Servizi sociali in trasformazione. I cambiamenti
nel pubblico e la ricaduta nei confronti degli operatori: l'esperienza del CISAP
Mauro Perino, Direttore Consorzio Intercomunale Servizi alla Persona
(CISAP), Collegno e Grugliasco (TO)
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Nascita e sviluppo dei servizi sociali locali
Nella Regione Piemonte l'impianto gestionale che ha consentito la nascita
e lo sviluppo di una rete di servizi sociali e sanitari articolato e diffuso
in ambito locale - incardinato sul DPR 616/77, sulla L.833/78 e sulle Leggi
Regionali attuative - viene radicalmente modificato, a partire dai primi anni
'90, dall'approvazione della "riforma della riforma sanitaria" attuata con il
DLgs. 502/92 e con il DLgs.517/93.
In quegli anni anche sul versante dei Comuni si delineano possibilità di cambiamento.
La legge di riforma dell'ordinamento delle autonomie locali 142/90 afferma,
all'articolo 9, che "Spettano al comune tutte le funzioni amministrative
che riguardano la popolazione ed il territorio comunale precipuamente nei settori
organici dei servizi sociali". Nella legge si precisa inoltre (art.22) che
"I comuni e le province, nell'ambito delle rispettive competenze, provvedono
alla gestione dei servizi pubblici che abbiano per oggetto produzione di beni
ed attività rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico
e civile delle comunità locali". Le forme di gestione dei "servizi pubblici
locali" tipizzate nella legge 142/90 sono cinque: in economia; in concessione
a terzi; a mezzo di azienda speciale; a mezzo di istituzione. Alle cinque
forme gestionali si aggiungono le forme associative e di cooperazione previste
nel capo VIII: le convenzioni; le unioni di comuni; gli accordi di programma
ed inoltre i consorzi (art.24) che i comuni possono costituire per la gestione
associata di uno o più servizi "secondo le norme previste per le aziende speciali
di cui all'art.23 in quanto compatibili".
Il consorzio si configura dunque, nel contempo, come strumento di gestione
assimilato all'azienda speciale e come organo di cooperazione e collaborazione
tra enti locali finalizzato allo svolgimento coordinato di servizi che interessano
un area più vasta di quella del singolo comune.
Ed è proprio a questo strumento gestionale che pensano i Comuni piemontesi nella
fase del riassetto del sistema sanitario dei primi anni '90. Dalla valutazione,
complessivamente negativa, sulla possibilità di esercitare realmente il diritto
dovere di esprimere il bisogno socio-sanitario della comunità locale nei
confronti delle nascenti Aziende Sanitarie Regionali deriva la decisione generalizzata
, dei comuni, di non confermare la delega alla gestione delle attività socio-assistenziali
e di provvedere alla riassunzione delle funzioni socio-assistenziali da gestire
in modo associato attraverso la costituzione di consorzi.
La gestione dei servizi tramite i consorzi
Oltre alle valutazioni politiche hanno pesato, nella scelta del nuovo modello
gestionale, altri elementi. In primo luogo il riconoscimento della valenza
specialistica e della complessità dei servizi da gestire (presenza
di diverse figure professionali, con forte autonomia, varietà ed articolazione
delle prestazioni, elevato numero di dipendenti ecc). In secondo luogo l'analisi
del bacino d'utenza interessato o potenziale. Il terzo elemento valutato
è stata la convenienza economica (stante il dato istituzionale di partenza
si è considerata la maggiore o minore facilità nel reperimento delle risorse,
i costi d'impianto e di gestione ecc). Infine l'opzione per una metodologia
di gestione di tipo aziendalistico (caratterizzata da una organizzazione
in line e staff, gestione per budget e centri di costo, attenzione alla redditività
delle prestazioni erogate o degli interventi prodotti).
La scelta di operare nel rispetto del "criterio delle tre E" (efficienza, efficacia,
economicità) costituisce sicuramente un elemento di innovazione importante per
il funzionamento degli organismi e dei servizi chiamati a gestire le attività
sociali ed assistenziali nella fase di trasformazione del sistema di produzione
e gestione dei servizi sociali che comincia a delinearsi con la legge
142/90. La riconfigurazione organizzativa si colloca dunque nell'ambito della
ridefinizione dell'impianto concettuale sul quale fondare le politiche sociali
rivolte alla comunità locale.
