Atto di indirizzo sull'integrazione sociosanitaria*
Ai sensi dell'art. 3 septies del decreto legislativo 19 giugno
1999 n. 229
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Premessa
Il sistema di classificazione delle prestazioni sociosanitarie di cui all'art.
3 septies del decreto legislativo 19 giugno 1999 n. 229 deve essere definito
tenendo conto della natura del bisogno, dell'intensità assistenziale e della
complessità dell'intervento, sulla base dei criteri di seguito indicati. La
precedente norma risale al 1985 e si riferisce al decreto della Presidenza del
Consiglio 8 agosto 1985 "Atto di indirizzo e coordinamento alle regioni e alle
province autonome in materia di attività di rilievo sanitario connesse con quelle
socio-assistenziali, ai sensi dell'art. 5 della legge 23 dicembre 1978, n. 833".
Miglioramento del sistema dell'assistenza sanitaria
Il miglioramento del sistema dell'assistenza sanitaria, associato all'aumento
delle patologie congenite e/o degenerative cui spesso conseguono stadi di cronicità,
e all'invecchiamento della popolazione conduce l'attenzione del servizio sanitario
nazionale a spostare dal "curare" al "prendersi cura" e migliorare la qualità
di vita delle persone in queste condizioni di salute.
Tale passaggio è stato esplicato dall'organizzazione Mondiale della Sanità,
nella classificazione ICIDH-21che si pone quale strumento efficace per la definizione
degli esiti delle malattie e si fonda su un'analisi di tre dimensioni che le
"condizioni di salute" chiamano in causa: funzioni e strutture del corpo,
le attività che la persona è in grado di svolgere e il suo livello
di partecipazione.
Accanto a queste dimensioni (che interessano specificatamente l'area sanitaria)
occorre tenere presenti i fattori contestuali ambientali e personali che, quali
interventi in natura eminentemente sociale, possono influire positivamente o
negativamente sul livello di funzionalità del soggetto.
La diversa articolazione fra interventi sanitari e sociali, finalizzati al massimo
recupero funzionale del soggetto e a migliorare la qualità di vita di un soggetto
affetto da patologie a rischio di cronicità, degenerative e/o a prognosi infausta,
trova espressione nella rete dei servizi sanitari, sociosanitari ad alta intensità
sanitaria e sociosanitari a prevalenza sociale. Secondo l'OMS i bisogni di salute
devono essere correlati alle aree funzionali inerenti:
le funzioni psicologiche;
la natura delle attività del soggetto e le relative limitazioni;
le modalità di partecipazione alla vita sociale;
i fattori di contesto ambientale e familiare che incidono sulla risposta al
bisogno e sul suo superamento.
Diventa pertanto indispensabile correlare le funzioni esercitate dalle strutture
sanitarie e sociosanitarie, già previste nell'assetto legislativo italiano alle
prestazioni sanitarie, sociosanitarie ad alta intensità sanitaria e sociosanitarie
a più alta valenza sociale per dare concretezza e certezza di attuazione alla
tematica.
Servizi e interventi sociosanitari
Le strutture sanitarie, istituite e normate con diversi provvedimenti legislativi,
sono individuate sulla base del "Decreto del Presidente della Repubblica 14
gennaio 1997, Approvazione dell'atto di indirizzo e coordinamento alle regioni
e alle province autonome di Trento e Bolzano, in materia di requisiti strutturali,
tecnologici e organizzativi minimi per l'esercizio delle attività sanitarie
da parte delle strutture pubbliche e private (Sup. G.U. 20 febbraio 1997, n.
47)".
Per quanto attiene alle strutture sociosanitarie si fa riferimento anche a quelle
individuate dalla legge 5 febbraio 1992, n. 104: "Legge quadro per l'assistenza,
l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate (Sup. G.U. 17
febbraio 1992, n. 39)".
La distinzione che l'art. 3-sepiets enuncia fra attività sanitarie e attività
sociali, pertanto, conduce ad una collocazione delle funzioni di assistenza
sanitaria e sociale in una triplice collocazione di strutture di cui al DPR
14 gennaio 1997 e alla Legge 5 febbraio 1992, n. 104:
servizi sanitari (ospedali, centri e presidi di riabilitazione, Sert,
consultori familiari, centri di salute mentale) nei quali le funzioni sociali,
eventualmente presenti, sono meramente strumentali e complementari al conseguimento
degli obiettivi di salute insiti nell'atto sanitario;
servizi sociosanitari ad elevata intensità sanitaria (residenze sanitarie
assistenziali per soggetti a responsività minimale, hospice, servizi residenziali
per la cura dell'Aids, presidi di tutela della salute mentale per le fasi di
intervento di tipo intensivo, strutture di riabilitazione per i tossicodipendenti)
nei quali risulta preminente l'intervento sanitario rispetto a quello sociale
in termini di operatori e strumentazione. Vi deve essere una presenza medica
e infermieristica per l'intero tempo di funzionamento delle strutture;
servizi sociosanitari e prevalenza sociale (residenze assistenziali con
valenze sanitarie, strutture educativo-assistenziali per i tossicodipendenti,
strutture socioriabilitative individuate dalla legge quadro dell'handicap) rivolti
ad utenti che necessitano di un'alta assistenza tutelare e fronte di un moderato
intervento sanitario.
