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Convegno, Mainstreaming in education, Roma 14 giugno 2002
La normativa sull'educazione inclusiva delle persone con disabilità in Italia. La storia, gli aspetti istituzionali e le prassi applicative
Salvatore Nocera

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Quando tutto è cominciato
Sino alla prima metà degli anni '60, in Italia tutti i disabili venivano educati nelle scuole speciali e negli istituti con residenza notturna come nel resto d'Europa e del mondo. Verso il 1966 ed il 1967 cominciarono a circolare in Europa le idee della Berkeley University con la contestazione al "sistema capitalistico" che schiaccerebbe gli uomini sulla sola dimensione economica (Marcuse).
Queste idee che puntavano a lottare contro forme di emarginazione si diffusero in Francia, specie durante il "Maggio della rivolta studentesca del '68" ed in Italia con "l'autunno caldo sindacale" del '68. Allora gli operatori degli istituti speciali per disabili convinsero i genitori a portare i loro figlioli fuori ditali strutture considerate "ghetti" ed a inserirli nelle scuole comuni. Il fenomeno fu massiccio e parecchie decine di migliaia di giovani disabili lasciarono gli istituti e le scuole speciali, che però continuavano ad esistere. La Legge n. 118/71 3 prende atto di questa realtà e stabilisce che anche gli alunni disabili debbono adempiere l'obbligo scolastico nelle scuole comuni, ad eccezione di quelli più gravi (fra i quali si consideravano i ciechi, i sordi, gli intellettivi ed i motori gravi come i tetraplegici, cioè con impossibilità a muovere i quattro arti e spesso anche a parlare).
Nel 1977 la Legge n. 517 ha stabilito il principio dell'inclusione per tutti gli alunni disabili della scuola elementare e media dai 6 ai 14 anni (imponendo però l'obbligo di una programmazione educativa da parte di tutti gli insegnanti della classe, che venivano affiancati da un insegnante specializzato per il "sostegno didattico" ed una programmazione amministrativa e finanziaria concordata fra Stato, Enti locali, Unità sanitarie locali. I rapporti amministrativi ira i diversi servizi dovevano essere regolati da 'intese" fra le diverse istituzioni pubbliche, che potevano fare dei contratti con organizzazioni private per adempiere agli impegni che assumevano con le "intese".
Nel 1987 la Corte Costituzionale emise la Sentenza n. 215 5 con la quale si riconosceva il diritto pieno ed incondizionato di tutti gli alunni disabili, anche se in situazione di gravità, a frequentare anche le scuole superiori, imponendo a tutti gli enti interessati (amministrazione scolastica, Enti locali, Unità sanitarie locali) di porre in essere i servizi di propria competenza per sostenere l'integrazione scolastica generalizzata. Nel 1992 è stata approvata la Legge n. 104/92 6 che agli articoli da 12 a 16 fissa i principi per una buona qualità dell'integrazione scolastica: "L'integrazione scolastica ha come obiettivo lo sviluppo delle potenzialità della persona handicappata nell'apprendimento, nella comunicazione, nelle relazioni e nella socializzazione" (articolo 12, comma 3).
- "L'esercizio del diritto all'educazione e all'istruzione non può essere impedito da difficoltà di apprendimento né da altre difficoltà derivanti dalle disabilità connesse all'handicap" (articolo 12, comma 4). - Necessità di una diagnosi clinica, stesa da uno specialista sanitario, da cui risulti la minorazione dell'alunno e di una diagnosi "funzionale", redatta da un'equipe di medici specialisti, psicologi ed assistenti sociali, da cui risultino le capacità residue e le potenzialità da attivare (l'articolo 6 della stessa legge garantisce la prevenzione, la diagnosi e la riabilitazione precoce gratuite ai sensi della Legge sulla salute pubblica (23 dicembre 1978 n. 833).
- Necessità di un profilo dinamico funzionale, redatto dalla stessa équipe con in più gli insegnanti e la famiglia, cioè della descrizione di come le minorazioni e le capacità reagiscono dopo un primo periodo di prova di inclusione.
- Necessità di un piano educativo individualizzato, redatto dallo stesso gruppo, che comprende le linee generali del progetto didattico di inclusione scolastica e sociale, cioè dei tre progetti collegati, quello di riabilitazione, quello sociale e quello scolastico. I professionisti di ciascuno di questi tre campi elaborano, realizzano e verificano i rispettivi progetti.