I Comuni di Collegno e Grugliasco nel corso del 1995 convengono di costituirsi
in consorzio ai sensi dell'articolo 25 della L.142/90, "al fine di perseguire
una organica politica di sicurezza sociale e per rendere ai cittadini gli
altri servizi atti a garantire la migliore, compatibile, qualità della vita".
Al nuovo organismo "è altresì possibile conferire, con formale provvedimento
di entrambi i comuni e previa intesa con il consiglio di amministrazione, la
gestione di ulteriori attività nel campo sociale, sulla base di specifici
progetti che individuino e definiscano le risorse materiali ed umane necessarie".
Il CISAP - consorzio intercomunale dei servizi alla persona - deve pertanto
provvedere "a progettare e programmare le attività di cui sopra per la loro
gestione diretta ovvero mediante convenzioni ed affidamenti a soggetti operanti
nel campo dell'associazionismo e della cooperazione sociale".
Già dalla convenzione che precede lo Statuto si evidenziano almeno due elementi
di novità:
Il consorzio non deve limitarsi ad espletare le funzioni "socio-assistenziali"
ma deve, nell'ambito delle politiche di sicurezza sociale attuate dai Comuni,
rendere alla cittadinanza i servizi necessari a migliorare la qualità della
vita. A tal fine i comuni si riservano la possibilità di ampliare la
sfera di competenza del consorzio affidando ad esso la gestione di ulteriori
attività nel campo sociale;
Il consorzio non deve necessariamente gestire direttamente i servizi ma può
progettare e programmare modalità di erogazione dei servizi attraverso soggetti
del "terzo settore".
La prima novità è rappresentata da una lettura del DPR 616/77 che recupera il
concetto - contenuto nell'articolo 3 della Costituzione - di sviluppo della
persona umana da promuovere rimuovendo gli ostacoli di ordine sociale
che si frappongono al raggiungimento di tale obiettivo strategico.
Secondo la nuova impostazione voluta dai Comuni, l'assistenza sociale deve essere
espletata a beneficio della comunità locale nel suo complesso ed a tal fine
deve concretizzarsi nella fornitura di prestazioni e servizi, gratuiti o a pagamento,
non solo "ai poveri", ma a tutti i cittadini in condizioni di difficoltà personale
o familiare.
Tutela dei diritti ed offerta di opportunità sono dunque
gli elementi sui quali si è incentrata l'attenzione del Consorzio che è stato
intenzionalmente definito "dei servizi alla persona" proprio
al fine di rimarcarne la duplice missione: assicurare l'assistenza sociale
agli aventi diritto (le fasce deboli) sviluppando, nel contempo, una
rete di interventi e di servizi di assistenza rivolti anche al resto
della cittadinanza. Diritti esigibili per i (relativamente pochi)
cittadini in condizioni di grave disagio ed opportunità
per i cittadini ("tutti") che, pur essendo in difficoltà personale o
familiare, sono in grado di "mettere in campo" risorse proprie (variamente quantificabili).
L'originalità di tale missione è rappresentata proprio dal mandato ad operare
coniugando la tutela del diritto all'assistenza sociale con
la promozione di opportunità volte a potenziare i diritti di cittadinanza
senza che la fruizione dei secondi da parte di cittadini relativamente "abbienti"
venga a ledere l'esigibilità dei primi da parte dei cittadini inabili al
lavoro e sprovvisti dei mezzi necessari per vivere.
Al consorzio si richiedeva, in buona sostanza, di fornire risposta ad una duplice
esigenza:
evitare, a livello locale, la divaricazione pericolosa tra diritti proclamati
e diritti effettivamente esigibili;
rendere possibile la realizzazione di una rete di opportunità e servizi
che, attraverso un uso razionale delle risorse disponibili, consenta di fornire
assistenza, orientamento e sostegno allo scopo di affrontare le difficoltà che
tutti i cittadini dell'ambito intercomunale incontrano nella propria vita.
La seconda novità contenuta nella convenzione tra i Comuni consorziati - che
si concretizza nel mandato a progettare e programmare modalità di erogazione
dei servizi attraverso soggetti del "terzo settore" - deriva dalla considerazione
che la crescita dell'associazionismo, del volontariato e delle imprese sociali,
la crescente sensibilità per lo sviluppo della comunità locale impongono un
ripensamento degli obiettivi, delle funzioni e dei modelli organizzativi delle
politiche sociali a livello del territorio consortile.
