Da LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO,
n. 839 del 13 febbraio 2005 nbawac@tin.it
Luigi Benevelli
I medici e gli psichiatri tedeschi e il nazismo
(torna all'indice informazioni)
[Dal sito www.radio180.it
riprendiamo l'introduzione al volume di Luigi Benevelli, I medici che
uccisero i loro pazienti. Gli psichiatri tedeschi e il nazismo, pubblicato
da Mantova Ebraica per il Giorno della Memoria 2005. Luigi Benevelli e'
psichiatra a Mantova]
"Coloro che non possono ricordare il passato sono condannati a ripeterlo"
(Santayana)
Ringrazio il comitato mantovano che organizza le iniziative de il "giorno
della memoria" di aver accolto la proposta di dedicare l'appuntamento
del 2005 alle vicende che, nei territori del Reich hitleriano, portarono
dal 1933 al 1945 alla sterilizzazione coatta di centinaia di migliaia
di persone e alla soppressione poi, delle vite "indegne di essere
vissute" di decine di migliaia di bambini ed adulti disabili, con
gravi handicap o disturbi mentali. I percorsi decisionali, gli schemi,
le procedure burocratiche e le tecniche sperimentati e collaudati nel
corso di questo massacro organizzato furono di riferimento per la "soluzione
finale" simboleggiata da Auschwitz-Birkenau.
Dal 1968 ho lavorato nei manicomi di Castiglione delle Stiviere e in
quello di Dosso del Corso di Mantova e ho vissuto con impegno e passione
le stagioni della "umanizzazione della psichiatria", della costruzione
delle
alternative all'istituto manicomiale fino alla sua chiusura ed all'affermazione
dei servizi di salute mentale che si rifanno alle culture professionali
ed organizzative della cosiddetta "Psichiatria di Comunita'".
I temi del rispetto della dignita' della persona, dei diritti di cittadinanza
di chi soffre di disturbi mentali gravi sono stati centrali nella mia
esperienza professionale e nell'insieme del movimento di lotta contro
il manicomio diffusosi nell'Europa Occidentale e nel Nord America, Usa
e Canada, a partire dagli anni '60 del secolo appena trascorso. Sapevo
che il movimento di cui facevo parte traeva ispirazione e ragioni dalla
dolorosa riflessione su quanto era accaduto ad Auschwitz, una riflessione
che aveva portato nel 1948 alla Dichiarazione di Ginevra della World Medical
Association, l'Associazione Mondiale dei medici, e alle altre elaborazioni
maturate in organismi internazionali dopo la fine della seconda guerra
mondiale.
Ma io, insieme a molti altri, ero quasi del tutto inconsapevole di quanto
era accaduto dal 1933 al 1945 in Germania con il contributo determinante
della psichiatria tedesca. La mia ignoranza di quei fatti fu certamente
favorita dalla scarsa conoscenza della lingua tedesca.
Al riguardo, non e' casuale che fra i primi a scrivere in Italia di quei
terribili eventi fu Agostino Pirella, lo psichiatra che dopo aver lavorato
all'Ospedale Psichiatrico provinciale di Mantova, ando' a Gorizia agli
inizi
degli anni '60 con Franco Basaglia e fu protagonista delle vicende della
"rivoluzione psichiatrica" italiana. Pirella, che conosce bene
il tedesco, fu invitato da Basaglia a visitare con lui nel 1963 il manicomio
di
Guetersloh, famoso per l'organizzazione delle attivita' cosiddette "ergoterapiche".
A quella prima visita seguirono altri incontri con psichiatri e intellettuali
tedeschi, e "Fogli di Informazione", la rivista del movimento
di Psichiatria Democratica e' stata l'unica rivista psichiatrica italiana
a dare con continuita' notizie ed a pubblicare atti di convegni sui luttuosi
avvenimenti della psichiatria tedesca al tempo del
nazismo.
