PETIZIONE
AL MINISTRO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI E ALLE AUTORITA' REGIONALI
E LOCALI
(torna all'indice informazioni)
Inviare le firme raccolte presso la segreteria: C.S.A. - Via Artisti, 36 - 10124
Torino - tel. 011.812.44.69 - 011.88.94.84
Chiediamo che le famiglie con parenti handicappati in situazione di gravità
o con anziani ultrasessantacinquenni non autosufficienti assistiti presso centri
diurni o ricoverati presso Rsa (Residenze sanitarie assistenziali), case di
riposo, comunità alloggio, istituti, ecc. non siano più tartassate ma aiutate.
Come risulta dal documento "Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato
di interventi e servizi sociali" predisposto nell'ottobre 2000 dalla Presidenza
del Consiglio dei Ministri, Ufficio del Ministro per la solidarietà sociale
"nel corso del 1999, 2 milioni di famiglie italiane sono scese sotto la
soglia della povertà a fronte del carico di spese sostenute per la "cura" di
un componente affetto da una malattia cronica".
La devastante caduta in povertà delle famiglie è causata in larga
misura dalla richiesta di contributi economici avanzata illegalmente dagli enti
pubblici, in particolare dai Comuni, ai parenti dei soggetti con handicap
intellettivo in situazione di gravità ed agli ultrasessantacinquenni colpiti
da patologie invalidanti e da non autosufficienza o dalla malattia di Alzheimer
o da altre forme di demenza senile
La richiesta è illegale in quanto è esplicitamente vietata dal 6° comma dell'art.
2 del decreto legislativo 109/1998, come modificato dal decreto legislativo
130/2000.
Inoltre, in base all'art. 25 della legge 328/2000 ed ai sopra citati decreti
legislativi, gli enti pubblici non possono nemmeno pretendere contributi economici
dai parenti non conviventi degli assistiti maggiorenni diversi da quelli in
precedenza indicati, compresi quelli tenuti agli alimenti.
Infatti, gli alimenti possono (non devono) essere richiesti esclusivamente dalla
persona in stato di bisogno (o dal suo tutore se dichiarato interdetto) e da
nessun altro individuo o ente.
Si fa presente che, allo scopo di assicurare l'autonomia delle persone e dei
nuclei familiari, gli enti pubblici - giustamente - non richiedono mai l'intervento
dei parenti tenuti agli alimenti per le prestazioni, comprese quelle aventi
caratteristiche assistenziali, concernenti gli asili nido, la frequenza prescolastica
e scolastica (università esclusa), la casa, la sanità, il lavoro, le pensioni,
come ad esempio: l'integrazione al minimo delle pensioni Inps (il cui onere
annuale a carico dello Stato è di ben 22 miliardi di euro), la maggiorazione
sociale delle pensioni e degli assegni, le altre prestazioni previdenziali,
le pensioni e gli assegni di invalidità civile e le indennità di accompagnamento
e assimilate, nonché i contributi versati ai nuclei familiari in difficoltà
per il pagamento dell'affitto delle loro abitazioni, i sussidi di disoccupazione,
gli emolumenti ai lavoratori in cassa integrazione, l'assegnazione gratuita
o a prezzi di favore dei terreni comunali da utilizzare per la costruzione di
alloggi dell'edilizia agevolata, l'ammissione al patrocinio a carico dello Stato
(già patrocinio gratuito), l'assegnazione di alloggi popolari da parte delle
Aziende territoriali per la casa (ex Iacp) anche nei casi in cui i genitori,
i figli o altri congiunti siano proprietari di centinaia di appartamenti.
Inoltre, è molto eloquente il fatto che l'art. 32 della Costituzione garantisca
"cure gratuite agli indigenti" senza porre alcun limite in relazione
alle condizioni economiche dei parenti, compresi quelli tenuti agli alimenti.
Di conseguenza, anche le esenzioni dai ticket sanitari sono previste indipendentemente
dalla presenza nell'ambito dei congiunti, di persone abbienti.
Ciò premesso, chiediamo che le autorità preposte diano sollecita attuazione
alle sopra richiamate norme che non consentono agli enti pubblici di pretendere
contributi economici dai parenti dei soggetti colpiti da handicap in situazione
di gravità ed agli ultrasessantacinquenni non autosufficienti e dai congiunti
non conviventi degli assistiti maggiorenni diversi da quelli sopra indicati.
In particolare si chiede al Ministro del lavoro e delle politiche sociali
di predisporre il decreto amministrativo previsto dal comma 2 ter dell'articolo
3 del decreto legislativo 130/2000, la cui mancata emanazione viene usata
come pretesto da Regioni, Comuni e Asl per non attuare le norme vigenti.
ALLEGATO
L'art. 25 della legge di riforma dell'assistenza n. 328/2000 stabilisce che
"ai fini dell'accesso ai servizi (di assistenza) disciplinato dalla
presente legge, la verifica della condizione economica del richiedente è effettuata
secondo le disposizioni previste dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109,
come modificato dal decreto legislativo 3 maggio 2000, n. 130".
Il 6° comma dell'art. 2 del decreto legislativo 109/1998, modificato dal decreto
legislativo 130/2000 sancisce quanto segue: "Le disposizioni del presente
decreto non modificano la disciplina relativa ai soggetti tenuti agli alimenti
ai sensi dell'art. 433 del codice civile e non possono essere interpretate nel
senso dell'attribuzione agli enti erogatori della facoltà di cui all'articolo
438, primo comma, del codice civile nei confronti dei componenti il nucleo familiare
del richiedente le prestazioni sociali agevolate". (Vedere anche il punto
4).
Il comma 2 ter dei sopra citati decreti legislativi prevede quanto segue: "Limitatamente
alle prestazioni sociali agevolate assicurate nell'ambito di percorsi assistenziali
integrati di natura sociosanitaria, erogate a domicilio o in ambito residenziale
a ciclo diurno o continuativo, rivolte a persone con handicap permanente
grave, di cui all'articolo 3, comma 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104,
accertato ai sensi dell'articolo 4 della stessa legge, nonché a soggetti
ultrasessantacinquenni la cui non autosufficienza sia stata accertata dalle
aziende unità sanitarie locali, le disposizioni del presente decreto si applicano
nei limiti stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri,
su proposta del Ministro per la solidarietà sociale e della sanità. Il suddetto
decreto è adottato, previa intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo
8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, al fine di favorire la permanenza
dell'assistito presso il nucleo familiare di appartenenza e di evidenziare la
situazione economica del solo assistito, anche in relazione alle modalità
di contribuzione al costo della prestazione, e sulla base delle indicazioni
contenute nell'atto di indirizzo e coordinamento di cui all'articolo 3 septies,
comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni".
Il 1° comma dell'articolo 438 del codice civile dispone che "gli alimenti
possono essere chiesti SOLO da chi versa in stato di bisogno e non è in grado
di provvedere al proprio mantenimento". (Vedere anche il punto 2).
Il terzo comma dell'articolo 441 del codice civile prescrive che "se gli
obbligati non sono concordi sulla misura, sulla distribuzione e sul modo di
somministrazione degli alimenti, provvede l'autorità giudiziaria secondo le
circostanze". Ne deriva che i Comuni e gli altri enti pubblici non solo
non possono pretendere contributi economici dai parenti degli assistiti maggiorenni
ma non possono stabilire con propria delibera gli importi che i parenti sarebbero
tenuti a versare.
(Scrivere in stampatello)
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