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www.superando.it Nulla si può generalizzare, solo i diritti degli alunni! A trent'anni dalla Legge 517 - la prima norma che garantì il diritto all'integrazione scolastica degli alunni con disabilità - sembra proprio che le idee siano ancora fortemente controverse: si parla di numeri, si propongono scorciatoie, si sposta l'attenzione dei problemi, mentre la vera chiave di volta della questione resta quella della professionalità docente di Giuseppe Argiolas* (torna all'indice informazioni) Il gioco dei numeri e i numeri in gioco: è proprio questa la prospettiva
in cui porsi, quando si affronta la tematica dell'integrazione scolastica
e sociale degli alunni con disabilità, quando cioè si pone
quale obiettivo il rispetto dei diritti all'educazione e all'istruzione
di queste persone. Perché scriviamo questo? Perché quando si affronta una
tematica come quella dell'integrazione scolastica e sociale degli alunni
in situazione di handicap, si parla di persone, di alunni e di alunne
che frequentano la scuola, ciascuno dei quali presenta particolari e specifiche
esigenze, esprime bisogni personalissimi, e se per ognuno di loro è
necessario prevedere e costruire percorsi individualizzati, per tutti
e per ciascuno dev'essere garantito e assicurato il diritto all'educazione
e all'istruzione. Come riportato in questi giorni dagli organi di stampa, fa piacere apprendere
direttamente dal sottosegretario alla Pubblica Istruzione Letizia De Torre
che siano stati assegnati ulteriori 702 insegnanti di sostegno e che questi
siano stati attribuiti in base a bisogni documentati. In questo caso, quale criterio è stato utilizzato? L'esempio giova
ad una maggiore comprensione, per una situazione altamente problematica
e complessa, perché chi sta negli uffici ministeriali o in qualche
altro luogo che non sia la classe, immagina di fare miracoli con le tabelle
numeriche: ma bisogna poi "toccare con mano" direttamente le
sfide dell'integrazione, per poter valutare. A Napoli, per l'apertura dell'anno scolastico, il ministro Fioroni ha
illustrato il motivo per cui intenderebbe aumentare a dieci anni la permanenza
obbligatoria su posti di sostegno (immaginiamo per i neoimmessi in ruolo),
inserendo tale provvedimento nella prossima Finanziaria, in quanto, ha
dichiarato, «c'è tutta una teoria che dice che alcuni casi
si possono considerare come lavori usuranti» ecc. ecc. In virtù
di tale logica, per evitare la "migrazione" dal sostegno alla
disciplina, ha proposto dunque l'aumento da cinque a dieci anni. Ma, ed è lecito il dubbio, in quale modo le carriere differenziate
potrebbero contribuire a promuovere e a sostenere l'integrazione? Eppure
sembrava fosse chiaro che la presa in carico dell'alunno in situazione
di handicap fosse di competenza di tutti i docenti della classe e si basasse
su alcuni punti fondamentali: Ebbene, gli insegnanti di sostegno non sono e non vogliono essere né
"specialisti" né "sanitari". Essi si occupano
degli aspetti educativo-didattici, del coordinamento delle risorse, in
quanto possiedono, per la loro specializzazione, competenze in ambito
psicologico e pedagogico, ma non sanitario. Nel trentesimo anniversario della Legge 517/77, quindi [la prima norma che garantì il diritto all'integrazione scolastica degli alunni con disabilità, N.d.R.], a fronte dei numerosi convegni celebrativi promossi sul territorio italiano, le idee sull'integrazione degli alunni con disabilità sono purtroppo ancora fortemente controverse: si propongono scorciatoie inutili, si sposta l'attenzione del problema, mentre appare particolarmente carente di approfondimento la riflessione sulla professionalità docente che, a nostro avviso, rappresenta la chiave di volta - il vero e proprio "grimaldello" - per uscire da una situazione che si va attorcigliando, suscitando malcontento e reazioni conseguenti da parte di famiglie e operatori scolastici. *CIIS (Coordinamento Italiano Insegnanti di Sostegno).
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