Al consorzio viene richiesto di assicurare le funzioni di programmazione di
controllo e di verifica, valutando, di volta in volta rispetto alle specifiche
necessità ed a fronte delle risorse disponibili, cosa gestire e come gestire,
con specifica attenzione al rapporto con il privato sociale. Nasce da questa
impostazione la pratica di partnership con gli attori locali - appartenenti
all'associazionismo, al volontariato alla cooperazione - che caratterizza la
prima fase di attività del consorzio e che si fonda sulla convinzione che, nel
territorio, ci sono problemi che nessuno, da solo, è in grado di leggere a fondo
e, conseguentemente, di risolvere efficacemente.
Sin dalla sua costituzione il consorzio ha cercato di stimolare i soggetti del
terzo settore, e le cooperative sociali in particolare, a pensare in
termini di interesse pubblico, di produzione di servizi collettivi ed a
pensarsi come risorse autonome della comunità locale su cui l'ente pubblico
può investire attraverso strategie di riconoscimento della funzione pubblica
di tutti gli attori.
Nel primo triennio di attività il consorzio ha progressivamente sostituito la
gestione diretta dei servizi con un sempre più diffuso sistema di convenzionamento
(contracting out) con cooperative sociali.
In pratica il consorzio ha mantenuto il ruolo di produttore quasi esclusivamente
nei servizi di assistenza sociale professionale diventando acquirente
principale degli altri servizi. In base all'esperienza condotta è possibile
affermare che nella gestione dei servizi da parte delle cooperative si realizza
sicuramente una maggior flessibilità nell'utilizzo dei fattori produttivi. Tuttavia
non viene ancora assicurata ai cittadini una articolazione significativa dell'offerta,
in quanto essa è ancora predeterminata a monte, nonostante lo sviluppo positivo
delle esperienze di partnership con le cooperative stesse.
Nella configurazione del sistema dei servizi si rilevano dunque due ordini di
problemi:
le imprese sociali non hanno ancora assunto appieno il ruolo che ad esse
è richiesto dalla pratica della partnership e cioè l'assunzione di responsabilità
dirette nel "disegno" della società locale, nell'individuazione di modelli e
percorsi di sviluppo sociale, culturale economico e politico che permettano
di riformulare i diritti di cittadinanza e di promuoverli a partire da nuove
alleanze tra diversi attori;
il cittadino, in qualità di utilizzatore finale dei servizi, non è ancora
in condizione di entrare in gioco se non quando il consorzio procede a sondarne
il grado di soddisfazione e gradimento.
L'offerta di servizi, infine, non copre che una quota minima della domanda potenziale
e molti dei bisogni espressi vengono soddisfatti al di fuori dal sistema dei
servizi, in genere attingendo a prestazioni fornite "in nero".
A partire da queste considerazioni si è avviata, nel corso del 1999, una ulteriore
riflessione sull'impostazione da dare al modello di sistema locale di servizi
anche alla luce delle logiche universalistiche che ispirano il DLgs.112/98
di conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni
ed agli enti locali.
Il processo di riforma della Stato sociale delineato nel decreto rafforza infatti
(rispetto al DPR 616/77) il riconoscimento dei diritti sociali in capo al cittadino
in quanto persona umana ed in funzione di ciò, ridisegna le funzioni dei
comuni ed i compiti dei "servizi sociali".
I nuovi servizi sociali
Il Decreto Legislativo 31 marzo 1998, n.112, al capo III, art. 128, definisce
i "servizi sociali" come il complesso delle attività relative
alla predisposizione ed erogazione di servizi, gratuiti ed a pagamento, o di
prestazioni economiche destinate a rimuovere e superare le situazioni di bisogno
e di difficoltà che la persona umana incontra nel corso della sua vita,
escluse soltanto quelle assicurate dal sistema previdenziale e da quello sanitario,
nonché quelle assicurate in sede di amministrazione della giustizia.
I compiti di erogazione dei servizi, delle prestazioni sociali, nonché i
compiti di progettazione e di realizzazione della rete dei servizi sociali,
sono attribuiti, nell'ambito delle funzioni conferite, ai comuni
ai sensi dell'art.131, comma 2, del citato decreto legislativo.
