Nonviolenza. femminile plurale - Supplemento
settimanale del giovedì de "La nonviolenza e' in cammino".
N. 83 del 28 settembre 2006
Da "Arca notizie", anno XX, n. 2, aprile-giugno
2005. "Arca notizie" e' il foglio trimestrale di collegamento
e di riflessione tra gli alleati e gli amici dell'Arca in Italia; l'Arca
e' l'esperienza nonviolenta fondata da
Giuseppe Giovanni Lanza del Vasto; per contattare la redazione: c/o Enzo
Sanfilippo, via E. Carnevale, 4 90145 Palermo, e-mail: v.sanfi@libero.it
Marinetta Cannito, La giustizia rigenerativa, percorso per una
trasformazione personale e collettiva
Accettando l'invito di "Arca Notizie", a scrivere questo articolo,
ho avuto la possibilita' di fermarmi a riflettere sulla scelta che mi
ha portato ad impegnarmi da alcuni anni nell'ambito della trasformazione
nonviolenta dei conflitti, e in particolare nel campo di applicazione
della "giustizia rigenerativa".
E' una scelta le cui radici sono legate alla mia personale esperienza
di persona nata in una famiglia protestante e cresciuta in una cultura
a maggioranza cattolica, esperienza che ha poi orientato tutto il mio
cammino di vita. Fin da piccola, (parlo di cinquant'anni fa), il costante
confronto con una realta' nelle cui strutture sociali mi sentivo emarginata
e discriminata, mi ha posto di fronte ad interrogativi sul modo di affrontare
quella realta' conflittuale. In quegli anni il mio conflitto era con la
religione di Stato imposta nelle scuole e il mio modo di intendere la
giustizia si formava sulle narrrative di martiri della fede trasmesse
in
famiglia, che sottolineavano la relazione tra fede personale e impegno
sociale per una trasformazione di rapporti e strutture, che riecheggiavano
nell'allora attuale testimonianza di lotta nonviolenta di Martin Luther
King.
Vivevo una costante tensione tra il distacco verso la cultura esterna
che esprimevo mettendo in discussione i significati che mi venivano imposti,
e l'attaccamento affettivo verso le persone di quella cultura, che mi
portarono a coltivare una profonda e duratura amicizia con una ragazza
cattolica. In quel contesto, il concetto della riconciliazione assumeva
per me una valenza concreta e rappresentava una scelta quotidiana. La
mia
percezione della realta' e la mia stessa identita' si sono man mano formate
e arricchite in quegli anni nell'incontro e nel dialogo con il "diverso".
Piu' tardi, in età adulta, lavorando con l'organizzazione nonviolenta
Witness for Peace (Testimoni per la pace) che mi ha portato a diretto
contatto con persone i cui diritti umani sono sistematicamente violati,
ho
riflettuto di nuovo sulla relazione tra giustizia di Dio e giustizia sociale
su cui si era costruita la mia fede. Operando in ambiti caratterizzati
da violenza e crimine e' risultato piu' evidente che la proposta cristiana
di
riconciliazione rappresenta un cammino difficile e certo una grossa sfida
da proporre. I miei interrogativi sulla giustizia si sono fatti allora
piu' pressanti. Quale tipo di giustizia puo' porre un limite a violenza
e
crimine e promuovere una reale e duratura riconciliazione tra le persone?
Quale trasformazione deve avvenire negli individui e nei gruppi perche'
si metta in moto un processo di riconciliazione basato su un equilibrio
di potere? Puo' il sistema giudiziario includere un processo cosi' soggettivo,
quale la riconciliazione, che presuppone il riconoscimento di una dimensione
spirituale del conflitto? La scoperta dei principi della giustizia rigenerativa
all'interno degli studi sulla trasformazione nonviolenta dei conflitti
mi ha permesso di rispondere a queste domande, offrendomi allo stesso
tempo un quadro concettuale e un linguaggio innovativo per articolare
i principi della mia stessa fede. Ne riassumero' brevemente i punti.