Come si realizza l'inclusione
In Italia non esiste alcuna commissione sanitaria, sociale o educativa né ufficio amministrativo che decide se l'alunno possa o non possa frequentare una scuola o se debba essere avviato ad una scuola speciale o ad una scuola comune.
In Italia, tutte le scuole statali e le scuole non statali (private, comunali e regionali) che ottengono la parificazione, ai sensi della Legge 62/2000, hanno l'obbligo di accettare l'iscrizione degli alunni con disabilità anche se in situazione di gravità. Anzi, il rifiuto di iscrizione ditali alunni è punito penalmente.
I genitori iscrivono il figlio disabile alla scuola materna (dopo il terzo anno di età) o a quella elementare obbligatoria (dopo il sesto anno di età), consegnando le diagnosi.

Sulla base della diagnosi, gli insegnanti della classe, la famiglia e gli operatori sociosanitari che seguono l'alunno impostano il Piano Educativo Individualizzato (PEI) (Legge 104/92, articolo 12, commi 5, 6 e 8) che comprende sinteticamente il progetto riabilitativo, quello di socializzazione e quello didattico (Legge 104/92, articolo 13, comma 1, lettera a). Questa équipe viene chiamata nella pratica Gruppo di Lavoro operativo sull'alunno con Handicap (GLH) e provvede anche alle verifiche periodiche sui risultati globali; la valutazione sui risultati del solo progetto didattico è invece riservata ai soli docenti.
Il piano educativo individualizzato ed il conseguente progetto didattico debbono essere sostenuti da personale e strumenti anche tecnologici adeguati al tipo di minorazione e di gravità.
Così, ad esempio, un bambino cieco deve avere un insegnante specializzato che conosce l'alfabeto "Braille" coi puntini a rilievo (Legge 104/92 art. 14); il bambino sordo, se è munito di una protesi acustica fino dai primi mesi o al primo anno di vita, oltre ad un insegnante specializzato per sordi e la capacità della lettura labiale, deve anche avere in classe un "campo magnetico" che riduce gli effetti di disturbo sulla protesi acustica prodotti dai rumori esterni. A partire dalla scuola media si comincia a chiedere pure computer con programmi di "sottotitolazione simultanea", cioè che traducono in una riga di parole mobili le parole che vengono pronunciate dagli insegnanti. Se il bambino sordo non è stato protesizzato bene e parla e/o percepisce male, ha diritto ad una "interprete della lingua dei segni"; un bambino spastico ha bisogno di un insegnante specializzato e, se necessario, di un assistente che lo sposta da un'aula all'altra e lo porta ai servizi igienici, o provvedendo anche a pulirlo se non ha il controllo degli sfinteri e si sporca ; un bambino con handicap intellettivo, ad es. con sindrome di Down o con ritardo mentale più grave, ha bisogno di un insegnante specializzato e di materiale didattico specifico ad es. per imparare a contare o a parlare o comunque a comunicare anche con mezzi non verbali.
La legge prevede anche che il trasporto dall'abitazione allo stabilimento scolastico sia fornito gratuitamente. Gli insegnanti per il "sostegno didattico" si specializzano con due anni di corso specifico e sono pagati dall'amministrazione scolastica così come gli assistenti per gli spostamenti e l'igiene personale. Il materiale didattico specifico è fornito in buona parte dai Comuni (città di residenza dell'alunno) ed in parte dall'amministrazione scolastica (computer con sintesi vocale per i ciechi, con tastiera a tasti larghi per gli spastici...) Inoltre gli Enti locali forniscono, ad esempio, i libri trascritti in braille per i ciechi, un educatore per aiutare nei compiti a casa i sordi, assistenti per assistenza domiciliare pomeridiana per i disabili motori o intellettivi. Sempre gli Enti locali forniscono assistenti per accompagnare i disabili a scuola, al centro di riabilitazione, di formazione professionale, al centro diurno dove i disabili più gravi svolgono attività di gioco, in piscina, ad uno spettacolo...
Le "intese" 13 (oggi "accordi di programma") fra le diverse istituzioni pubbliche regolano le modalità di offerta di questi servizi.

