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Consiglio di Stato N.2683/2003 (torna all'indice informazioni)
contro il Ministero della Pubblica Istruzione (ora dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca), in persona del Ministro p.t., e il Provveditorato agli Studi (ora Ufficio scolastico provinciale) di Catanzaro, in persona del legale rappresentate p.t., rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui Uffici sono per legge domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, n.12; e nei confronti di - (…), rappresentata e difesa dall'avv. (…) e preso lo studio del medesimo elettivamente domiciliata in Roma, via Ezio, n.12; - (…), non costituitasi in giudizio; per l'annullamento, previa sospensione, della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Calabria, Catanzaro, 3 giugno 1997, n.325/97, resa tra le parti; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio dell'Amministrazione dell'Istruzione e della (…); Viste le memorie prodotte dalli parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Relatore alla pubblica udienza del 4 marzo 2003 il Cons. Domenico Cafini; uditi l'avv. (…); Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue: FATTO Avverso tale sentenza propone l'odierno appello l'interessata, deducendo, nella sostanza, la contraddittorietà delle argomentazioni e l'errata valutazione, da parte dei primi giudici, della documentazione esibita a dimostrazione dei fatti posti a sostegno del ricorso (effettiva convivenza della istante con il fratello handicappato e relativa assistenza continuativa, e in modo esclusivo, da parte della medesima). L'Amministrazione appellata, costituitasi in giudizio, con memoria in data 15.2.2003 controdeduce al ricorso, rilevando che nella specie non sussisteva il presupposto dell'effettiva coabitazione dell'interessata con il familiare handicappato né quello della sussistenza dell'ulteriore requisito di legge relativo all'assistenza continuativa ed esclusiva a familiare disabile, perché la ricorrente non sarebbe stata l'unico familiare idoneo ad assistere il proprio fratello bisognoso di cure, data la presenza nel suo nucleo familiare di altri soggetti che si sarebbero alternati nella assistenza. Si è costituita in giudizio anche la prof.ssa (…), che, con memoria successivamente depositata, eccepisce il difetto di legittimazione passiva, l'inammissibilità e improcedibilità dell'azione e, nel merito, la sua infondatezza. Anche la parte appellante ha depositato una breve memoria datata 20.2.2003 ribadendo le argomentazioni già prospettate. Alla camera di consiglio fissata per l'esame dell'istanza cautelare la stessa è stata accolta, "atteso che non è stato contestato che l'appellante, durante l'anno scolastico 1994-1995 non ha dimorato nella sede di servizio ma in provincia di Catanzaro, ove vive con il congiunto disabile" . Il ricorso è ritenuto dal Collegio per la decisione alla pubblica udienza del 4 marzo 2003. DIRITTO Il ricorso proposto contro tale provvedimento e gli atti ad esso connessi è stato respinto con la sentenza in epigrafe, nella quale in sostanza i giudici di primo grado hanno statuito che nel caso dell'interessata, alla stregua della documentazione da lei esibita, non sussistevano i presupposti per usufruire dei benefici previsti dalla legge ai fini del richiesto trasferimento. L'odierno appello, volto a contestare tali statuizioni, è incentrato, quindi, sulla verifica del possesso o meno da parte della ricorrente dei requisiti necessari per poter fruire dei benefici previsti dall'art.33 L. n.104/1992 sulla base dei documenti dalla medesima prodotti. 2. Al riguardo appare opportuno rilevare, preliminarmente ed in via generale, che dopo la legge n.104 del 1992 - che all'art.33 ha inteso tutelare la continuità dell'assistenza prestata al soggetto bisognevole dal pubblico o privato dipendente, richiedendo, al comma 5, la convivenza nel medesimo domicilio tra lavoratore e portatore di handicap - è intervenuta, nelle more del giudizio la legge 8.3.2000 n.53 che, da una parte, ha eliminato il requisito della convivenza ed ha ribadito la previsione dell'esclusività dell'assistenza, ampliando il numero dei casi nei quali il diritto all'avvicinamento di sede può esser esercitato e, dall'altra, ha ristretto la categoria dei beneficiari, posto che il beneficio ai fini del trasferimento può essere richiesto solo dal dipendente, unico parente o affine, entro il terzo grado, disponibile a prestare l'assistenza necessaria. Intervenuta, dunque, in proposito una innovazione legislativa più rigorosa, ma che ben si coniuga con la precedente nel perseguimento del meritevole fine di garantire la continuità della tutela della assistenza quando viene effettivamente prestata, deve essere evidenziato, in particolare, che la legge n.53/2000 ha soppresso il requisito della convivenza (v. art. 19), mentre ha ribadito (nell'art. 20) la necessità dell'assistenza continua in via esclusiva. Di ciò, quindi, ai fini di un più approfondito esame di questo ultimo requisito, si deve tener pur conto nell'esame della fattispecie anche se ad essa restano comunque applicabili le norme relative alla sussistenza dei requisiti richiesti ex L. n.104 del 1992, vigenti all'epoca dei fatti oggetto della controversia. 