17 persone assetate. Sono bottiglie riempite chissa' dove. Una zampilla da un buco e arriva quasi vuota. L'acqua ha un cattivo odore. Ma almeno e' fresca. Comunque non basta. Due sorsi d'acqua in oltre quattro ore di lavoro a quaranta gradi sotto il sole non dissetano. La maggior parte dei ragazzi africani non ha nemmeno pranzato ne' fatto colazione. Cosi' ci si arrangia mangiando pomodori verdi di nascosto dai caporali. Anche se sono pieni di pesticidi e veleni. E forse e' proprio per questo che sulla pelle, per giorni, non comparira' piu' nemmeno una puntura di zanzara. Leonardo vuole sapere com'e' che in Africa ci siano i bianchi. Gira tra le schiene curve come un professore tra i banchi. E da' il permesso a Mohamed, 28 anni, un ragazzo della Guinea. Per smettere di lavorare o parlare, qui bisogna sempre chiedere il permesso. Mohamed sa bene perche' ci sono i bianchi in Sudafrica. E' laureato in scienze politiche e relazioni internazionali all'Universita' di Algeri. Parla italiano, inglese, francese e arabo. E risponde rimanendo in ginocchio, davanti a quell'italiano che confessa senza pudore di non aver mai sentito parlare di Nelson Mandela. "Avete capito?", ripete dopo un po' Leonardo agli altri due italiani: "In Italia quelli chiari stanno al Nord mentre noi al Sud siamo scuri. In Africa invece al Sud sono bianchi e questi qua del Nord sono neri". L'incidente accade all'improvviso. Michele e' il piu' anziano tra i rumeni.
Ha una sessantina d'anni, i capelli grigi. Sta caricando cassette piene
sul rimorchio del trattore. Il legno e' troppo sottile, e' secco. E una
cassetta Michele ritorna a caricare il rimorchio aiutato da altri rumeni. Ma dopo
mezz'ora e' ancora seduto a terra. Si tiene la testa. Perde molto sangue
dal naso. Un suo compagno di lavoro spreme un pomodoro maturo per bagnargli
la fronte. Cosa ha fatto lo spiega a Leonardo l'uomo con i baffetti curati:
"Ho dovuto spaccargli una pietra in mezzo agli occhi. Ho dovuto.
Quello stronzo se l'e' presa con me perche' tu prima l'hai picchiato.
E poi perche' stasera non ci sono i soldi per pagarli. Ma che c'entro
io? Lui ha raccolto una Si smette solo quando il sole va a nascondersi dietro i monti Dauni.
Michele sta meglio. I rumeni si raccolgono intorno al loro caporale. Giovanni
scatta una foto ai suoi ragazzi. Serve per i pagamenti e per scoprire
se qualcuno scappa dal gruppo. Poi fa firmare il registro con le ore lavorate.
Oggi si finisce prima del solito. Il perche' lo racconta il caporale ad
Amadou, in macchina durante il ritorno: "Ci sono in giro i carabinieri".
Giovanni segnala un campo di pomodori lungo la strada: "Vedi qua?