Valutazione del profitto

Gli alunni con handicap vengono valutati dai rispettivi Consigli di classe secondo il piano educativo personalizzato da loro svolto. Quanti nella scuola materna, elementare e media seguono un programma comunque riconducibile ai programmi ministeriali, anche se semplificati e ridotti, ottengono una valutazione legale al pari di tutti gli altri compagniComunque al termine della scuola media, tranne i casi più gravi, normalmente viene rilasciato il diploma di licenza media.

Scuola superiore

Nella scuola superiore, specie per gli alunni con disabilità intellettiva, si stanno sperimentando dei progetti educativi misti di istruzione, formazione professionale ed esperienze di lavoro 15 Ciò avviene sulla base di accordi fra tre realtà, scuola, centri di formazione professionale e mondo del lavoro. L'iniziativa viene presa dalla scuola. Nella scuola superiore, in forza della Sentenza n.215/87 della Corte costituzionale, gli alunni disabili intellettivi svolgono programmi "differenziati" rispetto a quelli ufficiali dei compagni e vengono valutati sulla base di tali programmi differenziati che hanno qualche elemento di aggancio coi contenuti dei programmi dei compagni. Gli alunni disabili intellettivi partecipano agli esami di stato coi loro programmi, non conseguono un titolo legale di studio, ma un "attestato" che documenta le attività che hanno svolto ed i risultati cui sono pervenuti. 16 Potranno utilizzare questi documenti per frequentare corsi di formazione professionale o inserirsi nel mondo del lavoro.
Quanti non sono in grado di lavorare per la gravità della minorazione utilizzano questi documenti per frequentare centri diurni di attività di gioco o di occupazione del tempo libero (Legge 104/92, articolo 8 comma i lettera 1), in modo da non perdere il grado di autonomia psicologica e gli apprendimenti maturati durante il periodo della inclusione scolastica.

Composizione delle classi
Le classi debbono avere di solito un solo alunno disabile, eccezionalmente possono essere inseriti nella stessa classe due alunni disabili, purché non siano in situazione di gravità tale cioè che richiedono una particolare attenzione di tutti gli insegnanti. Le classi debbono avere non più di 20 alunni, purché vi sia un progetto che chiarisca gli obiettivi che si intende raggiungere con l'alunno disabile e le strategie didattiche che si intende realizzare. Comunque non si possono avere più di 25 alunni per classe.
Gli alunni disabili partecipano alle attività di tutta la classe. Ciò è ovviamente più facile in scuola materna e nei primi anni della scuola elementare. Nella scuola media ed in quella superiore, per gli alunni con minorazioni intellettive gravi, il piano educativo individualizzato può prevedere momenti in cui l'alunno esce dalla sua classe e frequenta attività di altre classi, più adatte a lui (ad es. attività musicali, pittoriche, di ginnastica, di visite a negozi per imparare l'uso del denaro).
Il piano educativo individualizzato può anche prevedere per certi periodi del giorno o della settimana, attività svolte solo fra alunno disabile ed insegnante specializzato o singoli insegnanti della classe possono pure prevedersi sempre per alunni con grave minorazioni intellettive, la frequenza di "laboratori" con piccoli gruppi di compagni disabili e non disabili (ad es. laboratorio di ceramica, di musica...).

