I dati dell'ultima indagine Banca d'Italia
sui redditi e la ricchezza delle famiglie italiane coprono il periodo
2002-2004. Ci permettono di completare la ricostruzione di cosa è
successo alla distribuzione dei redditi familiari nel nostro paese negli
ultimi quindici anni.
Cosa è successo alla distribuzione
del reddito in Italia
Le disuguaglianze del reddito e la povertà sono fortemente aumentate
durante la dura recessione intervenuta tra il 1991 e il 1993. Poi non
sono più diminuite. Nel 2004 l'indice di Gini dei redditi familiari
equivalenti, cioè corretti per tenere conto della dimensione familiare,
era pari al 33 per cento, mentre la quota di famiglie a basso reddito
di poco superava il 13 per cento, valori analoghi a quelli registrati
nel 2000 e nel 2002. L'Italia è così un paese in cui le
disuguaglianze di reddito sono oggi più accentuate che nel resto
d'Europa. I tassi di povertà relativa (la percentuale di persone
con un reddito equivalente inferiore al 60 per cento di quello mediano)
si mantengono più elevati che nella gran parte degli altri paesi
dell'Unione Europea .
Dal 1993 in poi si è assistito in Italia a un modesto spostamento
di reddito dalle classi medio-alte alla fascia più ricca della
popolazione. Tra il 2002 e il 2004 è continuata la tendenza degli
ultimi anni al peggioramento della posizione relativa dei lavoratori dipendenti
e al miglioramento di quella dei lavoratori autonomi, probabilmente anche
a seguito dei ripetuti e svariati condoni che hanno beneficiato questi
ultimi, ma non i primi. Vi è stato anche un forte incremento degli
affitti, che si è riflesso sugli affitti imputati a coloro che
risiedono in un'abitazione di proprietà, i redditi da lavoro sono
cresciuti in misura modesta e c'è maggiore instabilità dei
rapporti di lavoro all'ingresso nel mercato, mentre i redditi da pensione
sono aumentati. Tutto questo tende a peggiorare la condizione relativa
dei giovani (che più raramente hanno case di proprietà)
rispetto a quella degli anziani.
Cosa fare per migliorarla
Questa fotografia, sempre più nitida, documenta che non possiamo
più permetterci di avere un sistema di protezione sociale tutto
squilibrato a favore delle pensioni e privo di una rete di ultima istanza.
Un'altra legislatura è passata e nulla è stato fatto per
affrontare la stridente lacuna di misure contro la povertà, in
grado di garantire un reddito minimo a chi cade in condizioni di indigenza
e di permettere a chi è a rischio di diventare povero di vivere
le trasformazioni in atto nell'economia italiana in modo meno drammatico.
Gli italiani, non a caso, continuano a reagire in maniera più negativa
degli altri europei a fasi recessive e sono pessimisti in modo strutturale:
ritengono probabile un peggioramento della loro situazione economica non
solo a breve, ma nei prossimi quattro-cinque anni. Sono paure che paralizzano
molte famiglie, portano al rinvio di molti piani di investimento e impediscono
il decollo di molte nuove iniziative imprenditoriali.
L'Italia necessita di uno strumento di lotta contro la povertà
che raggiunga i poveri senza lavoro.
Lo strumento più appropriato a questo scopo è il Reddito
minimo garantito (Rmg), uno schema oggi esistente, pur in forme diverse,
in tutti i paesi dell'Unione Europea a 15 (e in diversi nuovi Stati membri),
ad eccezione di Grecia ed Italia.
Universalismo selettivo e riordino
Alla luce di considerazioni legate ai vincoli di bilancio pubblico, efficienza
economica e capacità amministrativa, occorre introdurre in Italia
un programma universale e selettivo al tempo stesso, nel senso di essere
basato su regole uguali per tutti (non limitato ad alcune categorie di
lavoratori come nella tradizione italiana), che subordinano la concessione
del sussidio ad accertamenti su reddito e patrimonio di chi fa domanda.
La proprietà di un'abitazione con un valore "ragionevole"
dovrebbe, comunque, essere esclusa dalla verifica del patrimonio, per
molteplici ragioni: (a) l'illiquidità dell'investimento in abitazioni,
a maggior ragione in un paese come l'Italia, in cui, soprattutto nelle
zone urbane più povere, il mercato immobiliare è meno sviluppato
che in altri paesi; (b) l'Italia è fra i paesi dell'Ocse con la
più elevata frazione di abitazioni di proprietà (circa il
70 per cento); (c) la casa di proprietà può essere valutata
esclusivamente in base al valore catastale che, come è ben noto,
è molto erratico: ciò causerebbe una notevole disuguaglianza
orizzontale fra individui residenti in regioni diverse, o anche nella
stessa area.
