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QUANDO IL MIGRANTE NON E' PIU' UNA PERSONA. IL DOCUMENTO DELLA
CARITAS*
Alla luce dell'esperienza maturata in questi anni, considerando la peculiare
natura del fenomeno migratorio in Italia e le modalità con cui esso si iscrive
nel contesto di una società aperta al confronto con le altre culture, appare
sempre più necessario ribadire la dignità e la centralità della persona umana,
nelle sue varie dimensioni, in ogni processo sociale, culturale ed economico.
Pur comprendendo il dovere di contrastare alcune forme drammatiche e patologiche
dell'immigrazione, in particolare i traffici illeciti, non si può non rilevare
come diverse misure adottate nel DDL finiscono per nuocere all'immigrazione
regolare, senza tuttavia risolvere con la dovuta efficacia i problemi legati
a quella irregolare.
Come evidenziato dal Cardinale Camillo Ruini nella sua prolusione al Consiglio
permanente della CEI del settembre 2001 si tratta di un Ddl "orientato in senso
piuttosto restrittivo e già ora fortemente discusso, in attesa del confronto
nelle sedi istituzionali. Occorre in realtà trovare un non facile punto di sintesi
che contemperi da una parte le esigenze di accoglienza - motivate dalla solidarietà
umana e dalle stesse necessità della nostra economia - e il rispetto dei diritti
inalienabili delle persone e delle famiglie, dall'altra i criteri di un efficace
contrasto dell'immigrazione clandestina e della possibilità di una proficua
integrazione nel nostro tessuto sociale. Per la realizzazione di ciascuno di
questi obiettivi, non meno importante delle normative è l'impegno concreto e
coordinato dai vari organi della pubblica amministrazione, mentre resta in ogni
caso indispensabile e preziosa l'opera di solidarietà e di volontariato, alla
quale le comunità e organizzazioni ecclesiali anno portato e continueranno a
portare tutto il loro contributo".
In particolare, tenendo in considerazione anche le osservazioni e le proposte
formulate nelle settimane passate da esponenti delle realtà sociali, ecclesiali,
associative, italiane ed etniche, si individuano alcuni nodi critici:
Lo stretto collegamento tra il titolo di soggiorno dello straniero ed il
contratto di lavoro
Pur riconoscendo la necessità di promuovere e favorire il lavoro regolare, non
vi è dubbio che l'intera impostazione del Ddl finisca per proiettare un'immagine
strumentale dello straniero, ridotto a soggetto utile solo se e fino a quando
produce ricchezza. La precarietà del suo status - confermata da una serie di
norme di difficile applicazione, vista la situazione in cui versa la P.A. -
lo espongono inoltre a possibili pressioni da parte di datori di lavoro eventualmente
senza scrupoli, essendo stati ridotto a solo sei mesi di soggiorno per trovare
un'altra occupazione, in caso di perdita del posto di lavoro. Inutilmente gravose
per lo straniero, nonché per la stessa P.A. - già oggi duramente messa alla
prova - risultano essere misure quali: l'introduzione di una procedura estremamente
macchinosa per il rilascio del visto d'ingresso; nei casi in cui il datore di
lavoro non abbia una conoscenza diretta dello straniero da assumere, la previsione
di una verifica dell'esperienza in Italia di lavoratori nazionali o comunitari
iscritti al collocamento disposti a svolgere quel tipo di lavoro, che preceda
l'ottenimento del nullaosta all'assunzione; la riduzione della durata del rinnovo
del permesso di soggiorno (da quattro a due anni); l'obbligo di rinnovo del
permesso di soggiorno presso la Questura della provincia dove lo straniero a
residenza e non la dimora; etc.
La notevole restrizione dei ricongiungimenti familiari
Il ricongiungimento favorisce la stabilizzazione dello straniero e la sua conseguente
integrazione socio - culturale, con benefici effetti per la collettività. L'abolizione
della possibilità di richiudere il ricongiungimento per i genitori a carico
- qualora esistano altri figli che possono provvedere al loro sostentamento,
ma il Ddl non specifica le modalità della difficile verifica - o per i parenti
entro il terzo grado a carico inabili al lavoro, non fa che confermare la visione
dello straniero utile come vero fattore di produzione e non come persona umana
con legittimi affetti e responsabilità familiari di cui rispondere.