3. A prescindere da tali generali considerazioni in ordine alla normativa concernente la questione in esame e prima di pronunciarsi nel merito della stessa alla stregua dei motivi dedotti nel ricorso, il Collegio deve esaminare, innanzitutto, le eccezioni della parte privata resistente, che, tra l'altro, chiede l'estromissione del giudizio non avendo alcun interesse al gravame. Tale richiesta va accolta.. Ed invero, riguardando il ricorso in prime cure un provvedimento di rettifica di una graduatoria di trasferimento, l'interesse dell'ins. (…) appare volto ad ottenere una sua più favorevole collocazione nella graduatoria, ma non mira a travolgere l'intero provvedimento di rettifica impugnato, sicché di esso avrebbe dovuto effettuarsi notifica soltanto a coloro che risultavano effettivamente controinteressati, identificabili nei docenti che precedevano immediatamente l'aspirante al trasferimento e, come tali, avevano una posizione di vantaggio rilevante nei confronti della sua posizione. Ora, nel caso che qui interessa, la prof.ssa (…), per il punteggio attribuitole (37) in sede di trasferimento alla dotazione organica del Provveditorato di Catanzaro, risulta collocata nella graduatoria in questione in posizione ben distante da quella della ricorrente, la quale, con punti 24, risulta essere preceduta da molte altre docenti che si interpongono, nella stessa graduatoria, tra la sua posizione e quella della predetta prof.ssa (…). Pertanto, la posizione di questa ultima e il punteggio accreditatole - come evidenzia la sua difesa - "ne immunizzano la posizione rispetto alla domanda della istante, polarizzando il contro interesse processuale verso altri soggetti chiaramente individuati in atti". Poiché, dunque, la situazione processuale deve essere verificata alla stregua della concreta e attuale incidenza del giudizio sulle posizioni precostituite, deve accogliersi la tesi dell'appellata, essendo nella specie evidente che nei suoi confronti il ricorso della (…) non produrrebbe effetti sostanziali. La prof.ssa Provenzano va, di conseguenza, estromessa dal giudizio in accoglimento della sua stessa richiesta. 4. Quanto al merito del ricorso esso, in relazione alle specifiche censure proposte, appare fondato. Deve condividersi, infatti, la censura di parte appellante relativa alla errata valutazione, da parte del Giudice di primo grado, della documentazione da lei esibita a dimostrazione dei fatti posti a sostegno del ricorso. Ed invero, appare indubbio che nel caso in esame l'ins. (…) abbia fornito idonea documentazione circa l'effettivo svolgimento, in via esclusiva, dell'attività di assistenza con carattere continuativo del proprio fratello portatore di handicap e circa la continuità della situazione di effettiva convivenza con il medesimo, in osservanza di quanto disposto dall'art.16, punto 11 lett.a) e lett.b) dell'O.M. n.335 del 24.11.1994 (in materia di trasferimenti del personale docente per l'anno scolastico 1995/1996), in base al quale, per dimostrare lo svolgimento di attività di assistenza con carattere continuativo a favore di soggetto handicappato, è sufficiente che ciò sia comprovato "mediante dichiarazione personale sotto la propria responsabilità redatta ai sensi della n.15/68". Più particolarmente, la predetta docente, a dimostrazione del possesso dei requisiti previsti dalla legge per ottenere il trasferimento in applicazione dell'art.33 L. n.104/1992, ha esibito in giudizio: - documenti e certificati che attestano di essere l'unica persona del proprio nucleo familiare idonea ad assistere con continuità il fratello (…), riconosciuta persona handicappata in situazione di gravità per insufficienza mentale grave (v. documenti dal n.18 al n.29 del fascicolo di produzione); - documenti e certificati che attestano che l'assistenza al medesimo congiunto, col quale era convivente, è avvenuta, con continuità e senza interruzione da molti anni e non si è interrotta nemmeno quando la ricorrente è stata nominata in ruolo su posto