Il Reddito minimo garantito dovrebbe sostituire e riordinare molti schemi
pre-esistenti, integrandoli più strettamente fra di loro in modo
da ridurre sprechi ed evitare che la compresenza di tanti strumenti diversi
crei "trappole della povertà" (aliquote marginali di
imposta effettive molto alte perché accettando un lavoro si perde
il sussidio). In particolare, il Rmg dovrebbe prevedere maggiorazioni
per i figli a carico (in base sia all'età, sia al numero), i familiari
disabili e le famiglie monogenitore. Dovrebbe, inoltre, sostituire le
pensioni sociali e le integrazioni al minimo nonché tutte le prestazioni
di indennità civile (assegno di assistenza, indennità di
frequenza minori, pensioni di inabilità, e indennità di
accompagnamento), l'attuale assistenza sociale e i programmi per i disabili
a carattere non contributivo. Sono tutti programmi con obiettivi meritevoli,
ma sviluppati in modo non coordinato. Andrebbero perciò riunificati
all'interno del Rmg, prevedendo maggiorazioni per ciascuna tipologia di
beneficiari; in questo modo, le maggiorazioni per invalidi, soggetti non
deambulanti e soggetti non autosufficienti sarebbero condizionate alla
prova dei mezzi. I test patrimoniali per i soggetti invalidi dovrebbero,
comunque, essere meno stringenti che nel caso degli altri soggetti.
Il Rmg dovrebbe essere progettato in modo tale da incoraggiare il lavoro
part-time e il lavoro occasionale, le principali fonti di impiego per
una quota consistente di potenziali beneficiari.
Per questo motivo, il Rmg dovrebbe contemplare una generosa franchigia
sui guadagni, di importo fisso, e una ritenuta piuttosto bassa, dell'ordine
del 60 per cento. Si dovrebbero, inoltre, prevedere misure di "reintegrazione"
e di "attivazione" (aiuti nella ricerca di un impiego e sanzioni,
in termini di riduzione del sussidio, a chi non collabora), con una chiara
differenziazione fra tre gruppi di beneficiari: i giovani, i disoccupati
di lungo periodo e i genitori single. Questi ultimi, quando con figli
sotto i 6 anni, dovrebbero essere esentati dal requisito di lavoro.
Il Rmg dovrebbe essere finanziato a livello nazionale con cofinanziamento
a livello locale (nell'ordine del 10 per cento) delle prestazioni pecuniarie
e in natura. Inoltre, bisognerebbe affidarsi a incentivi monetari alle
amministrazioni locali affinché monitorino le loro prestazioni:
ad esempio, si potrebbe assegnare in via preferenziale risorse a quelle
amministrazioni locali che registrano le migliori performance nella riduzione
del numero di errori sia del primo tipo (famiglie eleggibili che non sono
raggiunte dall'assistenza) che del secondo tipo (famiglie non eleggibili
che hanno accesso all'assistenza), nonché nella implementazione
delle strategie di attivazione.
Quanto costa?
È possibile fornire stime prudenziali (probabilmente in eccesso)
del costo del Rmg sotto diverse ipotesi quanto al suo ammontare e alle
tipologie di redditi da considerare nel selezionare la platea dei beneficiari.
Il Rmg andrebbe inizialmente introdotto a un livello abbastanza basso
e poi incrementato anche in riconoscimento di un miglioramento nell'amministrazione
dello strumento. Ad esempio, un Rmg a 400 euro, potrebbe costare tra 7
e 8 miliardi di euro. Il livello più alto lo si raggiunge ipotizzando
che si riesca ad accertare solo l'85 per cento del reddito dei lavoratori
autonomi e il 95 per cento di quello dei lavoratori dipendenti.
Un costo minore (attorno ai 4 miliardi di euro) lo si avrebbe invece nel
caso in cui si aggiungesse ai redditi accertati l'affitto che l'utente
dovrebbe pagare nel caso non avesse casa di proprietà. Ma, come
discusso in precedenza, è preferibile non includere la casa nel
patrimonio valutato ai fini della determinazione dell'eleggibilità
al sussidio. La razionalizzazione e il riordino di molti schemi pre-esistenti
porterebbe ad altri risparmi. In sostanza, un Rmg adatto al nostro paese
potrebbe, almeno inizialmente, non costare più di quel secondo
modulo della riforma fiscale di cui nessuno sembra essersi accorto. Crediamo,
invece, che i poveri e coloro che sono a rischio di povertà si
accorgerebbero e beneficerebbero grandemente della presenza del Rmg.