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Sentenza Corte dei Conti. Supplenze e continuità didattica (Corte dei conti 59/2004) (torna all'indice informazioni) Il dirigente scolastico, che assume supplenti per sostituire docenti assenti per meno di 11 giorni, non incorre nella responsabilità amministrativa. Così ha deciso la terza sezione giurisdizionale d'appello della corte dei conti, con la sentenza 59/2004. La questione riguardava un preside che aveva nominato, sistematicamente, supplenti per periodi di 10 -11 giorni, in sostituzione di docenti titolari assenti, in violazione delle norme che dispongono il divieto di ricorrere a supplenti esterni per periodi di assenza fino ad 11 giorni, salvo casi eccezionali. Ed aveva utilizzato docenti interni solo per le sostituzioni fino a 9 giorni. Tale comportamento, secondo i magistrati contabili ha escluso la possibilità di contestare al dirigente il dolo o la colpa, anche perché le decisioni del preside avevano salvaguardato il principio della continuità didattica. Di qui l'accoglimento del ricorso presentato dalla preside, che era stata condannata in primo grado. (16 aprile 2004) REPUBBLICA ITALIANA sent. 59/2004 LA CORTE DEI CONTI SEZIONE TERZA GIURISDIZIONALE CENTRALE D'APPELLO
composta dai signori magistrati : Dott. Gaetano PELLEGRINO Presidente Dott. Silvio AULISI Consigliere Dott. Angelo DE MARCO Consigliere Dott. Giorgio CAPONE Consigliere Dott. Amedeo ROZERA Consigliere Rel. ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso in appello iscritto al n.17837 del registro di segreteria proposto da B. A.M. avverso la sentenza n.559 dell'11 marzo 2003 pronunciata dalla Sezione giurisdizionale per la regione Lazio; Visto l'atto d'appello; Esaminati tutti gli altri documenti di causa; Uditi, alla pubblica udienza del giorno 17 dicembre 2003, con l'assistenza del Segretario Gerarda Calabrese, il relatore Consigliere dott. Amedeo Rozera, l'Avv. Carla Maria Gentili per delega dell'Avv. Maria Ilda Biondo ed il P.M. in persona del Vice Procuratore generale dott. Alfredo Lener. Ritenuto in FATTO Con l'impugnata sentenza la sezione giurisdizionale per il Lazio ha condannato la sig.ra A.M. B., Preside dell'Istituto tecnico "P:Baffi" al pagamento di euro 4272,87 pari al corrispettivo delle supplenze da lei conferite nel periodo 21 settembre 1992 - 19 maggio 1996 in periodi di assenza dal servizio dei docenti di ruolo inferiori a 11 giorni: ciò in violazione, secondo il primo giudice, dell'art. 21, comma 14 dell'ordinanza ministeriale n. 371del 29 dicembre 1994, che attribuiva ai presidi il potere di nomina di supplenti esterni solo per le assenze superiori ad undici giorni, dovendosi per quelle di durata inferiore provvedere con l'impiego di insegnanti già in servizio nella scuola. Avverso la sentenza ha proposto appello, con il patrocinio dell'Avv. Maria Ilda Biondo, la B. per i seguenti motivi: a) addebiti fondati su norme posteriori ai fatti contestati, in quanto il citato art. 21 è contenuto in un'ordinanza emanata il 29 dicembre 1994, laddove i fatti si sono verificati tra il 21 settembre 1992 ed il 19 maggio 1996: né rileva in contrario il richiamo all'art. 14 del DPR 399/1988, atteso che ai sensi dell'art. 1 del medesimo DPR, quest'ultimo ha avuto validità limitata a tre anni; in ogni caso si è in presenza di un mutamento di causa petendi da parte del primo giudice che ha fondato la responsabilità della Preside sulle norme contenute nel DPR 399/1988, laddove il Procuratore generale la aveva convenuta in giudizio per pretese violazione dei principi posti nella richiamata ordinanza 371; b) erronea interpretazione dell'art. 21 dell'o.m. n. 371 in quanto il primo giudice non ha tenuto conto delle disposizioni che consentono al Preside di conferire supplenze temporanee anche inferiori a 10 giorni qualora non sia possibile ricorrere a personale in servizio; in ogni caso, secondo l'appellante, l'eventuale spesa per lavoro straordinario di detto personale sarebbe stata superiore a quella sostenuta per il conferimento delle supplenze; c) rigetto delle istanze istruttorie ed onere probatorio: in particolare, viene reiterata la richiesta di prova testimoniale e di nomina di un CTU e viene ribadito l'onere della Procura regionale di dimostrare se vi fosse possibilità concreta di sostituzione dei docenti assenti; in subordine, si