Da, La nonviolenza e' in cammino, e-mail: nbawac@tin.it,
n. 840 del 14 febbraio 2005
Franco Rotelli ricorda Franca Ongaro Basaglia
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[Dal sito del quotidiano "L'unita'" (www.unita.it)
riprendiamo questo articolo del 14 gennaio 2005. Ivi esso era preceduto
dalla seguente nota redazionale, che ugualmente riproduciamo: "Franca
Ongaro Basaglia si e'
spenta a Venezia il 13 gennaio dopo una lunga malattia. Aveva 77 anni.
Insieme al marito Franco condivise l'esperienza dell'apertura del manicomio
di Gorizia nel 1961, che divenne punto di riferimento per tutta una corrente
di pensiero psichiatrico, e fondò Pchiatria Democratica. Fu senatrice
per la sinistra indipendente nella nona legislatura. Nata a Venezia il
15 settembre 1928, collaboròad una serie di pubblicazioni sulle
esperienze psichiatriche in Italia e nel mondo, e curo', sempre con il
marito, una serie di volumi su questi temi, tra cui Morire di classe e
Crimini di pace. Franca Ongaro Basaglia scrisse anche una serie di interventi
sulla questione femminile raccolti nel 1981 nel volume Una voce. Collaborò
all'enciclopedia Einaudi per la quale curò la voce Donna, per il
Cnr scrisse una storia del manicomio e della sua evoluzione per le scuole
medie superiori dal titolo Manicomio perchè, e curò la raccolta
degli scritti di Franco Basaglia. Franco Rotelli, psichiatra a capo dell'Azienda
sanitaria di Trieste, che condivise con i Basaglia e altri colleghi l'esperienza
rivoluzionaria dell'apertura del manicomio, ne ricorda la figura".
"Pure ho visto anche cosa vuol dire e cosa produce per persone veramente
sofferenti, essere parte di un progetto, di una speranza comune di vita,
coinvolti in un'azione comune dove ti senti preso in un intreccio pratico,
intellettuale, affettivo, in cui serieta' ed allegria si mescolano e i
problemi tuoi si sciolgono e fanno parte anche dei problemi di altri con
cui li condividi. E allora anche salute e malattia possono mescolarsi
con una qualita' della vita che sia umana, con legami, rapporti, riconoscimento
di se' e dell'altro, complicita' nel progetto comune che potrebbe unirci
anziche' dividere ed isolare". Cosi' scriveva Franca Ongaro Basaglia.
Ma quale fu il progetto comune? In qualche modo Franca ne da' estrema
sintesi quando mette a fuoco ciò che considera "l'inaccettabile
sacrificio" dentro il contesto del progresso della medicina, così
indicandolo: "a. l'oggettivazione dell'uomo come premessa alla scientificità
dell'intervento medico, quindi l'espropriazione delle esperienze corporee
e della partecipazione soggettiva a queste esperienze; b. la tendenza
a confermare
come dato naturale, biologico, fenomeni legati a - e strettamente dipendenti
da - condizioni ambientali, psicologiche e di relazione; c. la tendenza
a rendere patologici fenomeni naturali, per poter ampliare il terreno
dell'intervento".
Contro questo inaccettabile sacrificio dedico' un'intera vita di pensiero
e di azione. Per 25 anni ha agito e scritto con Franco Basaglia e dalla
morte di lui, avvenuta nel 1980, per altri 25 anni, negli scritti, nel
suo ruolo di senatore della Repubblica e girando l'Italia in lungo ed
in largo, ha tenuto alto il senso di una pratica e di una teoria paradossalmente
trasferite in qualche modo in una legge su cui ancora si discute.
Paradossale destino quello di dover difendere una legge voluta per curare
e stravolta dall'incuria e dall'abbandono da parte di politici, amministratori,
tecnici. Ancora pochi mesi fa, devastato il corpo, dopo una lezione agli
infermieri di Aversa, chiedeva di poter lavorare la', quando il suo corpo
gia' non reggeva i gradini.
Teoria e pratica delle istituzioni, nelle istituzioni: da quella dell'essere
donna a quella di essere la moglie di Basaglia, a quella di senatrice,
a quella dei manicomi in cui incomincio' ad operare nella Gorizia dei
primi
anni '60, all'istituzione della politica, al piu' generale campo delle
istituzioni sanitarie. Teoria e pratica associate organicamente nella
storia di una vita, di un'impresa, di un pensiero. Una lotta di liberazione
che
parte da una critica della scienza, dei suoi dogmatismi, delle sue istituzioni,
della sua falsa neutralita', per arrivare ad una critica ed a un coinvolgimento
dell'organizzazione sociale in cui scienza ed istituzioni
sono uno dei sistemi di controllo. Critica e coinvolgimento nate dallo
scontro con una realta' che non deve piu' esistere: il manicomio. E che,
grazie in primis a Franca e Franco Basaglia, oggi in Italia non esiste
piu'.
Difficile sottrarsi al fascino della commistione dell'eleganza e bellezza
dei tratti fisici e dell'altissimo rigore etico, giocato ad ogni passo,
in ogni sito, in qualsivoglia circostanza (e quante volte nei luoghi del
massimo degrado).
Il testo "Salute/malattia", scritto con Giorgio Bignami, la
voce densissima di cultura critica "Follia/delirio" nell'Enciclopedia
Einaudi, e tanti scritti a due mani con Franco: la medesima tensione a
scoprire gli abiti
ideologici che celano procedure di esclusione, di sopraffazione, di negazione
dell'altro. Quarant'anni fa i primi testi sull'esclusione. Allora sorprendenti,
oggi campo di politiche ufficiali di governi. Protagonista di
una legge che ha allargato i confini della democrazia nel nostro Paese,
ma insieme di una pratica che ha saputo evocare nei campi piu' diversi
l'idea piu' alta di liberta' (liberta'-da e liberta'-per).