Questo pomeriggio i Amadou pero' fa notare che nemmeno oggi i ragazzi verranno pagati: "Tu sei musulmano?", chiede Giovanni: "Si'? Allora io ti giuro su Allah che la prossima settimana vi pago tutti. E se avete bisogno di carne, ti giuro che vi invito tutti a casa mia. Ovviamente la prossima settimana. Quando potrete pagare la carne". Il 14 maggio 1904 qua vicino la polizia attacco' una manifestazione di braccianti. C'era anche il giovane Giuseppe Di Vittorio. Morirono in quattro quel giorno. Tra le vittime Antonio Morra, 14 anni, amico d'infanzia del futuro leader sindacale. Adesso le proteste vengono spente prima che possano dilagare. I caporali agiscono come una polizia parallela. Gli imprenditori si rivolgono a loro se ci sono problemi. A cominciare dall'imposizione delle regole: "Domani mattina vengo a prendervi alle cinque", annuncia Giovanni dopo aver scaricato i suoi passeggeri. Sono quasi le dieci di sera ormai. Calcolando una doccia improvvisata con l'acqua del pozzo e la misera cena, restano appena cinque ore di sonno. I ragazzi africani spiegano subito le sanzioni. Chi si presenta tardi, una volta al campo viene punito a pugni. Chi non va a lavorare deve versare al caporale la multa. Anche se si ammala. Sono venti euro, praticamente un giorno di lavoro gratis. Una cinquantina di chilometri piu' a nord, stesse storie. La carta stradale indica Villaggio Amendola. Era un borgo agricolo. Ora e' solo un paese fantasma riempito da immigrati rumeni e bulgari ridotti in schiavitu'. Come l'ex zuccherificio di Rignano o il Ghetto che la sera, al suono della township music, sembra Soweto. Al Villaggio Amendola perfino la chiesa abbandonata e' stata riempita di materassi. Qui il cento per cento degli abitanti non e' italiano. Tutti raccoglitori. E tutti stranieri. Tranne una. Giuseppina Lombardo, 51 anni. Viene dalla Calabria. Per gli agricoltori del posto e' una santa donna. Lei e il suo amico tunisino che si fa chiamare Asis sono capaci di mettere insieme una squadra di raccoglitori di pomodori in meno di mezz'ora. Giuseppina e Asis con gli schiavi ci campano. L'unico pozzo di Villaggio Amendola e' loro. L'acqua e' inquinata ma la vendono ugualmente: cinquanta centesimi una tanica da 20 litri. Anche l'unico negozio del borgo e' loro. Hanno bottiglie di minerale, se uno proprio non vuole perdere la giornata per la dissenteria. E hanno carne e pollame: "A prezzi maggiorati del cento per cento e di dubbia qualita'", dicono gli abitanti. Non e' facile infiltrarsi come immigrato in questo ghetto e vincere la paura dei suoi prigionieri. Perche' Asis, come tutti i caporali, non perdona chi parla. Lui e la sua compagna qui sono l'unica legge. Chi c'era si ricorda bene cosa e' successo la settimana di Pasqua del 2005. Quel pomeriggio un ragazzo rumeno, 22 anni, arrivato da appena quattro giorni, torna al Villaggio Amendola con i sacchetti della spesa. E' stato a Foggia e cammina davanti al negozio del caporale con quello che si e' procurato. Una bottiglia d'olio, un po' di pasta. Il testimone che parla con "L'espresso" e' convinto che Asis abbia considerato quel gesto una ribellione al suo controllo. I rumeni raccontano di aver visto poco dopo due uomini affrontare il nuovo arrivato. Uno, secondo i testimoni, e' parente di Asis. Con una spranga lo centrano in mezzo alla testa. Un colpo solo. Poi trascinano il corpo sanguinante e semisvenuto su un furgone. Nessuno al villaggio rivedra' piu' quel ragazzo. Lo stesso accade il 20 luglio di quest'anno. Il giorno prima Pavel, 39
anni, ha una discussione con Giuseppina Lombardo. Gli sono caduti quindici
euro nel negozio e lei crede che glieli abbia rubati dalla cassa. Pavel
in Romania faceva il cuoco per 150 euro al mese. Dal 20 marzo 2004, quando
e' arrivato in Puglia, sopporta violenze e angherie. Lo fa per mandare
quanto risparmia alla moglie e alla sua "fata", la figlia studentessa,
che ha 15 anni. Pavel ha braccia veloci. L'anno scorso e' riuscito a riempire
fino a Lui e' sicuro di non essere stato ucciso soltanto per l'intervento dei
suoi compagni di stanza. Ma lo lasciano li' a sanguinare sul materasso
fino all'una di notte. Gli altri stranieri hanno troppa paura di Asis.