E' evidente la portata del cambiamento che viene a delinearsi a livello della
normativa generale:
Ai "servizi sociali" - individuati come "sotto insieme" dei "servizi
alla persona e alla comunità" - viene affidata una diversa missione.
Devono operare per rimuovere e superare le situazioni di bisogno e di difficoltà
della persona umana in generale;
Coerentemente con quanto affermato nel punto precedente si chiede ai "servizi
sociali" di predisporre ed erogare servizi, gratuiti ed a pagamento, e prestazioni
economiche attraverso servizi di rete progettati e realizzati dai comuni.
Ai Comuni e agli altri enti locali - non più individuati come gestori esclusivi
- vengono attribuite le funzioni ed i compiti amministrativi concernenti i servizi
sociali relativi ai minori (inclusi quelli a rischio di attività criminose);
ai giovani (tutti); agli anziani (tutti); alla famiglia (in generale); ai portatori
di handicap, ai non vedenti e gli audiolesi; ai tossicodipendenti e alcooldipendenti;
agli invalidi civili. Sono inoltre trasferite alle Regioni, che provvedono al
successivo conferimento agli enti locali, le funzioni ed i compiti relativi
alla promozione ed al coordinamento operativo dei soggetti e delle
strutture che agiscono nell'ambito dei servizi sociali con particolare riguardo
a cooperazione sociale, IPAB, volontariato.
Come si è avuto modo di osservare, il consorzio ha, in qualche modo, previsto
ed anticipato il nuovo scenario delineato dal DLgs.112/98 individuando però,
sin dall'inizio, il nodo critico rappresentato dalla difficoltà di
coniugare, secondo giustizia, la tutela del diritto all'assistenza
sociale per le fasce più deboli della popolazione con la promozione
dei nuovi diritti di cittadinanza.
Con l'auspicio che la legge di riforma dell'assistenza sociale avrebbe contribuito
a definire in modo puntuale il rapporto tra diritti esigibili dai più deboli
ed opportunità offerte alla cittadinanza si operato - avendo nozione del problema
aperto - per il superamento della contraddizione vissuta, nel sistema attuale,
dall'utilizzatore dei servizi che: "quando è utente può contare su una organizzazione
che alle sue spalle media tra bisogni e risposte ma viene fortemente limitato
nelle scelte; quando invece è compratore in proprio, il cittadino può scegliere
come farsi servire ma quasi sempre deve rinunciare ai servizi di mediazione.
Due situazioni speculari, entrambe insoddisfacenti, che bisogna correggere da
un lato allargando il ventaglio delle scelte e dall'altro garantendo a tutti
gli utenti - clienti i servizi di informazione, orientamento, mediazione e guida
nel mercato delle opportunità."(Piva,1998).
Il consorzio ha avviato a partire dal 1999 la progettazione di una più articolata
tipologia di servizi di assistenza alla persona. Accanto a servizi domiciliari,
in genere interamente gratuiti, progettati dal consorzio (area della tutela)
e a quelli interamente scelti e pagati dal cliente (area di mercato privato)
si è cercato di sviluppare un'area intermedia (area di mercato amministrato)
con servizi di assistenza alla persona - consigliati e promossi dal consorzio
ed erogati da una rete di fornitori accreditati (appartenenti al privato
sociale) - che il cittadino può scegliere ed acquistare con il sostegno di un
"buono di servizio" erogato dal consorzio.
Dopo aver sviluppato nei primi anni di attività l'economia dell'offerta - con
l'incoraggiante espansione del servizio di assistenza domiciliare - il consorzio
ha successivamente agito sul fronte della domanda, concentrando i propri sforzi
nella promozione e nello sviluppo di un'area di mercato regolato cercando,
a tal fine, di rendere disponibili pacchetti di risposte che consentissero
al cittadino di superare l'alternativa assistito/compratore ponendolo in posizione
dialettica con il fornitore.
L'avvio del processo di cambiamento nel sistema di fornitura dei servizi ha
comportato, sin dalle fasi iniziali, la definizione di un diverso modo di agire
da parte dei tre principali soggetti che operano nel sistema stesso: il consorzio,
i fornitori, i cittadini utenti/clienti.
