I ragazzi, anche quelli con disabilità intellettiva,
devono essere valutati se hanno regolarmente frequentato le lezioni scolastiche.
I docenti hanno il dovere di attribuire una votazione, come stabilito
da un'ordinanza.
http://www.superabile.it/Superabile/HomePage/Oggi/Punto/Valutazione_didattica_Nocera.htm
di Salvatore Nocera
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Si sono concluse da poco le valutazioni del primo quadrimestre
scolastico e suscita molta indignazione apprendere che in molti casi gli
alunni con disabilità intellettiva, pur avendo frequentato regolarmente,
non vengono valutati in talune discipline.
E' bene tener presente che l'espressione 'n c' , cioè 'non classificato'
deve utilizzarsi solo quando, a causa delle eccessive assenze, i docenti
non sono in grado di esprimere un giudizio documentato sul profitto e
gli apprendimenti degli alunni.
Ma quando l'alunno ha regolarmente frequentato, i docenti sono in grado
e debbono quindi esprimere i propri giudizi valutativi.
Per gli alunni con disabilità ciò è un diritto, corrispondente ad un preciso
dovere dei docenti, come espressamente detto nell'ordinanza n. 90/01 all'art
15 comma 2, che, per informazione, si riporta qui di seguito:
O.M. n. 90/01, art. 15 - Valutazione degli alunni in situazione di
handicap
[.]
2. Per gli alunni in situazione di handicap psichico la valutazione,
per il suo carattere formativo ed educativo e per l'azione di stimolo
che esercita nei confronti dell'allievo, deve comunque aver luogo. Il
consiglio di classe, in sede di valutazione periodica e finale, sulla
scorta del Piano educativo individualizzato a suo tempo predisposto con
la partecipazione dei genitori nei modi e nei tempi previsti dalla C.
M. 258/83, esamina gli elementi di giudizio forniti da ciascun insegnante
sui livelli di apprendimento raggiunti, anche attraverso l'attività di
integrazione e di sostegno, verifica i risultati complessivi rispetto
agli obiettivi prefissati dal Piano educativo individualizzato.
Riporto inoltre , perché molto pertinente, un brano di parere tecnico
giuridico, ripreso dalla Rivista "Handicap & Scuola" n. 114del Marzo 2004
p 3 e 4:
La sentenza della Corte Costituzionale n. 215/1987, nella sua grande portata
innovativa, che 'assicura' ai soggetti in situazione di disabilità la
frequenza delle scuole superiori, ha richiesto fin dall'inizio la soluzione
del fondamentale problema della valutazione degli stessi alunni. Dopo
le prime disposizioni 'sperimentali' (con la c.m. 262/1988 e l'o.m.193/1989),
il Ministero ha richiesto il parere del Consiglio di Stato, su una articolata
sua proposta, allo scopo di emanare una disciplina permanente su tale
valutazione.
Il Consiglio di Stato ha quindi emesso il suo 'Parere n. 348 del 10 aprile
1991', le cui argomentazioni e osservazioni costituiscono tuttora la base
giuridica e orientativa della disciplina della valutazione per gli alunni
disabili nelle scuole superiori.
In particolare tre importanti giudizi di valore fanno particolarmente
onore al Consiglio di Stato.
Il primo riguarda l'affermazione che "non è prospettabile alcuna gerarchia
di interessi":
"[La sentenza della Corte Costituzionale] appare ispirata al criterio
secondo cui l'interesse del soggetto svantaggiato ad uno sviluppo armonico
della propria personalità ed al superamento della propria condizione di
svantaggio deve essere considerata prevalente rispetto a supposti interessi
configgenti, ad es. di natura organizzativa, della comunità scolastica.
In effetti, tali supposti interessi configgenti avrebbero per presupposto
una certa gerarchia dei fini del sistema scolastico pubblico: se la promozione
e lo sviluppo dei soggetti portatori di handicap costituissero, per il
sistema scolastico, fini secondari, sarebbe concepibile che essi venissero
perseguiti nei limiti in cui ciò fosse compatibile con altri fini, supposti
primari (la formazione e lo sviluppo dei soggetti normodotati).
Ma se si ritiene, in conformità con la Costituzione, che non vi è graduazione
di dignità e d'importanza fra le persone, e che anzi lo sviluppo di chi
è meno dotato è uno dei fini primari della Stato (art. 3 Cost.), è giocoforza
concludere che non è prospettabile alcuna gerarchia d'interessi e che
il sistema scolastico deve occuparsi della promozione e dello sviluppo
degli svantaggiati, tanto quanto se ne occupa per i normodotati".
Il secondo fondamentale giudizio di valore, conseguente a quanto ora affermato,
riguarda il "valore positivo della valutazione":
"Ciò si rispecchia anche sulla problematica relativa alla valutazione.
Nella misura in cui quest'ultima, intesa sia come verifica dei risultati
per l'équipe dei docenti, sia come occasione di stimolo e d'impegno per
il soggetto, ha un valore positivo dal punto di vista formativo ed educativo,
essa deve aver luogo anche per il singolo portatore di handicap; e subordinatamente
alla stessa condizione sono accettabili anche talune sue possibili conseguenze,
come il rinvio ad esami di riparazione o la ripetizione della classe.
Quando invece l'esito della valutazione si risolvesse in una interruzione
dell'iter formativo, o comunque in una discriminazione del soggetto, con
effetti negativi per la sua personalità, la valutazione, benché non assente,
deve assumere carattere peculiare e dare luogo ad esiti altrettanto peculiari.
In altre parole, la scelta nella gamma delle diverse possibili forme di
valutazione, e dei provvedimenti consequenziali, dev'essere operata, in
ogni caso, alla luce dell'interesse allo sviluppo ed alla formazione della
persona".
Un terzo principio viene sviluppato dal Consiglio di Stato: "il compito
dello Stato di rimuovere gli ostacoli al raggiungimento dei diritti costituzionalmente
garantiti".
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