La nuova ottica della giustizia rigenerativa
Quando parlo di giustizia rigenerativa mi riferisco ad una filosofia emersa
durante gli anni '70 e '80 prima in Canada e poi negli Stati Uniti (Restorative
Justice) in collegamento con una pratica che fu allora chiamata
Programma di riconciliazione tra vittima e autore di reato (Victim-Offender
Reconciliation Program). Questo modello e' stato nel tempo modificato,
rinominato, ed ha assunto nuove forme di applicazione in diversi contesti
culturali e politici: Mediazione tra vittima e autore di reato, Programmi
di pace e giustizia comunitaria, Processi di gruppi familiari, Sentenze
a circolo, Commissioni di verita' e riconciliazione. Nonostante la varieta'
di applicazioni, alla base di tutti i modelli c'e' un modo comune di definire
e
affrontare il crimine e la giustizia che rappresenta una "lente"
alternativa all'attuale sistema giudiziario penale. In effetti, e ci tengo
a sottolinearlo, la giustizia rigenerativa non e' un complesso di tecniche
o un nuovo programma di interventi che possono essere riprodotti indifferentemente
in qualsiasi contesto criminale e culturale, e' piuttosto un paradigma,
una serie di principi e valori che offrono nuove
lenti per osservare e riconsiderare la realta' giudiziaria penale. L'ottica
da cui parte la giustizia rigenerativa si basa su una concezione della
societa' come struttura composta di elementi interdipendenti in cui le
persone vivono in un equilibrio di rapporto materiale, sociale e spirituale
tra di loro, concetto espresso in ebraico con shalom. In quest'ottica
il crimine rappresenta il sintomo della perdita di tale equilibrio e la
giustizia puo' e deve promuovere il riequilibrio dei rapporti all'interno
della societa'.
Mentre il nostro sistema penale considera il crimine in termini astratti
come violazione di una norma di legge, per la giustizia rigenerativa il
crimine e' innanzitutto un danno concreto (di natura materiale, psicologica
e morale) commesso nei confronti di persone concrete, che implica la violazione
di un rapporto tridimensionale perche' danneggia sia il rapporto tra vittima
e autore di reato, che le relazioni tra le persone che vivono in una comunita'.
Secondo questa ottica, quindi, per 'vittima' si intende sia la persona
direttamente colpita dal crimine, che le cosiddette vittime secondarie
(quali familiari e amici), che i membri della comunita' coinvolta negli
effetti del crimine (insegnanti, assistenti sociali, guide spirituali,
colleghi di lavoro...), le cosiddette vittime terziarie.
Il nostro sistema penale, che e' essenzialmente centrato sull'autore del
reato, considera la vittima, nelle migliori delle ipotesi, un elemento
secondario della giustizia, e il suo obiettivo e' innanzitutto quello
di
stabilire la colpevolezza e infliggere la pena. Sottolineando invece l'importanza
del danno arrecato, la giustizia rigenerativa riconosce la centralita'
dei bisogni delle vittime e la necessita' di una riparazione,
sia materiale che simbolica, nei loro confronti. L'obiettivo e' quello
di incoraggiare gli autori dei crimini a prendere coscienza del danno
da loro causato e ad assumersi le proprie responsabilita' in modo concreto
per porre rimedio a tale danno.
Centralita' dei rapporti
Concretamente, questo obiettivo si attua attraverso un modello processuale
collaborativo e inclusivo da cui procedano, per quanto possibile, accordi
che siano frutto di decisioni consensuali.
Mentre l'attuale sistema penale si basa su un processo avversativo condotto
da professionisti che sono estranei al crimine, nella giustizia rigenerativa
tutte le parti coinvolte in un particolare crimine (vittime e autori di
reato, vittime secondarie e membri della comunita') si incontrano (quando
cio' e' possibile e appropriato) e agiscono da partecipanti attivi per
affrontare collettivamente il modo di risolvere le conseguenze del crimine
e discuterne le cause. Gli incontri diretti sono facilitati da persone
che
preparano in anticipo le parti, e presuppongono la volontarieta' di partecipazione
della vittima e l'ammissione di responsabilita' da parte del reo. Negli
incontri si attribuisce uguale importanza a fatti ed emozioni e
sono ritenuti validi i bisogni di tutti i partecipanti. Le vittime possono
incamminarsi verso il recupero psicologico dal loro trauma avendo la possibilita'
di porre domande direttamente al reo, raccontare la loro
esperienza del crimine, richiedere risarcimento e riconoscimento morale
del danno subito, in un ambiente in cui si sentono sicure e protette,
spazio che il modello del processo penale attuale non prevede. Gli autori
del reato, a loro volta, hanno la possibilita' di ascoltare il punto di
vista delle vittime e considerare gli effetti del proprio crimine, spiegare
le proprie ragioni, esprimere emozioni, e riacquistare fiducia in se stessi
riscoprendo in se' il potere positivo di poter riparare personalmente
al danno commesso.