Un'ulteriore precisazione viene proposta dall'art. 3-septies sopracitato laddove
viene richiesta l'individuazione di prestazioni sanitarie che assumono rilevanza
sociale e di prestazioni sociali che assumono rilevanza sanitaria:
- Le prestazioni sanitarie assumono rilevanza sociale ove si situano
in contesti che richiedono quadri assistenziali che trascendono l'intervento
in fase acuta del danno minorativo e pertanto sono da attuarsi in tutte le strutture
sanitarie e sociosanitarie con finalità di:
prevenzione dei danni secondari, cura, riabilitazione, assistenza ortesicoprotesica;
recupero e mantenimento di funzionalità di soggetti a rischio di emarginazione
sociale.
- Le prestazioni sociali a rilevanza sanitaria si configurano, secondo
l'ICIDH-2, quali interventi sui fattori contestuali e interpersonali che facilitano
il perseguimento del benessere fisico psichico del soggetto e, pur se individuati
all'interno dell'art. 8 della Legge 104/92, sono opportunamente estendibili
a tutte le patologie croniche e invalidanti e non solo all'handicap.
Continuità assistenziale
Un'adeguata risposta alla necessità di "continuità terapeutica" può essere
data dalla costruzione di una rete organizzativa, che riprogetti la definizione
di un percorso razionale tra le diverse strutture sanitarie e sociosanitarie
dislocate sul territorio che assicuri continuità assistenziale e il coordinamento
tra servizi di tipo preventivo-diagnostico, terapeutico, riabilitativo e/o di
recupero e il loro collegamento alle varie fasi del percorso stesso, che possono
essere articolate in tre fasi, garantendo che l'intervento di recupero e di
prevenzione di danni ulteriori venga messo in atto, con modalità ed impegno
appropriato alle diverse situazioni (menomazione e/o disabilità fisica, psichica
e sensoriale, disturbi mentali, devianze per abuso di droghe e di alcool, ecc.)
organizzando le diverse prestazioni già nella fase acuta all'interno del protocollo
terapeutico, articolato in:
- Fase di intervento intensivo di recupero e/o riabilitazione. E' caratterizzato
da interventi valutativi e terapeutici intensivi da attuare.
nel momento in cui l'intervento può positivamente influenzare i processi biologici
che sottendono il recupero e/o quando il livello funzionalità del soggetto è
migliorabile in modo significativo.
in situazioni di riacutizzazione e /o recidive dell'evento patologico.
- Fase di intervento estensivo. Costituisce il completamento del processo
di recupero e si connota per un intervento di recupero che, per la natura e
la tipologia del quadro patologico, richiede tempi di intervento sanitario più
prolungati e meno intensivi dei precedenti.
- Fase di lungoassistenza. E' finalizzata a contenere, con interventi sanitari
e di assistenza tutelare, i processi involutivi connessi al tipo di cronicità
nonché a rallentare il deterioramento nei quadri degenerativi, ai fini della
miglior qualità di vita possibile.
Il processo di recupero si attua definendo, nei piani individualizzati di intervento
che le strutture deputate all'attuazione delle suindicate fasi sono tenute a
redigere per ogni utente, quali tra le prestazioni ivi previste rientrino nelle
tipologie di cui alle lettere a) e b) dell'art.3 septies del decreto legislativo
19 giugno 1999 n. 229, indicando altresì: la natura del bisogno, i risultati
attesi, l'articolazione degli interventi, le responsabilità professionali e
di servizio, i tempi, le modalità di interventi, i fattori di continuità assistenziale,
le modalità di verifica. La continuità assistenziale si realizza ove esiste
un collegamento stretto fra le varie strutture di assistenza sanitaria e sociosanitaria.
Tale collegamento dovrebbe costituire la "rete dei servizi alla persona" da
individuarsi nella programmazione regionale anche avvalendosi dell'organismo
di cui all'articolo 2, comma 2-bis, del decreto legislativo n. 229/99.2 L'Azienda
Unità Sanitaria Locale, attraverso il distretto è garante della continuità assistenziale
anche attraverso le attività previste al comma 2 dell'articolo 3-quinquies del
decreto legislativo n. 229/99 3 .