Si tratta inoltre di una misura in netto contrasto con la proposta di direttiva
europea, e finisce per pregiudicare anche ricongiungimento familiare dei rifugiati
riconosciuti.
L'abolizione della prestazione di garanzia per accesso al lavoro (c.d. sponsorizzazione)
Si tratta di uno strumento introdotto con la legge n. 40/98 su cui è ancora
difficile formulare una valutazione struttura e definitiva, tuttavia è possibile
sostenere che la sua abolizione, abbinata all'irrigidimento delle procedure
di ingresso, non potrà favorire l'incontro tra domanda e lavoro, in comprovata
assenza in Italia di un efficace sistema adibito a tale scopo.
La sostituzione di questo istituto con la previsione di programmi di formazione
all'estero, la cui frequenza costituirebbe un titolo di prelazione per l'ingresso
in Italia - mediante la procedura del contratto di lavoro e la disciplina è
rinviata ad un regolamento di futura pubblicazione - potrà offrire risultati
nel medio periodo, laddove invece l'attuale mercato del lavoro richiede urgente
flessibilità di risposta e agilità di procedura.
L'immediata applicazione dell'espulsione amministrativa con accompagnamento
alla frontiera a mezzo della forza pubblica nella quasi totalità dei casi
E' necessario trovare un equilibrio più soddisfacente tra l'efficacia nel contrasto
dell'immigrazione clandestina e il rispetto delle garanzie costituzionali, per
cui non si può negare qualsiasi effetto sospensivo all'eventuale ricorso proposto
dallo straniero contro il provvedimento di espulsione. Di fatto, potenziali
richiedenti asilo, sprovvisti di documento di riconoscimento al momento della
fuga dal Paese di origine, correrrebbero il rischio di espulsione.
L'aumento del trattamento nei centri di permanenza temporanea da 30 a 60
giorni degli espellendi
L'allungamento dei tempi di trattenimento nei centri di permanenza temporanea
non sembra poter risolvere il problema dell'identificazione dei soggetti, se
a monte non esiste una concreta collaborazione delle autorità diplomatiche straniere.
Una maggiore efficacia delle esplosioni potrebbe verificarsi se si continuasse,
con una forte azione diplomatica dell'Italia, a creare le condizioni per la
stipula degli accordi di commissione.
Inoltre, l'estensione della permanenza degli espellendi nei centri, combinata
alla necessità di creare ulteriori strutture per poter attuare concretamente
l'espulsione immediata con l'accompagnamento alla frontiera, comporterà un notevole
aggravio di spese per lo Stato. Né risulta essere previsto per tale onere -
così come per altre voci - un adeguato stanziamento finanziario.
Il problematico accesso al diritto di asilo
Questo diritto, sancito dalla stessa Costituzione, non può essere affrontato
in forma di due articoli di emendamento a una normativa dichiaratamente provvisoria
e datata, quale l'articolo 1 della legge n. 39/90, nonché in coda ad una proposta
di riforma della legge sull'immigrazione. Si ritiene pertanto auspicabile presentare
uno specifico disegno di legge sul diritto di asilo, tenendo in considerazione
le proposte di direttive presentate dal Consiglio alla Commissione Europea.
Entrando nel mondo della proposta presentata dal Governo in materia di asilo,
si rilevano alcuni punti controversi. Nell'attesa dell'emanazione della normativa
comunitaria, laddove si intenda porre un argine a possibili strumentalizzazioni
del diritto di asilo, si reputa necessario precisare le modalità di tale distorsione
e su queste intervenire con misure specifiche e mirate, piuttosto che con procedure
semplificate, che rischiano di essere applicate in maniera generalizzata, ledendo
irrimediabilmente principi essenziali. Soprattutto se confrontate al numero
tuttora esiguo di richiedenti asilo in Italia, appaiono decisamente sproporzionate
le misure previste dal ddl, quali il trattenimento del richiedente asilo (sia
maggiorenne che minorenne) secondo tempi, modalità e criteri non definiti e
l'introduzione di procedure accelerate e sommarie. Perplessità suscita la composizione
di procedure accelerate e sommarie. Perplessità suscita la composizione delle
commissioni decentrate a livello provinciale. Serie preoccupazioni, inoltre,
emergono dalla mancata previsione dell'effetto sospensivo del ricorso avverso
il provvedimento che decide sullo status di rifugiato.
*In ADISTA n. 78/2001 www.adista.it
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