insiste sull'eccezione di prescrizione; d) mancato uso del potere riduttivo dell'addebito; l'atto d'appello conclude, quindi, affinché, previa sospensione dell'esecutorietà della sentenza impugnata, in via istruttoria, vengano ammessi i mezzi di prova richiesti in primo grado; nel merito, venga respinta la domanda con conseguente assoluzione della B. e, ancora nel merito ed in subordine, venga rideterminato il quantum della spesa che si sarebbe verificato utilizzando il personale in servizio da retribuire con lo straordinario, esercitando altresì il potere riduttivo dell'addebito. Il Procuratore generale ha depositato le proprie conclusioni in data 20 ottobre 2003 eccependo l'inammissibilità dell'appello nella parte in cui chiede la sospensione degli effetti della sentenza impugnata. discendendo la stessa dalla proposizione del gravame, chiedendo, in sede preliminare di merito, il rigetto dell'eccezione di prescrizione, e, nel merito, il rigetto del medesimo per i seguenti motivi: a) l'art. 21 della ricordata ordinanza ministeriale va letto in armonia con il richiamato (ed allora vigente) art. 14, comma 12 del DPR 399/1988, non abrogato espressamente dai successivi DPR; b) è irrilevante il richiamo ai commi 15 e 16 dell'art. 21 che consentono il ricorso al supporto esterno di docenti ove non sia possibile sopperire alla copertura di assenze temporanee con personale di ruolo, in quanto all'inizio dell'anno ogni docente è tenuto ad assicurare la propria disponibilità per tre ore di servizio oltre l'orario normale da utilizzare, fra l'altro, per supplenze di docenti assenti; c) è infondata le censura in ordine alla mancata attivazione dei richiesti mezzi istruttori, atteso che alle supplenze ed ai conseguenti esborsi di denaro si sarebbe potuto sopperire senza ricorrere a docenti esterni o al lavoro straordinario del personale di ruolo; d) per quanto riguarda la richiesta di applicazione del potere riduttivo dell'addebito il Procuratore generale si rimette alle valutazione del Collegio. In data 20 novembre 2003 l'appellante ha depositato altra memoria con la quale replica alle conclusioni del Procuratore generale e conferma, svolgendo ulteriori considerazioni, il contenuto dell'atto d'appello. All'odierna pubblica udienza l'Avv. Gentili ha confermato il contenuto e le conclusioni dell'atto d'appello svolgendo ulteriori ed articolate considerazioni; il P.M. ha confermato, in via principale, il contenuto dell'atto conclusionale e, in subordine, ha chiesto l'adozione di un'ordinanza istruttoria volta ad acquisire dati relativi all' organico dei docenti in servizio all'epoca dei fatti di causa ed alla disponibilità ed effettiva utilizzazione di ore di insegnamento oltre quelle curriculari. Considerato in DIRITTO Preliminarmente, va dichiarata inammissibile l'istanza di sospensione dell'efficacia della sentenza impugnata, in quanto la stessa consegue automaticamente alla proposizione dell'appello ai sensi dell'art. 1, comma 5 del D.L. 15 novembre 1993 [1] convertito nella legge 14 gennaio 1994 n. 19, atteso che la disposizione di cui all'art. 10 della l. 21 luglio 2000 n. 205 [2] si applica ai soli giudizi pensionistici. Riguardo al merito del giudizio, l'esame della condotta dell'appellante va effettuato, ad avviso del Collegio, sotto il profilo della sussistenza o meno della colpa grave, alla luce delle circostanze che hanno connotato lo svolgimento della vicenda di causa. Ricorda in proposito il Collegio che, ai fini dell'individuazione della colpa nell'intensità richiesta, non è sufficiente il mero riscontro della violazione di norme di legge o, in generale, di norme di comportamento attinenti alla migliore tutela dell'interesse dell'ente pubblico, essendo necessario che tali violazioni - ove non abbiano carattere macroscopico di per sé per la natura ed il contenuto dell'obbligo di servizio violato ovvero per le modalità attraverso cui si sono concretizzate - siano accompagnate da un "quid pluris", sintomatico di volontà colpevole caratterizzata da particolare intensità (Sez. I^, n. 178/199). In altri termini, la preclusione dell'azione di responsabilità in difetto di colpa grave va intesa nel senso che negligenze, disattenzioni, scarsa prevedibilità di eventi di per sé non sono idonei far sorgere la responsabilità: l'elemento soggettivo in questione deve consistere nel