L'organizzazione amministrativa dell'inclusione scolastica
In ogni scuola è prevista l'istituzione di un Gruppo di lavoro composto da qualche insegnante, da alcuni operatori dei servizi sociosanitari del territorio, da alcuni rappresentanti dei genitori della scuola e nelle scuole superiori, anche da qualche alunno (Legge 104/92, articolo 15 comma 2). Questo Gruppo di lavoro deve curare le modalità di ingresso dei nuovi alunni disabili nella scuola, del loro passaggio da un grado all'altro di scuola, del passaggio alla formazione professionale e, per quanti conseguono il titolo legale finale degli studi, del passaggio all'università.

In ogni provincia (suddivisione amministrativa del territorio di una regione, comprendente alcune decine di comuni) opera presso l'Ufficio decentrato del ministero della Pubblica Istruzione un Gruppo di Lavoro Interistituzionale Provinciale (GLIP), composto cioè da rappresentanti (2 del mondo della scuola, 2 degli Enti locali, 2 della Unità sanitarie locali, 3 delle associazioni dei disabili e loro familiari) (Legge 104/92 art. 15 comma 1). Questo Gruppo di lavoro ha il compito di facilitare le intese, oggi "accordi di programma", fra le diverse amministrazioni, la soluzione dei conflitti fra esse e la verifica dell'andamento dell'inclusione scolastica sul territorio della Provincia.
Un membro ditale Gruppo deve essere un insegnante specializzato, che lascia l'insegnamento ed opera a tempo pieno presso un ufficio decentrato del Ministero della Pubblica Istruzione per fornire consulenze alle singole scuole, specie in campo didattico. In attuazione della normativa sulla autonomia delle singole scuole e del decentramento del Ministero dell'Istruzione, questi GLIP verranno sostituiti da analoghi gruppi (denominati Centri Territoriali per l'Integrazione) costituiti da reti di scuole presenti in territori più piccoli coincidenti con i distretti sociosanitari (massimo 60.000 abitanti).
In alcune regioni è stato costituito un Osservatorio regionale composto di funzionari delle diverse amministrazioni ed uffici della Regione, col compito di consulenza agli uffici della regione che decidono sui bilanci e l'assegnazione di fondi economici ai singoli enti locali. Sarebbe opportuno che tali organi venissero costituiti in tutte le regioni, giacché in esse, ormai, si programmeranno i flussi di spesa per le politiche sociali, a seguito del crescente decentramento amministrativo e fiscale dallo Stato centrale alle regioni ed agli Enti locali.
Presso il Ministero della Pubblica Istruzione è stato istituito un Osservatorio nazionale composto di esperti universitari, dell'amministrazione scolastica e di altri enti pubblici, da una Consulta delle associazioni nazionali di disabili e loro familiari. Compito dell'Osservatorio è fornire consulenza al Ministero della Pubblica Istruzione su proposte di legge o di atti amministrativi generali riguardanti il mondo della scuola che possono avere conseguenze dirette o indirette sull'inclusione scolastica. L'Osservatorio è presieduto dal Sottosegretario di Stato nominato dal Ministro della Pubblica Istruzione.

Cenni sull'inclusione lavorativa ed universitaria dei disabili
Per i disabili esiste un diritto al collocamento obbligatorio al lavoro, in enti pubblici ed imprese private, sulla base della percentuale d'invalidità riconosciuta da una apposita commissione medico-legale. Così i disabili con una invalidità compresa fra il 46% ed il 66 % godono ditale diritto e vengono chiamati ad occupare un posto di lavoro secondo l'ordine di graduatoria, quando l'ufficio o l'impresa che ha bisogno di assumere si trova costretta a richiedere un certo numero di lavoratori disabili in base al numero di lavoratori non disabili assunti. Nel 1999 è stata approvata la Legge n.68 che ha fissato la percentuale dell'obbligo di assunzione al 7% dei lavoratori assunti ed ha introdotto il principio del "collocamento lavorativo mirato", cioè in base ad un progetto che tenga conto delle minorazioni e delle capacità della persona chiamata. In questo modo si può realizzare un vero incontro fra domanda ed offerta di lavoro, sono predisposti degli uffici che aiutano l'impresa a trovare il lavoratore disabile adatto ai suoi bisogni e facilitano la formazione professionale del lavoratore disabile tramite un periodo di formazione mista con istruzione e stages lavorativi. Ciò è in continuità col progetto educativo di inclusione scolastica.
Quanto all'università, la L.. 104/92 all'art. 16 prevede che gli alunni disabili, in possesso del prescritto titolo legale di studio, possano concordare coi docenti i contenuti dei programmi e le modalità della prove di esame. Con la L. 17/99 21 in ogni università deve esserci un docente incaricato dell'accoglienza degli studenti disabili e debbono esservi dei "tutors", cioè compagni più avanti negli studi, che aiutano gli alunni disabili a superare le difficoltà organizzative e talora di contenuti dei corsi universitari; debbono inoltre essere garantite, anche nelle università, l'abbattimento delle barriere architettoniche ed assistenti per gli spostamenti di studenti in sedia a ruote. Secondo i dati forniti dal Ministero dell'Istruzione e dell'Università gli alunni con handicap frequentanti le sedi universitarie italiane nell'a.a. 2001/02 sono 4.816.