Se le regole possono venire elaborate a monte e la "certificazione" dei fornitori
risolta (almeno nella fase sperimentale) dal consorzio, è nel territorio che
va governato il sistema: dal lato dell'offerta, ma anche dal lato
della domanda sapendo che l'esercizio delle funzioni di incentivazione, orientamento
e sostegno richiedono una conoscenza diretta e puntuale. Nel costruire il nuovo
sistema bisogna quindi definire con precisione il ruolo dei servizi sociali
consortili ai quali viene richiesto l'esercizio di specifiche funzioni sia nell'area
della tutela che nell'area del mercato amministrato (valutare il bisogno e scegliere
il "pacchetto di cura" per l'utente; accertare i mezzi economici di cui dispone;
scegliere il fornitore a cui inviare il cittadino o fornirgli gli incentivi
all'acquisto; amministrare il portafoglio complessivo di "pacchetti di servizi"
per coprire equamente i bisogni espressi).
Inoltre non si può pensare che la qualità dei fornitori venga verificata esclusivamente
nella fase di avvio della sperimentazione del nuovo sistema, ma è indispensabile
che essa venga testata con controlli ravvicinati e continui. Da questo
punto di vista va incoraggiata e supportata l'acquisizione di un ruolo autonomo
delle associazioni di tutela dei diritti dei cittadini in condizioni
di disagio e di quelle dei cittadini "consumatori" dei servizi in senso
lato.
Ma non è solo l'apparato consortile che deve rinnovarsi. Anche le cooperative
sociali devono sviluppare capacità gestionali maggiori nel programmare "pacchetti"
diversificati di servizi modulati sulle necessità delle persone; devono reggere
un regime concorrenziale tendenzialmente aperto inventando nuovi tipi di servizi,
migliorando l'efficacia dell'intervento; devono imparare a misurarsi nel quotidiano
con la soddisfazione del cliente orientando a quest'ultimo l'organizzazione
dell'impresa sociale.
Alle cooperative viene richiesto inoltre: di scegliere il segmento di mercato
in cui collocarsi interpretando la domanda dei cittadini e del territorio; di
decidere se specializzarsi o se cercare di coprire tutte le tipologie di bisogni;
di stringere accordi per tessere servizi di rete che consentano risposte complessive
senza rinunce alla specializzazione funzionale. In sintesi va affermato con
chiarezza che la qualità - elemento cardine del sistema di servizi sin
qui prefigurato - comporta investimenti e costi aggiuntivi sia sul fronte
del pubblico che su quello del privato.
Di contro va considerato che lo sviluppo dei servizi - possibilmente
organizzato nell'ambito dei patti territoriali di area con la predisposizione
di specifici piani sociali di zona - può generare occupazione e quindi
miglioramento delle condizioni di vita complessive della comunità locale.
Occorre che il nuovo sistema venga implementato in una congiuntura espansiva
dei servizi, investendo risorse per il loro sviluppo. L'accreditamento
deve dunque esser parte di una politica di sostegno della domanda finale "mediante
incentivi agli individui, alle famiglie, alla collettività perché aumenti la
propensione a 'consumare' servizi sociali ed educativi. All'interno di
questo orizzonte cioè dentro una politica attiva di incentivazione dei consumi
sociali, i sistemi di qualità orientati al cittadino assumono un significato
pregnante e molto concreto." (Piva 1998).
Gli operatori nei nuovi sistemi di offerta dei servizi
Se da un lato si è faticosamente attuato il cambiamento organizzativo imposto
dall'accreditamento, dall'altro non è ancora avvenuto - nel servizio sociale
pubblico e nelle cooperative - il cambiamento culturale che questa scelta impone.
Dalla ricerca svolta sull'esperienza di accreditamento dei servizi domiciliari
è emerso che l'avvio del nuovo sistema ha prodotto, negli operatori direttamente
coinvolti, sconcerto e confusione: vi è pertanto la necessità di accompagnare
"il cambiamento" con adeguati interventi formativi che consentano una
reale partecipazione al processo in atto e la condivisione delle sfide che il
nuovo modello richiede di affrontare.