poter rimproverare, con un giudizio a posteriori, di aver tenuto un comportamento che, nel momento in cui l'azione è stata posta in essere e nelle condizioni in cui il soggetto agente ha potuto operare, doveva e poteva essere diverso in aderenza agli obblighi di servizio, quali individuati in relazione alla posizione dell'agente stesso ed in relazione ai livelli di cautela suggeriti dalle concrete circostanze in cui si è verificato l'evento dannoso (Sez. III^, n. 23/2001).A tal fine, l'agente va idealmente inserito nel modulo organizzativo della propria amministrazione, dovendosene valutare il comportamento tenendo conto anche delle eventuali maggiori o minori carenze della stessa: ciò nel senso che il rigore della valutazione della colpa grave sarà direttamente proporzionale alla qualità dell'organizzazione amministrativa (Sez. Riun. N. 66/1997). Il tutto, in aderenza al regime della responsabilità amministrativa posto dalla legge 639/1996 [3] che ne fonda la limitazione alle ipotesi di dolo o colpa grave sulla complessità dei doveri d'ufficio incombenti ai pubblici dipendenti inseriti in una struttura organizzativa: regime che costituisce espressione del principio per cui la rilevanza e la centralità della colpa in termini di responsabilità per risarcimento del danno non costituiscono più l'unico criterio di imputazione della responsabilità, affiancandovisi quella del rischio che, in parte, viene fatto ricadere sull'Amministrazione danneggiata. Orbene, alla luce dei suesposti principi ed in considerazione degli elementi che emergono dagli atti di causa, il Collegio giudica che nel comportamento della B. non siano ravvisabili gli estremi della colpa grave: ciò in quanto il conferimento delle supplenze, pur disposto in evidente, ma parziale, violazione della specifica normativa di settore (puntualmente ricostruita nella sentenza di primo grado), tuttavia si è inserito in un particolare contesto fattuale che, per quanto si dirà, ne ha ampiamente ridotto quei profili patologici che, diversamente, avrebbero consentito il superamento della soglia di gravità oltre la quale si radica la responsabilità amministrativa. In punto di diritto, è opportuno sottolineare come dalla necessaria lettura coordinata dell'art. 21, comma 14 dell'O.M. n. 371 con l'art. 14, comma 12 del DPR 399/1988, emerge il principio generale per cui per assenze per periodi non superiori a dieci giorni si debba sempre provvedere con personale in servizio nella scuola, mentre per assenze che si protraggono per periodi superiori (undici o più giorni) è possibile il ricorso a supplenze temporanee, purchè sussistano effettive ed inderogabili esigenze di servizio e le condizioni della dotazione di docenti interni e della loro disponibilità a prestazioni eccedenti il normale orario di lezioni non consentano l'utilizzazione di docenti in servizio (commi 15 e 16 O.M. cit.): né rileva, in contrario, l'asserita (da parte appellante) limitata validità temporale (tre anni) del DPR 399 cit., in quanto, come ha sottolineato il Procuratore Generale in sede di conclusioni orali, il richiamo ad esso operato dal comma 14 del ricordato art. 21, lungi dal far "rivivere"una norma abrogata, riafferma un principio esistente anche in altri e successivi contratti di lavoro del comparto scuola, come si evince dal preciso dato testuale contenuto nella circolare n. 301 del 27 giugno 1996 relativa al nuovo CCNL e che esplicitamente richiama "l'attuale vigenza dell'art. 14, comma 12 del DPR 23 agosto 1988 n. 399" E' evidente che, rapportando l'attività posta in essere dalla B. ai principi fissati nel delineato contesto normativo, non è dubbio che la stessa appare non rispettosa di essi nella parte in cui sono state conferite supplenze temporanee per assenze di dieci giorni: ritiene, peraltro, il Collegio che tale dato debba costituire oggetto di una valutazione globale nel più ampio contesto di una sostanziale situazione di regolarità, quale evidenziata, in definitiva, dalla stessa relazione amministrativa - contabile eseguita dall'Ispettorato Generale di Finanza e trasmessa dal Provveditorato agli Studi di Roma alla Procura regionale della Corte dei conti con nota del 20 luglio 1998. Emerge, infatti, dal predetto atto ispettivo, da un lato, che per le assenze di durata fino a nove giorni l'Istituto ha utilizzato regolarmente i docenti già