Occorre inoltre tenere presente che un'organizzazione a rete dei servizi sanitari
e sociosanitari favorisce:
l'unitarietà di un processo terapeutico che miri alla centralità della persona,
un grado di specializzazione professionale e tecnologica appropriato per ogni
fase del processo riabilitativo e/o comunque di recupero,
un sostanziale innalzamento dei livelli di produttività e di economicità per
tutti i centri di offerta.
Costi sanitari e sociali
L'atto di indirizzo e coordinamento sull'integrazione sociosanitaria è chiamato
ad affrontare il problema del riparto dei costi fra servizio sanitario nazionale,
enti locali e cittadini, tenendo conto che per la parte sanitaria è già operante
un sistema di allocazione delle risorse idoneo a garantire un corretto rapporto
tra finanziamento dei livelli essenziali e loro effettiva erogazione, mentre
per la parte sociale la spesa deve essere organicamente riconvertita passando
da erogazioni economiche a servizi, così da garantire, per la parte di propria
competenza, analoghi livelli essenziali di assistenza sociale. Il criterio che
deve sottendere il riparto dei costi sanitari non può prescindere da alcuni
principi:
le funzioni sociali, presenti nelle strutture sanitarie e in quelle sociosanitarie,
ad alta intensità sanitaria, essendo meramente strumentali all'efficacia dell'intervento
sanitario, devono rientrare nei livelli essenziali ed uniformi di assistenza,
come previsto dall'art. 1 del Decreto legislativo 502/92 e successive modificazioni
ed integrazioni. Pertanto tutte le funzioni esercitate da tali strutture sono
interamente a carico del Servizio Sanitario nazionale.
Le funzioni sanitarie, presenti nelle strutture sociosanitarie a prevalenza
sociale, devono essere remunerate dal servizio sanitario nazionale per l'intero
costo del personale medico, infermieristico e riabilitativo nonché per il consumo
di materiale sanitario e la quota d'uso della strumentazione sanitaria cui deve
essere aggiunta una quota delle spese di gestione e generali della struttura.
Le funzioni sociali, presenti nelle strutture sociosanitarie a prevalenza sanitaria,
essendo spesso connesse a funzioni di lungoassistenza che possono anche permanere
per l'intera vita del soggetto, non possono gravare soltanto sul reddito del
nucleo familiare dell'utente, ma debbono far riferimento anche al concorso alla
spesa degli enti locali sulla base di livelli uniformi di assistenza per le
prestazioni sociali a rilievo sanitario definiti ai sensi del comma 3 dell'art.
3-septies, e comunque non devono assorbire interamente il reddito personale
dell'assistito.
Note
WHO, ICIDH-2; International Classification of Functioning and Disability,
Geneve 1999
2 2-bis.) La legge regionale istituisce e disciplina la Conferenza permanente
per la programmazione sanitaria e socio-sanitaria regionale, assicurandone il
raccordo o l'inserimento nell'organismo rappresentativo delle autonomie locali,
ove istituito. Fanno, comunque, parte della Conferenza: il sindaco del comune
nel caso in cui l'ambito territoriale dell'Azienda unità sanitaria locale coincida
con quella del comune, il presidente della Conferenza dei sindaci, ovvero il
sindaco o i presidenti di circoscrizione nei casi in cui l'ambito territoriale
dell'unità sanitaria locale sia rispettivamente superiore o inferiore al territorio
del Comune, rappresentanti delle associazioni regionali delle autonomie locali.
Art. 3 - quinquies - Funzioni e risorse del distretto.
Le Regioni disciplinano l'organizzazione del distretto in modo da garantire:
l'assistenza primaria, ivi compressa la continuità assistenziale, attraverso
il necessario coordinamento e l'approccio multidisciplinare, in ambulatorio
e a domicilio, tra medici generale, pediatri di libera scelta, servizi di guardia
medica notturna e festiva e i presidi specialistici ambulatoriali;
il coordinamento dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta
con le strutture operative a gestione diretta, organizzate in base al modello
dipartimentale, nonché con i servizi specialistici ambulatoriali e le strutture
ospedaliere ed extraospedaliere accreditate;
l'erogazione delle prestazioni sanitarie a rilevanza sociale, connotate da specifica
ed elevata integrazione, nonché delle prestazioni sociali di rilevanza sanitaria
se delegate da comuni.
Il distretto garantisce:
assistenza specialistica ambulatoriale;
attività o servizi per la prevenzione e la cura delle tossicodipendenze;
attività o servizi consultoriali per la tutela della salute dell'infanzia, della
donna e della famiglia;
attività o servizi rivolti a disabili e anziani;
attività o servizi di assistenza domiciliare integrata;
attività o servizi per le patologie da HIV e per le patologie in fase terminale.
3. Trovano inoltre collocazione funzionale nel distretto le articolazioni organizzative
del dipartimento di salute mentale e del dipartimento di prevenzione, con particolare
riferimento ai servizi alla persona.
* Nota della prima sezione del Consiglio superiore di sanità
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