Cosa avviene in pratica
Ciò risulta da una relazione, che ogni anno il Ministero della Pubblica Istruzione e le Regioni debbono presentare al Parlamento. Ogni tre anni inoltre si svolge una Conferenza nazionale di discussione su come la Legge fondamentale sull'integrazione sociale delle persone disabili, L. n. 104/92, viene attuata in Italia. Alla conferenza nazionale partecipano i Ministeri interessati, ad CS. quello della Sanità, della scuola, del lavoro, le Regioni, rappresentanti delle associazioni degli Enti locali, sindacati dei lavoratori e del mondo delle imprese, le associazioni dei disabili e dei loro familiari, le più importanti federazioni di organizzazioni di volontariato e le cooperative che gestiscono servizi per conto di enti locali.

Quanti sono gli alunni disabili inseriti nella scuola comune
Al prossimo anno scolastico gli alunni disabili iscritti nelle scuole comuni di ogni ordine e grado sono 136.503, pari a circa il 2% di tutti gli alunni. Dati ISTAT forniti dal Ministero dell'Istruzione. Di essi poco più di 10.000 frequentano la scuola materna; poco meno di 40.000 frequentano la scuola elementare; circa 50.000 frequentano la scuola media (da lO a 14 anni) e quasi 20.000 frequentano le scuole superiori (da 15 a 18 anni). La composizione interna del gruppo degli alunni disabili è la seguente: minorati della vista circa il 2%; minorati dell'udito circa il 7%; minorati fisici circa il 15%; minorati intellettivi di diverse tipologie circa il 76%. Esistono ancora in Italia scuole speciali statali per ciechi e sordi e alunni con handicap intellettivo grave, totalmente prive di alunni le prime, con scarsissimi alunni le seconde e le terze; esistono ancora scuole non statali per sordi e per disabili intellettivi; nelle scuole speciali sono ancora presenti alcune migliaia di alunni, dei quali pochissimi ormai dormono anche negli istituti speciali. Gli insegnanti specializzati che affiancano i colleghi nell'inclusione scolastica sono circa 50.000. Sono previsti per l'a.s. 2002/03, 56.954. Per arrivare ad un rapporto accettabile, di I insegnante ogni 2 alunni con handicap, ai fini di una sufficiente qualità di integrazione scolastica, dovranno essere nominati in deroga circa altri 11.000 insegnanti per le attività di sostegno. Ciò è possibile in base al decreto sugli organici per l'a.s. 2002/03, in particolare l'art. 9.