in servizio con orario cattedra inferiore a 18 ore settimanali, impiegando, in alternativa, gli altri titolari di cattedra dichiaratisi disponibili a sostituire i colleghi assenti; dall'altro, che per le assenze uguali o superiori a undici giorni, sono state conferite supplenze a docenti esterni: il tutto, in conformità delle ricordate disposizioni ministeriali. Dalla descritta situazione di fatto, due dati emergono in maniera incontrovertibile tali da indurre il Collegio a ritenere, alla luce dei ricordati principi, non superato, nella specie, il limite oltre il quale la condotta dell'agente possa ritenersi caratterizzata da colpa grave. Il primo, per un verso denota la volontà della Preside - desumibile dal fatto di aver utilizzato per le assenze di durata fino a nove giorni il personale interno - di voler comunque ovviare ai problemi scaturenti dalle assenze dei docenti applicando le disposizioni poste dal ricordato, compiuto sistema normativo, per l'altro dimostra come il ricorso a supplenze temporanee per le assenze di dieci giorni sia conseguito evidentemente all'impossibilità di sopperirvi con gli stessi strumenti: in altri termini, appare evidente come, per le assenze non superiori a dieci giorni, la B. abbia tentato di risolvere i conseguenziali problemi funzionali fin dove è stato possibile nei limiti delle disponibilità offerte dall'organico, ricorrendo all'apporto di docenti esterni solo in carenza di tali disponibilità. L'altro elemento che induce il Collegio a non ritenere gravemente colpevole la condotta dell'appellante scaturisce dalla logica considerazione che il meccanismo di sostituzione dei docenti assenti ha consentito la regolare prosecuzione dell'attività didattica senza interruzioni o, comunque, alterazioni di qualsiasi natura: d'altra parte, le spese sostenute per il conferimento di supplenze hanno trovato riscontro in reali prestazioni di servizio rese all'Amministrazione, onde corrispondere a comprovate esigenze didattiche, volte a dare copertura ad ore di insegnamento finalizzate alla concreta attuazione delle stesse, per evitare il rallentamento delle relative attività. Alla luce, quindi, dell'effettiva attuazione, nella specie, del principio della continuità didattica (che, di per sé ed in generale, non può evidentemente assurgere a giustificazione di qualsiasi condotta lesiva del capo d'istituto), non è dato rinvenire nel comportamento della B. la sussistenza dell'elemento della colpa grave, in quanto le ricordate circostanze escludono di fatto che la stessa abbia agito in termini di grave disinteresse e trascuratezza nell'espletamento delle proprie funzioni. Non è senza significato, del resto, l'adesione offerta, in sede di conclusioni orali dal Procuratore Generale, alla richiesta, formulata da parte appellante, di indagini istruttorie volte ad accertare l'effettiva possibilità di utilizzazione del personale interno: il che denota, anche da parte dell'organo requirente, quanto meno un dubbio sulle reali possibilità di far fronte con i docenti già in servizio alle assenze cui la preside ha ovviato con supplenze temporanee. Alle considerazioni che precedono, consegue l'accoglimento dell'appello con assoluzione della B. dalla domanda attrice. La pronuncia resa assorbe tutti gli altri profili d'appello, nonchè la richiesta, formulata in subordine dal Procuratore Generale, di ulteriori accertamenti istruttori. Sussistono giuste ragioni per compensare le spese di giudizio. P.Q.M La Corte dei conti - Sezione Terza Centrale d'Appello, definitivamente pronunciando, accoglie l'appello proposto da B. A.M. avverso la sentenza in epigrafe e, per l'effetto, la assolve dalla domanda attrice. Spese compensate. Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 17 dicembre 2003. IL CONSIGLIERE ESTENSORE IL PRESIDENTE f.to Amedeo Rozera f.to Gaetano Pellegrino Depositata nella segreteria della Sezione il giorno 29 gennaio 2004 IL DIRETTORE DELLA SEGRETERIA IL DIRIGENTE f.to D.ssa Rossana Bernardini
[2] Regola l'esecuzione di sentenze non sospese dal Consiglio di Stato e dalla Corte dei conti. [3] E' la legge che ha assoggettato l'insorgere della responsabilità
amministrativa solo nel caso in cui il diretto interessato abbia agito intenzionalmente
oppure abbia posto in atto un comportamento negligente.
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