Lo scorso anno, esattamente il 25 ed il 26 giugno, gli elettori italiani
diedero a se stessi, al mondo e, possiamo dire, alla storia del nostro
paese, prova inconfutabile di altissimo senso civico, di profonda sensibilita'
democratica, di piena coscienza dei propri diritti e delle condizioni
istituzionali che li avrebbero potuto garantire e promuovere.
15.701.293 elettrici ed elettori, su 25.663.641 votanti, dichiararono
il loro consenso, fedelta' e amore alla Costituzione, che per decenni
e' stata aggettivata come democratica ed antifascista.
Adopero volutamente questa qualificazione del documento costitutivo della
nostra Repubblica perche' vera e perche' evoca lotte, fatti, movimenti,
passioni, progetti, speranze, un contesto di identita' plurime ma tese
ad obiettivi alti di etica civile e sociale, densi di civilta' politica,
esigenti giustizia, liberta' ed eguaglianza.
Fu un evento, quello dell'anno scorso, che, a fronte delle tante miserie
che emergono dalle cronache di ogni giorno, esalta la base della Repubblica,
il suo fondamento umano - diciamolo, senza tema di retorica - il popolo.
Ebbene, immediatamente dopo quei due giorni, un silenzio massiccio, cupo,
ininterrotto, tetragono, e' piombato su quella data, sul significato di
quella sentita, consapevole, autentica, meravigliosa deliberazione adottata
dalla liberta' delle donne e degli uomini di questo Paese. Perche' mai?
Cosa aveva quella decisione per essere condannata con l'espulsione dal
dibattito
politico, con la cancellazione da ogni agenda, addirittura con la damnatio
memoriae di quella che si denomina opinione pubblica? Aveva ed ha, quella
deliberazione popolare, il significato di una scelta netta, univoca, nitida
ed imperiosa, la scelta di una democrazia credibile, controllata perche'
partecipata, piena di contenuti, materiata di diritti, di tutti quelli
di liberta', di tutti quelli civili, di tutti quelli politici. E anche
di quelli sociali, che, cosi' dicono, costano tanto alle
finanze dello stato. Come se fossero i soli a costare. Come se tutti gli
altri diritti non costassero, come se per assicurarli, difenderli, garantirne
il godimento, l'uso individuale e collettivo non provvedessero, da sempre,
appositi apparati statali. Va esplicitato che i diritti sociali non sono
previsti a futura memoria, ma vigono.
Il catalogo e' lungo. Comprende il diritto alla previdenza, all'assistenza
sociale, alla sanita', alla scuola pubblica di ogni ordine e grado. Comprende
il diritto di ogni lavoratrice e lavoratore ad una retribuzione proporzionata
alla quantita' e qualita' del proprio lavoro e in ogni caso -
in ogni caso - sufficiente ad assicurare a se' ed alla propria famiglia
un'esistenza libera e dignitosa. Comprende il diritto di sciopero. Comprende
il diritto corrispondente all'obbligo di ogni imprenditore di svolgere
la sua attivita' non contrastando l'utilita' sociale o in modo da recare
danno alla sicurezza, alla liberta', alla dignita' umana, tanto piu',
alla vita dei lavoratori. E' il diritto a ottenere che la proprieta' privata
si legittimi, mediante il perseguimento di una funzione sociale e rendendosi
accessibile a tutti.
Va esplicitato il significato della democrazia disegnata dalla Costituzione.
E' la democrazia che a fondamento della Repubblica colloca il lavoro,
non il mercato. E' la democrazia che riconosce l'appartenenza della sovranita'
al popolo. E non si contenta di dichiararlo, ma sancisce che tutti i cittadini
hanno diritto di concorrere alla determinazione della politica nazionale,
associandosi in partiti politici. Che sono in crisi, certo, ma lo sono
perche', appunto, non hanno svolto e non svolgono la funzione ad essi
assegnata dalla Costituzione. E sarebbe necessario imporglielo finalmente
con legge attuativa di tale ruolo costituzionale.
Significa molte altre cose il diritto dei cittadini a determinare la politica.
Comporta che la democrazia costituzionale non si riduca all'elezione,
ogni cinque anni, dei rappresentanti del popolo in Parlamento. Preclude
che la democrazia decada a regime elettivo del capo del governo e dei
suoi seguaci, fedeli, ubbidienti, impiegati a tradurre in leggi i voleri
del capo. Impedisce quindi che il diritto alla rappresentanza possa essere
eluso e compresso. Prescrive che, per consentire a tutti di partecipare
alla politica nazionale, la rappresentanza sia plurale, e corrisponda
alla composizione politica di tutto il popolo, il piu' e il massimo possibile.
Questi i principi da attuare, gli obiettivi da raggiungere, gli imperativi
da eseguire integralmente. A deciderlo fu il popolo italiano il 25-26
giugno 2006 chiamando la Costituzione repubblicana a vita nuova e lunga.