Il futuro dell'inclusione scolastica
Sino a circa 15 o 20 anni fa trovavano grande spazio sulla stampa le notizie di genitori di alunni non disabili che contestavano l'inclusione nella classe di alunni disabili. Oggi questi episodi non esistono o quasi e l'esclusione di un alunno disabile da una scuola, vietata dalla legge, fa scandalo sui giornali.
Il Parlamento , il Governo - e la Magistratura - sono sempre più impegnati a garantire la migliore qualità dell'inclusione scolastica, tramite norme e sentenze sempre più attente a questo problema, anche se si ha l'impressione che ormai sia considerato un problema risolto e superato da problemi più recenti, quali quello dell'ingresso nelle scuole comuni di studenti provenienti dall'Africa, dall'Asia e dall'Est europeo, che ammontano a 140.000. La vigilanza delle associazioni dei disabili e dei loro familiari come pure quella dell'opinione pubblica è continua, perché conquiste raggiunte possono essere perdute e si cerca di migliorare il livello di qualità dell'inclusione. L'autonomia delle singole istituzioni scolastiche che è stata definitivamente attuata offre rischi ed opportunità:
- RISCHI, poiché le singole scuole autonome possono comportarsi come aziende commerciali, che tendono a ridurre i costi (ma gli alunni disabili costano) ed a stimolare la competizione per il successo scolastico e nella vita.
- OPPORTUNITÀ, poiché l'inclusione invece richiede la realizzazione di una cultura di solidarietà, che riesce a dimostrare piano piano che gli alunni disabili sono risorse per i compagni, giacché costringono gli insegnanti a personalizzare tutti gli interventi didattici e che i compagni non disabili sono una risorsa per i disabili, poiché li aiutano a crescere in autonomia e socializzazione. Tutto ciò avviene se gli insegnanti sanno costruire rapporti di comunicazione reciproca significativi fruttuosi.

La riforma dell'autonomia scolastica ha puntato proprio sull'individualizzazione dei progetti didattici e sulla flessibilità dei gruppi di alunni che possono temporaneamente formare gruppi misti di alunni di più classi, secondo le opportunità e le esigenze didattiche e di sperimentazione.
L'esperienza che da quasi trenta anni si sta attuando in Italia, fra molti successi e qualche insuccesso, ha costituito il più forte fattore di innovazione e di cambiamento della scuola italiana, molto lenta nel modificarsi. Ha inoltre costituito un forte fattore di cambiamento sociale, poiché la presenza di alunni disabili, anche gravi, nella scuola, ha abituato lentamente i compagni a considerare la loro presenza come cosa naturale anche per le strade, sui treni, negli aerei, nelle piscine, nei negozi, negli uffici e negli ambienti di lavoro; in una parola, nella società non SOlO civile, ma anche ecclesiale i disabili ricevono nella chiesa cattolica italiana, maggioritaria in Italia, i sacramenti coi coetanei non disabili, partecipano alle attività ricreative delle comunità ecclesiali e cominciano sempre più ad uscire dagli istituti speciali gestiti da sacerdoti e religiosi per partecipare sia pur con qualche problema di comprensione, alla vita delle comunità dei fedeli.
Il processo d'inclusione scolastica che è venuto maturando in Italia, non è perfetto e non è esente da critiche: occorre una seria impostazione dei contenuti dei corsi universitari di specializzazione degli insegnanti per il sostengo didattico. Occorre una maggiore preparazione di tutti gli insegnanti non specializzati, occorre un maggior impegno finanziario e professionale degli enti locali; occorre una maggiore collaborazione fra le istituzioni pubbliche e fra queste e le realtà della società civile, come le organizzazioni di volontariato, le cooperative, le fondazioni, le associazioni. Credo che ormai da tempo abbiamo abbandonato in Italia la fase "ideologica" dell'inclusione; abbiamo abbracciato la scelta dell'inclusione professionalmente realizzata; questa scelta però necessita ancora di approfondimenti e soprattutto di verifiche di qualità. Abbiamo avviato da quattro anni un'analisi critica sulla verifica di qualità che dovrebbe portarci a confrontarci con gli errori fatti per superarli.
Quanto più la società diviene complessa e globale, tanto più avverte la necessità del confronto con altre esperienze, anche diverse, per rimettere in discussione i modi di attuazione delle nostre scelte ed approfondire le ragioni di esse. ** Introdurre norme di sostegno alla famiglia
Il confronto di oggi ci offre la possibilità di riflettere su quello che abbiamo fatto e stiamo facendo, per far tesoro delle osservazioni degli altri.

Roma, 14 giugno 2002