Anche di chiamare la polizia e correre il rischio di essere rimpatriati.
Alle otto di sera qualcuno finalmente telefona di nascosto all'ospedale.
L'ambulanza e una pattuglia dei carabinieri, al Villaggio Amendola, arrivano
soltanto Il 31 luglio Pavel viene dimesso dall'ospedale di Foggia. E' stato operato
da appena quattro giorni. Ha quasi due mesi di prognosi. Ferri e chiodi
nelle ossa. Le braccia ingessate. Medici e infermieri lo consegnano alla Il giorno dopo si apre il processo, immediatamente rinviato a ottobre. Oltre ad aver perso il lavoro, grazie alla legge Bossi-Fini Pavel rischia da uno a quattro anni di prigione. Piu' di quanto potrebbe prendersi il suo caporale che intanto resta libero. "Quell'uomo", racconta Pavel terrorizzato, "mirava alla testa. Voleva uccidermi". Qualche bracciante morto da queste parti l'hanno gia' trovato. Slavomit R., polacco, aveva 44 anni quando e' stato bruciato il 2 luglio 2005 in un campo a Stornara. Un caso irrisolto. Come quello di due cadaveri mai identificati abbandonati a Foggia. Le scomparse sono un altro capitolo dell'orrore. Nessuno sa quanti siano i lavoratori rumeni, bulgari o africani spariti. I caporali, quando li ingaggiano o li massacrano di botte, non sanno nemmeno come si chiamano. Gli unici casi sono stati scoperti grazie alle denunce dell'ambasciata di Polonia. Hanno dovuto insistere i diplomatici di Varsavia. E' dal 2005 che cercano notizie di tredici connazionali. Erano venuti a lavorare come stagionali nel triangolo degli schiavi. E non sono piu' tornati a casa. L'elenco compilato in agosto dal consolato sulle ricerche delle persone scomparse non rende onore all'Italia. Su dodici "richieste indirizzate alla questura di Foggia", l'ambasciata ha dovuto prendere atto che per nove casi non c'e' stata "nessuna risposta da parte della questura". Dopo mesi di inutile attesa l'appello e' stato girato al Comando generale dei carabinieri. E, attraverso gli investigatori del Ros, la Procura antimafia di Bari ha finalmente aperto un'inchiesta. Nessuno sta invece indagando sulla morte di un bambino. Perche' quello
che e' successo apparentemente non e' reato. Il piccolo sarebbe nato a
fine settembre. Liliana D., 20 anni, quasi all'ottavo mese di gravidanza,
la L'industria alimentare campana paga i pomodori pugliesi da 4 a 5 centesimi
al chilo. Sulle bancarelle lungo le strade di Foggia i perini salgono
gia' a 60 centesimi al chilo. A Milano 1,20 euro quelli maturi da salsa
e 2,80 euro al chilo quelli ancora dorati. Al supermercato la passata
prodotta in Campania costa da 86 centesimi a 1,91 euro al chilo. I pelati
da 1,04 a 3 euro al chilo. Eppure, nel ghetto di Stornara, nemmeno stasera
che il mese e' quasi finito ci sono i soldi per comprare un pezzo di carne.
"Donald, non te ne andare", si fa avanti Amadou, "Giovanni
e' molto arrabbiato con te perche' hai lasciato il gruppo. Ti sta cercando,
vado a dirgli che sei qui". Nel fondo di questa miseria, Amadou sa
gia' con chi stare. Tra tanti uomini Scheda: I medici accusano: arrivano sani e si ammalano qui Vivono in
condizioni disumane. Proprio in questi giorni decine di abitanti del Ghetto,
tra Foggia e Rignano, si sono ammalati di gastroenterite per le Scheda: Padroni senza legge 2. ET COETERA
Supplemento settimanale del martedi' de "La nonviolenza e' in cammino" |
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