Agli assistenti sociali si impone un ripensamento del proprio agire e la ricerca
di una espressione diversa della propria professionalità, in equilibrio tra
"presa in carico" degli utenti ed esercizio di una funzione diversa,
che la presenza nei servizi dei cittadini clienti richiede. Non si tratta
solo di una differenza terminologica in quanto al cittadino viene riconosciuto,
con l'accreditamento, il diritto di scegliere il servizio nella composizione
che ritiene più confacente ai propri bisogni, mentre l'utente viene,
in genere, giudicato passivo, manchevole, spesso destinato alla cronicità e,
pertanto, si attua nei suoi confronti, da parte dell'operatore, una funzione
di sostituzione.
Occorre fare un "passo indietro" condividendo una quota del "potere" professionale
con il cittadino, riconoscendogli capacità e competenza sul proprio progetto
assistenziale. Questo non significa abbandonare le persone nei percorsi di accesso
ai servizi ma, al contrario, operare con intenzionalità in funzione dell'accompagnamento
e dell'orientamento, sviluppando la capacità di fornire una informazione
adeguata sia sul funzionamento dei servizi che sulle diverse opportunità offerte
sul territorio. L'espressione di scelte consapevoli da parte di chi fruisce
dei servizi è infatti conseguente all'acquisizione degli strumenti necessari
a divenire "cittadino competente".
Alle cooperative l'accreditamento richiede, oltre a capacità professionali di
aiuto, anche inventiva, creatività, espressione di una nuova mentalità che non
sia solo legata ai mandati dell'ente pubblico ma che sappia rapportarsi in modo
dinamico ai cittadini, ai quali possono rivolgersi direttamente. Nella fase
d'avvio è mancata, tra le cooperative, quella "concorrenza" che dovrebbe rappresentare
uno strumento per realizzare interventi di qualità e per creare dinamicità nel
sistema. C'è ancora una progettualità molto legata all'ente pubblico - individuato
come il referente "forte" - con il rischio di una eccessiva burocratizzazione
e rigidità degli interventi.
Altro nodo problematico riguarda i costi orari praticati dalle cooperative che
risultano eccessivamente onerosi per essere davvero competitivi con il mercato
privato delle assistenze continuative. E' difficile pensare a riduzioni significative
delle quota orarie praticate - che andrebbero a scapito della qualità degli
interventi e del lavoro degli operatori delle cooperative - ma il problema esiste
e rimanda alla necessità di ricercare soluzioni alternative per coprire necessità
alle quali l'accreditamento alle cooperative non può, per limiti strutturali,
dare risposta, ma che costituiscono bisogni pressanti per le persone.
In questo senso il consorzio sta valutando la possibilità di ampliare la gamma
dei servizi offerti, predisponendo - accanto all'attuale sistema di servizi
domiciliari - un sistema di accreditamento individuale che consenta alle
persone la scelta dell'assistente nell'ambito di un "albo" di
persone formate e in qualche modo "garantite" dall'ente pubblico. Si stanno
sperimentando, a tal fine, in ambito formativo "moduli" brevi per collaboratori
e tecnici di sostegno familiari che potrebbero venire immessi sul "mercato amministrato"
locale allo scopo di assicurare le assistenze tutelari domiciliari. La
fornitura di risposte adeguate ai bisogni espressi dalla realtà consortile richiede
di predisporre strumenti differenziati anche per non saturare le risorse umane
e finanziarie attivate.
Per evitare i rischi di una crescita esponenziale della spesa e di una individuazione
non sufficientemente attenta dei beneficiari è richiesto - all'ente pubblico
- di regolamentare in maniera dinamica i servizi operando puntualmente per il
raccordo della propria "visione" del servizio con quella delle cooperative accreditate.
Non si deve inoltre rinunciare alla valutazione dei risultati e alla verifica
dell'intero processo di erogazione del servizio, utilizzando strumenti diversi
dal controllo degli adempimenti formali. E' necessario che l'ente gestore delle
funzioni assistenziali si faccia carico della valutazione della soddisfazione
sia degli utenti che dei clienti poiché questi ultimi, altrimenti, rischiano
di perdere identità nel sistema dei servizi e di non trovare rappresentanza
sociale dei propri bisogni complessivi.
Oltre all'offerta di "buone pratiche" occorre, da parte di tutti gli operatori,
stringere legami sociali con le persone, che hanno bisogno di accoglienza,
di condividere il peso della cura, di non essere lasciate sole
poiché spesso la scelta, nei momenti drammatici, diventa un onere in più
e non un'espressione di libertà.
In "APPUNTI sulle politiche sociali", n. 2/2003
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