Nel 1967 Feltrinelli traduce e pubblica in Italia il libro di Alexander
Mitscherlich e Fred Mielke, Medicina disumana. Il volume che riporta parzialmente
cronache e documenti del processo di Norimberga contro i medici nazisti
(dicembre 1946 - estate 1947), era stato pubblicato in Germania nel 1949.
La sua prima edizione, tirata in 10.000 copie, fu riservata all'Ordine
dei medici della Germania Occidentale e per incanto era sparita dalla
circolazione.
Bisogna attendere gli anni '90 perche' si sviluppino ricerche anche in
Italia, per merito soprattutto degli psichiatri triestini Bruno Norcio
e Lorenzo Toresini che promuovono con l'Associazione Alpe Adria per la
salute mentale il convegno di Monrupino (TS) nel febbraio 1993.
Segui' nel marzo 1995 il convegno di Bolzano su "Follia e pulizia
etnica in Alto Adige" al quale partecipa lo psichiatra tedesco Klaus
Dorner, autore dell'importantissimo libro Il borghese e il folle. Storia
sociale della
psichiatria (Laterza). Nel suo intervento, ricco di informazioni, egli
racconta che nella Germania Occidentale, "a partire dal 1980, sempre
piùospedali psichiatrici e strutture per pazienti psichiatrici
iniziarono un nuovo approccio. Vale a dire: all'interno di molti ospedali
psichiatrici si
mise in moto un piccolo gruppo di interesse per l'argomento, formato da
medici, psicologi, assistenti sociali e infermieri che hanno cercato di
riconsiderare la storia della propria istituzione nel periodo del
nazionalsocialismo. Si creo' quindi un movimento di storiografi non professionisti.
Un movimento che dagli storiografi professionisti fu visto con molto scetticismo
e diffidenza. Oggi si puo' dire che praticamente tutti
gli ospedali psichiatrici hanno analizzato la propria storia. Attualmente
(siamo nel 1995 - ndr) sto raccogliendo tutte queste pubblicazioni, che
sono tantissime. Si tratta di circa 'tre metri' di pubblicazioni avvenute
negli ultimi quindici anni. Prima non ne era apparsa nessuna. (...) A
partire dal 1983 si formo' in Germania un gruppo di lavoro di storici
non professionisti finalizzato a portare avanti l'analisi della 'eutanasia'
nazista. Essi effettuarono scambi di opinioni e cercarono di affrontare
assieme alcun problemi di ordine metodologico. A tale gruppo si aggiunsero
due o tre storici 'professionisti'. Tuttavia, dal punto di vista storiografico,
da parte dei professionisti a tutt'oggi non e' uscito nulla sull'argomento".
E Dorner racconta un aneddoto: "In quel tempo la personalita' piu'
nota fra gli storici di professione che si dedicavano alla ricerca sul
nazionalsocialismo era il professor Martin Brauschart, un uomo molto intelligente
e serio e a cui dobbiamo molto. Una volta, lo andammo a visitare a Monaco,
e gli chiedemmo come mai la storiografia ufficiale tedesca non si interessasse
del fenomeno dei crimini dei nazisti contro i malati di mente e gli handicappati
psichici. La risposta da parte del nostre interlocutore fu molto candida,
e per tale motivo ancor piu' credibile. Gli storici, fu la risposta, avevano
ritenuto che ad occuparsi di tale argomento dovessero essere gli istituti
di storia della medicina all'interno delle facolta' mediche. Egli, tuttavia,
sapeva anche che detti istituti non si stavano occupando dell'argomento,
ma la cosa, non lo disturbava granche'. Da questo episodio traemmo la
conclusione che era vero che in Germania l'elemento portante della storia
era si' la societa', che tuttavia cio' era vero con l'esclusione di alcuni
gruppi che evidentemente si riteneva non
facessero parte della societa' stessa".
Nel 2000 e' stato pubblicato e tradotto in italiano il libro di Alice
von Platen, Il nazismo e l'eutanasia dei malati di mente. Alice von Platen
aveva collaborato con Alexander Mitscherlich ed aveva pubblicato il suo
volume in Germania ancora nel 1948. Anch'esso era sparito dalla circolazione
e solo nel 1993 fu ripubblicato diventando un best-seller. La vicenda
del libro della von Platen conferma la testimonianza di Dorner,
documenta il silenzio e la rimozione della memoria nei decenni trascorsi
dopo i drammatici eventi.