di insegnante nella provincia di Roma, nell'a.s.1994-1995, periodo nel quale la stessa ha usufruito di congedi e aspettative varie, prestando nell'anno scolastico 1994-1995 solo un beve periodo di effettivo servizio nella scuola di titolarità (v. documenti nn.17, 18 e 26 del fascicolo di produzione); Tale documentazione è dimostrativa, soprattutto, del fatto (particolarmente rilevante alla stregua delle successive modificazioni alla legge n.104/1992, intervenute con la legge 8.3.2000 sopra menzionata) che l'ins. (…) (v. certificato della Unità socio Sanitaria locale n.6 in data 4.1.1996) è "la persona che sul piano pratico-assistenziale si prende cura" del fratello disabile, con il quale ha instaurato "un rapporto psicologico unico", tanto che "un eventuale suo allontanamento aggraverebbe la patologia del fratello"; fatto confermato, d'altronde, anche dalla relazione sociale della stessa Unità socio sanitaria (v. doc n.29) in cui viene rappresentato che la ricorrente è "l'unico membro della famiglia idoneo ad assistere i suoi familiari che necessitano tutti di cure e assistenza, in particolare modo Pietro, che accetta solo le sue cure poiché tra loro due si è instaurato un rapporto di fiducia e di affetto" e per il quale la medesima ricorrente "è un punto di riferimento molto importante che, venendogli a mancare, comporterebbe sicuramente un aggravamento della patologia e una perdita di fiducia nei suoi confronti". Di tale documentazione, tuttavia, non sembra che effettivamente sia stato tenuto adeguato conto nella sentenza appellata, come eccepito dalla ricorrente, né che di essa sia stata, comunque, contestata la veridicità. Infatti primi giudici si sono limitati ad affermare come "le risultanze anagrafiche…. nell'illustrare la mera composizione del nucleo familiare, non adducano alcun elemento probatorio atto a consentire di evincere la sussistenza dell'effettiva coabitazione (nella medesima dimora) della ricorrente sig.ra (…) con il congiunto portatore di handicap" e come fosse stato correttamente escluso dall'Amministrazione "l'immanenza del requisito della convivenza….sulla base della circostanza della prestazione del servizio, da parte dell'interessata nella provincia di Roma (mentre la residenza del familiare portatore di handicap è posta nella provincia di Catanzaro) nonché dell'omessa dimostrazione, da parte della medesima, delle circostanze che impedirebbero agli altri familiari di prestare assistenza al congiunto disabile". Tali affermazioni, invero, appaiono smentite dalla documentazione sopra menzionata e non appaiono, comunque, sufficienti ad escludere nella specie né il requisito della assistenza continuativa in via esclusiva né il requisito della convivenza tra il lavoratore e il suo assistito, permanendo concretamente stretti legami di assistenza materiale, morale e psicologica fra i due interessati anche a volere considerare la lontananza fisica della ricorrente dalla propria abitazione durante il brevissimo periodo di servizio effettivo nella sede di Ardea. Pertanto, la sentenza stessa deve ritenersi inficiata del dedotto vizio di errata valutazione della documentazione esibita. 5. Il ricorso va, quindi, accolto nei limiti sopra specificati e, per l'effetto, la sentenza di primo grado va riformata e il provvedimento originariamente impugnato va annullato, salvi restando gli ulteriori provvedimenti dell'Amministrazione. Quanto alle spese del giudizio sussistono giusti motivi per disporne tra le parti in causa la compensazione P.Q.M - estromette dal giudizio la prof.ssa (…); - accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione e, per l'effetto, annulla l'impugnata sentenza; - compensa tra le parti le spese di giudizio; - ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa. Così deciso in Roma, addì 4 marzo 2003, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione VI) in Camera di Consiglio, con l'intervento dei Signori: Mario Egidio SCHINAIA Presidente Sergio SANTORO Consigliere Alessandro PAJNO Consigliere Luigi MARUOTTI Consigliere Domenico CAFINI Consigliere est. Presidente Consigliere Segretario DEPOSITATA IN SEGRETERIA il..................................... (Art. 55, L.27/4/1982, n.186) Il Direttore della Sezione CONSIGLIO DI STATO In Sede Giurisdizionale (Sezione Sesta) Addì...................................copia conforme alla presente è stata trasmessa al Ministero.............................................................................................. a norma dell'art. 87 del Regolamento di Procedura 17 agosto 1907 n.642 Il Direttore della Segreteria
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