Negli ultimi anni incontrava soprattutto le associazioni dei familiari
perche' diventassero protagoniste di un cammino di emancipazione e non
fossero strumentalizzate da chi, boicottando la legge, voleva e vorrebbe
il
ritorno al passato. L'interiorizzazione dell'aggressione da parte dei
piu' deboli come il luogo principe dell'azione collettiva di emancipazione
attraverso le infinite assemblee nei manicomi, e poi ovunque.
Oggi puo' sembrare che le forze politiche progressiste abbiano abbandonato
i terreni vitali della scuola, della sanita', della giustizia, delle istituzioni
sociali e statuali come luoghi dove inverare o svilire liberta' e democrazia.
Riconosciuti dal '68, Franca e Franco Basaglia, mantenendo forte e prioritario
il legame con la pratica-critica dentro le istituzioni, hanno saputo dar
corpo e vita ad un movimento ideale e reale che, ben oltre il '68, ha
mantenuto continuita' e presenza culturale positiva dentro le vicende
ambivalenti del nostro Paese.
Ha scritto: "La diffusione del disagio, di questo bisogno di vita
sempre insoddisfatto dalla natura delle risposte ottenute, fa il gioco
della diffusione della terapia come palliativo sintomatico, si' che l'offerta
sempre presente e sempre piu' diffusa sul mercato di farmaci per tutto,
ci assorbe in una dimensione in cui tutto e' malattia e tutto e' cura.
In questo senso l'artificiale netta separazione tra salute e malattia
e la
necessita', continuamente sbandierata, di una salute senza cadute e senza
incertezze, serve a produrre malattia anche dove non c'e'".
Le vicende della sanita' italiana, dei processi di aziendalizzazione,
di un'efficienza ridotta troppo spesso a scopo piuttosto che a mezzo,
di una desertificazione nell'etica delle professioni, di una parossistica
taylorizzazione dei servizi sanitari, rischiano di distruggere il patrimonio
dei soggetti ed il capitale sociale che tuttora e' presente nelle strutture
sanitarie e nei servizi sociali.
La cultura dei diritti ha bisogno vitale di un'etica dei servizi. La capacita'
di rimuovere gli ostacoli concreti all'esercizio dei diritti dei soggetti
piu' deboli e' assolutamente prioritaria, rispetto alla cultura della
promozione della salute che vive del fantasma prodotto dal mercato della
salute eterna. La convivenza umana tra salute e malattia, tra forza e
debolezza e la cura delle contraddizioni tra esse, furono il cuore del
lavoro di Franca contro ogni ideologia, manicheismo, semplificazione scientista,
manipolazione dei corpi, delle culture. E li' molte donne riuscirono a
cogliere in Franca il meglio della cultura di genere amandone
scritti e figura.
I suoi libri sono li' per essere letti: l'invito e' ai giovani a rileggere
La maggioranza deviante, Crimini di pace, Salute/malattia, Una voce, per
ritrovare una modernita' delle contraddizioni di oggi previste nel loro
esplodere molto prima, e forse per imparare a reinscriversi nella "finalita'
comune" di ampliamento del tessuto delle liberta' concrete. Pochi
mesi fa ha scritto: "si puo' dire che l'orrore dei manicomi non scompare
solo per legge e soprattutto non 'riemerge' solo nella vecchia forma istituzionale
ma nella manicomialita' che si reistituzionalizza anche nei nuovi servizi,
nelle contenzioni che sono riaccettate come 'naturali' perche' risultano
necessarie nell'assenza di progetti e di speranze comuni, e questo vale
tanto per i sani che per i malati. Per questo occorrono una politica ed
una cultura professionale che siano convinte della necessita' scientifica
e semplicemente etica e umana di voler un cambiamento che si e' rivelato
possibile. Ma occorrono anche partecipazione, vigilanza, governo reale
della riforma e disponibilita' a capire che si tratta di un cambiamento
radicale che mette in discussione ciascuno di noi, la societa' intera
ed i suoi valori non soltanto nell'ambito della psichiatria. In molti
casi invece si assiste ad un cambio di etichetta, da 'struttura
psichiatrica' a 'centro di riabilitazione' e le cose restano esattamente
come prima, come se per la 'riabilitazione' non valessero gli stessi principi
di rispetto, di recupero, di reale abilitazione alla vita del degente".
Sono questi tuttora terreni di azione per amministratori, tecnici e cittadini.
Concludendo, sono certo che Franca sarebbe d'accordo su una evocazione
al concreto che qui voglio fare. Tra qualche settimana si inaugurera'
a Capua un bellissimo Centro di salute mentale grazie all'impegno di Giovanna
Del Giudice, una delle persone che le era piu' vicina. Da qui un doppio
invito al Presidente della Campania, Bassolino: il primo a dedicare quel
Centro al nome di Franca Basaglia; il secondo, che Franca avrebbe ben
piu' a cuore, a preservare e rafforzare in quell'area un'esperienza di
rinnovamento radicale
e di avanzata attivita' che gia' rappresenta un punto di riferimento per
tutto il sud e non solo, e che puo' essere spazzata via o seriamente sostenuta.
E' in quell'Asl che Franca ha svolto la sua ultima pubblica lezione magistrale
e certo vorrebbe che non andasse perduta; e quindi l'invito al presidente
Bassolino che, proteggendo e sostenendo in prima persona quell'esperienza,
dia senso concreto alla memoria di una grande
donna.
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