Anche in Italia e' accaduta la stessa cosa. Sono stati operatori e psichiatri
triestini, tirolesi, trentini, austriaci, sloveni e tedeschi a lavorare
per primi a scavare, ricostruire il succedersi degli avvenimenti.
Nel corso degli ultimi dieci anni sono andato raccogliendo e conservando
quanto veniva pubblicato sull'argomento sulle riviste psichiatriche in
lingua italiana e sulle riviste mediche e psichiatriche in lingua inglese.
Non conoscendo il tedesco, non ho potuto accedere alle riviste austriache
e tedesche e sono consapevole del fatto che questo costituisce certamente
un limite notevole nella mia documentazione.
In questo testo presento una rassegna del materiale raccolto. Ho cercato
di collegare la ricostruzione di natura propriamente storica con la documentazione
della riflessione critica ed autocritica che e' venuta
maturando dal campo della professione psichiatrica nella quale sta assumendo
sempre maggiore rilevanza il segno della bioetica.
Gli interrogativi piu' inquietanti non sorgono, per me, dall'antisemitismo
e dal fatto che uno stato totalitario e razzista abbia organizzato il
genocidio: forme di pulizia etnica sono continuate ad accadere anche dopo
Auschwitz, anche in Europa. Sappiamo e dobbiamo combatterli, e si puo'
fare anche con efficacia.
Negli anni del primo dopoguerra, gli psichiatri tedeschi, nella loro maggioranza,
avevano identificato una tipologia di pazienti definiti "cronici
irrecuperabili", la cui assistenza risultava costare molto, troppo,
rispetto alla quantita' di risorse disponibili e alle scarse o nulle possibilita'
di miglioramento o guarigione. La decisione di eliminare queste vittime
potenziali, come ricorda lo storico inglese Michael Burleigh, fu
assunta dalla elite politica nazista, ma molti psichiatri parteciparono
al lavoro di selezione delle persone da eliminare e di messa a punto delle
procedure e delle tecniche di uccisione.
Quanto e' accaduto con la soppressione delle vite "indegne di essere
vissute", infatti, e' potuto accadere perche' medici, psichiatri,
infermiere ed infermieri hanno attivamente collaborato per programmare,
dirigere e gestire l'uccisione dei pazienti loro affidati. Il che vuol
dire che operatori sanitari hanno potuto, e potrebbero ancora, occuparsi
di persone con gravi disabilita', non autosufficienti, con grandi difficolta'
nella
vita quotidiana, nutrendo un totale disprezzo per la loro dignita' e la
loro integrita'. Persone cui non si riconosce la dignita' di soggetti,
ridotte a "diagnosi", a "casi".
Per quasi venticinque anni gli ostacoli frapposti, gli imbarazzi, i silenzi,
gli sforzi per nascondere le responsabilita' dei medici e degli psichiatri
impegnati nelle campagne di sterilizzazione coatta e di "eutanasia",
hanno avuto successo e, come si documenta, chi voleva sapere, alzare il
velo, e' stato a volte allontanato e discriminato. Cosi' ancora oggi nella
stragrande maggioranza dei trattati di psichiatria e nei testi di storia
della psichiatria disponibili manca il racconto di quanto accadde in Germania
dal 1933 al 1945 in nome, tragicamente, del progresso di una nazione e
della salute (anche mentale) dei suoi cittadini.
Ai coraggiosi che hanno operato per la verita' e la memoria va la mia
riconoscenza e il mio ringraziamento perche' mi hanno aiutato a capire.
Alle centinaia di migliaia di vittime violate, torturate, seviziate nei
corpi, anche dopo morte, vanno il ricordo e la pieta' commossa di tutti
noi. Che l'internamento manicomiale abbia fine in tutto il mondo.
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