Il risultato degli incontri e' che ad ognuno e' data la possibilita' di
dare un volto all'altra parte e riumanizzarla e riconoscere la reciproca
interdipendenza.
Sostituendo al principio della retribuzione quello della relazione e riconoscendo
pari dignita' a ciascun individuo coinvolto nel crimine, la giustizia
rigenerativa promuove un processo di giustizia in cui le parti
avverse possono insieme creare le basi per un riequilibrio dei rapporti
e una riconciliazione fondata su un ordine sociale giusto e umano, lo
shalom.
Comunita' come luogo di riconciliazione
Al centro di questo processo c'e' la comunita', intesa come elemento coinvolto
nelle conseguenze del crimine, ma anche come elemento responsabile dell'educazione
del gruppo sociale che la compone, per analizzare le cause alla radice
dei crimini e trovare soluzioni per la loro prevenzione. Di conseguenza,
i programmi che si basano sui principi della giustizia rigenerativa mantengono
relazioni di collaborazione e consultazione con
individui e organizzazioni che gia' compiono un lavoro nell'ambito della
giustizia sociale, facendosi promotori di programmi di educazione comunitaria
che hanno la potenzialita' di mobilitare i membri della
comunita' in azioni miranti ad una trasformazione sociale. E' un processo
che parte dalla base e percio' presuppone lo sforzo congiunto di comunita'
civili, religiose e giudiziarie per costruire comunita' di riconciliazione
e riabilitazione.
Nella mia qualita' di facilitatrice di incontri tra vittime e autori di
reato posso testimoniare che il processo della giustizia rigenerativa
da' luogo ad esperienze indimenticabili e spesso trasformanti per tutte
le
persone coinvolte, a volte culminanti in una sincera riconciliazione tra
le parti, anche in casi di crimini violenti. Voglio pero' sottolineare
che quando avviene una riconciliazione, questa e' sempre espressione di
un sentimento spontaneo e solo prerogativa della vittima, mai introdotto
di forza nelle fasi del processo.
L'aspetto rivoluzionario della giustizia rigenerativa e' comunque quello
di creare spazi che facilitano una (ri)costruzione di rapporti, sia a
livello personale che sociale. Mentre gli approcci tradizionali della
giustizia
hanno la tendenza a vedere la riconciliazione come periferica, o, peggio
ancora, irrilevante nel processo di costruzione di pace, nella giustizia
rigenerativa l'incontro tra le parti e la messa a confronto delle storie
diverse nella possibilita' di una (ri)conciliazione rappresenta l'elemento
cruciale per creare le condizioni per un cambiamento sociale a lungo termine.
Trasformazione
Nel tradurre dall'inglese Restorative Justice ho preferito usare "giustizia
rigenerativa", invece di "giustizia riparativa", come spesso
questo paradigma viene definito in Italia. Lavorando nell'ambito della
Restorative
Justice, ho notato che gli obiettivi e i risultati di tale processo giudiziario
vanno oltre la semplice riparazione dei danni commessi nei confronti delle
vittime. Inoltre, spesso i rapporti lesi dal crimine non possono essere
"riparati", e vanno invece trasformati. Trasformare il crimine
e le persone afflitte dal crimine significa, nella pratica della giustizia
rigenerativa, dare loro una nuova forma, una forma capace di sviluppare
strategie di intervento che portino alla costruzione di strutture di pace.
La possibilita' offertaci dalla giustizia rigenerativa e' quella di una
trasformazione che non consiste in norme astratte da adottare, ma in una
prassi che offre una prospettiva di speranza annunziata con un nuovo linguaggio
di cambiamento. Non un linguaggio di opposizioni, di "buoni"
e "cattivi", di gente che vince e perde le cause, ma un linguaggio
di rapporti
che ci muove a riannodare la nostra vita a quella degli altri. Trasformazione
dunque verso la costruzione di una realta' che, partendo da eventi dolorosi
passati, puo' dare forma a un futuro individuale e
collettivo basato su rapporti di riconciliazione ed equilibrio di potere.
In questo senso la giustizia rigenerativa diventa il simbolo della sfida
e del paradosso della stessa fede: credere nella possibilita' che si puo'
riaffermare riconciliazione e speranza dove sembra esserci solo evidenza
di separazione e disperazione.
Per un approfondimento sul tema, consiglio di leggere il testo piu' significativo
del principale teorico della Restorative Justice negli Stati Uniti, il
professor Howard Zehr, che si intitola Changing Lenses: New
Perspectives on Crime and Punishment, Scottdale, Pa, Herald Press, 1990.